Critica Sociale - Anno XIV - n. 10 - 16 maggio 1904

CRITlCA SOCIALE ('on ciò io non intendo consigliare ogni disinlc– rrs!'ìamento ulla. maggiore po~sil>ilc esportazione di \'ini. Solo rcs1>i11go l'errore di spccuhtrc sui vigneti che mirino prineipnlmcntf', se non quasi csclusiv,t– mcntc, alla e:-.portazionc nei mcrcttti esteri. 80 fac– ciamo vini prt.•ginti, come i francesi, noi li vende– remo aJl'e.;;1cro, porchè ralto prezzo sopportar~ gli nlti dazi di confint•. Il marsala poi, richiesto in tutte le mense e n•so indispensabile dalla mcdicinn, ha poco da temere (.htllp alte barrirrc doganali. . .. 11 prohlcma dl'I ,·ino in rtalia 1 e con esso anchr quello degli n..{rumi 1 è problema piuttosto di con– sumo all'interno. Se ne è fatto invece uo csclusì\'o problema di esportazione: e C•Jn questo si è coduso il problema meridionale e siciliano, ('Ssendo il vino (' gli agrumi i principali prodotti og-ricolì che so– glionsi esporh~rc> pcrchè 11011 si riesce a consumarli 1101mercato interno di tutra Italia. La questione del mercato interno è stata risolta per l'industria ~ettentrionale, ma non risolta nncora per i prodotti agricoli meridionali: vino, agrumi, ecc. Lc frutta del )lt.•zzogiorno ant.'l>lwro un lar~o con• :-.umo popohu·C' in tutta Italia se i consumatori avcs• sc-ro una mag-µ,iorc ,,otcnza di consumo. E vero che dall'estero, specialmente dalla Cttlifornia, arriv1rno ogg'i anche in ltnlin IC' frutta secche, ma a prezzi pos~ibili per i soli riechi; invecC' hl. frutta nazionalC' ,·end uh, a pochi soldi ma a tutti, darebbe una grande ricchezza. l/uva dtt tavola a cinque soldi al chilo dà ,Ji piì.1 che il vino venduto all1cstero ad un prezzo rimuncrntorc. Oli agrumi italiani, prodotti quasi so– lamente in 8icilia e in alcune parti del Mezzogiorno continentale, restano a marcire sull'albero) per non snpcrc a chi ,·endcrli all'estero: e intanto nell'Italia settcntrionnlc costano caro al consumatore, e i J)iÌ.1 dei f('bbricitnnti d'Italia ne reshrno Jlri,·i. Xoi produciamo meno vino di quanto sarebbe no• cessario al solo ("0nsumo nazionale, e non riusciamo facilmente a vt>ndcrlo. La produzione del ,,ino è for– temente diminuita in Sicilia per cHusa della fillos– scrn, eppure per lo stesso poco vino si mantiene la rrisi commerciale, o in molti Comuui d'Italia e 1>er molta parte della. popolazione di og-m Comune il vino si conosce sol dal prete twlla messa. J,a mag~ior potenza cliconsumo nelle nostre masse popolari non ci può venire che dalla organizzazione dC'lla classe lavoratrice, che, con lo Leghe e le Coope• rati ve agricolo di carattere proletario, darà una pro– clmdonc sicuramente abbondante e una distribuzione della ricchezza talo che assicuri a tutti il diritto alla ,·ita. La produzione delle bevande alcooliche negli Stati pili consumatori è diretta quasi solamente al nicr– caro interno. Ln Germania tracanna eia sè tutti i 30 e pili milioni di ettolitri di hirra che produce. l. 1 lnghilterra e gli altri Stati elci .Nord fanno presso a poco lo stesso. La. stessa l•'rnncin, grande produt· trico cli bevande di ogni genere, esporta solamente vini e liquori di lusso, che con pocn. quantità val– gono non pochi milioni. La produzione enologica delL\ ustria-L'ng-heria è assai scarsa in confronto agli ahitanti. t mai possihile in Ttalia 1 con lit produzione immf– ficicnte di grano 1 ("Onquella. qu1u!i nulla cli lcgnnme di costruzione e di combustibile, con Pindustriu. Ili'· mcntizia scnrsc-ggianle, con le industrie ma11ifaft11- ricre ristrette a sole poche parti dello Stato, e co. stretti ad importnrc tanto hen di Dio di prim11 ncccs::;ifa dall'cl'>tNo, è mai possibile, ripeto, thc troviamo nella produzione generale un margine per dare ad ognuno il ristoro quotidiano di un bic– chiere di buon vino e una porzione di igienic,t frutta a prezzo popolare? Il