Critica Sociale - Anno XVII - n. 8 - 16 aprile 1907

122 CRITICA SOCIALE pili o meno l'intero raggiungimento delle finalità che i concordati si propongono, oppure si preferisca fermarsi in adornzione avanti l'altare della libertà contrattuale, si dovrà seguire l'una o Faltra delle di· retti ve indicate, runo o l'altro temperamento di esse. L'esperienza degli altri 1)aesi,nei quali la pratica delle tariffe è largamente diffusa, gioverà in proposito, te– nendo conto, si capisce, delle diverse condizioni gene– rnli d'ambiente dell'industria, dell'orgnnizzazione delle parti contraenti, del mercato del lavoro dei diversi pnesi. La Relazione ha proceduto su questi punti assai sommariamente. l~ssa dice, difatti: "data la natm·a" dei concordati di tariffa, se ne propone l'estensione agli estranei quando i padroni firmatari del concor• dato rappresentino la maggioranza (particolarmente intesa) di coloro che esercitano l'industr ia cui la stiP.ulazione si riferisce. Ora, noi abbia.mo visto che la ,•a\utazione legislativa del no stl'O fenom eno non è affatto univoca. Ad ogni modo è incoogruente che, affermandosi la natura puhblicistica del coocordato, come cosa di per sè intelligibile, dove si opera sa– C'rificaodo diritti generali, non si mantenga lo stesso criterio dov'esso è pili facilmente attuabile, cioè a proposito degli effetti mate,-iaU dei concordil.ti . Poichè, sebbene si possa sospettare che l a Relazione ignori la questione dell'inde rogabilità assoluta delle tariffe, noi amiamo pensa.re ch'essa, non proponendo norme specifiche a l riguardo e parlando di azioni da eser– citarsi a tutela dei concordati, siasi riferita alla san· zione di annullabilità, come per diritto comune, dei contratti di lavoro contravven ienti alle tar iffe. Accanto a questo problema pregiudizht.le di poli– tica legislativa, occorre indic arne subito un altro, che riguarda piuttosto l'esatta rileyazione degli in– tenti 1wrmali delle parti nello stipulare i concordati o, in altre parole, le finalità pratiche del nostro istituto. Questo mira, conordinamentocoattivo, a dare stabilità alle condizioni di lavoro e ad eliminare con l'uniformità delle medesime i danni di una. concor• renza che speculi sull'abuso delle energie di lavoro. Ora,quell'ordinamento coercitivo dey·essere esso inteso così rigidamente <la non permettere deYiazioni 1 che tengano conto del mutarsi delle contingenze indu– striali in meglio o in peggio? Devesi intendere così 1ivellata la condizione degli operai, che i larnratori superiori alla merlia debbano accontentarsi di per– cepire una mercede, corrispondente di solito alla prestazione dell'operaio medio? E l'osservanza rigo– rosa delle tariffe non condurrà all'eliminazione degli operai meno capaci, provocando una causa di più di disoccupa1,ione? Queste domande propongono altrettante questioni di politica legislativa. Ad una parto di esse la ri– sposta è semplice: per quanto cioè i concordati siano sorti come shumento di conquista dei la,~oratori, non si può dire che risponda all'intento delle parti contraenti ch'essi assicurino vantaggi esclu.;ivamente ad una sola categoria di stipulanti cd a tutto carico dell'altra. Poichè si mira ad un miglioramento della classe, i danni di natura individuale vanno trascu– rati io omaggio al vantnggio risentito dai più. Inoltre, la libertà, che una legge - com'è nel diritto comune - lasciasse alle parti di fissare come meglio credono e possono le condizioni di lavoro, consentirà d'ovviare ai pericoli della disoccupazione degli operai meno abili, e alla tendenza a sfruttare le tariffe come massimi per i più abili. :Ma resta ancora un punto, su cui una legge sì dovrebbe pronunziare: la possibilità del recesso dal contratto per mutazioni notevoli sopravvenute nella industria. Quanto più rigidamente allora si tenesse al mantenimento del concordato, tanto più difficile sarebbe la. spontanea