Critica Sociale - Anno XXII - n. 14 - 16 luglio 1912
210 CRITICA SOCIALE zalo - non tanto sotto l'influsso della predicazione o teorizzazione riformista - quanto per l'inerzia forzata cui lo condannavano le mutate condizioni sociali : le conquistate libertà politiche e proletarie; la mialiorata condizione delle plebi; l'aumentata forza ; il cresciuto senso di responsabilità delle or– ganizzazioni lavoratrici. In tali condizioni di fatto, Ìa frase rivoluzionaria - il gesto o la cravatta ri– voluzionarii - più non furono, in sostanza, che una propensione o reminiscenza sentimentale o este– tica o letteraria - parodia inconsapevole - tal– volta scusa dell'accidia, alibi dell'impotenza all'a- zione concreta. · Che cosa, in questi ultimi anni, potè tuttavia man– tenere l'illusione o l'equivoco o la millanteria del– l'esistenza, nel Partito socialista, di un'ala rivolu– zionaria? Non troverete che un fatto. Un fatto che, di ele– mentò accessorio - e neppure necessario e inse– parabile• - dell'antico rivoluzionarismo, ne era di-. ventato elemento principale, anzi unico elemento superstite : la cosidetta intransigenza. Vogliamo es– sere' ancora più schietti? Diciamo la ·p11ofe_ssione• deU'intransigenza. Perchè, calando dalla teoria alla pratica, gli stessi più sistematici assertori del me– todo facevano - e fanno - le più curiose tran– sazioni e distinzioni : fra azione elettorale e azione parlamentare; fra azione politica ed economica; fra elezioni politiche ed elezioni amministrative; e così di seguito. · . . . . . .. . . Teoricamente, m lmea d1 prmc1pu, nvoluz10nai– rismo e intransigenza possono marciare disgiunti, cozzare l'uno contro l'altra. Si può esser-e ultrari– formisti, possibilisti fino alla più minuscola micro– mania, rimanendo intransigenti ringhiosi ed irre– dut'tibili; · o sognare la rivoluzione la più romantic1 e violenta mercè l'associazione e la congiura dei più dive-rsi ed opposti malcontenti - magari cle– ricale ed anarchico. Consentiamo tuttavia che corra, fra intransigenza politica e spirito rivoluzionario, qualche simpatia tendenziale .... Senonchè, bisogna altresì fare i conti colla sto,ri'a. *** La storia si compi-ace di giocare la burletta ai teorici e di disorientare la gente ammodo. · Fu il nostro caso in Italia. Un complesso di cause con– catenate: la immaturità, lo scarso valore e la con– seguente scarsa produttiv_it_à dell'azione socialist~ riformista sul terreno politico e parlamentare; gh eccessi collaborazionisti di taluni riformisti ( con– seguenza naturale e tentata rivalsa di cotesto scarso valore e scarsa produttività); e, da ultimo, il fatto della guerra, lubrificato, se non cagionato, daJle accennate due cagioni; travolgente nell'infatuazione patr.iottarda la democrazia politica; fondente in un solo partito tutti i partiti borghesi; denudante, an-. che innanzi ai cervelli più torpidi, l'antagonismo immanente e fondamentale delle classi; questo so– rite di fatti balestrava inesorabilmente in piena in– transigenza tutto il Partito socialista, senza distin– zione di tendenze, di ali, di frazioni. Anzi : un più brusco scatto balestrava nell'in– transigenza, per fatalità di reazione psi.cologica e di naturale istinto di conservazione e di difesa, la frazione la più riformista, quella che più si era accostata alla borghesia democratica; che quindi, di necessità, doveva risentire più vivo lo sgomento e la delusione del mancato punto d'appoggio, su cui presumeva di far leva all'opera propria. Ag– grappati alle sgretolantisi passerelle dell'affinismo, ipnotizzati dal miraggio collaborazionista, rimasero pochi e dispersi, quelli che la consuetudine del bi– vacco in comune aveva resi; più' che ospiti·, cittadini dell'accampamento non loro. Crollava