Alfabeta - anno IV - n. 43 - dicembre 1982

Victor Segalen Essai sur l'exotisme Montpellier, Fata Morgana, 1978 Tzvetan Todorov La conquète de I' Amérique. La qaestion de I' Autre Paris, Seui!, 1982 pp. 279, ff. 75 Lina Zecchi • D drago e la fenice. Ai margini dell'esotismo Saggio introduttivo di Guido Neri Venezia, Arsenale coop. ed., 1982 pp. 212, lire 15.000 Il Odio i viaggi e gli esploratori». '' Cosi Lévi-Strauss iniziò vent'anni dopo il doloroso racconto dell'esperienza ormai lontana delle sue esplorazioni in Amazzonia e dei suoi incontri con quello che avrebbe potuto essere un grado zero della civiltà umana (i soggiorni tra gli indiani Bororo, Nambikwara e Tupi-Kawahib). Un'osservazione provocatoria quanto definitiva. Provocatoria perché risuonava come una stonatura incancellabile nel coro euforico dei rac- •conti di viaggio, la cui moda sembra essere tra le poche a non conoscere limiti. Definitiva perché Tristi tropici (1955) sanciva in maniera ufficiale la e,; fine del viaggio come scoperta dell'altro, degustazione del diverso. Non l'imagerie esotica alimentata dalla propaganda colonialista e parte integrante dell'immaginario metropolitano, ma i «nostri rifiuti buttati in faccia all'umanità»: questa la lezione riportata dal più grande etnologo francese del secondo Novecento, e nessuno ormai poteva fingere di ignorarla. Meno che mai l'etnologia, scienza dell'altro per eccellenza, che per decenni aveva accettato di vivere nella malafede, mascherando la sua ragion d'essere prioritaria: il contenimento scientifico di un senso di colpa. l'altrove ratificata da Lévi-Strauss cominciò quando, chiusa la circonferenza terrestre, dalle carte geografiche scomparirono l'uno dopo l'altro gli spazi vuoti - «chiazze bianche» sulle quali una volta i bambini (già non più il Marlow conradiano) avevano modo di «fare magnifiche fantasticherie». Non più spazio vuoto e nemmeno «cuore di tenebre», !'altrove alimenta con la sua nostalgica assenza la coazione allo spostamento del nostro presente e la ricerca affannosa di altri spazi collocati nei luoghi più insensati. Vissuta come una perdita irrimediabile da tutti quelli che sapevano che la loro identità passava attraverso quella dell'altro, la frustrazione esotica suscita l'interrogazione su un lontano passato, quando uomini coraggiosi e curiosi si misero in viaggio verso un ignoto che non era metaforico richiamo ma esperienza inscrivibile nel proce, a livello dell'enunciazione, quell'incrocio («métissage») auspicato dal narratore al termine del racconto. Scoprire, Conquistare, Amare, Conoscere sono le quattro modalità d'incontro del vecchio mondo con il nuovo, e le quattro tappe del percorso storico tracciato da Todorov. Elemento di una tipologia delle relazioni con l'altro, ognuna di esse si cristallizza intorno a una figura storica che le accorda valore emblematico. Il primo di tutti è Cristoforo Colombo, il solo che partì senza essere sicuro di tornare, colui che «scopri l'America ma non gli americani», prigioniero com'era di un sistema d'interpretazione finalista che gli impedì di riconoscere l'alterità umana nel momento in cui gli veniva rivelata. Sfruttando il cratilismo del suo nome - Colon, l'evangelizzatore e il colonizzatore, - Cristoforo manca l'esperienMa l'impatto della denuncia di Lévi-Strauss non deve far dimenticare le voci di protesta che per prime incrinarono i proclami trionfalistici e gli inni esotici - voci che per essere rimaste ai margini dell'ufficialità trovano soltanto oggi una:,possibilità di ascolto. Di Il mondo interiore, da Goddess of Atvatabar di W. Bradshan prio destino come nella storia collettiva. queste note discordanti - all'interno I o questa prospettiva si situa l'ultidel Novecento e senza varcare i conti- mo libro di Tzvetan Todorov La ni francesi - la più articolata fu certa- conquéte de l'Amérique. La quemente quella di Victor Segaleo (1878- stion de l'Autre. Proprio perché, 1919), teorico dell'esotismo come aprendo l'era moderna, la conquista scienza del diverso. dell'America - paradigma dell'inconMedico della marina, archeologo, tro (mancato) con l'altro - «annuncia etnologo ante litteram, Segalen è in- e fonda la nostra identità presente», è nanzi tutto uno scrittore (di matrice su di essa che Todorov ha