81 liche e antiabsburgiche). È curioso notare che i due centri di diffusione culturale di questa riformulazione del mito di Saturno sono Heidelberg e Praga, due città che confluiranno nella memoria benjaminiana attraverso i nomi di Holderlin e di Kafka. L'età dell'oro saturnina è riproposta nel segno drlla speculazione alchemico-cabaiistica (per esempio, nelle Nozze chimiche di Andreae e nella letteratura propagandistica rosacrociana), con un'esplicita ripresa della tematica della Shekhinàh (presenza esiliata di Dio nel mondo) e del Tikkùn (la ricomposizione dell'infranto). Il dio esiliato è promessa di riunificazione. Ci sembra che un riferimento a questo aspetto occulto dello schema simbolico saturnino sia latente in tutto Benjamin, al di sotto del riferimento esplicito alla melanconica contemplazione, alla forza nichilisticamente dissolvente e alla dialettica degli estremi - le altre componenti «saturnine». Specialmente perché la tematica cabalistinovus), appeso sin dal 1920 alla parete del suo studio. L'angelo è stato sottratto al suo compito, quello di «cantare per un attimo le lodi di Dio davanti al suo trono, prima di dissolversi nel nulla» (cfr. il luogo analogo a conclusione dell'annuncio della rivista Angelus Novus, secondo volume cit. dell'ed. italiana), e si vendica colpendo lo scrittore in forma femminile (nelle vesti, cioè, di Jula Cohn e di Asja Lacis - le due donne da Benjamin più intensamente amate). L'angelo ha ali e artigli, alberga nelle cose che Benjamin non ha più, somiglia a ciò da cui egli è costretto a separarsi, è precisamente ca diventa nota a Benjamin in un blii~~iiliil-~ primo tempo attraverso Bi:ihme e ., la sua ripresa in Baader' e Molitor - e solo più tardi e oralmente via Scholem'. Angeli artigliati Nella figura di Saturno si condensa l'esperienza di profondità dolorosa e di penetrazione nichilistica che è inseparabile dal messianico; egli tuttavia promette la felicità, che è il più degno obiettivo da raggiungere nella sfera del caduco, del tempo storico che precede l'avvento del Messia - secondo le categorie del Frammento teologico-politico, lo scritto giovanile (ma riattivato alla vigilia delle Tesi) che G. Agamben ha compreso nel secondo volume dell'edizione italiana delle Opere di Benjamin. L'elemento della felicità e quello messianico sono in quel testo ben distinti, ma cooperanti, come una forza ne favorisce un'altra opposta attraverso la sua traiettoria. E la felicità del regno di Saturno è appunto un «tramonto»; tornare a esso non è però una regressione arcaica, bensl ritorno al futuro. Questo passo si compie su invito dell'Angelo. Nel frammento di Ibiza intitolato Agesilaus Santander (agosto 1933) Benjamin stringe tre fili di un'unica trama. Il primo è quello del nome segreto, che Scholem spiega magistralmente (forse sottovalutando, nella stratificazione dei sensi, il dato immediato: in quel periodo non soltanto Benjamin riscopre, davanti alla persecuzione hitleriana, la propria identità ebraica, ma comincia altresì a usare uno pseudonimo, Detlef Holz, per continuare a pubblicare nei paesi di lingua tedesca). Il secondo filo è la dichiarazione esplicita' di essere nato sotto Saturno («l'astro della rivoluzione lentissima, il pianeta delle diversioni e dei ritardi»); il terzo quello dell'angelo, metamorfosi e concretizzazione del nome segreto nel quadro di Klee (il famoso Angelus attratto «da un donatore rimasto a mani vuote». Non si getta sulla preda ma retrocede e l'attira sulla via verso il futuro da cui è venuto. «Egli vuole la felicità: il contrasto in cui l'estasi dell'unicità, della novità, del non ancora vissuto, è unita a quella beatitudine della ripetizione, del recupero, del vissuto». Con l'angelo (e con la donna amata) Benjamin fa ritorno verso il futuro da cui proviene. L'interpretazione che traccia Scholem, nel suo libretto biografico e commentario dedicato all'amico, è