Lasocietàdell'informazione Intervista a cura di Carlo Formenti D. // settore ddfelaborazione e della trasmissione di informalioni t attualmente investùo da una rapidissima evoluzione tecnologica. Pensale che si traiti di una vera e propria rivoluzione tecnico-scientifica o del normale rùmo evolutivo di un settore tradizionalmente assai dinamico? Occhini. Le rispondo con un esempio: quello che dieci anni fa poteva essere fatto con un minicomputer oggi può essere fatto con un microcomputer. Ciò avviene grazie àd un evento di portata effettivamente rivoluzionaria: l'avvento del microprocessore: li microprocessore ha consentito di uscire dal circolo vizioso maggiore integrazione/minore applicabilità. Infatti grazie al doppio livello di programmazione (può essere programmato tanto a livello di memoria accessibile da software quanto a livello di memoria accessibile da firmware) il microprocessore permette di raggiungere altissimi livelli di integrazione senza che sia necessario specializzare il «chip• per applicazioni limitate. Una volta usciti dalla logica dell'integrazione pura, la diffusione dell'elettronica non è stata più confinata nei settori squisitamente informatici. Oggi l'informatica non assorbe più del I O per cento della produzione elettronica, mentre quote sempre maggiori spettano a settori come l'automica, la bionica, la produzione di forni elettronici, ecc. Manacorda. Sono d'accordo con Occhini. C'è stato effettivamente un salto che non mi pare solo tecnologico ma anche concettuale: mentre sul piano strettamente tecnologico esiste un'evoluzione quantitativa di proporzioni tali da determinare mutamenti qualitativi (sono quelli nc;,ti:miniaturizzazione, velocità, ecc.), la possibilità di accrescere l'integrazione non a scapito della nessibilità significa un mutamento di paradigmi concettuali. Significa in particolare l'estensione di una logica sistemica più o meno a tutte le applicazioni possibili, il che rinforza l'apparato concettuale della scienza moltissimi settori che erano appannaggio della meccanica per cui la produzione di calcolatori rappresenta solo una quota minima del settore. Manacorda. Questo carattere pervasivo delle nuove tecnologie elettroniche è tale per cui d_ivienedifficile distinguere un settore «elaborazione dati•, a meno che non lo si riduca al settore industriale che produce le apparecchiature destinate a tale compito; quanto al settore applicativo non è piil possibile definirlo in modo preciso, cosi com'è impossibile definire un «settore applicativo• dell'energia elettrica. D. L'immaginario sociale sulle conseguenze del processo di informatizzazione della societìJ t scisso fra utopia e apocalisse. Anche gli «esperti• hanno del resto contribuito a questo atteggiame11m. dfride11dnsi. per e.<empin i11 redei sistemi. laziu11eal/"impauu 1le/l"eleuru11icsaul Occhini. Per suffragare questa valu- mondo del lavoro, fra coloro che prelazione vorrei aggiungere che già oggi vedono un aumento della disoccupala potenza di calcolo erogata sui mi- ,ione tecnologica, un impoverimento crociabora tori è di diversi ordini di dei contenuti professionali, una ridugrandezza superiore a quella erogata zione delle possibilitìJ di carriera, una sui minielaboratori e sugli elaboratori maggiore nocivitìJ, ecc., e coloro che «generai purpose•: ciò avviene perché annunciano lo sviluppo di nuovi imla gamma applicativa dei microelabo- pieghi altamente remunerativi e ricchi ratori è divenuta assai più capillare di di interesse e contenuto professionale, quanto non fosse possibile prevedere un radicale miglioramento delle condiqualche anno fa, basandosi sul puro ,ioni dilavoro e via di seguito. Qualè il processo di integrazione circuitale. vostro parere? D. Vogliamo fare qualche esempio Manacorda. È necessario cambiare di questa estensione applicativa? il modo di porsi questi interrogativi, Occhini. Il repertorio è ormai bana- abbandonare le alternative in termini le. Tutti hanno visto le pubblicità che di o/o. Proviamo a trasportare questa invitano ad acquistare il televisore che opposizione fra apocalittici e utopisti è già predisposto come terminale per nel 191 O o nel 