prohlema del vino in ltulin si risolve per via cli quello clC'I pane. rntanto piantando vigna senza accrescere prima la produzione di ogni altro 11cccs- 1rnrio bene, si fa in altro senso il conto dello scoz– zese1 ormai n tutti noto; e il conto, non tornnntlo mai si n10le che gli altri bevano il nostro mal fatto vin~ e per i nostri begli occhi. Lo stesso pui, dirsi per gli agrumi e per altri prodotti agricoli. . .. Poichè la principale esportazione sn cui contasi in Ricilia è quella. del vino, e per essn battag·liasi con gli industriali dell'Italia settentrionale per una poli– tica doganale liherista riguardo al vino, mentre niolsi il protezionismo per il grnno, mi fermo magj?ior– mente sul prohlcmn. enolog-iro prima di conehiudcrc la mia relazionC'. 1:;impossibile che noi vinciamo le resistenze dc~li altri Stati contro la nostra esportazione enologica. Gli altri Stati hanno da proteu-gerc le loro bevande. La Ji'rancia, che anche dopo l'invasione fillosserica ha t:tofferto la crisi clcll'11bbondanza con la mh:enlt del \'ino, non accog-lie il nostro, perchi• vuol mantenere nito il prezzo di c1uc-lloproprio, e dure così tornaconto al rinnovamento ciel vigneto su ceppo americano e con spese culturali 1lccresciute. La stessa liberista lnghil– tcrra1 pur così ghiotta di ben111de alcooliche, ha sempre richiesto spamte importazioni di Yini itnliani, e li tassa con rorte dazio di confine. li vino prodotto in tutto il mondo raggiungo la scarsa cifru cli circa 150 milioni di ettolitri, perchè ad esso fanno fortissima concorrenza le altre bevande. È vero che la viticultura bi ,·a estendendo nei paesi nuovi, ma il prodotto è pure ridotto dalle nuove malattie della vite, e le altro bevande hanno preso un più forte 8\'iluppo. li vino ancora aspetta di mg-• giungere il ))rogrcsso industriale a cui è arrh·aht ht fohbrirazione della birra. Questa si fabbrica in o~ni giorno, in modo perfetto e :,icuro. Il vino, in,•ecC', è solameme prodotto ad ogni anno, pii, per opera spontanea della natura che per quc-lla sapiente del– l'uomo; ccl è i;oggctto a tutte I(' vicende e a tutte le incertezze. Ancor oggi è vero i I proverbio: " mer– cante di vino, mcrcnnte meschino. ,., 3.[a, ammettiamo che, per virti, di trattati com– merciali, si possa agevolare la esportazione enoloi::ictt. La durata di un trattato di commercio è sempre rela– tivamente hrovt' - sei anni - ed il pericolo di un mutamento nella politica dognnale allo scadere di esso resta pernrnnente. Come puossi iìffidare n così precario cd incerto regime commerciale la fortuna nazionale? 'l'utti pinntcrchhcro vigne, e poi si corre· rebbe il risehio del fallimento. Così avvenne quando si credette che stessero ctcrnanl('nte aperte le port<' della Francia; così av,·enne per hrnti 11ltri prodotti agricoli, cli cui si ebbe un pc-riodo di propria esporta– zione; e così nuovamente av,•crrchbe per la. viticul– tura sicilinn::i. ro ricordo che, quando in l• 1 rancht si votnwL lit politica doganale protezionista. del Méline contem– poraneamente allo scadere ciel nostro trattato cli com– mercio con quello 8tato, i pochi liberisti OJ>positori dichiararono nel Parlamento francese che essi face– vano solo eccezione favorevole alle alte barricrc per il ,·ino estero. Oltre alla illu~ione intorno ai mereati esteri, un'altra illusione ha concorso ad estendere oltremodo il vigneto ed a procreare' il disastro economico. La cultura dC'llit vigna è as~Ri pili rimunerativn llei cereali e della pastorizia: il prezzo della terra per essa incariscc, e diventa aucor meno rimunerativa ogni altra cultura. li mondo che novellasi essersi sommerso sott'acqua, verrebbe invece a sonnnergerdi sotto il vino. La vigna si cstcnderchbo dentro le case e sui tetti. ~ra, se h, legge del tornaconto farebbe cuoprire

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