Alfabeta - anno V - n. 49 - giugno 1983

Prove d'artista Paolo Volponi Particolareingrandito [Alfabeta 49] Tre passeri, tra i più giovani, ma già esperti, ardirono volare oltre i pioppi e i salici e anche al di là delle betulle e delle magnolie, sopra le serre, oltre i roseti e i vasi di azalee, fino a un davanzale sulla parete, alto come l'ultima siepe, in fondo al loro volo dritto! La finestra era apertasulla cucina. Sopra un tavolo marginale posava una grande guantiera colma di biscotti. I passeri non poterono resistere a quelle montagne di briciole. Quando ne furono scacciati non poterono volar via che un'altra volta dritti in avanti, attraverso una sequela di porte, fino a un largo ambiente, tutto libero verso l'alto e ancora aperto verso uno spazio successivo. I passeri arrivarono dentro la stanza del presidente, che li sentì svolazzare e cinguettare con una sorprendente innegabile discrezione e anche augurale gentilezza, in quel suo ambiente intimo, intorno a sé. li presidente accolse la loro intrusione con benevolenza, anche se non credeva allaf ortuna; eppure sporse una mano e uno dei passeri andò a posarvisi sopra indugiando con intelligenza a scegliere tra un dito e l'altro. Saggiò l'appoggio anche con il becco. «Sei prudente; è vero? - parlò il professore. - È giusto. Ti piace? Che caro... Non immaginavo che la morte avesse questa piccola e umile figura. Che caro... Sei venuto ad avvertirmi, vero? A portarmi via... Ma dove? Verrai anche tu con me? Oppure tu resterai qui, vivo e testone; qui intorno, inutile e padrone? Aspetta ancora un momento, sii cortese; che debbo ancora completare alcune operaziòni importanti. Non essere impaziente». E come pregando si curvò in avanti per accostarsi a quella rotonda testolina. La sua bava intrise la coda dell'uccellino. «Resta. Trattieni anche i tuoi compagni. Chiamali cip cip. Mi chiamavate così anche quando ero bambino, e anche allora se ben mi ricordo andavate in giro in tre. Temevo alla fine dell'inverno di rivedervi in due o di essere rattristato che soltanto uno potesse farsi rivedere. Aspettavo però con una certa curiosità... di potervi incontrare allafine della primavera, in quattro, sei, nove ... ma non mi sono mai piaciuti i vostri branchi autunnali. Eppure ho sempre temuto di incontrare d'inverno uno solo di voi. Che un solo passero 81b11oteca1gnobianco si sbattesse via, di notte, sorpreso dentro una persiana o sotto la loggia, spaventato. Ho smesso di contarvi che avevo compiuto i quarant'anni e vi ho perso del tuuo di vista dopo la mia elezione allapresidenza. Anche se mi ricordo sempre un vostro strepitante concerto a san Liberale quel pomeriggio in cui andai a pagare i cantori e i musicisti della cerimonia nuziale della mia prima figliuola. Dovetti litigare con il baritono; e anche mentre discutevamo a voce alta il vostro strepitio allegro, ma non tanto, si sentiva sempre. Oh! li telefono! Finalmente. Dunque siete venuti a portarmi fortuna; mie care seghe/e». «Pronto? Sì, sono Zeno Franco Furesin. Allora? Avete fatto come vi ho detto? Via Saraccini e dentro Caposile. Subito, già da domani. Ancora ho tutti i poteri. Nessuno prenda nessuna iniziativa. E nessuno vada da nessuna parte. Nessuno interpelli il consiglio e tanto meno gli Ad e i soliti ambienti delle così dette centrali. Dovete solamente continuare a lavorare. Come avete sempre fatto. Produrre. Vendere. Saraccini deve essere isolato: né spiegazioni, né cortesie. Chiudetegli e piantonategli l'ufficio; anche se non vi sembrasse necessario. In ogni caso. Che non deve concludere niente! E non deve dare nessuna consegna a nessuno. Che non si radunino i suoi a salutarlo. Per ogni pendenza e anche per i comunicati ufficiali ditegli che dovrà trattare con me. Quando io sarò ristabilito; nel giro di una, massimo due settimane. Dite a Caposile di chiamarmi subito». «Care seghe/e... voi siete bravi! Vi credevo dei campagnoli rognosi senza canto né piumaggio; troppi e tutti uguali; contadini collettivi, ignoranti, renitenti». «Ah caro Caposile... lei dunque è solo. La prima cosa che deve fare è andare a Lugano e a Zurigo a sistemare i conti che le ho detto. Indi a versare la rata del prestito di New York e i proventi dal Sud America. Eviti il franco svizzero, la sterlina e il marco. Insista per calcolare tutto in dollari. Lasci perdere le obbligazioni di qualsiasi tipo e non tratti nessuna compensazione. Se dovesse vendere qualcosa, venda solo titoli italiani e francesi. Non faccia nessun commento e non dichiari niente a nessuno. Non accetti conferenze udienze colloqui e tanto meno interviste. Non accetti inviti; e non si fermi nemmeno a far colazione nella foresteria della banca. Venga subito da me, con il primo volo per Venezia. Aspetto». «Care seghe/e, voi sì che sapete tacere, aspeaare e stare ferme». «Caro La Corbata. Sto bene. Sopravviverò. Le emorragie sono cessate. Compro tutta la Meucci ila anche con i suoi diritti sulla Rana Galvani. Cedo il 3 per cento della Imi Lussemburgo e la metà del mio pacchetto della Trav di Panama. Romperemo duramente ogni trattativa, e anche ogni rapporto con il sindacato. Denunceremo anche la leggerezza del principe sale e pepe o bianco-nero del/'Eur. Faremo capire al governo e al paese che non ci può essere costo del lavoro se non c'è più lavoro. C'è poi non lontano un evento che domina sempre tutto e l'anima di tutti. Natale è vicino. La gente ha cominciato a sciare. Qualche ispirato cristianosi butterà nudo e piangente contro le stalle sovietiche che non hanno cometa né angioletti. I prezzi rincareranno. Ci saranno molti film da vedere e molte ballerine alla tv. Qualcuno dovrebbe vincere con un solo 13 al totocalcio. Le previsioni del tempo confermano il sole su tuno il mezzogiorno e la nebbia al nord. Caro La Corbata, questo è un paese da salvare, in tutti i modi possibili; anche perché i suoi mezzi sono carentiper la carenza stessa del fine. Noi da buoni laici non abbiamo certo un fine, ma sappiamo bene perciò custodire e valorizzare i mezzi. Le nostre qualità e·/e nostre glorie debbono restaresicure e nascoste;perché sono esse le uniche divinità superiori. Lei mostra in pubblico la sua tailandesedi diciotto anni? La farebbe danzare, anche soltanto davanti ai suoi amici? Ah ...per me, lafarà danzare... sì, sì, laprossima volta... » Tossì dopo la risata; e sputò trattenendo a lungo la bocca dentro il fazzoletto di seta. «Passeri - disse - passeri miei. Cosa posso fare per voi? Cosa posso darvi? Volete più ossigeno o più umidità? Uno

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