assolutamente luciferina (in senso baudelairiano e non giudaico): Agesilaus Santander è anagramma di Angelus Satanas, il solo angelo con artigli, e la sua promessa di felicità è vana perché manca di fondamento religioso, così come a mani vuote se ne va l'allegoria nel finale del Trauerspielbuch. La ripetizione del già vissuto è la sola malinconica felicità del dialettico, senza più accesso a un futuro utopico. L'angelo non può ricomporre l'infranto (per usare i termini espliciti della nona tesi sulla filosofia della storia) - compito che è del Messia, - e naufraga in questa visione sconsolata della storia, che rivelerebbe l'ambiguità e la disperazione delle velleità marxiste di Benjamin. La polemica che Agamben, su aut-aut, svolge contro l'evidente forzatura di queste posizioni rischia però di cadere in un eccesso opposto, quello di valorizzare la memoria come redenzione del passato in termini che sono insieme ottimistici ed esenti da contraddittorietà e politicità. Gli stessi validi argomenti biografici, iconografici e culturali addotti contro l'interpretazione «satanica» dell'angelo restano ambivalenti. È chiaro che il modello iconografico dell'angelo è Eros, ma Eros è un demone classico decaduto a figura semidiabolica - secondo una lettura di Warburg ben presente a Benjamin; è chiaro che le due donne non potevano essere «diaboliche» per il loro innamorato, ma non erano certo neppure immagini di tranquillità e appagamento. Prezioso è il riferimento dell'angelo alla Shekhinàh, ma essa stessa partecipa, nella mistica ebraica, di una definizione negativa del femminile come potenza limitante, giudiziaria, connessa per ipertrofia al male. Sembra dunque difficile escludere comunque una valenza ambigua, una luce «saturnina .., nell'evocazione dell'angelo. Il suo «togliere» (con gli artigli) piuttosto che «dare» - la celebre apologia dell'efficacia distruttiva e nichilistica della dialettica e della rivoluzione - tradisce del resto una concezione complessa e drammatica della storia. Più aderente al testo benjaminiano, dunque discostata dalla lettura esclusivamente «luttuosa" di Scholem e dall'inflessione ottimistica di Agamben, sembra l'interpretazione di Cacciari (sullo stesso numero di aut-aut), che fa dell'angelo-Eros l'effimero educatore degli effimeri alla pazienza dell'anelito al Nome, figura della rappresentazione (la Darstellung della premessa gnoseologica al Trauerspielbuch) che salva il fenomeno anche nella povertà della separazione. Si apre cosl una tematica della caducità' che corrisponde, sullo sfondo di una melancholia persistente anche se diversa da quella degli studi barocchi, alla «debole forza messianica» che ci è data. Caducità vissuta in modo non pienamente pacificato; e ancor meno la viviamo così noi, in un'epoca in cui non solo la borghesia, che non vuole sapere come andrà a finire, si aggira nel labirinto, «patria dell'esitazione»', ma anche le possibili alternative sociali sono gravemente indeterminate. Vita su Pallas Gli abitanti del pianeta Pallas, di cui si tratta nel Lesabéndio di Scheerbart, posseggono una tecnica «dolce», che non fa violenza alla natura, secondo l'utopia autocritica che si sviluppa all'inizio del secolo in una borghesia che ha complessivamente fallito la sua «ricezione della tecnica». Pallas, astro «saturnino» quant'altri mai, arido e asessuato, è binario e un gruppo di suoi abitanti, preferendo loosianamente lo strutturale all'ornamentale, vuole costruire una torre che unisca il corpo alla testa del pianeta. Il successo di questo tentativo è la prima tappa di un progetto di saldatura fra diversi corpi planetari che ricalca in qualche modo l'anello di Saturno; in questa fusione le vite stesse dei progettisti si trasfondono nel corpo degli asteroidi e passano a uno stadio cosmico superiore, secondo un modello che anticipa fantasticamente la cosmologia «comunicazionista,. di Wilden e di