Alfabeta - anno V - n. 47 - aprile 1983

aperta, nera di mosche, e i denti mi sono·sembrati bianchissimi, un volto che, senza che vi si muovesse muscolo, pareva sia contrarsi in una smorfia che sorridere o urlare con un urlo silenzioso e ininterrotto. Portava calze di lana nere, e una veste afiori rosae grigio, leggermente tirata su o troppo corta, non so, che in alto lasciavavedere dei polpacci neri e rigonfi, ancora con leggere striature violacee, a cui corrispondevano identici segni violacei sulle guance. Erano ecchimosi o la naturale conseguenza della putrefazione sotto il sole? - È stata picchiata col calcio dei fucili? - Guardate le sue mani, monsieur. Non l'avevo notato. Le dita delle mani erano stese a ventaglio e le dieci dita erano state tranciatecome da cesoie per giardino. Ridendo come giovani donne e cantando allegrament.!, probabilmente i soldati si erano divertiti-ascovare e a usare quelle forbici. - Guardate, monsieur. Le estremità delledita, lef,mmgttte con l'rmghiaatUK:cata, giacevano nella polvere. Il giovane clH!mi faceva vedere, pacatamente, senz11enfQsi, il supplizio dei morti, con a,lma ha rimesso uno straccio sul vollOe ntlle mtmi •dettadonna palestinese, e un pezzo di cartone ruvido sulle gambe. Or" non distinguevo più che un amm«s.90 di stoffa ros" e grigio, su cui ronzavano le mosche. Tre giovani mi hanno trascinlffOIn un viaJlo. -' Entrate, monsieur, noi asptttirimo fuori. Il primo locale era quanto restavadi una casaa due piani. Locale molto tranquillo, quasi occt>gliente,un assaggio di benessere, forse un benesserepieno, era staro messo su con dei rottami, con quanto restava •eHa stoffa ttì un tramezzo crollato, con ciò che ho creduto dapprima essere tre poltrone, ma in realtàtresedili di un' aulv (forse una Mercedesallo sfascio), un divano coi cuscint•rialnti da una stoffa a fiori di colori vivaci e disegno stilizzlft<>l,a radio siknzicna, due candelabri spenti. Locale molto """'fMHo, maigrado iJ tappeto di bossoli.... Una porta sbatteva, come per una corrente d'aria. Procedevo sui bossoli, e lto spinto la porta che si apriva nell'altra direzione ma ho dovuto fare forza: mi impediva il passaggio il tacco di uno stivale, appartenentea un cadavere buttato di schiena, vicino ad altri due cadaveri di uomini a pancia in giù, che giacevano anch'essi su un identico tappeto di bossoli di rame. Su questi bossoli ho rischiato spesso di cadere. In fondo al locale c'era una porta aperta, senza serratura, senza catenaccio. Scavalcavo i morti come si varca un abisso. Dentro la stanza, ammucchiati su un unico letto, quattro cadaveri maschili, uno sopra l'altro, quasi che ognuno avesse voluto così proteggere chi gli stava sotto, o come se fossero statipresi da unafoia eroticain decomposizione. Da questo ammasso di scudi veniva un forte puzzo, ma non era sgradevole. L'odore e le mosche, pareva si fossero ormai abituati a me. Non turbavo più quelle rovine e quella calma. - Né la notte tragiovedì e venerdì, e neanche tra venerdì e sabato e tra sabato e domenica, qualcuno ha vegliato su di loro, pensavo. E tùttavia qualcuno mi sembrava esserepassato prima di me accanto a quei morti, dopo che erano morti. I tregiovani stavano in attesapiuttosto lontano dalla casa, un fazzoletto sotto il naso. All'uscita, mi ha preso un attacco di improvvisa e leggera follia, e ne ho quasi riso. Mi sono detto che non sarebbero state mai abbastanza le assi e i falegnami per le bare. Ma poi, perché delle bare? Tutti gli uomini e le donne che erano morti erano musulmani, e i musulmani da morti vengono avvolti in un lenzuolo. Quanti metri occorrevano per poter seppellire tanti morti? E quante preghiere? In quel luogo - me ne sono accorto allora - non erano più scandite le preghiere. - Venite, monsieur, presto. È ora di scrivere che quella improvvisa e passeggerafollia che mi aveva fatto calcolare i metri di telabianca, ha dato al mio passo una vivacità quasi allegra, e che probabilmente essa si legava a un pensiero ad alta voce di un'amica palestinese, ascoltato la sera prima. Bibiiotecag In obianco - Aspettavo che mi portassero le chiavi (che chiavi? del- Sopra le basi palestinesi, nellaprimavera 1971, c'era una l'auto, di casa? ricordo soltanto la parola chiavi), è passato bellezza sottilmente diffusa nella foresta animata dalla lidi corsa un vecchio. - Dove' vai? - A cercare aiuto. Sono il berràdei fedayn. Nei campi, la bellezza era ancora diversa: becchino. Hanno bombardato il cimitero. Tutte le ossa dei un po' più sommessa, e instauratasi grazie al regno delle morti sono ali'aria. Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a donne e dei bambini. Sui campi si rifletteva una sorta di luce raccoglierele ossa. che veniva dalle basi di combattimento e, quanto alle donne, L'amica, credo, è cristiana. Ha aggiunto: per spiegarne lo splendore sarebbe necessariauna discussio- - Quando la bomba a vuoto - detta a implosione - ha ne lunga e complessa. Più ancora degli uomini, più dei feucciso duecentocinquanta persone, avevamo una sola bara. dayn in battaglia, le donne palestinesi sembravano forti abGli uomini hanno scavato una fossa comune nel cimitero bastanza da sostenere la resistenza e accettare le novità di della chiesa ortodossa. La bara veniva riempita e vuotata. una.rivoluzione. Esse erano già venule meno agli usi della Questo andirivieni avveniva sotto le bombe, radunando ca- tradizione: sguardo diretto che sapeva sostenere gli sguardi doveri e arti come si riusciva. degli uomini, rifiuto del velo, capelli offerti alla vista e a Da tre mesi le mani avevano due compiti: afferrare e toc- volte totalmen1e II nudo, voce senza incrinature. La più corta care il giorrt0, vedere la notte. Le interruzioni di corrente e proJOicadelle-loro conquisie era una tappa de/l'avanzata obbligavano " questa educazione da ciechi, così come •. senza incenezz,e va-so un ordint nuovo, e perciò a esse scalare, dlM!o tre volte al giorno, lafalesia di marmo bianro ignOIO, _ tltwe prnentivano la liberazione come un bagno degli otto pilmi tktla JCallt.Tuni i recipienti di casa, aveva- per loro, e per Kfi -mini un11 {wrezza luminosa. Esse erano mo dovuto riempirli d'acqua. Il telefono venne tagliato pronle a esM!R, #UÌOM, spou e madri degli eroi comLgià h, quando entrarono a Beirut ovest i soldati israeliani, e con -uano tld c;~-- essi le iscrizioltÌ u/h vì,e-inebraico. Anche le strade intomo Nei bot,cl,i e' A,jh,n, frNK i fedayn sogru,v111Wragazze, a BeiruJ ~~m •~e destino. I carri Merkhaba sempre in -zi ,,-- dee ~ di«gn&sae su ,li si - o si 1'UHklmovimento stgnMIIVattola loro completa sorveglianza della -lmse 111/llloao"ct~li. - ,_ n,gtuza tuU/oss11111cgolni tro, città, e si inJovinav• anche che paura avesserogli occupami ti. qwi lagrwzifl f!,J,, fmz" - e le lllkgre risate - dei fedayn in di diventare imieme lii carri un bersagliofisso. Certo, essi armi. Non ~ solo vicino a una prerivoluzione, ma temevano l'e"trata in azione dei morabiti' e di quanti tra i dentro una mdulinta sens"4iiJà. Dalla bruu, che induriva fedayn fossero rimasti nei settori di Beirut ovest. ,ogni-gesto, ve,m,11kwo il dolf9 di qu,el/adolcezza. Il giorno dopo l'entrata liell'esercito israelianonoi er"v•- <>&,ii g orno ,er un interomue, ~re 1111 Ajlw,, ho vislo mo prigionieri, nu1 mi è sembrato che gli invasori fossero più WIO donna ""11graeforte, IICCOCCOlala M freddo, ma accocdisprezzati che iemuti, incutevano più ribrezzo che ango- col""' COffff! 