Critica Sociale - Anno XXII - n. 12 - 16 giugno 1912

CRITICA SOCIALE 187 anzi che negazione, dell'unità della classe lavora– trice. Non ha conosciuto, o ha mal conosciuto (e ciò è peggio), gli altri vari tormentosi· problemi, di ,un_odei quali !'_ironia delle ~ose oggi gli offre la soluz10ne automatica, non desiderata, non cercata, non voluta: il suffragio universale; senza ch'esso - il latitante di tutte le questioni vitali - si trovi in grado di poterlo utilmente brandire, come arme possente di rinnovamento civile e morale. E_ così si dica del problema tributario, del problema doga– nale,· del problema clericale : quando il momento d'una pratica soluzione .verrà, esso sarà probabil– mente sopraffatto e sorpassato dal movimento delle cose, più rivoluzionarie dei rivoluzionari. Senza fede, non ha, perciò, neppure avuto pro– grammi, che di quella sono il riflesso concreto, di immediata attuazione. E ha come brancolato nella nebbia della teoria e nell'incertezza della pratica, ripetendo i suoi motti. stereotipi, dilacerandosi in beghe prive di contenuto vitale, debolmente e incom– piutamente sfruttando il favore di determinate con– tingenze p_olitiche, ~he forse n_on aveva contribuito a produrre, ma clie certo non avrebbe alacremente potenziate, nel torpore di un'inerzia apatica e nel rilassamento di un .cronico ottimismo. · Ha vissuto infecondo o mal fecondo. Gli è man- , cata l'anima. Gli è mancata una particolare coe– rente visione del mondo. Gli è mancata una filosofia. Superato, nella propria coscienza, il socialismo di Marx, non ha saputo sostituirlo. Perduta la fede e la certezza antica, non ha saputo· rinnovarle, non ha saputo volere, non ha saputo èredere in sè, nè dare alla propria opera, convinta e salda, un con– tenuto d'idealismo etico, un indirizzo di vasta e ardente moralità, un soffio di « umanità » e di giu– stizia sociale. Ha ignorato quella grande sintesi spi– rituale che si evince dal mondo degli sfruttati. Ha ignorato il socialismo {l). Oggi il riformismo ha - in una larga zona della sua compagine - acerbamente esasperato le pro– prie deficienze, la P:opria degenerazione. E oggi appena esso può - m quelle sue morbose espres– sioni - riconoscersi, e, forse, trovar esca a tentare quella rinascita, ch'è rinascita del socialismo, nel suo più moderno significato. Quel riformismo, che oggi crede di battere le « vie nuove» del socialismo, è il più vecchio e il più grossolano dei socialismi. È il socialismo .del– l'epoca quaternaria, con la sola differenza che gli mancano i poteri e i pudori della fede - e la fede stessa. E il « socialismo del. fatto », il socialismo « obbiettivo »: è la « storia socialistica >> che si· fa da sè ... Il riformismo, rampollato dalla critica, ha uno strano. ritorno alla psicologia che la precede. Ha distrutto in sè ogni fede, e frattanto pretende - come pretendeva il positivismo, ch'era certo, per– chè credeva - che il socialismo si produca ·dalla realtà e nella realtà. Ma che cosa è - on. Bonomi - il movimento ope– raio, se non un nudo e semplice movimento operaio? E che cosa ha da spartire con esso il socialismo? Esiste mai un « fatto socialista », se non sia lo spec– chio del socialismo ch'è in noi? Di quel socialismo, ch'è apprezzamento, è sentimento cd è volontà?· Di quel socialismo, che non può farsi da sè - com'è stata facile illusione della fede, quando c'era vera– mente una fede - nè può esser da voi prodotto, se (I) Tutto o!