così, irreparabilmente, l'unico ed ul– timo termine differenziativo fra socialisti e socialisti, fra socialisti riformisti e supposti o sedicenti so– cialisti rivoluzionarii, almeno per quanto riguarda l'indirizzo generico, l'atteggiamento del Partito di fronte ai partiti borghesi ? al Govern.o borghes~. Ma questo era appunto, già a Modena, a Regg10 più ancora, il tema, l'unico tema delle discussioni. La consuetudine del trovarci di fronte, fratelli ne- 1mici nel Partito, un pudore di coerenza formale, il sospetto che le diverse mimtalità, che ci hanno fino a ieri divisi, possano mai risuscitare differenze e contrasti nell'azione positiva intorno a problemi concreti e specifici d'altra natura che dovessimo affrontare domani, ci spingevano, ci spingono tut– tora, a cercare, nelle çieree premesse della dottrina, un appiglio, un pretesto a combatterci ancora, a tenerci distinti e distanti, a negarci pienezza di so– lidarietà vicendevole. Ma tutto questo - premesse teoriche, dissidi superati di ieri, ipotetici problemi concreti del domani - tutto questo, a Modena e a Reggio, non è, non è più o non è ancora, sul tappeto della disputa. . Quello invece che st:a sul tappeto, quello che urge, che si deve risolvere, ci trova tutti d'un pen– siero, tutti d'un'anima. A dispetto dei ricordi e delle formule, delle tradizioni e delle etichette, una, co– me non fu mai, è la coscienza del Congresso, è la volontà del Partito. Conseguenza : la battaglia, fra supposti rivoluzio– narii e riformisti di sinistra, ossia fra socialisti del– l'una ala e dell'altra, è di spari a salve, è di ru– more, è di fumo. E ciò spiega quel che a molti fu cagione di sor– .presa e che - senza questa spiegazione - depor– rebbe a•ssai male. della consistenza morale dei socia– listi: l'essere stato possibile alla minoranza « rivo– luzionaria » di Modena diventare - in pochi mesi e in uguali condizioni di fatto - stragrande mag– gioranza. Fate pure la parte dovuta all'ardore, cori cui l'opposizione di ieri, inanimita dal quasi-suc– cesso nel Congresso precedente, preparò le schiere e la lotta; alla incongruenza per la quale, in nume– rose Sezioni del Partito, la prevalenza accidentale di pochissimi voti nell'ultima assemblea (e il fatto si riprodusse frequentissimo) consegnava ai soste– nitori della tesi prevalsa la rappresentanza indi– stinta di tutti gli inscritti. Ma la spiegaziope è più ovvia. Gli è che le 'due tesi in conflitto -.:.. agli ef– fetti del Congresso, delle questioni del Congresso - erano, in sostanza, una sola. E allora minoranza e maggioranza'. non son più che parole, possono s:::ambiarsi a vicenda; e, fra i due aspetti di un'unica tesi, quello è naturale prevalga, che, ai più, appàia più semplice, più estremo, più risolutivo. Rivoluzione era il nome; intransigenza era il fatto. Fatta innocua la prima; la seconda riconosciuta una– nimemoote necessaria. Cosi la vittoria rivoluzionaria trova sua ragione nell'essere sparito, nella gran maggioranza della massa, ogni vero lievito rivolu– zionario, e intorno ad essa ogni ragion d'essere di qualsiasi rivoluzionarismo; nel fatto, in altri ter– mini, d'essere la grande maggioranza acquisita con– cordemente, se anche i:ion già tutta consaputamente o confessatamente, al riformismo intransigente. *** Ma v'è altro. Per vuotata che fosse del contenuto originario essenziale,. la frazione che si vantava - o, sia pure, si credeva - rivoluzionaria e aveva ·ora nelle sue vele il vento dell'intransigenza, finchè fosse opposizione e pertanto minoranza nel Partito, spie– gava in esso e su di esso una duplice azione: per quel ch'essa rappresentava o diceva ed era creduta rappresentare; per lo stimolo esercitato sulla mag-
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