Critica Sociale - Anno XV - n. 7 - 1 aprile 1905
100 CRITICA SOCIALE ILCONGRESSO DEIC MUNI ITALIANI A FIRENZE li Congresso straordinario dell'Associazione elci Co– muni italiani 1 tenutosi il 25 e il 2(; ciel mese scorso u Ji'ironzc, non ha voluto occuparsi che dì un argo– mento: il passaggio allo Stato delle spese che, por il loro carattere generale, nou dovrebbero ,:!rnvarc più olfre i bilanci comunali. La defìnizionc cli queste spese o l'impostazione pra– tica della riformt1. erano state - por dare più effi– cacia e più semplicità all'agitazione - ricalcate su nlcuni precedenti parlnmentari e legislativi, in modo da conferire alla nuova richiesta, non già il carattere cli riforma radicale nella ripartiziono delle entrato o clclle spese fra Stnto e corpi locali, ma soltanto quello di rivendicaiione d'un diritto 1tcquisito per lcgg-0 e prorogato soltanto da un'altra logg-C posteriore, 'l'at. tica difensiva) dunque, tanto più ra.,,orevole quanto 1>H1 il diritto da ri,•endicare è di quelli che non ri• chiedono Mcrifici troppo forti nl hilancio dello Stato. Quali siano questi precedenti J>nrlamentari e lcgi• 1ilativi 1 dai quali trae la sua rng-ion d'essere la nuova agitazione dei Comuni, non snr,\ inutile dire qui, il pili rapidamente possibile. Diciassette anni fa la Commissione parlamentare incnricata di studiare l'attualo legge comunale e provinciale, dopo un minuto o sapiente esame delle funzioni che sono pro1>rie al Comune e cli quelle che sono proprie allo Stato, ripartiva fra. i duo cnli le spese con rigorosa equità. Da quella ripartiziono u~cì fuori l_'artic~lo 79 di quel disegno dì legge, cho chvenne poi l'articolo 272 nel testo unico della legge approvata, secondo cui le s1>esc per il easermaggio delle guardie di P. S., per l'arredamento degli unìci dei magistrati ed altre di consimile natura, non do– vevano pHt gravare sui bihrnci comunali, ma passare a carico dello Stato. Se non che, quattro anni dopo, la convenienza cli non turbare il bilancio con 11applicazione integrnle di quel passaggio di oneri suggerì di tradurlo in ntto a gradi, mediante successivi pnssaggi a scadenza tlivcrs~. Provvide a ciò la legg-e del 3 luglio 1892, la quale mtese appunto a rimandare cli qualche anno il passaggio allo Stato dei carichi pili cospicui come ad esempio, quello per il servizio di pubblic~ sicu~ rezza. :Ma, nel febbraio del 1904, il onnino, allora mi– stra del 'l'esoro e alle prese con un bilancio disse~ s~ato, proponeva, nei suoi µro"vcclimenti finanziari, d1 abrogare la legge elci 1802 e cli sospendere fino a nuova disposizione legislativa l'esecuzione dell'nr– ticolo 272 della legge comunale o provinciale. 11 Nelle 1>rcsenti circostanze - scriveva Pon. Sonnino - lo quali ricbieggono che sia ricorcata ogni maggior possibile economia nelle spese cho hanno gravato finora l'erario dello Stato, e che anzi gli sia procurato, anche a costo di penosi sacrifici, il pronto ristoro di maggiori e nuove entrate, è ben noto alla Camera che nessun ulteriore aggravio, sia pure di lie,·lssima entità, gli si può addossare, e per un tempo che non è lecito defluire fln da ora. Jl Governo trovasi 11ertanto nella necessità di proporvi cito, dichiarandosi aUrog'ata la leg-go del :J luglio 1802, lit quale sta\Jilì 11\graduale avocazione t\ carico dello Stato a termini fl!:!Si delle speso indicate nell'articolo i1z del tosto unico della legge comunale e provinciale, l'attuazione di quest'ultimo articolo sia so– spesa flno a nuo,•a disposizione legislativa, fluo a quando cioè le migliorate condizioni finanziarie dello Stato pos• sano conacntire di mantenere gli impegni che con esso furono m:sunti. 