Critica Sociale - Anno XXII - n. 6 - 16 marzo 1912

84 CRITICA SOCIALE indig-eni, comincia a provocare le prime gravi discus– sioni in Italia fra i partiti politici. Nel frattempo, il Negus Giovanni viene sconfitto ed ucciso, e Me– nelik, che gli succede, sottoscrive il famoso trattato di Uccialli, che assicurava all'Italia una linea di con– fini ad essa assai favorevole, e conteneva quell'arti– colo 17, che .veniva a porre l'Etiopia sotto il suo p·ro7 tettorato, e che fu poi causa -e pretesto alla guerra culminata ad Adua. Così, coi nuovi possedimenti, il 1° gennaio 1890 veniva costituita la Colonia Eritrea. Il con0itto tra l'Italia e M·enelik si inizia subito, a proposito della linea Mareb-Belesa-Muna e del Ti– grè, e si manifesta colla contestazione del trattato di Uccialli, e con l'insuccesso delle missioni inviate allo Scioa, mentre cominciano 1-e molestie dei Der– visci, che vengono respinti da Agordat (giugno 1890), il posto avanzato italiano sulla frontiera itali·ana verso il Sudan. In Italia, le discussioni si fanno più vive colle rive– lazioni delle atrocità compiute in Colonia dall'avvo– cato Cagnassi e dal tenente Livraghi, e provocan.o la nomina di una Commissione par.lamentare, incaricata di riferire su tutto l'andamento della Colonia e sul suo avvenire. La Commissione, nel 1891, conclude così: 1°) che la nostra Colonia, per le sue condizioni di clima e di suolo, lasciava la speranza di potere nell'avvenire servire di sfogo a una parte dell'emi– grazione italiana, e dava sufficiente utilità di com– merci e di produttività agricola e pastorizia, così da consigli.arne il mantenimento e non. l'abbandono; 2°) che i confini più utili, più sicuri, meno di– spendiosi, verso l'Abissinia, erano quelli del Mareb– Belesa-Muna; verso il Sudan e verso l'Egitto quelli segnati dai protocolli 24 marzo e 15 aprile 1891, richie– denti uno spazio di circa 85.000 kmq.; 3°) che, per ottenere i maggiori risultati possibili dalla Colonia, era necessario promuovere relazioni commerciali col Sudan, garantir-e la sicurezza, co– strurre opere produttive e stradali, istituire. un Go– verno civile, garantire la libertà e la giustizia, fare esperimenti agricoli, regolare la proprietà fondiaria, e facilitarvi la costituzione di una Società agricola, composta di contadini italiani proprietari. Infatti, nel 1892 e negli anni seguenti, sotto i·! go– vernatorato Baratieri, furono indemaniati 4500 ettari di terreno produttivo e,· per cura del deputato Leo– poldo 1 Franchetti, oltre a tre poderi sperimentali go– vernativi di Asmara, Godefelassi e Gura, furono ten– tati nell'altipiano altri esperimenti di colonizzazione privata, conducendovi dall'Italia alcune famiglie di contadini, arruolate con atto notarile, alle quali fu– rono concesse dal Governo sovvenzioni di denaro, vitto, strumenti e semi, da rimborsarsi coi prodotti del terreno, del quale avevano la facoltà di diventare proprietari. · Questi coloni furono stabiliti intorno a Godefelassi, ove fu per loro costituito apposito villaggio; e, se– condo la relazione Franchetti al Parlamento, otten– nero dalla loro opera tale risultato, da ritenere pos– sibile il moltiplicarsi dell'immigrazione in ragione geometrica. · Fra il 1892 e il 1894, il Governatore civile Baratieri viene più volte a con0itto coi Der~isci, li sconfigge ad Agordat (dicembre 1893), colla perdita di 4 ufficiali e 98 indigeni, e nel luglio del 1894 occupa Ca~sala. Nello stesso anno 