Critica Sociale - Anno XVII - n. 3 - 1 febbraio 1907
38 CRITICA SOCIALE dell'organismo per Jimitarci alle funzioni, è certo che, per entrare nel merito della questione, conver– rebbe dimostrare che ogni problema di lavoro, af– frontato frammen(ariarnente, porta a conclusioni in• sufficienti e contraddittorie. L'esame critico delle soluzioni particolarista dei diversi problemi di lavoro può contribuire alla for– mazione di un sistema cli politica del lavoro, e met– terà conto di tentarlo. GlOYAN~I MON'fEMARTlNJ. Protezione e libero scambio nelproletariato Al Congresso dei risaiuoli tenutosi il 16 dicembre in Pavia - nello etosso luogo ove nel novembre s'erano ndunati i proprietari di risaie ~ fece capolino una grave questione. I risaiuoli indigeni dei paesi d'immì– grazione - Novarese, Vercellese, Paveso - manifesta– rono il loro nperto malcontento verso i lavoratori im– migranti. E - naturalmente - non potendo pigliarsela con gli assenti porchè disorganizzati e sistematicamente krumiri, si sfogarono coi rappresentanti delle Leghe reggiane, modenesi, mantovane e bolognesi, delegati al Congresso. 11 dissidio consiste in ciò: I lavoratori dei paesi che accolgono gli emigranti vorrebbero essere padroni in-. controllati del mercato locale 1 e pretendere)?bero che gli immigranti non invadessero i loro territori senza il loro consenso, che, per le esigenze delle lotte locali, novantanove volte su cento non verrebbe accordato. Ne verrebbe che le risaiuole e i risaiuoli organizzati - per ubbidire alla consegna - resterebbero a casa, e la risaia sarebbe invasa dalle sole compagnie krumire, formate e guidate dai caporali e dai preti, e raccolte nelle pro– vincie ancora refrattarie all'organizzazione operaia. Nell'impossibilità poi di erigere barriere protezioniste, difese dalla legge e dall'autorità, i Piemontesi (così sono chiamati gli operai delle zone risicole) fanno appello ai sentimenti di fraternità e di solidarietà. proletaria. Sorge dunque una questione generale. Devono ricono– scersi i diritti di confine e reprimersi quindi, per quanto è in poter nostro) le correnti migratorie, oppure devono abbandonarsi al loro naturale indirizzo? Vi sembra pue– rile il quesito? Ebbene, avete torto. Al Congresso di Pavia udimmo invocare la teoria dei ricorsi storici per giustificare il buon diritto dei Piemontesi di schierarsi attorno al loro campanile e difenderlo contro l'invasione straniera. Ju una parola: Libero scambio o protezionismo fra lavoratori? Converrebbe - anzitutto - vedere fin dove le orga– nizzazioni banno virtù di impedire o correggere le cor– renti emigratorie. Gli operai - di regola - non emi– grano che per assoluta mancanza di lavoro rimunerato. Scarsissimo in es3i lo spirito d'avventura. È dunque una necessità superiore che sposta le masse proletario; ben poco dunque potrebbero in contrario le organizzazioni di mestiere, e quel poco, come vedemmo 1 non gioverebbe a nessuno. Sola cosa poi:isibile,regolare i rapporti fra i lavoratori e sottrarre gli emigranti alla speculazione degli arruo– latori girovaghi. Stabill infatti il Congresso di Pavia che lo compaguie degli emigranti organizzati debbano eli• miuare l'ingerenza dei mediatori, o trattando diretta.– mente coi padroni, o senendosi dell'Ufficio dì emigra– zione interna dell'Umanitaria; e accettare solo i salari e gli orari stabiliti per gli immigrati dalle organizzazioni looali. Siccbò - nè protezionismo campanilista ed esol11• sivista - nè libero scambio disordinato, cieco, contrad– diltorio; ma intesa cordiale e co9tante fra indigeni ed immigrati, onde regolare l'impiego di tutta la mano d'opera senza contrasti fra lavoratori. Tutto ciò io attesa (e l'attesa, temo, non sarà breve) degli Uffici regionali per dirigere le correnti della emi– grazione interna, votati dal Congresso dell'Emigrazione, tenutosi in Milano il 13 e il 14 gennaio. AMILCARE STORCIIL Lapsicologia dell'organizzazione federale Indiscutibilmente, da un punto di vista logico, molto più intimi sono i legami fra le varie organiz– zazioni di resistenza di un mestiere pur situate in località diverse, che non fra quelle di mestieri di– versi, ma situate nella stessa località. 11 migliora– mento del contratto di lavoro - scopo peculiare delle Leghe ~ si ottiene meglio nell'orbita omogenea di una stessa professione, che non nella disformità. di più mestieri, in prossimità topografica. Pure, se ba– diamo ai fatti, in Italia le Leghe di miglioramento gravitano assai più intensamente verso il centro lo· cale (la Camera del lavoro) che ver1:10 il centro pro– fessionale (la Federazione di mestiere), al contrario c.he in altri paesi (Jnghilterra, Germania, Svizzera, Austria) ove i Sindacati nazionali offrono una coe– sione mirabile. La maggior parte delle nostre Federazioni hanno un'esistenza nominale: soli segni di vita, il giornale (quando c'è) mensile, che vive di sforbiciature, e a quando a quando, i Congressi, che ripetono invano quasi sempre le medesime deliberazioni. L'esazione delle quote non è piccolo affare, anche così misere come sono da noi: non di rado le Sezioni dissimu– lano, per tirchieria, il numero dei soci, e il segre– tario federale lo ignora; spesso ignora se una Se– zione viva o sia morta; anzi può talvolta esser dub– bio (malgrado' il timbro e la bandiera) se esista la Federazione. Si contano sulle dita quelle veramente vitali. E non mancano in Italia gli eccellenti orga– nizzatori: il difetto è nella materia da organizzare. Di fronte all'organizzazione il nostro popolo (non sembri il confronto troppo paradossale) è pagano come in religione: stenta a concepire il dio invi– sibile e crede alla madonna ed ai santi, che vede scolpiti e dipinti in tutti i tabernacoli. La Camera del lavoro è lì, la vede, la fl'equenta, ne ha consigli quotidiani; la Federazione è un ente metafisico. n segretario federale, anche perchè a corto di quattrini, non fa che rare apparizioni, presto dimenticate. Se ne togli i tipografi, i litografi) i ferrovieri - i ceti aristocratici del movimento - lo scritto, la stampa hanno poca presa su masse quasi ìlletterate. Si aggiunga la disformità profonda di condizioni di lavoro fra le diverse plaghe del paese. Nord e Sud si fanno antagonismo anche in questo campo. Le Leghe, già scarse e magre, del Mezzogiorno, per lo più, non sono federate. I villici di Sicilia ignorano la Federazione nazionale dei contadini i e solo di re– cente i tipografi organizzati dell'isola rientrarono nella Federazione nazionale del libro. Perciò una vera compattezza non si trova se non in quelle categorie che) anche sparse, dipendono da uno stesso padrone: lavoratori delle amministrazioni dello Stato, e di qualche grande Compagnia di tra– sporti o di navigazione. Ma qui gli interessi e le condizioni sono identiche, l'azione meramente locale è quasi inconcepibile, e, in realtà, più che di orga– nizzazioni federate, si tratta di una organizzazione unica, distinta in Sezioni. 'l'utto ciò frustra in gran parte gli sforzi più in-
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