, • l • I Lo Statuto Piemontese del 1848 giudicato dai contemporanei Scrissi testè ad alcuni giovani, che dovrebbesi ristampare e diffondere lo Statuto a migliaia di copie, perchè tutti ne parlano, come della Bibbia, senz'averlo esaminato e nemmeno mai letto. E a chi si scandalizza dell'asserzione che non può più ritenersi adatto, come carta fondamentale, all'Italia di oggi, mentre venne giudicato difetto so e deficiente anche pel piccolo RegnQ di Sardegna quando venne promulgato, gioverebbe far conoscere che cosa ne scrissero i eontemporanei a cominciare dal Cavour, il quale - come ricordò l'on. Mussolini un- mese fa in Senato - trovava concetto assurdo quello espresso nel preambolo : < che lo Statuto è legge fondamentale, perpetua e irrevocabile della Monarchia>. Noi pubblichiamo qui sotto, a documento della nostra lettera ai giovani dell'Alba, le osservazioni critiche intorno allo Statuto inviate da Antonio Costa nel marzo 1848 al Marchese Vincenzo Ricci. di Genova, che si trovava a Torino, e fu ministro di Carlo Alberto nel primo ministero costituzionale. Si vedrà, da questo documento, con quale cura i giureconsulti d'allora considerassero le conseguenze, il valore e i pericoli delle singole disposizioni di quella < legge fondamentale > che nessuna assemblea elettiva aveva discusso. L'originale del documetfto che pubblichiamo, si trova nel Museo del Risorgimento di Genova. In altra lettera del 7 marzo del medesimo Costa al Ricci, questi aveva scritto a tergo, tra gli altri appunti, di cui intendeva ricordarsi, per la Commissione, incaricata di formulare i voti dei Genovesi, della quale faceva parte: Statuto rlf ormabile. E pure a tergo di altra lettera da lui ricevuta da Lorenzo Valerio, scrivendo alcuni < appunti di provvedimenti da proporsi in Consiglio dei Ministri come parte del programma politico > nella prima sua composizione del marzo 1848, registrava: - Bandiera Nazionale Italiana. - Amnistia. - Riforma dello Statuto .... >. Dal che si vede come l'assurdo, rilevato dal Cavour, preoccupasse anche questi buoni monarchici genovesi. OSSERVAZIONI ALLO STATUTO < Il Proemio risponde poco ai principii di libertà, che devono consacrarsi da uno Statuto Rappresentativo. I titoli per esempio di Re di Sardegna, Duca di Genova, ecc., esprimono piuttosto un dominio di territorio assoluto, secondo la significazione che davasi nei tempi feudali alla parola Re, che non il vero uffizio, o la missione del Sovrano, presso cui non risiede che tutta, o parte dell'autorità della Nazione, alla quale soltanto appartiene il territorio dello Stato. Dovrebbe quindi leggersi nei titoli : Carlo Alberto, Re dei Sardi, Duca dei Genovesi, ecc., ecc. Cosl pure, e per le stesse ragioni preallegate, alle parole regnicoli, o sudditi, che spesso incontransi nel testo Bibliotec ·Gino B.ia.nco
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