11 La proposta del Sonnino clivPnta.va la legge del 22 luglio 1894. Ma oggi, mentre " le migliorate condizioni finan– ziarie dello Stato 11 dovrebbero consigliare cli tlnr corso all'antico articolo 272 1 sospeso e non cancel– lato dalla leggo Sonnino, il Governo, nou solo non h_a pensato a ripristinare quell1articolo, ma, in occa· s1onc della recente legge sull'aumento dello guardie o dei carabinieri, ha accresciuto cli circa un milione o mezzo le spese che indebitamente sopportano i Comuni. Vagitazione attuale ò dunque pienamente giusti– ficata, e il pro1>osito che ha radunate a Firenze pa– recchie centinaia cli rappresentanze comunali è cosi equo, legittimo e inoppugnabile che non poteva pre• starsi a dissensi di sorta. Se non che i dissensi, che non si potevano mani• festare intorno alla sostanza cloll'agitazione si sono manifestati sui modi clell'ftgitaziono steEsa. 'oue cor– renti, cl! cui l'una rappresentata dagli elementi non sovversivi e l'altra dagli clementi socialisti e repubbli– cani, si sono contese la vittoria con un accanimento s~nza pari. La prima intendeva mantenere l'agita– zione nelle forme ordinario intorno al disegno di h:g.g-e presentato al Senato dai senatori )[ariotti Niccolini e i\lUnicchi; la seconda, i,wece, voJ(lva de~ liberare la dimisiione in mnssa di tutti i Comuni associati <1ualora la proposta non ,·enisse entro 11anno approvata dal Parlamento. La vittoria rimase con unn maggioranza schiacciante, alln prima corrent~ · donde il minacciato ritiro dall'Associazione della. mi~ioranza battuta. . .. Intorno a questo d1bn.ttito e a qum;te mmaccw sentiamo l'obbligo eh dire francamente - anche ~ C?sto cli dispiacere a molti amici - la nostra opi– mone. Le dimissioni delle amministrazioni comunali non sono certo cli per sè stesse uno spediente così rivo– luzionario da impaurire il Oo,•erno centrale e con– sigliarlo alla resa. ])i esso si ò fatto e si fa 1111 A:r~nde ~buso. nelPltalia meric_lionale quando ni par– t1t1 clonrnrnn~1pare ?he_l'autontà governativa osteggi I~ }?ro amm11ustraz10111e attraversi i loro scopi po– htic1. ~Ja, appunto per questa frequenza che si os– sena nelle regioni meno educate alla funzione nor– male del regime rappresentativo, noi siamo tentati a concludere che l'armo delle dimissioni e la facilità e~i. ricorrervi son_o J~iuttosto segno di immaturità po– litica che non eh vivacità e di serietà di lotta. Dobbi~m? p~rò riconoscere che altra era la portata e altro Il s1g111fìcatodella proposta Comandini. l<Jcrli e _co~ l~i l'amico Giacomo (,'erri, voleva che lo ~li~ m1ss1om, per assumere carattere cli òimostra:.dono italiana, fossero date contemporaneamente da tutti i Comuni associati, in modo da richiamare su di esso 11attenzionc pubblica e da costringere il Governo n prov\'edimcnti definitivi. Si trattava cioò di dcli– be_rare _uno s~iopero gencrnle e non già uno di queg-li sC1oper1 1>arz1ah che nascono come funghi e muoiono ignorati e infecondi. Ma la proposta dei reJHlbblicani e dei socialisti non. te!1eva c?nto di. u~a. condizione di fatto impor– tunttss1ma e 111soppr11111bile. In sostanza le ammini• strn:doni comum1li non mpJ)r0so11tano l'~nte a.strntto ('omunc, ma sono l'emanH~iono di un dctorminn.to pn.dito. Ora, se l'ente Comune può in qualunque o rn e 111 qualunque luogo prendersi il lusso di una pro• testa, un partito non può n,·ere altrettanta libcrliL d'azione, ma deve subordinare 111.protesta alla su• ~r::.a necessità di mantenere le posizioni eonqui- Ques.ta preo~c~1pazione non ò così viva nei partiti cstren11. Infatti 1 repubblicani e i socialisti sanno
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