Federico Chabod Scritti su Machiavelli Torino, Einaudi, 1980 pp. XI-415, lire 12.000 Roberto Ridolfi Vita di Niccolò Machiavelli Firenze, Sansoni, 1978 pp. XIV-665, lire 12.000 Gennaro Sasso Studi su Machiavelli Napoli, Morano, 1967 pp. 367, lire 14.000 M.P. Gilmore (a cura di) Studies on Machiavelli Firenze, Sansoni,1972 pp. X-415, lire 20.000 Ugo Dotti Niccolò Machiavelli. • La fenomenologia del potere Milano, Feltrinelli, 1979 pp. 160, lire 4.000 Carlo Dionisotti Machiavellerie Torino, Einaudi, 1980 pp. 470, lire 16.000 L a natura «trasgressiva» dell'evento-Machiavelli è un luogo comune della cultura umanistica europea. Dal Dilthey al Ridolfi, non c'è chi non trovi giudizioso associare l'effettualità innovativa del sapere politico machiavelliano con la proverbiale lussuria del fiorentino. Spesso è solo un accostamento cronachistico; casualmente, forse, fortuita anticipazione di un'«economia libidinale» dell'essere e del sapere rinascimentali. Politico ed etico: innovazione e lussuria .Ma non è certo il fortuito e il curioso l'essenziale: oltre il moralismo cronachistico o l'apprezzata «trasgressione», è diffusa tra gli interpreti l'intenzione materiale di associare dualisticamente l'inno- .vazione nel politico e lo scandalo nell'etico. Che si tratti pur sempre della nota contrapposizione crociana di politico e morale, è vero solo in parte; risulta addirittura secondario rispetto alla rilevanza di ben altro dualismo: quello tra evento collettivo e pubblico (politico) ed evento singolare e privato (etico). La vecchia contrapposizione crociana, come si vede, non incide poi molto in questo tradizionale ma inosservato dualismo. Ora, se il politico è per definizione sfera pubblica, collettiva - ogni interprete è concorde, - l'innovazione machiavelliana in esso è innovazione sociale: lo «scandalo» di una mutata tecnica politica pertiene al «pubblico». Differentemente, lo «scandalo» nell'etico è commedia, satira: riguarda un pubblico, ma un «pubblico di privati». È pur sempre scandalo di una natura libertina, che nel mezzo delle ristrettezze gioca con la vita con la giovane attrice del borgo fiorentino. Certo, scandalo nell'etico è anche la spietatezza del politico, del Principe - ma del Principe-Uomo, natura umana singolare che si dispone (dis)umanamente al politico. Lo scandalo nell'etico prodot8 i 01 ,a1ecagYnoo raMachiavellerie tico in quanto sua propria natura umana: singolare. Nessun interprete è così poco avveduto da sconfessare l'elementare aristotelismo: il singolare è pur sempre politico, ma lo è proprio in quanto è riverbero di eventi umani singolarmente considerabili. La collettività del politico e la singolarità dell'etico sembrerebbero giocarsi tra innovazione nel «pubblico» e «privata» lussuria. Scarto solo in parte ironico. Indica - in diversi modi, nelle diverse interpretazioni - un ritardo ermeneutico ormai introiettato dalla critica. Per questo Machiavelli, lo scandalo nell'etico è solo riverbero: classico background da cui si è, da secoli, estratto quel pessimismo sulla natura umana singola che avrebbe poi condotto la critica all'avvicinamento temerario con Hobbes, piuttosto che con Spinoza. Non è casuale l'insistere dello Schmitt su quel pessimismo della natura umana. È il modo più ovvio per esorcizzare Machiavelli: i ciompi producono scandalo nel politico, non nell'etico. Machiavelli è dunque all'origine del pensiero politico borghese. L'equazione diviene lineare, ovvia l'identità elementare, recentemente riproposta da Esposito - ovvia, ma falsa. L'etico, con la crisi dell'Umanesimo, da Masaccio alla Maddalena del Donatello, è scandaloso poiché investe lo spessore ontologico del sociale (la lezione di Argan in questo senso rimane preziosa). L'effettualità del «politico» fiorentino non per nulla ha solide radici nella poetica della Krisis di Lorenzo (ha