Lastoriadellaprostituzione L a regolamentazione della prostituzione da parte dei poteri pubblici viene assai spesso vista come una «conquista» relativamente recente. Ad esempio, Alain Corbin (Les fil/es de noces. Misère sexuel/e et prostiturion au.x /9 et 20ème siècles, Paris, Aubier Montaigne, 1978) sostiene che la necessità della tolleranza e della sorveglianza si è tradotta - a partire dal Consolato - nella elaborazione del sistema regolamentarista, il cosiddetto sistema francese, che riposa su tre principi essenziali: 1. la creazione di un ambiente chiuso, invisibile ai ragazzi, alle fanciulle e alle donne oneste; 2. il controllo permanente di questo ambiente, invisibile per il resto della società, da parte dell'amministrazione pubblica; 3. il carattere rigorosamente gerarchizzato e sbarrato di questo ambiente. Corbin indica il Parent-Duchatelet come il padre «teorico» di questo sistema, che appare come un vero e proprio «sistema carcerario, nel cui ambito la prostituta si muove durante tutta la sua carriera», sistema che è caratterizzato da quattro luoghi chiusi: la «casa», l'ospedale, la prigione ed, eventualmente, il rifugio o l'istituto di pentimento. Di questo universo chiuso ricorrono anche i simboli: la prostituta «circolerà dall'uno all'altro nella nuova vettura chiusa, alla quale Parent-Duchatelet attribuisce una grande importanza e la cui messa in servizio - va sottolineato - ha preceduto quella della vettura cellulare» (Corbin, p. 25). Sulla relativa modernità della regolamentazione insiste anche Renzo Villa («La prostituzione come problema storiografico», in Studi storici, aprile-giugno 1981), quando afferma che la mobilità che caratterizzava, sotto questo aspetto, le società dell'ancien régime, nell'Ottocento viene a essere impedita da una pressione pubblica che regolamenta i diversi livelli di esercizio della prostituzione. Questa - all'interno del nuovo schema - diventa progressivamente un oggetto su cui esercitare un- «dominio di controllo normativo» e ideologico (e in ciò la parabola del suo status non è diversa da quella. del folle e del criminale). L'insistenza sulla modernità della regolamentazione delle condotte prostituzionali richiede, se si vogliono evitare equivoci, più di una precisazione. Come si è detto altrove (R. Canosa, Sesso e Stato, Milano, Mazzotta, 1982), l'adozione di spazi appositi per lo svolgimento di condotte prostituzionali, il controllo pubblico di questi spazi, l'imposizione di regole complesse e minuziose per la loro gestione (fino a regolare il vestiario delle prostitute), risalgono assai addietro nel tempo e non sono affatto un prodotto recente. Ciò che invece non era esistito in passato è la rigorosa disciplina delle «case» di prostituzione, non dettata in astratto e una volta per sempre dal principe, ma affidata a un costante controllo degli apparati di polizia dei costumi e sanitaria. In altri termini, anche in passato, il potere pubblico aveva «regolato»; ma, poiché i suoi apparati polizieschi di controllo erano assai meno efficienti di quelli moderni, la regolamentazione era stata anche essa difettosa. Divenuti assai f)iùefficaci e «razionali» questi apparati, anche la regolamentazione diviene assai più pervasiva e minuziosa. Il potere pubblico in passato non si era, del resto, limitato soltanto a «regolare» e controllare le condotte prostituzionali, ma aveva addirittura tentato di utilizzarle in positivo, assai più di quanto non abbia mai fatto lo Stato moderno. Quest'ultimo, partendo dalla constatazione che è in ogni caso impossibile vietare la prostituzione, \ Disegno per Design e design ( 1979) ha pensato soltanto a disciplinarla, al fine di attenuare in qualche modo le conseguenze dannose (per i costumi, ecc.) da essa derivanti. Al contrario, le organizzazioni statali dei secoli precedenti non solo si sono preoccupate di controllare la prostituzione dal punto di vista dell'ordine pubblico, ma addirittura hanno fatto ricorso a essa come a una sorta di controspinta alla diffusione di comportamenti (quali l'omosessualità maschile) considerati assai più pericol0si e alla «conseguente» caduta dei matrimoni e delle nascite. Quando poi l'obiettivo era stato conseguito (e poco conta sapere se vi fosse un concreto nesso di causa ed effetto tra un blando e «connivente» trattamento della prostituzione e il rovesciamento della tendenza malthusiana e omosessuale), il potere non aveva esitato un attimo a riprendere, nei confronti della prostituzione, l'aneggiamento tradizionale, fatto di sfavore e di vessazioni continue. Bib otvca~.. -biar.co Romano Canosa, Isabella Colonnello N el 1403il governo di Firenze istituisce un Ufficio dell'Onestà, con il compito di vigilare sulla morale pubblica allo scopo di trovare espedienti per stroncare l'omosessualità e aumentare le nascite. Per mettere fine al «vizio contro natura» sono emanate diverse leggi: una che prevede di escludere i celibi al di sopra dei 30 anni dalle cariche pubbliche, una che permette ai giovani di 25 anni di avere Germania, dalla Francia, dalla Polonia, ma verso la fine del secolo le straniere segnano il passo e vengono superate dalle donne dell'Italia del nord e in seguito anche da quelle provenienti dal sud, e in particolare