Critica Sociale - Anno XXI - n. 7 - 1 aprile 1911

106 CRI'.l'ICASOCIALE del lavoratore, privalo del suo diritto cli 0_1nione fra il lavoro indipendente ed il lavoro salar,alo, è travolta nel nulla. Lo sviluppo ciel sistema cli fab– brica, con gli onori della degraclaz_ion<: fisica e~ intcllcLLualc, ne dislruµ;gc finanche il ncorclo. D, fronte al capitalista, jl lavoratore non è che un mi– nore, un tolleralo utilii',zabilc, un rniscrabil_c eia sfamare. Privo di tutto ~ dice 1\larx -. egli con sè non porta al n1c1·calo che la propria pelle; e nel mercato 11011 può aspctlarsì altro che una cos~1: es– soro concialo. E a ragione. JI lavoro è torpido, è lento 110' suoi movimenti; non è fluido, duttile, fc– "lino. JI lavoratore lo porta con sè, conficcnto nei propri muscoli, sostanziato nella propria carne. Non può lasciarlo alla conquista ciel mercato sen– za la11CÙ.ll'C ccl impegnare il proprio corpo: que– sto ha una Larda mobilità. Ciò costituisce il suo torto e il suo danno. Le migrazioni gli riescono dif– ficilissime: per l'agioni fisiche, economiche, tecni– che, morali, intcllclluali. Ogni lavoratore, ogni gruppo di lavoratori, ha il suo nmb~cnle nalu_ralc e il suo ambiente arlificiale: si che I passaggi da gruppo a gq.1ppo non sono nè ag·cv61i, nè fecondi. Ciascuno cli Lali gruppi - noi.a eg!'eg·iamente il Cabiati (L) -- va piuttosto consideralo come un mercato chiuso rispetto agli aliri. Di qui la cliffi– coltù, pei lavoratori, cli seguire, pur potendo co– noscerle, tulle le oscillazioni elci salarì sul mercato ciel lavoro e le evcnluali favorevoli conlingcnzc cli questo. L'operaio resta aUaccalo al suolo clic l'Ila espresso. J\ cli!Te1·cn7.a che al capilnlisla, gli manca il fiuto del buon affare. Ed allro ancora gli manca. Egli è un animale assolulamenlc refraltario ad ogni attesa, alla divi– na aslincnza. Non gli riesce d"aspcllnrc: ha frella. E ben lo sa i I processo economico, che gli nega ogni premio. Egli ha un grave torlo: non ha r·i– sparini; ha bisogno d'impiegal"C la propria forza. Pcrchè ha bisogno cli vivere. I~ un consumalore nato. n"ora che egli lasci passare, è un'ora che perde. La sua forza non si accumula, come merce in riserva: non impiegala, svanisce per sempre. Se ancora ne avanza, qucslo residuo pl'ecipitn cli valore: 11011 può f'SSCl'eutilizznlo che per 1111 lavoro i111'eriorc. La sua dclerionuionc non sopporla in– dugi. li dilcmm~\ è d'acciaio: la morte, oppure la vendila a un preZ?.o qualsiasi. E il lavoratore, na– turalmente, non è tanto eroico eia affrontare In morte. La legge Gsiologicn di popolazione p1·ovvcclc pcl i-eslo. 11.dTorzala, all"inizio clell"èra capitalislica, clal– la disoccup:izione prodolln d~d rnacchinismo, essa ha, in lc·rnpi nonnali, una sin~olarc Tu11zionc cli cl:issc: f:i in modo che l'offerta di lavoro sia co– stantemenle più urgente che non la clomandn. lui– la può il lavoratore contro l"inclullabilc. La quan– litù dcll"offcrla sfugge ad ogni suo controllo, ad ogni diseiplinn, ad ogni possibililù cli mCditala re– strizione o Jilnta;,.ionc. A lui spella quindi di scon– tare l:i pc11:iclcll:i colpa cli Lulli,. dell"irnprcvidcnza sessuale;. Privo di meni. sollecitalo dal bisogno della pro– pria consr1·vazionc, villimn dcll'immobilil.'1. dell'uni– ca s1.1amerce, schiavo dell'11rg-e11zach'essa ha di realiz,.arsi sul mcrcnLo, terrorizzato dai pericoli del– la conconcnzn prr eccesso cli popola?.ione, solo, smarrito rei indifeso, il lavoratore si apprcsln alla gara della libertà. va al mcrcnlo a trattare coi suoi pari, eguale fra eguale ... Il mercato lo allcncle gioio– so, attende con ansia l'edonista più vero e maggio– re dell'èra novella .... (1) r,- u.cc, SocMtle, 1904, n. s. Biblioteca Gino Bianco Edonista? * * • Si. La liberlit riel lavoratore -- del salariato-li– mite - consiste i11 quel tanto che resta della sua facoltù di scelta, data la necessità ch'egli ha cli ,·e11.dcrsi, data, cioè, la nccessiLù ch'egli ha cli vi– vere. Ollre i limiti in cui impera questa necessità, C'ioè questo bisogno fìs'iologico, egli dunque è li– bero, libero di una suprcm,; libcrlù: la libcrlù del- 1:i morte. - !