ragione Gramsci da questo punto di vista). Paradossalmente, c'è più «ragion di Stato» nei sonetti amorosi del Magnifico che non nel Principe. Paradosso, che ha il senso della moltitudo: di qui lo scandalo nell'etico, la sua trasformazione in politico radicale. Questa trasformazione annulla ogni riverbero della natura umana, del soggetto singolare. L'etico della moltitudo come politico: mi pare questo lo scandalo vero - su cui, non a caso, diviene possibile rivedere anche quella fossilizzazione critica sull'effettualità del sapere machiavelliano, alla luce di un sapere per altro già riconosciuto come «anticipatorio» (in senso metodologico) negli illustri contributi di Chabod e di Sasso. Ermeneutica sociale e ontologia, dunque? Lo scandalo ermeneutico Ugo Dotti, in un non più recente ma sempre importante· contributo sul Machiavelli, attualizza questa prospettiva. È un lavoro essenziale, anche se il debito verso la tradizione - dei due Gilbert, soprattutto - continua a essere condizionante. Nella «plebe» machiavelliana Dotti riconosce il sovvertimento etico del testo liviano, ma non lo conduce fino in fondo: a\- l'ermeneutico - piuttosto amplificato ideologicamente. D'altro lato, è proprio questo salto che non si è mai dato nella critica machiavelliana: valga la bella critica al presunto umanesimo del Machiavelli sviluppata dal Dionisotti, a fronte dell'inconcludente polemiCQ Adelino Zanini ca col Sasso sul Machiavelli filosofo o meno. Che dire, dunque, se un ritorno agli «inizi» rinnova problematiche interpretative essenziali? Se il referente è la moltitudo - lo scandalo nell'etico collettivo come nuovo politico, - questo referente, per non essere umanistico, deve potersi coniugare come ulteriore scandalo: ermeneutico. Nulla di ciò nella critica machiavelliana, tranne alcune splendide intuizioni di Chabod, rielaborate da Sasso. Dai contributi di Chabod si può estrapolare, infatti, ferenti? che la mediazione di Bacone - su cui il politico borghese dell'effettuale, notoriamente, prospererà - non regge questo scandalo ermeneutico? Infatti, non è più tanto scandaloso l'essere naturale ma l'essere sociale, che tende a una (per quanto solamente intuibile nel Machiavelli) autodeterminazione: nella critica a quella «mediazione politica» che sono le forze mercenarie (altro che spirito prerisorgimentale!), ad esempio; nel ripudio successivo della repubblica mista polibiana, come ha mostrato Sasso; ta: dal «trapassar» di Chabod, alle «fasi» di Gramsci. Anche da questo punto di vista, il lavoro di Dotti - ma anche l'ipotesi «psicologica» di Matteucci - mostra un limite evidente. Il considerare il Principe come «fase provvisoria» non ci discosta poi molto dall'inversione settecentesca. Va per altro riconosciuto l'imbarazzo, perché risulta sicuramente più semplice recuperare a piene mani il Principe qualora il parametro interpretativo scelto sia quello decisionistico. Solo che, anche da questo punto di vista, oc- ~-----------------------------, corre operare «scandalosamente». l' auteur de la poèrne -antil o ~ o ... .., zenitisme zenltisme zenltisme zenltisme zenitlsme Brlgradc I!12ti. -· Acrns,· par la polir,· d,· H,·ii.?; ,tdc , c-au~edi: sa poi:Ìne antie11ropt·l!nne AVIO:'\ SAN~ .\PPAREII.. li! pm !,· LIOUBOMIRMITZITCtl Sl' 1rn11ve,,011~prored1n' judidai1e. hcurpaa I92tì H., 1y;1,l'iy iic11rp;1.ll'1.t• jhYfìOMHP ,\UlllU"li. p:t,111 ;tHTIICflJlOIICFl· nF.:l MOTOP,\ c1:ie.1,c11 jc nn.1 cyJl. 1111-lHlll:jt:, llt'CHIII, IIOC.\I<' ..