Critica Sociale - Anno VII - n. 18 - 16 settembre 1897

274 CRITICA SOCIALE è la ragione che muove il Piemonte a far da sè, che staccò di fatto la Sicilia dal partito, che non vi lascia entrare, se non per euritmia, la Sardegna e la Basilicata; la ragione che condurrà il Partito a cercare lo snodamento di cui ha bisogno ogni essere vivo, e che, rinvigorendo le membra, giova poi all'organismo intiero. Ma questa è la ragione, appunto, di cui nessuno, finora, vuole udire di– scorrere. . .. Un malessere vago si avverte nel nostro partilo, a malgrado dei successi, a malgrado della cordiale intesa morale che è rra noi tutti, a malgrado del folle spavento e dei buffi contorcimenti dei nostri avversari. C'è qualcosa che ci manca. meglio, qual• cosa che ci è venuto a mancare. I dissensi più o meno profondi sulla tattica., sul decentmmento, sulle Cooperative, sulla conquista o non dei Muni– cipi, sui casi di Cremona o di Legnago. ecc., non sono che episod1. C'è alcunché di più vasto. A noi pare che questo « alcunché » si possa raccogliere in una formula breve: noi stiamo cercando la no– stra orientazione. Nei primi tempi non soffrivamo di questo male. Afl'ermare la nostra esistenza, render conscia 1a lotta di classe, vincere il pregiudizio anarchico e il pre~iudizio corporativista 1 dimostra1•e la necessità dell'aztone politica, resistere alle persecuzioni, e1•ano cose sempltci e sulle quali non sorgevano dubbi. Lo sviluppo ulteriore del partito ci ha posti di fronte a difficoltà nuove e maggiori. Gli scioglimenti, che ci colpirono, ci hanno sepa– rali violentemente - e sapientemente - dalle organizzazioni lavoratrici. Noi credemmo di risol– vere il nodo adattandoci a questa condizione, for– mando il partito politico a base di adesioni perso– nali. Ma la massa operaia in parte non ci seguì, in parte, seguendoci, si spogliò del carattere suo. Venendo con noi, cessò di esser lei. Si creò una fitta rete di Circoli elettorali e mandamentali, ot– tima trama pel censimento del partito e per la riscossione dei tributi; ma su quella trama il ri– camo fu povero, la vita di quei Circoli fu stenta e malinghera. Più volte il gran da fare non è del Circolo per aiutare il Partilo, ma è del Partito per tener ritto il Circolo, divenuto fine a sè stesso: all'uopo si organizzano festicciuolo da ballo, pesche miracolose, e gite campestri che per pudore s'in– titolano « di propaga,nda •· Stante il prevalere come coltura, e qua e là come numero, di elementi borghesi e professionisti, si dimenticò che la que– stione capitale del nostro partito è la questione operaia. Nel momento elettorale si spiegò un gran fet•vore; poi si languì ne1l'inerzia; per uccidere il tempo ed il vuoto, i soci si dilettano di questioni pettegole e di ben motivate « espulsioni •· Lontanissimo dal nostro pensiero disconoscere tutto ciò che il partito ha fatto di buono, anche con questi mezzi e con questa struttura. Ma cre– diamo di vedere il pericolo che ci attende in capo a questa via. Diventare cioè (se già non lo siamo un tantino) un partito di polit1canti 1 sul fare, mu– tato il credo, della vecchia democrazia. Che ciò sia bene stabilito, e gli operai, che già. vengono scarsi e spesso si tediano alle nostre sedute, ci volgeranno le •palle ancor più. Egli è che la questione operaia - operaia, s'in– tende, e contadina, a seconda dei luoghi - è pro– prio e dev'essere l'anima del nostro partito. L'a– zione politica è bensì necessaria, ma in quanto dà modo di affermare e risoIvere quella. E quella uon si afferma e risolve col custodire in archivio un programma minimo e massimo, che parli di leggi sociali nel purgatario presente e di proprietà 81 V va V V L..I collettiva nel paradiso futuro. 