osservanza dei patti. Ed una legge deve favorire sopratutto l'adesione volontaria alla norma giuridica. Ora, nella nostra questione, un tale intento potrebbe raggiungersi: P' o addirittura col sancire il diritto di recesso, precisandone con cautela le condi1,ioni di esercizio - tra le quali dovrcbb'essere l'imposizione alle parti dell'obbligo p1·elimin<o-e di addivenire ad una revi– sione delJe tariffe e, ad ogni modo, di far precedere il recesso da. un congruo preavviso; 2°· o con il limitare ad un non lungo periodo la durata massima dei concordati (1). La relazione Murialdi procede su questo argo– mento con molta indipendenza di vedute. Poichè, da un lato, essa stabilisce che, nel silenzio delle parti, il concordato avrà la rlurata di quattro anni - con che si supera ht. durata normale che le tariffe hanno nella nostra pratica (un triennio), e si attua il con· cetto di una rigida osservanza delle tariffe. Dall'altro lato, dichiara che l'obbligo degli imprenditori e degli operai di osservare le tariffe ha un limite naturale rispettivamente nella serrata e nello sciopero, cui le parti possono sempre ricorrere invece che alla gi11.- 1·isdizione legale(?). Per la tecnica giuridica, un tale limite sarebbe, pii1 propriamente, Wl didtto illimitato di ncesso, non legato ad alcun criterio obiettivo, quale sarebbe quello dell'esistenza di mutazioni no– tevoli nel mercato del lavoro e dell'industria. Epperò il suo riconoscimento rimetterebbe al mero arbitrio delle parti l'ossenanza o meno dei concordati. La Relazione stessa riconosce questo risultato poco soddisfacente, ma lo ritiene inevitabile e crede che esso valga, al più, a dimostrare la necessità di rifu– giarsi nel contratto collettivo di lavoro anzichè nel concordato di tariffa. In fondo, l'insufficienza pratica di quest'ultimo viene ricondotta al fatto, ch 1 esso non obbliga alla fornitura. di lavoratori. Quasi che i con• cordati non obbligassero le parti a far passare nei contratti individuali di lavoro le clausole concordate i e quasic!Jè lo sciupero 1 organizzato per ottenere di– verse condizioni di lavoro, durante il vigore delle tariffe, non fosse un illecito recesso unilaterale dalla stipulazione collettiva! . .. Nell'ordine d'idee ora svolto, troviamo infine una questione che porta a fissare nettamente l'intento delle parti nella conclusione dei concordati. Essa è prospettata da un rilievo pratico: posto cioè che gli operai, intervenuti nelFaccettazione del concordato, configurino un'offerta di la,,oro più ampia della do· manda correlativa che ne possano fare gli industriali aderenti alle tariffe, quale sarà la condizione dei lavoratori che non troveranno collocamento presso questi ultimi? Se essi non riusciranno a farsi assu– mere dagli industriali non vincolati dai concordati alle condizioni portate da questi, dovranno adattarsi alla disoccupazione o esporsi altrimenti ad un'azione di danni per violazione di contratto? Cito gli industl"iali concordatari siano nonnalmente tenuti a rispettare le tariffe, anche assumendo operai da esse non vincolati, è intuitivo. Se fosse altri– menti, non si dovrebbe attendere alcun effetto dai concordati e potremmo negare loro ogni seria con• sistenza. Poichè, non avendo l'imprendit01·e l'obbligo di assumere al lavo1·0 gli operai concordatari, se a lui fosse lecito assumere i lavoratori, non aderenti alle tariffe, a condizioni diverse, la virtù vincolatrice dei concor dati scomparirebbe. Del resto, a questo pro– posi.to è difficile ascrivere un diverso intento alle parti, q uando si consideri che il maggior numero dei concordati non è concluso dall'industriale con il ( 1) Cl sembra però Inopportuna l'olenzlone della durata masalma dei concordati da tre a cinque anni, eomptuta dal dlaegno <\llegge francese (art. H) In confronto allo schema a.ella SocUtt ct•,tudu llglslaUfs.

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