8'i btdios andini, certi /IIIUÌ afriau,i, ili Jntoccascia. Nesswt whlalo .ridevao sorrideva. Qui non c'era sicu- _ biJi di Tokpo, p Zin8.n 11 1111 fJll!rCIIÙp)r,onlll in caso di ramente 1m tmtpfl propizio al lancio di riso e fiori. perirolo • ~ ,on. !li lllberi, ""'-ti a - posto di Qua,ulo lu,n,w interrotto le strade, col telefono silenzio- gwar,lù,- - ~ ,a $itUO, ti,ato su i,, fretlll. S11W1iin so, privo di og,ti-cO/IPlunicllzionceon il resto del mondo, per tlllesa • pietli ffMD, ~ lii IIDO, i 8'111om CMCiti lii bordi la prima Polttrin ,,.,. mia mi so"o sentito diventarepalestine- delle flltalftdte e tld-'flatilo. Avewr wa volto serio ,,,. ,wn se e ho Od#IIO· Israele. ,&ffioso, $111,w;o--"°" ~- Il rupOMlllbik del commanAll1i Ciuà sportiva, vicino alla strada Beirut-Damasco, do le p~ -.o .rumzino quasi spoglio, poi k faceva un nello stadio gtà q-,i i~ramente distrutto dalle incursioni segno. Lei efflNn ndlo stonzino. Chu.uhva la porta, ma aeree, i Libanesi co,uegn"no agli ufficiali israelianidei muc- non a clrilwe.Poi ne 11Scivas,o,za dire ninlte, senza sorridechi di armi, per quanto si può vedere tuttemesse volontaria- re, a piedi MXl/zi lirava dritto fi,w a Geras11,al campo di. mente fuori uso. Baq'a. Nella camert1 riservatak al posto di guardia, ho sapuNell'appartamento in cui abito, ognuno è alla sua radio. topoi, si lev•va k tbu sottlUlenere, staccav• tutte le buste e Si ascolta Radio Kataeb, Radio Morabita, Radio Amman, le lettere che 'l'i ertlllO SUiie a,ciu, le riuniva ur un pacchetto, Radio Gerusalemme (in francese), Radio Libano. Senza picchiava piano allaporta. Le lettLrevenivano ronsegnareal dubbio, stannofacendo lo stesso in tutti gli altri appartamen- responsabile, e lei ,uciva per ripartiresenza una parola. Il ti. giorno dopo era di ritonw. «Noi siamo legatia Israeleda numerosi fili che ci portano Altre donne, più •nziane, ridevano del fatto di avere per bombe, carri, soldati, frutta, legumi; essi importano in Pale- focolare trepietre 1111nerictehe avevano chiamato per gioco, stina i nostri soldati, i nostri figli ... in un andirivieni comi- a Djebel Hussein (Amman): «la nostra casa». Con voce nuo che non ha mai fine, perché - come dicono loro - noi infantile mi indicavano le tre pietre, e magari la brace accesiamo l~gati " essi da Abramo in poi, nella sua discendenza, sa, dicendo scherz~: «Dama». Quelle veccl,u non facevanella sup lingua, nellastessaorigine... » ( un fedayn palestine- no parte ni tklla m,oluzione, né della resistenzapalestinese: se). «l,jsomma, continua, ci invadono, ci rimpinzano, ci erano l'allegria se➔a più speranze. Su esse il sole rontinuasoffoc1Jf1oe vorrebberoabbracciarci.Dicono di esserenostri va a trasco"ere. U·frraccioo un dito puntaJo davano un'omcugini. lSonomolti tristi se vedono che ci voltiamo dall'altra bra sempre piìt esi#JÌ. Ma qu.k terr•? Gioriaiuz, grazie a un parte. Devono esserefuriosi contro di noi e contro se stessi». falso amministrl1'it/t,e politico deciso da Francia, Inghilterra, Turchia, Amerit:a... «L'alkgria senza più speranze», la più lietaperché la ~iù disperata. Esse vedeyano ancora una Palestina che non t5isteva più dai h>rosedici anni, ma in conclusione una ter7a l'avevano. Non erano né sotto, né sopra, in uno spazif inquietante dove il minimo movimento sarebbe stato un f~o movimento. Sotto i piedi nudi di queste tragiche ottuagef!Driedi supref!llleleganza, la terra stava ferma? Era semprt meno così. Quando erano fuggite da Ebron sotto la mJraccia israeliana, qui la terra sembrava allorasolida, tutti ei-anodiventatipiù leggerie si muovevano nella sensualità della lingua araba. Poi, col passare del tempo, sembrava che questo provasse la terra dov'erano: che i Affemiare una bellezza propria dei rivoluzionari comporta qualche difficoltà. Si sa - si suppone - che i ragazzi o gli adolescenti che vivono in ambienti tradizionali e severi, hanno una beltà di volto, di corpo, di movimenti, di sguardi, molto vicina a quella dei fedayn. Forsesi può spiegare così: nell'inf~angerel'ordine arcaico, si fa avanti una libertànuova attraversolapelle morta, e i padri e i nonni faranno fatica a spegnere lo splendore degli occhi, il pulsare delle tempie, l'allegria del sangue nelle vene. Palestinesierano sempre meno tollerabili, mentre intanto quei Palestinesi, quei contadini, scoprivano la mobilità, la marcia, la corsa, il gioco delle idee rimescolate di giorno in giorno come in un mazzo di carte, le armi, smontate, montate, adoperate. Ogni donna, a turno, prende a parlare. Si mettono a ridere. Riporto una frase che ha detto una:

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