Critica Sociale - Anno XXI - n. 19 - 1 ottobre 1911

294 MITIGA SOCIALE al pari di quella delle altre potenze, ha per base ,il, mantenimento dello statu quo e l'integrità del- l'Impero ottomano " Questo in piena Camera, ai 9 di ghigno, e a pagine 15449 del Rendiconto stenografico. La C. S. LA POLITICA DI TECOPPA L'ordine del giorno di Bologna e il nostro suicidio politico. Non è il caso di meravigliare. La sfacciata pirateria all'estero, la grassazione navale, organizzata per divel- lére a uno Stato marittimamente inerme una provincia estesissima, sulla quale nulla ci creava un qualsiasi 'fumo di diritto — non lavoro compiuto, non interessi stabiliti, non, neppure, ciò che almeno spiega la. ra- pina sulla strada maestra, qualche speranza ragione- vole di futuri lucri sulla preda;— cotesta non dunque grassazione, ma magra e passiva azione anche nel • senso più grossamente mercantile, perpetrata all'estero, esigeva — per reggersi — altra e non meno cinica grassazione all'interno. Bisognava designare all'odio pubblico, a prezzo di qualsiasi menzogna, coloro che, non impressionati dalla epidemica infatuazione degli imbecilli, nè pavidi della suscitata impopolarità, ma servi alla sola coscienza, osavano tenacemente resistere e pro- testare. Conveniva scovare i "turchi d'Italia „, le "teste di turco „ indigene, e additarle, piacevole bersaglio, ai dileggi e ai proiettili di stoppa della ragazzaglia vaga- bonda, che, scambiando l'Italia per. una fiera, van vo- ciando i viva e gli abbasso, nè han tampono il sospetto di quanto sia ignobile cotesto spettacolo di falangi di giovani, che, ai rischi e alle brutture di un'avven- tura come questa, lasciano, essi che la acclamano, man- dare i soldati della difesa della patria, ma si guardano bene di offrire la loro inutile pelle di sfaccendati. Così, con clamori da iloti, si divertono gli animi dal ragio- nare pacato; tale il " Tecoppa „ leggendario, spaval- damente accusando la sua vittima di maldicenza anti- garibaldina, gli muove contro la folla e se la svigna col bottino. A questo ufficio di strumenti. coatti del perverti- mento della coscienza popolare fummo designati noi e i nostri amici dell'Avanti! — i pochissimi, cioè, fra gli osteggiatori dell'avventura tripolina, che, al primo vento del disfavore della piazza, non parvero, nè altri li presunse, disposti ad appiattarsi nel decoroso alibi di una, a certe ore, "necessaria concordia patriottica „, per coonestare il proprio tradimento e la propria viltà. E la designazione — che ci onora — non difetta, lo ri• conosciamo, di una tal quale ribalda abilità e furberia. Essa collima a meraviglia con quella, che è l'anima vera, che è il più profondo movente dell'impresa tri- polina, la quale — già lo rilevammo — mentre sembra guardare alle Sirti od al Bosforo, mira o riesce, in realtà — come tutte le imprese prevalentemente militaresche -- a colpire sopratntto il nemico interno, la difesa pro- letaria, lo sviluppo del socialismo — il nemico che (insegna Macchiavelli) è giusto tentare di spegnere, quando le tentate blandizie non bastarono a disarmarlo... È così che, da una settimana, ogni aurora che s'im- bianca ci riversa, colla posta, sul tavolino gli sfoghi più sgrammaticati della allegra grafomania neo-nazionalista italiana; e sono, ricopiate dai giornali, fiere rampogne patriottarde d'ipocrisia e di viltà, tutte chiuse per altro ermeticamente nell'anonimo, affidate, anzi, il più spesso, a un paziente stampatello dissimulatore, che ben prova come i rispettivi " mittenti „ siano diretta progenie dei gloriosi mercatanti guerrieri, che, un giorno, sugli sto- rici flutti di Lepanto, issavano alla vetta dell'albero maestro la croce vittoriosa, a confusione della debellata mezzaluna! Ma il turpiloquio discreto degli epistolanti è nulla, a petto dell'audacia polemica, onde porge esempi mira- bili la grande stampa educatrice. I giornali reazionari, ad esempio — non escluso qual- che foglio, cui la maschera radicaleggiante serve a co- prire la smorfia del mercenario abituale e del procac- ciante — dimenticando, in quest'ora, sin quella oppor- tuna pudicizia, che permette loro — nei periodi ordinari — di truffare le simpatie di ingenui democratici e per- sino di proletari, arrotondando fra essi la loro ordinaria clientela; han menato la più allegra gazzarra sulla doppiezza, sull'opportunismo, ecc., ecc., del Gruppo So- cialista parlamentare, per la sua adunanza del 25 set- tembre a Bologna; sulla incoerenza, sopratutto, di chi propose l'ordine del giorno in essa approvato. Così il Corriere della Sera— sempre " artista, quando gli giova di fingersi un po' scemo per sofisticare il pensiero e gli atteggiamenti che gli spiacciono — lumeggiava l'a- dunanza nei sottotitoli del suo resoconto, onestamente alternati così: " Turati contro lo sciopero „; " Turali accetta lo sciopero „. Poi ci impartiva lezioni di corag- .gio e di sincerità (ahi! da quale pulpito!) per la penna — ci susurrano — di taluno fra i parecchi suoi redat- tori, che, allattati in seno alla stampa democratica o socialista, passarono armi e bagagli al foglio reazionario quando questo offri loro più lauta e ben condita mi- nestra. Quale meraviglia se trasudino dal loro stile il fiele e il veleno, che son propri degli spostati e dei rinnegati? — " Ah! Marci Porci Catoni! „ esclamava Dario Papa buonanima.... Non dunque ci attarderemo ingenuamente a discu- tere con siffatti avversari; non faremmo che offrire , nuova esca all'arte, in Cui eccellono, del travisamento, nella quale ci è ugualmente impossibile — non fosse che pel disgusto che ci salirebbe alla gola — la difesa e la rappresaglia. Nè sentiamo il bisogno di difendere chi sempre — e siam proprio noi che scriviamo — nè soltanto dalle comode poltroncine di una Redazione, ma tra i sibili di folle in tumulto — e anche in que- st'ultima occasione, nei Comizi milanesi, finchè gli ba- starono le forze e la voce — -sempre, ha r6cisamente, in privato ed in pubblico, colla penna e colla parola, sconsigliato ed oppugnato l'impiego di un'arma quale lo sciopero generale — riservata forse nella storia a prove decisive, ma, se adoperata leggermente, destinata a spuntare se stessa e a guastare anche l'ottima delle cause cui pretenda servire; a guastarla, comunque la si adoperi: sia che si sfumi alla logica delle estreme violenze, sia che si riesca a manovrarla, come un fio- retto col bottone, in giostre che troppo spesso sem- brano tradire il grottesco della parodia. Di una cosa, d'altronde, siamo ben certi: quando avremo documentato inoppugnabilmente che la nostra •pretesa incoerenza è 'oggi — come fu sempre — una miserabile fiaba; non uno, non uno solo, dei nostri onesti censori-, farà atto dl galantuomo, rettificando l'errore; che diventa così pretta calunnia volgare. ,

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