1920, applicandola al tutte le future opzioni che qualcuno mezzo automobilistico: che cosa ci ripotrà eventualmente immaginare. serverà l'automobile: potremo muoAltrettanto note sono soluzioni come verci liberamente da un luogo all'altro quella dell'Alfa Romeo che in situa- in qualunque ora del giorno e della zione di regime del motore (a velocità notte, senza dipendere dalla stanchezquindi costante) permette di disinne- za dei cavalli, potremo muoverci con scare due dei quattro cilindri e far qualunque tempo, oppure questo marciare la macchina con una riduzio- mezzo intaserà le vie delle nostre città, nedel30/40percentodeiconsumi. Mi ci disturberà col suo rumore, ci avvepare che al festival delle donne di Bo- lenerà coi suoi gas di scarico, ecc. logna ci sia stata un'intera sezione de- Dopo 60 anni non possiamo che condicata al modo in cui la tecnologia ciel- sta tare che sono avvenute entrambe le tronica trasformerà i nuovi elettrodo- cose; evidentemente tutte due erano mestici. Gli esempi potrebbero essere strettamente legate al tipo di strumenmoltiplicati all'infinito. Noi eravamo to e al tipo di sviluppo sociale ed ecoabituati a pensare al calcolatore quan- nomico che lo aveva prodotto. Mi pare do si parlava di elettronica; oggi la che piìl o meno lo stesso discorso possa miaoelcttronica sta penetrando in essere fatto per tutte le tecnologie che 187 Paola Manacorda I Giulio Occhini si sviluppano in una società intrinsecamente contraddittoria, e quindi anche per le tecnologie dell'informazione. Ci sono degli studi che dimostrano che, in questa fase, alcuni settori industriali subiscono effettivamente grossi cali occupazionali: in primo luogo la stessa industria elettronica, a causa dell'automazione su larga scala dei processi lavorativi; per non parlare della scomparsa di interi mestieri, come quelli dei linotipisti e dei tipografi. Se tuttavia vediamo le cose sul lungo termine, nessuna innovazione tecnologica di per sè ha prodotto un radicale restringimento dell'occupazione; piuttosto lo sviluppo tecnologico tende a trasformare sul lungo periodo la composizione dell'occupazione (tutti sappiamo che negli ultimi 50 anni il rapporto fra occupazione agricola. industriale e nei scrvi1i è mdicalmcntc mulato a favore di questi ultimi). Più che ad un astratto bilancio dell'occupazione, le previsioni dovrebbero servire ad impostare una politica capace di gestire le trasformazioni. Le proposte già avanzate e discusse in merito a livello europeo ed in alcune situazioni nazionali riguardano la mobilità dell'occupazione e la riqualificazione. li tema della mobilità mi sembra soprattutto decisivo perché tutti nel breve-medio termine dovremo affrontare la necessità di adattarci a cambiamenti radicali. Da un'assemblea cui ho partecipato ieri sera mi è parso che emerga in particolare il problema di come la gente vive il cambiamento: perdita di sicurezza o ampliamento delle possibilità? Occhini. Sono d'accordo su quanto ha detto Paola, vorrei però approfondire un altro aspetto. Ci si potrebbe domandare se la tendenza verso la società informatica risponda effettivamente ad un imperativo tecnologico. Esiste infatti una pressione da parte delle società di telecomunicazioni e di elaborazione dati che potrebbe generare il dubbio se lo sviluppo della domanda di queste tecnologie risponda ad esigenze autonome o sia creato dall'offerta. È difficile dare una risposta univoca, però vi è un elemento che mi sembra tale da accreditare un'esigenza reale del processo economico e organizzativo ad assorbire sempre piil informazione: l'informazione è probabilmente il mezzo più economico per gestire processi di tipo complesso. Un'azienda si trova oggi a dover operare in un regime assai più incerto di dieci anni fa; fattori come l'accresciuta competitività a livello internazionale, le variazioni del cambio del dollaro, ecc. incidono direttamente sui margini e a volte determinano situazioni di emergenza che possono essere fronteggiate in due modi: immobilizzando delle risorse da utilizzare al momento dell'emergenza o dotandosi di strutture che consentano di avere informazioni sufficienti su quanto sta