Alfabeta - anno V - n. 47 - aprile 1983

Giornale dei Giornali Ilverticedeinon-allineati S u 157 Stati membri dell'Onu, più di cento fanno parte del movimento dei non allineati. La conferenza che si è riunita a New Delhi dal 7 all'll marzo, a livello dei capi di Stato e di governo, rappresenta due terzi delle nazioni, 1 miliardo e 700 milioni di abitanti, la quasi totalità del mondo «in via di sviluppo» - con la grande eccezione della Cina. Si tratta della settima conferenza al massimo livello, a partire dalla ormai storica conferenza di Bandung del 1955 che diede origine al movimento; la precedente conferenza si era svolta a L'Avana nel dicembre 1979. Questi pochi elementi essenziali bastano a mettere in luce l'importanza della conferenza di New Delhi. A ciò bisognerebbe aggiungere almeno un altro elemento: la posizione dei Paesi in via di sviluppo nella crisi dell'economia mondiale e, in particolare, del meccanismo finanziario che ha indotto l'indebitamento del Terzo Mondo per una cifra superiore ai 600 miliardi di dollari. Di fronte a questo avvenimento come si è mossa la stampa italiana? Sostanzialmente, la conferenza dei non allineati è stata classificata come un evento di secondo piano. Solo occasionalmente e su alcune testate il tema si è affacciato nelle prime pagine; nella generalità dei casi, le notizie da New Delhi sono state collocate nelle pagine interne, spesso con scarsa evidenza. Assumendo come termine di confronto alcuni eventi di politica A cura di Index-Archivio Critico dell'Informazione estera degli stessi giorni (per esempio: elezioni politiche in Germania, elezioni amministrative in Francia, viaggio negli Usa del ministro degli Esteri Colombo), appare evidente il divario di prospettiva fra le notizie provenienti dalla zona ·occidentale e settentrionale (rapporti Est-Ovest) e quelle provenienti dalla zona Sud del piane- . ta, anche quando - come in questo caso - si tratta di eventi al massimo livello. Vedremo fra poco un quadro più dettagliato del comportamento della stampa italiana e le poche eccezioni che esso offre alla norma generale. Il problema dello squilibrio dell'informazione sull'asse Nord-Sud è stato sollevato dai Paesi non allineati fin dall'epoca della conferenza di Algeri nel 1973. I non allineati hanno sottolineato che, nell'enorme traffico di informazioni prodotto dalle grandi agenzie internazionali di stampa, solo il 1020 per cento dei dispacci riguarda l'a_reain via di sviluppo, che comprende. la stragrande maggioranza degli abitanti e degli Stati del piapeta. A partire dal 1975, le agenzie di informazione dei Paesi in via di sviluppo si sono consorziate in un pool, che centralizza, traduce e diffonde i dispacci provenienti dalle agenzie nazionali; attualmente il pool raggruppa 76 agenzie di cui 15 fungono da centri di smistamento e di ridiffusione. L'iniziativa ha ricevuto l'appoggio dell'Onu e del suo «braccio centrale», l'Unesco. Se il pool ha potuto migliorare lo scambio di informazioni all'interno dei Paesi-in via di sviluppo, ha influito molto meno sullo scambio Nord-Sud. La sola agenzia indiana Pti traduce e ridistribuisce 25.000 parole al giorno - oltre ai propri servizi normali, - ma le migliaia di parole diffuse giornalmente dal pool ricevono ben poco spazio nella stampa dei Paesi industrializzati. Il vertice di New Delhi costituisce perciò - al di là dell'evento stesso - un metro per misurare la disponibilità della nostra stampa verso l'informazione proveniente dall'area in via di sviluppo. La maggior parte dei giornali italiani ha costruito i propri servizi sulla conferenza di New Delhi in base ai dispacci di agenzia; sarebbe interessante verificare in quale misura sono state utilizzate le notizie provenienti dalle agenzie del pool. Solo alcuni quotidiani, segnatamente Corriere della Sera, La Repubblica e L'Unità, hanno ritenuto opportuno mandare un proprio inviato nella capitale indiana. Per contro, il principale giornale