Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 7 - maggio 1978

Forse ci siamo allontanati troppo dal tema ma a me interessava solo sot– tolineare che «la città di Dio» e la «città dell'uomo» sono «un «continuum» e che il messaggio del Signore consiste in questo vivere come una continuità in modo che possiamo abitare con la «fantasia» il paradiso e capire che, anche noi, un giorno come l'apostolo Giovanni, compariremo innanzi al Vivente. Dobbiamo pensare a quello che accadrà quando l'anima immortale non darà più forma a questo corpo ma sarà se stessa e comparirà innanzi alla realtà che ha avuto sempre presente in sè, nella sua vita; vedrà così con gli occhi dello spirito il Vivente che Giovanni descrive con immagini terrestri appunto perché l'anima porterà in se stessa tutto ciò che è stato proprio del corpo e che in essa infinitamente si continua, così vedrà il Signore in un modo che è diverso ma che pure è la continuazione di questo. Il rapporto che corre tra i due modi è appunto quello tra imperfetto e per– fetto così che, quando noi leggiamo l'Apocalisse, leggiamo, in fondo, il mo– mento ulteriore e superiore della nostra vita. E a ciò dobbiamo pensare non con timore ma con gioia perché come dice Paolo nella lettera agli Ebrei, il cristiano è colui che vince il timore della morte, vince la potenza del demo– nio, ed il suo segreto, quello dei veri cristiani, è vivere oltre la propria morte. Qui la perfezione della vita cristiana si incontra e si confonde con la misura che rende dolce la vita; nel momento in cui noi siamo là, allora veramente riconosciamo il Signore del mondo e vediamo compiersi le profezie veterote– stamentarie; più sicuro è colui che ha passato le porte della morte e abita nel Regno. Egli è storicamente sicuro nel mondo, ha quella sicurezza che alcuni cercano nel sacro ed altri nella dimenticanza del vero e nel prof ano; ma soltanto colui che ha passato la soglia della morte, che ha vinto il timore della morte la possiede veramente perché possiede la «città di Dio», per lui, Ia «città dell'uomo» e la «città di Dio» sono la stessa cosa, la differenza è vinta, nessuna barriera separa più ciò che è di là da ciò che è di qua. Tante volte il Signore ci ha detto queste cose. L'Eucarestia è tutta qui, nel fatto che, nel momento in cui la riceviamo, sappiamo veramente di entrare nel banchetto celeste. In questo senso l'Eucarestia è, come ho detto, la con– tinuità e ciò che professiamo nella Eucarestia è l'assenza del confine; è lo stare al di là della morte, è aver superato ciò che è proprio della vita mortale. Questo è quello che ci ha dato il Signore ma poi, quante volte, Giovanni ci ha ripetuto le parole «chi crede in me ha la vita eterna», «io sono la resurre– zione e la vita», «chi mangia di questo pane non morrà in eterno». Queste sono le parole del Figlio di Dio, sono le parole della nostra fede e devono essere le parole della nostra esperienza. Colui che è costruito da queste pa– role ha vinto il timore della morte, vive da cristiano come signore di questo mondo fuori dalla potenza del demonio, fuori dal potere umano della carne, fuori dalla inclusione nell'Israele carnale e in pace con tutti; essere di là del potere significa stare nel punto in cui la «città di Dio» e la «città dell'uomo» si fondano nell'unica città eterna. Con ciò ho finito. Come vedete abbiamo ancora svolto temi antichi sviluppando in modo più approfondito concetti già presenti nelle relazioni passate, sul carisma petrino, sullo Spirito Santo. Sono sempre stati questi i nostri problemi da ancor prima degli anni '70. Oggi, per i tempi che viviamo, per la nostra stessa maturazione, li abbiamo potuti affrontare, credo, da un più alto livello di coscienza. GIANNI BAGET BOZZO Finito di stampare il 22.XI.1978 nella Tipoffset Moschini Rovereto (Trento) bibliotecaginobianco

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