Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 2 - aprile 1975

Essere cristiani nel mondo postcristiano Un limite della vita cristiana è stato la distinzione tra un cristianesimo d'eccezione (diversamente motivato: la vita religiosa, i carismi, i doni mistici) e un cristianesimo comune. Nella teologia e nella spiritualità sono entrate, spe– cie dopo il Concilio, tendenze critiche verso questa distinzione: il Concilio ha parlato di un carisma inerente alla vita di ogni cristiano, ha reintegrato la vocazione religiosa nella vocazione battesimale, ha parlato di vocazione uni– versale alla perfezione di tutti i cristiani. E del resto la teologia par lava da qualche tempo di vocazione universale alla mistica. Il Concilio ha sottolineato anche le dimensioni «secolari» della vita cri– stiana; ma è evidente che tale sottolineatura va vista a partire dalla speci– ficità della vocazione cristiana e dal carattere onnicomprensivo di tale speci– ficità. Dopo il Concilio, il clima secolarizzato in cui sono caduti il pensiero e il costume cristiano (anche e in proporzione soprattutto quello dei reli– giosi, dei teologi e del clero) ha fatto sì che l'innalzamento della vita secolare a vita ecclesiale divenisse piuttosto riduzione della vita ecclesiale a vita se– colare. E oggi ancora le voci prevalenti nel campo del pensiero sono le voci della teologia politica, della secolarizzazione e della liberazione, che ci pro– pongono una lettura esaltata, né razionale né teologale, ma utopistica di un marxismus vulgaris, freudismus vulgaris e così via: pensieri senza pensiero. Queste voci sono sterili; possono costruire l'antichiesa, ma non sono fe– conde ecclesialmente che per contrasto. In positivo, occorre progredire domandandoci: come la vita comune ap– pare nella sua dimensione pienamente ecclesiale? I cristiani debbono imparare a vivere il mondo da Dio (non solo in o per ma da) cioè a comprendere vitalmente la loro radicale differenza dal mondo: la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Non abbiamo qui una città. E no– stra città è il Regno. Noi siamo nel mondo per niorire al mondo e vivere in Dio. Solo così salviamo il mondo, testimoniando la verità del destino divino dell'uomo. Dopo il fallimento delle grandi rivoluzioni, gli impegni politici mo– derati o rivoluzionari dei « demichrétiens » ci appaiono veramente come il rug– gito del topo. Occorre che ricompaiano i cristiani nascosti ora sotto il clan1ore posteri– stiano e zittiti dai « demichrétiens ». Occorre che si capisca che la salvezza e la ripetizione dell'atto divino dell'amore puro, dell'amore per i nemici e per i diversi, è la ripetizione di quell'atto non moralmente, in quanto è un atto bibliotecaginobianco 23

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