Il trattato di commercio con la Germania L'Italia, come tutti gli Stati dell' Intesa, ha goduto per 6 anni, nei suoi rapporti commerciali con la Germania, di una condizione di privilegio, che dovrebbe rappresentare l' i_deale per tutti i protezionisti ed i mercantilisti in ritardo : essa ha avuto cioè la più completa libertà di opporre qualunque ostacolo all'importazione dei prodotti tedeschi, mentre la Germania era obbligata a concedere a tutti i nostri prodotti il trattamento della nazione più favorita. Ma col 1 O gennaio la clausola del trattato di· Versailles cessa di aver vigore, e mentre scriviamo - ad un solo giorno di distanza da quella data - non sappiamo ancora quali condizioni saranno fatte al nostro commercio. Sappiamo che da due mesi i delegati dei due paesi sono riuniti a Roma; ma da quelle riunioni nessuna notizia è uscita finora che permetta di determinare a quale punto siano giunte le discussioni e se vi sia qualche probabilità che prima della scadenza si arrivi alla stipulazione del trattato. A rendere più difficile l'accordo sembrano concorrere da una parte e dall'altra intransigenze ostinate : se son vere le informazioni ricevute dal presidente della Camera di Commercio italiana a Berlino, il governo tedesco, spinto dalla pressione degli agrari e dalle necessità finanziarie, vorrebbe aumentare in misura assolutamente intollerabile i dazi sulle nostre esportazioni agricole. Per citare soltanto alcuni e.s.empi, le mandorle da 4 marchi-oro il quintale salirebbero a 30 ; gli aranci da 3.25 a 12: i · limoni, ora esenti, pagherebbero anch'essi 12 marchi-oro il quintale; l'uva frescij da 4 passerebbe a 30. Tolte pochissime eccezioni, sarebbe una vera e propria serrata : il mercato tedesco sarebbe quasi totalmente perduto per l'agricoltura Haliana. Di fronte a queste minaccie si ignorano completamente le intenzioni ,,dei negoziatori italiani : ma intanto la Confederazione generale dell' industria, che dispone sempre di una grande forza politica, non è rimasta inattiva ed ha tentato di guadagnare alla sua causa non solo i negoziatori, ma anche l'opinione pubblica, sforzandosi di dimostrare che non vi sarebbe alcuna ragione di sacrificare agli interessi dell'agricoltura qu~lli dell'industria, dato che, nello stesso commercio con la Germania, l'esportazione dall'Italia dei prodotti industriali è già sensibilmente superiore a quella dei prodotti agricoli. In conclusione, bisogna difendere quanto più rigidamente è possibile la tariffa generale del giugno 1921. Biblioteca Gino Bianco
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