economico italiano, Il Sole-24 Ore, ha quasi ignorato l'avvenimento (poche righe di sommario), probabilmente in base alla valutazione (opinabile quanto significativa) che la conferenza rivestiva un interesse politico, ma non economico. Vediamo alcuni risultati dell'analisi dei quotidiani a diffusione nazionale nei giorni 8-13 mano. Per solito, i giornali che utilizzano i propri inviati speciali per «coprire» un avvenimento tendono a dare più rilievo all'avvenimento stesso; ciò sia perché la decisione di utilizzare un inviato implica di per sé il riconoscimento dell'importanza dell'evento, sia perché attraverso il proprio inviato il giornale dispone di un'informazione «aggiuntiva» e diretta rispetto alle testate che si debbono limitare a collezionare dispacci di agenzia. Nel caso del vertice di New Delhi, questa «regola» ba funzionato poco. Il Corrieredella Sera non ha posto neppure un «richiamo» in prima pagina. La Repubblica del 10 marzo presentava in prima pagina il «richiamo» di un articolo a pagina nove: Dcaso Afghanist.mal vertice di Delhi; è significativo che l'articolo sia costituito da un'intervista al premier di Kabul sulla «questione afghana», ·realizzata dall'inviato ai margini della conferenza. Gli altri articoli riguardanti la conferenza come tale sono sempre rimasti confinati nelle pagine interne della Repubblica, anche se spesso con titolazioni a piena pagina. Da parte sua, L'Unità - che si supporrebbe più sensibile al significato del vertice - ha pubblicato in prima pagina una foto il giorno seguente all'apertura della conferenza, e un articolo del suo inviato il giorno seguente alla chiusura. In questo quadro, bisogna menzionare il caso della Stampa, che ba portato in tre casi il tema in prima pagina (due volte nei titoli di testa). La Stampa non aveva un Elettronicca""e'U'rOPea: kaput 11 tentativo di costituire un pool elettronico europeo è fallito. L'ufficio federale tedesco antimonopoli ha respinto la proposta di Grundig e Thomson, che intendevano fondere le loro forze per costruire una barrieraalla industria giapponese. Gli ultimi dati sulla produzione dei videoregistratori (vtr) giapponesi offrono con precisione il quadro dellasituazione. Su poco più di tredici milioni di apparecchi prodotti nel 1982, due milioni vengono assorbiti dal mercato interno, il resto, /'81 per cento, viene esportato. La dipendenza dell'industria giapponese dei vtr dall'estero è dunque evidente. È altrettanto evidente che la crisi dell'industria elettronicaeuropea è dovuta alla poderosa presenza sul mercato dei vtr nipponici e al loro basso costo. La Francia aveva reagito in due modi: limitando d'autorità il numero di apparecchi importabili e cercando di costruire, attraverso l'industria nazionalizzata Thomson, un pool di industrie elettroniche europee chef osse in grado di reagire ai giapponesi con la cooperazione produttiva e realizzando una efficace collaborazione tecnologica. A questo scopo la Thomson aveva accettato l'offerta della tedesca Grundig, da tempo alla ricerca di un partner consistente per elaborare una fusione. Index-Archivio Critico dell'Informazione Max Grundig aveva reagito con entusiasmo e si è battuto sino a/l'ultimo per la realizzazione del suo progetto di fusione. Il 24,5 per cento della sua industria è, dal 1979, di proprietà della olandese Philips, che aveva sempre rifiutato un ampliamento della partecipazione. L'ufficio federale antimonopoli, per accettare la fusione GrundigThomson, aveva posto come condizione che la Philips rinunciasse alla sua quota nella società; in caso contrario la costituenda società, somma delle tre, avrebbe controllato circa il 35 per cento del mercato, soglia ritenuta eccessiva. La Philips non ha rinunciato, ha anzi ricordato che gode del diritto di prelazione sulle azioni Grundig. D'altro canto il ministro bavarese ali'Economia (Csu) ha usato tutto il suo potere per evitare la fusione della Grundig con una industria nazionalizzata