\EPOI Lii' I! Il problema non può ridursi al «che cosa ha veramente detto ... » bensì riguardare l'utilizzabilità del Machiavelli. In fondo, motivo della sua grande attualità è il suo rilevante «opportunismo» teorico. Giustamente Dotti dà per scontato che il Machiavelli sia repubblicano. Che il Principe sia un trattato repubblicano, diversamente, è molto difficile da sostenersi, ma è assolutamente irrilevante - questo la critica in genere e gli autori, tutti, qui recensiti non hanno realizzato affatto. Il Principe può pur essere l'auspicio per una monarchia nazionale, come crede anche Dotti- ecome diceva Dilthey, - se si vuole; ma ciò (che sarebbe da dimostrare ben oltre la chiusa petrarchesca: «Vertù contra furore ... ») si esaurisce in quella contingenza storica. In termini machiavelliani, occorre astrarre e, prima ancora, estrarre per astrarre: è indicativo il modo assolutamente non ortodosso con cui Machiavelli utilizza Tucidide, Polibio, Livio: prende ciò che gli serve. Le fonti si possono «stravolgere», purché lo si dica. Quest'affermazione, in parte paradossale, può forse riassumere ciò che si intende per «opportunismo» teorico; perché proprio nel Principe è del tutto esplicata l'assenza di cominciamento - quello che per la critica, da Bacone in poi, è solo effettualità anziché potenza dell'Essere -; proprio nel Principe vi è una teoria esplicata della separazione (sociale) - ciò Fhe per la critica è solo rifiuto di un'ipotesi contrattualistica -; anL-------------------------------' cora nel Principe, lo «scandalo» è un'ipotesi capitale: la presenza nel Machiavelli di un metodo dualistico, che procede per astrazioni (anche «fantastiche»), nell'esplicita esclusione di ogni cominciamento. L'Essere, dunque, è dato: non si interroga (e questo può essere effettualismo); l'Essere, anzi, è il motivo dell'interrogare dualistico: «è-o-non-è» - non c'è mediazione in Machiavelli, ricorda Sasso. L'Essere interroga e astrae: generalizza, ma generalizzando anticipa. -In questa subordinata strumentale sta tutto il «cinismo» del Machiavelli. L'Essere sociale anticipa il suo presentar-si alla luce del futuro. Lo scandalo nell'etico produce scandalo ermeneutico. C'è già Spinoza sullo sfondo. È sicuramente «scandalosa» questa rottura nel Rinascimento, e lo diventa ancor più quando la si confronti con la tradizione che ha voluto Machiavelli precursore del metodo di Galileo. Come non vedere che si tratta di «scandali» difnel dualismo ermeneutico qual è ormai conseguente a uno scandalo collettivo nell'etico: la valenza collettiva della virtus - come mostrò E.W. Mayer, - la sua identità possibile con la potentia spinoziana - come indicò Ravà. Come non vedere che la pur importante lettura democratica - da Gentile a Gramsci - non è mai stata sufficiente? «Opportunismo» teorico C'è un residuo di settecentismo nelle interpretazioni democratiche del Machiavelli, anche nelle più recenti: l'inversione o la sospensione del Principe. A parte le dispute sui tempi di composizione - si vedano su ciò gli Studies curati da Gilmore per Sansoni, - rimane forte nella critica democratica la tentazione di rimuovere il Princi- . pe. Non sempre la rimozione è esplicita, ma càpita di notarla anche quand'è esplicitamente rifiutarottura di quelle pax et /ex - non solo medioevali, ma naturali - che il Cavalcanti, in piena crisi del Rinascimento, avrebbe considerato intangibili. Non bisogna certo attendere il completamento dei Discorsi per avere davanti il Machiavelli democratico e «scandaloso», e non c'è nulla da invertire o sospendere: basta prendere. Stabilire, coi testi alla mano, se il Machiavelli da noi utilizzabile fosse o meno repubblicano è come pretendere di sapere ""' se Spinoza credesse o meno in -~ Dio. È assolutamente irrilevante. ~ Rilevante è solo lo scandalo nell'etico che, per noi, trapassa in politic. ~ ~ co nuovo. _9 La sella dell'asino nell'Adora- ~ zione del Masaccio, lo sfacimento ~ della «singolarità» nella Maddalena del Donatello, la «lussuria» machiavelliana indicano o comunque preludono I7adagioessenziale spi- ~ noziano: Homo homini deus. Ciò ~ si .. .. .. che continua a scandalizzare.
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