\In è edonismo codesto? Può essere ir1ui edonista colui, al qunlc nitro non è consentito se 11011 cli non morire? Può essere mai un « mas– simo» cli utililù il socldisfncirncnto del bisogno pri– monliale e fisiolo~ico della vita, In conserv::izione della propria csistenzn? E quale sarebbe il « mi– nimo» di questo « ma simo»? Quale sarebbe la curva delle ulilitù intermedie tra resistenza e la non-esistenza? E quale la facollù cli scella fra i mezzi di vita, se l'unico mezzo, cli cui il lavoratore disponu;a 1 è In vendita dclln propria forza di Jn– ,·oro? 'E quale la possibilitù di signoreggiare co– dcsla ,·cndita, se una folla di circostanze, sormon- 1:itc du<lfo ferrea legge di po1,olaziouc, tendendo a precipitarlo al minimo necessurio, dùnno la mi– sura ineluttabile del salario? Può esservi dunque, allo1·rhè il mezzo è dato, un « rninimo )) mezzo? Per il proletario-limite, che visse e morì agli esordì ciel capit:,lismo, la formula edonistica, an– n1illanclo se stessa, si c9nvertc scn1pllcemcnle in qucsL'alt.r·a: unico mezzo per l'unico u.lile. Vendersi per vivere. Vendersi per non morire. L\1tile .- l'e– sistenza - è una necessit.'t di natura. li mezzo - la vendita - è la via sociale cli scampo. I~ vero. c·b il bisogno, ma .c'è ·anche il modo per soddi– sfarlo. Iclclio è provvido. Pone il male, ma anche il bene; il dolore, ma anche il piacere. Accanto alla fainr, c'è il mc7.ZOper cslinguei-la. Accanto al la– voratore, il libero mcrcalo. Mercato significa libcrlù. 1\lercalo significa ugua– glianza. Non imporla se il lnvo1·alore vi chieda ali– menti pel' vivcrr, e il capitali la lavoro pc,· guada– gnare. Eliminala codesta piccola diversilù d'inlenti, spazzata vin In malvagia con icleru7.ione dei << punti ini;,,iali )), ciel bisogno eia una parte e del non-bìso– ~110 clall'allrn, il mercato l'csla la deliziosa oasi. in cui Go,·iscono l'cquitù dello scambio e le malie clel– l"cquilibrio economico, il leggiadro e inebbriante recesso, ove convengono all'amplesso j varì porta– tori cli valori produttivi. Ed è un amplesso gene– roso. Un amplesso che laseia lraccc profonde nel lavo,·o che lo subisce. li mcn·alo elci lavoro non è il mercato elci prodotti: è 1.111 mercato sui neneris, 1111 mercato di. nffezione. Altre condizioni. altri clcmcnli, altre /9::;g~. L,\. SOi.\ cose çj1c si 1(c11,lono; qui si vencl0no uomini. Là l'offerta può Seguire le oscillazioni della domanda; qui la legge di popola– zione vi si oppone. Lit lo s ·ambio è il fallo cl"un istante; qui esige un tempo perchè si compia, du– i-anle il quale il lavoratore non fa che cedere la propria merce, rnenlre il cnpitalistn solt:into in ul– timo dà la propri~•, il snlnrio. Lù non vien mai meno. nè si diminuisce, nè in alcun modo si al– tera, la libcrU1 dei pcrmulanli; qui il suo vincolo è la concli,.ionc clcll'irnpicgo produUivo.. Dal mo– mento in cui il lnvoratorc, nve11.docontrnllato. si accinge all'adempimento elci propri obbli,!:{hi, egli cessa di faLLoclall"apparlcncrc :i se stesso, ma di– venta la n1ola d'un ingran;1ggio che non è suG, ma entra a far parte d'una fcra cli cose e d'inte– ressi, di tutt'un mondo, cli cui il capitalista è il padrone. Da quel momento, dunque, egli, che in realtà non è stato mai libero, fa un grande e sedu– cente acquisto: l'acquisto d'un padrone. Era il Ira– nello del mercato. li suo orµ;oglio di libero con– traente ha subilo una metamorfosi: peggio ancora,

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