Critica Sociale - Anno XXII - n. 23 - 1 dicembre 1912

362·· . CRffICA' ·S0CIALE c1p10 -· le Cooperative miste,· nella· forma da noi proposta, in via transitoria, due anni or sono; accet– tavano a Cesena il concetto di Cooperative molto più miste. Invece della comproprietà a-Ile ,iole cate: gorie più direttamente interessate, volevano la com– proprietà, e perfino la gestione, a tutte le categorie. Potremmo noi dolercene? Se appunti possono muoversi al deliberato di· Ce– sena, essi riguardano non il principio, ma la praticità. A parte c11e esso, mentre veniva troppo tardi ri– spetto alle lotte già svoltesi nel Ravennate e nel Forlivese, era inutile se doveva servire per una lotta nel Cesenate, rispetto alla quale - come vedemmo - i socialisti del luogo mancavano delle forze neces– sarie; a parte che era molto discutibile•- secondo quanto già accennammo - se le Camere del Lavoro, verso cui i CongTessisti avevano dimostrato una de– cisa preferenza, rappresentassero gli organismi più adatti per una vera e propria impresa industriale; l'ordine del giorno di Cesena affermava concetti che, correttissimi in linea di prinuipio, rappresentavano però - rispetto alla possibilità artuale - piuttosto un programma massimo verso il cui finf' orientarsi, che non un programma d'azione immediata. A coloro i quali sostenevano che le Camere del Lavoro - raccogliendo il massimo numero di lavo– ratori - erano le più adatte per .realizzare la for– mola: " la macchina alla collettività lavoratrice "' si potf)va intanto obbiettare, in linea di fatto, che, proprio là dove la questione si era più agitata, e cioè nel Ravennate e nel Forlivese, le Camere del Lavoro erano diventate due. Una così funesta divi• sione \mpecliva che ognuna delle due Camere del Lavoro potesse considerarsi come rappresentante della totalità dei lavoratori organizzati. Di pi:ù, il massimo numero di mezza~ri - cioè dei componenti una delle categorie più interessate al problema - si trovavano propri1> in quelle, fra le due Camere e di Forlì e di Ravenna,·che er,mo ormai ostili ad ogni JlOstra influenza. ' Ma poi - a parte qnest::t ed Rlfre considerazioni - il fatto stesso che i braccianti e i mezzadri avevano combaltuto fra loro una guerra tristemente accanita, per una tesi da entrambe le parti assolutamente corporativista, non costituiva forse la pro, a mi1diore che mancava ancor~. la preparazione psicologica e morale per poter salt.are ad un tratto ad un pr0- gram rna assol11tame11teopposto? Il fatto che i mez– zadri non appartengono finora ad alcuno di quei Consorzi di Cooperative i quali, assai meglio delle Camere del lavoro, potrebbero rappresentare l'oqrll nismo più indicato per assumere la proprietà e la gestione delle trebbiatrici ; più ancora, il fatto che solo da un anno o due hanno iniziati i loro primi passi sulla via della cooperazione, non stanno forse a provare eloquentemente che la cooperazione agraria in Romagna è anc11r troppo bambina per poterci dare subito - in materia di Cooperative miste - proprio .le manifestazioni più complesse e quindi meno facili ad attuarsi? , Noi crediamo dunque che il principio di Cesena, favorevole alla cooperazi-0ne nella sua forma più mista, rappresenti pi1.ttosto una mètà lontana, alla quale si deve mirare, che non una misura attuabile oggi. . Per giungere a quel fine anc<)r lontano., passeremo attraverso a molte forme intermel1ie, ed esse -' come l'esperienza dimostrerà - non saranno· altro, se non forme di comproprietà e di gestione molto meno miste - cioè limitate a un minor numero di categorie - che non quelle che tutti augurammo ~ Cese1,a. A ppnnto perchè meno miste, tal; forme saranno più simili a quelle da noi prevalèntemente sostenute fin da tre anni or sono, pér sole ragioni di pratica gradualità. ANTONIO GRAZIAI)E1. Si dolsero parecchi che lo stud,io del GRAZJADEI, di· cui oggi pubblichiamò la fine, uscisse sbrandellato a· cosi larghi intervalli, da riescire malagevole seguirne il filo conduttore, e da perdere esso stesso gran parte del suo interesse. È vero, e la colpa non fu nostra e neppure - almeno a sentirne le pro/~ste - dello stesso Autore, che ne fu più volte distratto da più impellenti e non prorogabili cure. Tuttavia l'argomen– to, ·e in sè, e per la compelen:;a·di colui che lo svolse, non ha perduto attualità pel fatto che gli incidenti più vivaci, onde ne fu suscitata la discussione, siansi dilungali nel tempo: il fuoco cova ancora, nella stessa Romagna, fra le ceneri del modus vivendi che ha composto i maggiori dissidii alla superficie; e quelle esperienze meritano di 'essere meditate e indagate, e lo possono con ta.nto maggior frutto, quanto meno fer- 1·ono oggi acce'se le passioni; perchè casi e diffìcoltà simiglia11ti si presentano e ancora. si presenteranno, in Ron:wgna ed altrove. Pabblicanclo, d'altronde, le considerazioni indub– biamente impressionanti del Graziadei, dichiarammo cli volerlo fare a scopo obiettivo, senza prender par– tito nei dissensi fra socialisti, fino a discussione ulti– mata. E cerio v'è qualcuno che vuole rispondere e risponderà, allorquando dèlla monografia siano ricom-. posti i lacerti ... Per lutti questi motivi, entro la quindicina, ripub– blicheremo in estratto, e in un contesto, la serie degli arlic_oli de( nostro collaboratore, sotto il titolo com– prensivo: La Questione agraria in Romagna. Il volume, cli circa 150 pagire, sarà posto in vendita alla Libreria dell'Avanti! (Milano, Sari Damiano, 16). ad una lira. l nostri abbonati, vecchi e· nuovi, anche potmnno averlo dall'Ufficio di Critica.Sociale (Portici Galleria, 23), a titolo - come è eletto in altra pagina · - semigratuito. Pt!1'it pi·ossir,io 191'3, l'Amministrazione si 1·iunisce atta Direzione, att'unic,;o anfii;O inairizzo: • ' Uftlci .di Ci•itica .Socfole Portici Galleria, 23 - Milano. DI·NUOVO· rn-·cENSIMEHTO- 1911 I pri.zn.i r1l1ev1. ·1rr. VENEZIA: (I) !) Popolazione e suo incremento. Venezia non ,ebbe _mai una grossa popolazione. Nel- · l'acme del suo splendor.e, ver.so ·il 1422, raggiunse il massimo con 190.000 abitanti; due I?estilenze, tra il 1575 e il 1577 ,e tra il 1630 e il 1631, mietèrono •circa 50.000 vittime ogni volta; aUa caduta della Repubblica non contava che 137.240 abitanti; e da allora la-popo– lazione decrebbe sempre; cosicchè si censirono: nel 1811 115.246 persone nel 1824 100.556 ~ nel 1880 105.484 ,, nel 1872 130.997 ,, nel 1882 134 810 ,, nel 1901 151.840 ,, nel 1911 160.127 ,, ' . \1) RelàzLone srtl V Oensl)ne11to demog,•aflco; pp. 15S (Venezia, Of• floine· gva'flche •Carlo Ferr1fol, 1912),

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