Bateson. Benjamin - che recensì Lesabéndio due volte (cfr. l'unica stesura rimastaci nel secondo volume cit. dell'ed. italiana), e vi ritornò piuttosto spesso, - si ricorda certamente di questa costruzione nel frammento sull'Anello di Saturno che è uno dei nuclei costitutivi (1928 o 1929) del Passagen-Werk. Qui l'anello è (riprendendo una fantasia-di Grandville) la balconata sulla quale gli abitanti di Saturno vengono a prendere il fresco, prototipo delle grandi costruzioni in ferro con cui la borghesia rappresenta oniricamente il proprio potere e benessere, prima che la tecnica riveli il suo volto distruttivo. Ma l'anello di Saturno è anche prefigurazione allegorica della circolarità fra uomo e natura, sognata e tradita dalla borghesia in ascesa, tramandata come problema e compito alla rivoluzione comunista, al di là delle illusioni socialdemocratiche sul progresso, e di un economicismo che - dopo le esperienze del socialismo reale - appare sinistra parodia di quel materialismo storico nel cui nome si era tragicamente conclusa l'opera e la vita di Walter Benjamin. Nella miniera di appunti e suggerimenti che R. Tiedemann ci apre con l'edizione integrale del Passagen-Werk (e sulla quale speriamo di ritornare successivamente), Benjamin ci lascia una testimonianza appassionata (Pariser Passagen l, del 1927-30)dello stato d'animo con cui inaugurava il suo lavoro; l'uso del francese sottolinea il riferimento autobiografico (egli infatti, fra sé e sé, chiamava il proprio testo Paris, capitale du XIX sièc/e): «Il y a, au fond, deux manières de philosophie et deux sortes de noter les pensées: l'une c'est les semer sur la neige - ou bien si vous voulez mieux dans l'argile des pages, Saturne est le lecteur pour en contempler la croissance, voire pour en r(é)colter leur fleur, le sens, ou leur fruit, le verbe. L'autre c'est dignement les enterrer et ériger comme sépulture l'image, la métaphore, marbre froid et infécond, au dessus de leur tombe» (voi. V, 2, p. 1007). Note (1) In Diùers 'Melancolia -I' ~ine Quel/en -und Typen geschichtlicheUntersuchung, Leipzig-Berlin 1923, ampliata successivamente in R. Klibansky, E. Panofsky, F. Sax!, Satum and Melancholy, London 1964. Sull'iconografia del Padre Tempo vedi anche E. Panofsky, Studi di iconologia, trad.it., Torino, Einaudi, 1975, cap. m. (2) W. Benjamin, li dramma barocco udesco, trad. it., Torino, Einaudi, 1971, 1980', p. 150 sgg. (3) Vedi A. Brelich, Tre variazioni romane sul tema delle origini, Roma, Ed. Ateneo, 1955 (seconda variazione); e dello stesso la voce «Saturno,. sull' Enciclopedia canolica. (4) Cfr. soprattutto F. A. Yates, L'illuminismo dei Rosa-Croce, trad. it., Torino, Einaudi, 1976. (5) Sulla figura di F. von Baadcr, vedi l'introduzione di L. Procesi alla versione antologica italiana Filosofiaerotica, Milano, Rusconi, 1982; in particolare «Sul concetto di tempo» e «Fermenta cognitionis» offrono clementi, rispettivamente, sul riscatto della natura dal peccato di Adamo e sul tempo «vero», «falso» e «apparente», che saranno oggetto di rielaborazione nel contesto benjaminiano. Per il ruolo di Baadcr nella conoscenza benjaminiana della Cabala vedi Briefe, Franldurt a/M 1966, I, pp. 134-37(maggio e giugno 1917). (6) Come è noto, il principale contributo di Sholem all'argomento consiste ne Le grandi co"enli della mistica ebraica, trad.it., Milano, Il Saggiatore, 1965. (7) Cioè autobiografica, mentre nel capitolo «saturnino» dello studio sul dramma barocco tedesco si era limitato a dare le ragioni dell'iscrizione in tal segno di Ficino e di altri artisti e contemplativi. L'attribuzione è confermata astrologicamente dal suo orizzonte natale. (8) Ampiamente sviluppata nel libro di F. Rclla, li silenzio e le parole, Milano, Feltrinelli, 1981. (9) W. Bcnjamin, «ParcoCentrale», in Angelus novus, trad. it., Torino, Einaudi, 1981, p. 136.
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