1';;l'azione e la pro– paganda continua fra l'elemento interessato, quella che sarebbe necessaria. Certo, essa ò meno facile che approvare ordini del giorno o farsi applaudire con ben torniti discorsi. Il /'atto dell'Agnini, del Costa, del Bissolati, del Ber– tesi, ecc., che vanno fra gli scioperanti e danno loro una mano per vincere nelle lotte da essi impe– gnale, val più, per lo sviluppo del Partito, di tutti i loro ed i nostri discorsi in Parlamento e fuori. :Ma queste sono contingenze accidentali, né per quest'opera è solo da far conio sui deputati. Noi ci siamo spesso domandati, in questa nostra Milano, dove fioriscono o languono, fra mmutamentt e riparli, una quindicina di Circoli, nei quali i so– cialisti si catechizzano fra loro od organizzano lo gite e le pesche miracolose, e dove si sperpera una somma immensa di lavoro di delegati e capigruppo e contabili e conduttori di modesti buffets, se non varrebbe assai meglio che ve ne fossero invece tre o quattro soltanto, dove gli operai pii, intelligenti ed appassionati al movimento si affiatassero fra loro. e d 'onde si disperdessero a « far la propa– ganda • nelle Società operaie, alla Camera di la– voro, magari nelle rusticane osterie del suburbio, dove s'aduna quella massa grez;za, apatica, imper– via, che 11011 viene né verrà mai ai nostri Circoli, e che al più (o in piccola parte) si contenta divo– tare, nelle elezioni, pei candidati nostri o per quelli dei padroni e dei preti. Ma non è una riforma dell'impalcatura del par– tito quella che or vagheggiamo; neppure, ci premo notarlo, verremmo al Congresso cor. una ricetta in saccoccia. Il male che segnai iamo sfugge all'azione di cotesti cerotti. Basterebbe sorgesse la coscienza chiara dei danni che ci minaccia: il rimedio ver– rebbe da sè. S'è parlato e votato più volte sulla necessità di ringagliardire nel partito l'aziono economica; si disse cho i nostri operai devono mescolarsi alle leghe di resistenza, o agirvi da socialisti: ai con– travventori, mo1~e solito, si minacciò l'anatema. In concreto nulla si é fatto. Intanto le masse, o buon;t parte di esse, se le chiamiamo a scuotersi per la libertà, pel suffragio unhersale, fino pel rincaro del pane, son sorde e poco meno che immobili. Sul tappeto di tutti gli Stati è da tempo il pro– blema delle « leggi sociali •; l'Italia è, in questo arringo, l'ultima delle nazioni. Si mormorò perché nessuno dei nostri deputati fu presente al recente Congresso indetto a Zurigo. Noi domandiamo piut• tosto: 'luando mai il partito si curò di agitare in patria (che sarebbe più pratico) per qualcuna al– meno delle leggi sociali più urgenti! Domani il Guicciardini o 11Luzzatti porteranno alla Camera lo loro leggine; imprenditori e capitalisti le acco– moderanno a lor gusto·; qualcuno dei nostri depu· tati dirà un bellissimo discorso, che l'Avanti! e la Lotta di classe riprodurranno, lodando. E poi.... sarà tutto finito. Eppure noi andiamo predicando che tutte le ri• forme la classe operaia, pena l'irrisione, deve con– quistarle da sè. Ma in fatto come razzoliamo 1 Ah! no, non basta che qualcuno di noi - dei nostri tenori di cartello - vada a far la cantata di prammatica nelle sale degli operai pel l.' di maggio o per l'inaugurazione d'un vessillo, sgra– nando il solito rosario dello otto oro, del riposo festivo, ecc.•ecc. Questa non è che parata. Per far breccia da senno, per infrangere la crosta dell'a– patia, per chiamare le masse a cooperazione viva con noi, è tutto un lavoro paziente e assiduo da farsi, a seconda dei bisogni e delle emergenze, lavoro non di uno o di pochi, ma di quanti siamo nel partito; e non dei momenti elettorali 1 ma di

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