1894, riprendono più vivaci e pa– lesi le ostilità, rimaste latenti per circa tre anni, di Menelik, il quale denuncia il trattato di Uccialli e, incitato dai Ras Tigrini, prepara il suo intervento armato contro gli Italiani, mentre Mangascià continua gli armamenti al confine, fingendosi amico dell'Italia e pronto ad aiutarla in un'azione contro i Dervisci nel Ghedaref. Baratieri gli crede, illudendosi sulla sua am1c1Z1a, finchè, avendolo visto accogliere i ribelli di Batah Agos, superstiti del combattimento di Ha– lai, dopo un ultimatum, ne arresta il tentativo di in– vadere l'Okulè Kusai a Coatit e a Senafè (11-15 gen– naio 1895), ·10 costringe a ritirarsi oltre il confine, ed occupa Adigrat, capoluogo dell'Agamè, e un'altura fortificata presso Adua, colla speranza che potesse servir-e da avamposto in una prossima occupazione definitiva del Tigrè. Queste azioni costarono la vita a tre ufficiali ita– liani e a 120 uomini di truppa, ma procurarono a Ba– ratieri onori trionfali, prima in Colonia, poi in pa– tria, dove fu richiamato nell'agosto del 1895. Presentatosi alla Camera per prestare il suo giu– ramento di deputato eletto dal Collegio di Crema, fu ricevuto cogli stessi onori già tributati a Gari– baldi. Il vincitore di Coatit e Senafè fu accolto dall'as– semblea in piedi, ed abbracciato dal Presidente, in mezzo ad un'ovazione indescrivibile, che deve avergli fatto provare le vertigini del trionfo. Feste, ricevi– menti, banchetti di ministri, generali e deputati, tutto concors-e a manifestare a Baratieri l'ammirazione in cui ,erà tenuto dagli italiani, e la fiducia che ave– vano riposto in lui. Di fronte a questo entusiasmo, il · Ministero non potè lesinare sui fondi richiesti da Baratieri, e si intese con lui sulla base di un credito di 13 milioni per la Colonia, di una forza disponibile di 10.000 uo– mini, ,e del comando supremo. O.a questi trionfi, che illusero il paese e inorgo– glirono Baratieri, trassero origine i successivi diSfl· stri a breve scadenza, ai quali contribuirono, preva– lentemente, la ignoranza, nel Comando, del numero soverchiante dei nemici, la presunzione che es&i va– lessero infinitamente meno ,delle truppe ita)ian,e, e le errate e interessate informazioni sulle mosse e sui propositi di Menelik. Cosl fu che, -ad Amba Alagi (7 dicembre 1895), un battaglione dii 2000 uomini affrontava 35.000 Abissini, e vi perivano, dei nostri, 20 itali.ani e 1500 indigèni, ciò che provocò un nuovo credito di 20 milioni del Parlamento e la spedizione di 14 battaglioni e 5 bat– terie. Seguì l'a1Ssedio di Macallè,- che costò 30 morti alle truppe italiane, e posci.a Adua, dove una forza di circa 17.5()0 uomini, dei quali 10.450 italiani e il resto indig-eni, spedati, stanchi e malnutriti, con 56 pezzi di artiglieria, non si peritò di sfidare l'intero esercito scioano, forte di più che 80.000 fucili, 10.000 cavalli e 42 pezzi d'artiglieria, valutato da Baratieri a 40.000 fucili e ritenuto, sopra erronee informazioni, scarseggiante di viver-i e indebolito per i dissidi fra i capi e per il ritorno di molte truppe verso lo Scioa. È noto che le tre colonne italiane furono battute, l'una dopo l'altra successivamente, in ore e località diverse, dove, per la ignoranza dei luoghi, per la im– precisione degli ordini del Comando, e per le sue incertezze nei momenti decisivi, restarono morti circa 4600 italiani e 2000 indigeni, feriti 461 dei primi

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