francese; lo stesso presidente dell'ufficio federale, W. Kart/e, ancor prima che venisse presa una decisione collegiale, aveva espresso al Convegno internazionale delle Camere di commercio la sua opposizione al progeuo, dichiarando: «è un errore che degli europei si vogliano associare per far fronte ai giapponesi ... lefusioni finiscono sempre con una crisi e quindi con il prefigurare aiuti da parte dello Stato». Dietro questi aueggiamenti e' è inoltre, secondo Le Monde, un dato appurato anche con un sondaggio d'opinione, «l'avversione di buona parte dei tedeschi per le imprese nazionalizzate francesi e per il governo di sinistra in Francia». Certamente questa avversione e' è nella Cdu e nella Csu, e, a/l'indomani dei risultatielettoralitedeschi, siglati dalla vittoria dei democristiani e dei cristianosociali, il no tedesco ali'accordo diventa ufficiale. Lo stesso giorno la Thomson annuncia di averfirmato un protocollo d'intesa con la Aeg per l'acquisizione del 75 per cento della Telefunken Fernseh und Rundfunk. Anche questo accordo dovrà essere ratificato dall'ufficio federale antimonopoli, ma - non raggiungendo Thomson e Telefunken il 30 per cento del mercato - non dovrebbero esservi appigli per opporsi ali'acquisto. La Telefunken, oltre a radio e televisori,fabbrica videougistratori su licenza dellagiapponese Jvc, che ha già accordi con la Thomson. C'è dunque da aspellarsiche l'industria francese utilizzi il sistema Vhs giapponese in luogo del V 2000 di Philips e Grundig, e quindi venga a cadereanche la baseper un discorso di ricercae tecnologia comune europea. Max Grundig non ha gradito il comportamento dei suoi connazionali, né quello della Philips, cui ha fatto sapere di non volerepiù cedere sue azioni, lanciando un prezzo (un miliardo di dm) più alto di quello richiestoalla Thomson e che gli olandesi non sono disposti a pagare. Questi a loro volta hanno proposto la costituzione di una holding per non dovere versare direttamente liquidità. Il governo tedesco ha allo studio una soluzione tedescaper la Grundig, che comunque è una industria in attivo, con l'appoggio 'esterno' della Philips e magari della Thomson. In seno alla Cee le reazioni sono state molto dure verso tutti i protagonisti, eccezion fatta per il vecchio Grundig. La Thomson è stata accusata di scarsa combattività, per non avere insistito nella politica del consorzio europeo, e di tradimento per avere - di fatto - aperto alla Jvc anche se attraverso la Telefunken. I francesi rispondono: «l'han voluto i tedeschi, peggio per loro». La Philips è stata accusata, nella persona del suo presidente, Dekkar, di ipocrisia rispello alla Comunità europea, verso cui predica bene e razzola molto male, avendo impedito la realizzazione del pool europeo dell'elettronica e accordandosi con la americana Att per tulio il sei/ore delle telecomunicazioni. È certo che dopo i risultatielettorali in Germania ovest molti equilibri europei si spezzeranno. Tra l'altro vedremo presto l'apparire • delle televisioni private in Gennania, favorite dal nuovo governo e volute dall'industria americana. La Francia è ora più isolata e dovrà cercarealtrove alleanze politico-industriali per tenere vivi i suoi progetti nella comunicazione. Home video tape reconler production tops color tv's Japan Economie Journal, 1° marzo 1983 Grundig liist das «Verlòbnis> mit Thomson Frankfurter Allgemeine Zeitung, 10 marzo 1983 L'Off"tceouest-allemand des cartds s'oppose au rachat de Grundig par Thom.son Le Monde, 10 marzo 1983 Aeg to seU 75% of Telefunken to Thom.son-Brandt Financial Times, 10 marzo 1983 Le notizie sono tratte dalla rassegna quindicinale sulla stampa estera Indice della comunicazione, curata da Maria Rosaria Pedemonte e Tiziana Valenti, e prodotta da Index per gli abbonati. ~ ~ " .... .; ~ .., ~ ~-------------------------------------------------------------------------'"' Bibliotecaginobianco

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