focalizzato simbolista), come da scrittore si com- ciò che risulta essere il centro della porterà Gide quando pubblicherà sua interrogazione: la questione delVoyage au Congo (1927) e, in manie- l'Altro. E poiché fin dalle origini il ra ancora più radicale, Leiris quando viaggio, l'avventura, l'esotismo si prescriverà L'Afrique fantome (1934). stano male alle sistemazioni teoriche, D'altronde, Gauguin per primo - e è una storia, una «storia esemplare», con una violenza che nessuno rag- quella che ci viene raccontata in quegiungerà più - aveva denunciato le ca- sto libro, dedicato alla memoria di larnità dell'impatto coloniale in Poli- una donna maya divorata dai cani .., nesia e aperto la cesura che, anche io (spagnoli, s'intende). questo campo, segna l'inizio del No- «Dans ce livre alterneront, un peu vecento. Grande viaggiatore, Segalen comme dans un roman, Ics résumés, (come Gauguin, Gide, Leiris appun- ou vues d'ensemble sommaires; Ics ~ to, e si potrebbero aggiungere Ar- scènes, ou analyses de détails farcies ~ taud, Michaux e altri) lo fu perché era de citations; les pauses où l'auteur un grande artista sensibile più di ogni commente ce qui vient de se passer; altro al problema della diversità, mo- et, bien entendu, de fréquentes elliptore dello spostamento e dell'incontro ses, ou omissions: mais n'est-ce pas le con l'altro - esteriore o interiore. L'i- point de départ de toute histoire?» ~ terata e crudele frustrazione esotica lo «Libro erudito e molto personale», è ti spingeva sempre più lontano mentre stato scritto. Certo, e nella misura in ~ essenzìalizzava la sua esperienza del cui, muovendosi dal presente, l'ibrido ~ diverso. montaggio del materiale storico per- di b1ii er~ae~ ~!f rfBt1fa rreaj)OZis)Qe_di geQere_e_riproduza dell'altro che non riesce mai a pensare nello stesso momento come uguale e diverso. E getta così le basi di ciò che rimarrà per secoli il paradigma del rapporto colonizzatore / colonizzato: uguali, gli indiani vengqno assimilati (e cristianizzati); diversi, sono collocati come inferiori (e schiavizzati). Esperienza privilegiata dell'esotismo assoluto - quella sognata da Segalen, ma da lui mai sperimentata, - l'incontro di Cristoforo Colombo con l'America realizza il primo termine - assoluto - dell'alternativa che, secondo Lévi-Strauss, rinchiude il viaggiatore in un dilemma insolubile. Di fronte a spettacoli intatti e prodigiosi (e Todorov insiste sull'ammirazione intransitiva di Colombo davanti alle meraviglie del nuovo continente: sarà o no il paradiso?), egli è incapace di percepire la ricchezza e il significato di questa diversità. L'altro termine, altrettanto assoluto, è quello del viaggiatore moderno, «archeologo dello spazio», alla ricerca delle vestigia di una realtà perduta. Per eccesso o per difetto, l'esperienza del diverso sembra preclusa. Scoperta l'America, bisognava conquistarla. Sarà, tra gli altri, compito di Cortez. Ma come mai, si chiede Todorov, fu così inarrestabile l'avanzata spagnola in terra americana, cosi rapido.il. crollo c!_e[l'impero<1zteco?Larisposta è di natura semiotica. È una questione di comunicazione, di dominio della comunicazione: «Ils mourront ceux qui ne pourront pas comprendre; ceux qui comprendront vivront». Non tanto la superiorità tecnica degli spagnoli quanto la «perdita del dominio della comunicazione» da parte degli aztechi è alle origini del genocidio. L'universo ciclico e fortemente ritualizzato degli aztechi non riesce ad assimilare l'evento nuovo e imprevisto della conquista altrimenti che proiettandolo nel passato, «sous • forme de présage». L'iterativa concezione azteca del tempo permette a Cortez di sfruttare, appropriandosene, il mito indiano del ritorno di Quetzalcoatl. Quanto basta per gettare il dubbio (e l'inerzia) nel campo avverso. Allo stesso modo - e siamo ai primi del Novecento - si comporta Fitzcarraldo nell'ultimo omonimo film di WerneÌ' Herzog: pur di convincerli ad aiutarlo nella folle impresa di far scavalcare una montagna a una nave, l'eroe megalomane incarna momentaneamente, agli occhi degli indiani, il salvatore biondo che un mito indigeno aspettava alla guida di una barca. Privilegiando gli uni quanto gli altri la «comunicazione con il mondo» - e qui poco importa l'entità delle conseguenze