ò è magnifloamente detto: e ~on sarebbe eduonzlone Interrompere questa bella foga di una critica che ha l'andatura e l'accento del suo più diametrale contrapposto: la lirica. Ma riser– viamo, s'Intende, Je nostre analisi, che saranno più pacate e meno vandaliche.... (Nota della CRITICA), voi non lo sentite, se voi non lo volete? Voi raccQ– gliete la realtà -- la quale non ha mai fatto profes– sione di fede - e le affibbiate l'etichetta socialistica : quasi le scaricate addosso quel socialismo, che vi sembra, e vi è, ormai, inutile peso. E non v'accor– gete che la realtà lo rifiuta, che la realtà non ha un nome, se voi non glielo date, non ha un'anima, se voi non gliela inspirate, non ha una voce, se voi non parlate, attraverso lei, per lei. Il vostro socialismo non è nuovo: è vecchissimo, nel meccanismo «obbiettivo»; non è più socialismo, nel principio che lo anima. La vostra filosofia è, forse, una filosofia della prassi; ma è sopra tutto una prassi, una prassi esanime, una prassi vuotata del suo contenuto idealistico, ch'è il senso unico della classe lavoratrice. La classe non è realtà per– cepibile dai sensi, è intuizione sintetica dell'intel– letto. Realtà sono gl'individui, tutt'al più i gruppi. Voi questi conoscete, questi volete conoscere; voi volete appiattirvi sugli episodi, su ciò ch'è singo– larità, frammento. Ma ridurre il socialismo ad un ·movimento di gruppi operai, se può essere reali– stico, non è certo socialistico. Perchè il soc'ialismo · inserisce un elemento' suo, tutto suo, nella grosso– lana percezione della realtà. Non è la nuda foto– grafia delle cose: e qualcosa che, in certo modo, le trascende e le supera; è qualcosa che supera e nega il vosti·o empirismo. Vede grandi masse, ed esiste per grandi masse: frazionarlo nello spirito è ucciderlo nel fatto, è falsificarlo nella parola: è dis– solverlo e disconoscerlo, mentendo a se s·tessi, pri– ma c·he agli altri. Or voi siete gli empirici di ciò che empiricamente non può esistere più; rappresen– tate la polverizzazione di una idealità, che non vive se non raccolta, unita, una. Ben più. A Modena voi enunciaste una teoria ri– voluzionariamente reazionaria. Esaltaste - nella politica - la produttività socialistica dell'azione personale; faceste come l'apologia del socialismo che scende dall'alto, riversandosi, quale manna cele– stiale, sulle turbe ignare od aspettanti. Voi così in– vertiste, snaturaste, distruggeste ciò che - per ogni pensiero elementarmente socialistico - appare qua– le carattere e funzione normale della folla· lavora– trice: la vigile presenza -- se non l'impulso iniziale - ad ogni azione rivoluzionaria. Abbozzo inconsa– putamente giacobino, il vostro, timidetto e furtivo: che rivela la democrazia, nella quale siete ormai im– mersi; - non già il socialismo, dal quale siete senza dubbio lontani. Il socialismo è pessimismo, e vuole, e può, restare pessimismo: è nato dalla !lOfferenza,·e dalla insod– disfazione vuol trarre l'alimento delle sue battaglie quotidiane. È, anzi, il riflesso della insoddisfazione, l'aureola cler lavoro d0lorante ed anelante. Ma è vi– brazione di forza, non querulo isterismo di debo– lezza; è filosofia cli virile potenza, non è ideologia d'impotenza lasciva. Il mondo è un groviglio di dif– ficoltà, che bisogna affrontare e sup~rare, non è un mercato cli piaceri, in cui occorra insinuarsi gio: condi, per coglierne e goderne i frutti prelibati. Ciò che può esser vero per l'individuo non lo è per· la classe. Non lo è certo per il socialismo, che vuole fronti crucciate, per grandi battaglie: perchè è, sl, conquista cli utilità, ma è pure (e eia questo e per questo nacque, e rosseggiò, e non muore, non l'iesce a morire) è pure sforzo di redenzione, anelito di mo– ralità, spasimo di giustizia, e perciò può anche scon– finare dal proletariato, e superarlo, cd abbracciare tutto il mondo degli sfruttati, in un solo palpito ed in un solo grido. Il socialismo bisogna viverlo nella sua sostanza psicologica, per poterlo intendere nella sua forma storica, e poter operare, da socialisti, nella flut– tuante ed anonima realtà. Esso è - e solo questo

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