da Roma, che è il centro di massimo approdo e smistamento. Rilevante è anche l'afflusso di donne provenienti da località vicino alla città. Per fronteggiare i «concorrenti,. maschi, le prostitute ricorrono anDio aalT& 11 Be un capitale sufficiente per sposarsi, e un'altra che stabilisce che la dote spetti alle fanciulle al compimento del loro diciottesimo anno. Si tenta di ridurre lo sfarzo dei matrimoni (le cui spese spaventano non poco gli aspiranti sposi) e si condanna infine rigorosamente l'omosessualità. Tutto questo nella speranza che i matrimoni aumentino, tanto più che la sodomia avrebbe potuto continuare tranquillamente a esistere all'interno delle famiglie. Ma poiché tutta questa produzione legislativa non dà i risultati sperati, il potere è costrello ad affidarsi a «donne lussuriose», le sole che possono «salvare» la situazione a maggior gloria dell'ordine e della morale pubblica. Viene agevolato l"ingresso in città di fanciulle straniere a rinforzo delle donne fiorentine, il cui charme evidentemente non era sufficiente a difendere le «sorti,. della città. Per lo più le straniere provengono dai Paesi bassi, dalla 11aao0110 1 tipi • gli atruunti della cultura materiale che al travestitismo, proibito in passato e nuovamente vietato all'inizio del Cinquecento. Le donne si tagliano le lunghe chiome, adottano movenze e comportamenti maschili; gli abiti da paggio, le lunghe cappe e i larghi cappelli piumati diventano elementi indispensabili della condotta prostituzionale (cfr. Richard C. Trexler, «La prostitution fiorentine au XVme siècle. Patronnage et clientèles», in Anna/es ESO, novembre-dicembre 1981). Le stesse pratiche sessuali si avvicinano molto a quelle in uso fra maschi poiché solo «amando,. in questo modo le prostitute vengono cercate. I clienti con esigenge «particolari» vengono raramente denunciati all'Ufficio dell'Onestà (vi è traccia di una sola denuncia, avvenuta nel 1474). Solo più tardi, all'inizio del Cinquecento, le denunce si fanno più frequenti, anche se le descrizioni fatte dalle prostitute delle richieste dei clienti rimangono sempre velate e incerte. Una sottile quanto innocua vendetta, però, viene messa in atto dalle «filles de joie». Se da una parte esse sono costrette a «imitare,. gli uomini, dall'altra esse godono all'idea di impossessarsi di un cappello maschile. Infatti, secondo l'usanza del tempo, ciò significa che esse hanno pieno possesso dell'uomo che è stato con loro. Portare via il cappello a un uomo vuol dire averlo in pugno, dominarlo in un certo senso. Per restituire il cappello, le prostitute pretendono altri favori. Le cronache del tempo sono ricche di racconti di piccole estorsioni. Anche a Lucca il «vizio maledetto,. è molto diffuso. Esso si diffonde dopo che una pestilenza ha portato la popolazione, e soprattutto le classi benestanti, a rifarsi «degli stenti e delle paure sofferte,. buttandosi in ogni forma di piacere: «avvenne allora che la troppo facile dimestichezza colle donne produsse la sazietà, onde questi uomini corruttissimi si volsero in cerca di piaceri meno comuni. Il vizio contro natura, di cui non erano stati netti il secolo decimoterzo ed i primi anni del decimoquarto, si fece più frequente. In tanto avviamento al peggio, i magistrati cominciarono a vedere con occhio migliore le femmine pubbliche, e sotto colore di mettere un ordine e un freno al meretricio, di fatto questo si sanzionava e si proteggeva,. (S. Bongi. Bandi lucchesi del secolo decimoquarto, Bologna 1863). Alle «donne pubbliche,. vengono riconosciuti tutti i diritti spettanti ai cittadini «comuni,., e si deroga a una vecchia legge che prevede che tutte le prostitute esercitino in un lupanare (i cui proventi vanno al Comune) per autorizzarle a svolgere il loro lavoro in ogni giorno della settimana e in qualsiasi luogo. Viene anche autorizzata la loro presenza nelle «stufe,., specie di bagni pubblici allora molto frequentati. Bongi riferisce anche che l'imperatore Carlo IV, di passaggio a Lucca nel 1369, fu talmente scioccato alla vista di un uomo che stava «sozzamente mescolandosi con un giovinetto di dieci anni» che ordinò di fare castrare e poi bruciare vivo lo sciagurato. E anche a Lucca il potere, preoccupato dagli infrequenti e sterili matrimoni, istituisce un «Ufficio dell'Onestà», composto di speciali magistrati temporanei con il compito di sorvegliare e punire i sodomiti. 11 «vizio» si riscontra anche in altre città italiane. Antonio Contarini, Patriarca di Venezia, dichiara nel 1511: «In questo luogo sono molto frequenti i peccati e soprattutto la sodomia praticata da tutti, le prostitute dicono che non ce la fanno a vivere, nessuno va più a trovarle; ed esse devono lavorare fino alla vecchiaia ;:!; tanto è diffusa la sodomia,. (cii. in e:: Elisabeth Pavan, «Police des -~ moeurs, société et politique à Ve- e,_ nise à la fin du Moyen Age», in ~ Revue historique, ottobre-dicem- - bre 1980). -~ Questa dichiarazione dà la mi- ~ sura sia di quanto preoccupatifos- E sero i moralizzatori e i governanti ~ del tempo nei confronti della so- ::: domia perfecta (e di quella imper- ~ Jecta), sia di quanto poco essi fos- 1 sero riusciti a reprimerla nel seco- si
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