come la differenza tra fatto storico e finzione - gli indiani sono stati le vittime di chi invece privilegiava la «comunicazione con gli uomini». M anipolazione dell'altro, mai riconosciuto come soggetto, il sapere di Cortez è potere. Presa di possesso. Distruzione. Settanta milioni di morti appunto. «Il y a là un enchainement effrayant où comprendre conduit à prendre et prendre à détruire». Degenerando la prima in ineguaglianza, la seconda in identità assimilatrice, le due figure - differenza e uguaglianza - del rapporto con l'altro non riescono a prendere forma nel racconto. Altrettanto fallimentare si rivela, in questo senso, l'amore cristiano di Las Casas che sacrificò gran parte della sua vita a difendere i diritti degli indiani (si veda M. Mahn Lot, Bartolomé de Las Casaset le droit des indiens, Paris, Payot, 1982). Il postulato d'u- • guaglianza sostenuto nella celebre controversia di Valladolid (1550) implicava l'affermazione di un'identità che precludeva una reale conoscenza dell'altro. Inserito in un processo di assimilazione - uguale dunque cristiano dunque occidentalizzato, - l'indiano veniva di fatto spogliato della sua identità culturale. Accelerando con la sua influenza ideologica il processo di integrazione degli indiani nella città cristiana, Las Casas prospettava ai re di Spagna (e all'Europa) il modello della (buona o cattiva) colonizzazione. I soldati se ne andavano, ma per lasciare il posto ai preti e ai commercianti. Non più schiava, l'America diventava prolungamento, appendice metropolitana. Questa, a granèj linee e con qualche semplificazione, la storia esemplare, che procede verso il suo epilogo attraverso la figura centrale dell'incrocio culturale («métissage des cultures»). Persona di dialogo e provato narratore, Todorov estrae dal suo gioco le carte vincenti- Duran, Sahagun, i frati domenicani e francescani, che per primi hanno messo il loro sapere al servizio della preservazione della cultura indigena e per primi hanno capito che «quand ce ne serait que pour mieux assimiler l'aurre à soi, on commence par s'assimiler, au moins partiellement, à lui». Il colore l'ha· dato per prima la Malinche - l'indiana amante e interprete di Cortez - ed è il colore ibrido di chi è in grado di muoversi su due campi. Coll_aboratrice cèrto, ma anche modello di uno scambio ineluttabile che dovette essere anzitutto linguistico, la forza della Malinche, tradita dai suoi e passata al campo avverso, sta in questa intuizione o empirica strategia di difesa. Non a caso era una donna, espulsa dal dialogo con gli dei e con i piedi per terra. Così la vediamo nel codice fiorentino che la rappresenta ferma, dritta tra gli indiani e Cortez, che per comunicare devono passare attraverso il suo corpo, centro e organizzatore dello spazio. Strumento di conquista e personaggio perdente della storia, la Ma!inche incarna il mo- • mento di transizione in cui il passato (chiuso all'esperienza dell'altro) partorisce il presente (frustrato dall'esperienza dell'altro). Ci vorranno quasi qùattro secoli di storia coloniale perché il nostro mondo elabori fino in fondo la scoperta di Colombo - l'esistenza di un'alterità esterna che, solo una volta assimilata e distrutta in quanto tale, si è imposta nella sua dolorosa assenza. Le coincidenze della storia non sono sempre casuali e Todorov ne ricorda due: la Spagna scopre l'America (l'altro esteriore) nel momento in cui espelle l'altro interiore (gli ebrei e i mori); il mondo moderno scopre l'altro interiore (l'inconscio) nel momento in cui ha cancellato dalla superficie della terra l'altro esteriore. Della necessità dell'altro, dunque, e di una modalità positiva o neutra di contatto: «une affirmation de l'extériorité de l'autre qui va de pair avec sa reconnaissance en tani que sujet». Dietro il dialogo culturale auspicato al termine di questa triste storia non si avrà nessuna difficoltà a riconoscere la correlazione di soggettività che Benveniste ha implicato nella relazione intercorrente tra le prime due persone pronominali. Della specificità e della reversibilità che caratterizzano l'io e il tu grammaticali, Todorov privilegia la possibilità impliéita per il «tu» - _nelmomento stesso in cui, per titt te I I

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