avvenendo. Questa seconda via dovi-ebbe consentire di gestire le risorse al meglio in funzione di ciò che avviene mano a mano che avviene. Detto altrimenti, l'evoluzione del sistema in cui viviamo è tale per cui l'informazione è divenuta un hene che costa meno di altri per fare le stesse cose. ()uc,10 ci riporta al discorso sull'occupazione: è evidente che quanto più la gestione degli obiettivi avviene in modo «affilato• tanto più si riducono le risorse di tipo umano; ciò tuttavia non comporta necessariamente problemi di disoccupazione tecnologica sul lungo periodo, come già spiegava Paola, e in ogni caso vorrei far notare come le due tendenze, degli utopisti e degli apocalittici esistano proprio perché è difficile fare previsioni attendibili in questo campo. Un esempio: prima che venisse fuori il microprocessore si erano fatte previsioni sul modo in cui il processo di microintegrazione sarebbe andato avanti e su come ad un certo punto si sarebbe relativamente arenato; queste previsioni errate hanno mandato in crisi grandi società produttrici di semiconduttori che avevano costruito le loro aspettative sulla pura estrapolazione delle tendenze presenti. Le previsioni hanno quindi per lo più la funzione di prepararci, di aiutarci a supe• rare quella che gli psicologi chiamano la «sindrome di Mowgli• (dal nome del protagonista del Libro d~llajungla di Kipling: come il ragazzo allevato dai lupi fatica poi a rientrare nel consesso umano, cosi una persona abituata ad una certa cultura incontra difficoltà ad adattarsi ad una cultura diversa in cui finisce con l'essere costretta ad operare). Mi sembra che la «sindrome di Mowgli• colpisca in particolare i politici, sia per motivi di formazione culturale, sia perché solo recentemente questi problemi sonq affiorati in Italia a livello politico. Se un processo di riqualificazione è urgente, esso riguarda proprio la classe politica: chi è incaricato di_gestire lo sviluppo economico e sociale della nazione non ·può fare a meno di. impadronirsi di strumenti culturali che costituiscono un elemento ·cruciale di evoluzione. Manacorda. Che oggi vi sia la necessità di utilizzare l'informazione come risorsa più economica per gestire sistemi complessi è vero; non si deve però sottovalutare quanto ciò sia difficile. La società dell'informazione non è esclusivamente né prevalentemente una società della circolazione di informazione. Presuppone una continua produzione di informazione, di conoscenza. Tutti ritengono questa fase automatica, quasi un sottoprodotto di altre attività; mi pare invece che 20 anni di utilizzo dell'informatica tradizionale abbiano dimostrato che questo è il nodo cruciale: disporre di tecnologie per trattare, elaborare in vario modo e distribuire l'informazione non ci esime dal porci il problema di dove realmente si produca l'informazione; non mi riferisco solo alla necessità di mettere in luce i rapporti di polere ma anche alle difficoltà concelluali. La produzione di informazione resta fondata sul cervello umano anche se certe operazioni di elaborazione possono essere devolute alle macchine. Ed è proprio qui che si evidenziano gli effet1i di polarizzazione: quando ci si domanda se le nuove tecnologie offriranno lavori più qualificati, ricchi di contenuto professionale, oppure lavori più stressanti e poveri, la mia rispo- ,ta è che accadono entrambe le cose, ma per persone diverse e per gruppi ,ociali diversi. La formalizzazione di alcuni processi intellettuali, fase necessaria perché questi processi possano essere successivamente automatizzati, è un lavoro intellettuale piu11osto ricco e interessante che richiede notevoli conoscenze. Al contrario la gestione dei processi automatizzati è un lavoro dequalificato. Questa polarizzazione era già stata notata in fasi precedenti dell'automazione industriale in senso stretto. Non è escluso che in prospettiva venga superata grazie ad una ricomposizione attraverso meccanismi di intelligenza artificiale; ma allo stato dei fatti essa è molto evidente. Occhini. Vorrei però osservare che quando si parla di automazione industriale e ci si propone di stabilire dei confronti con le applicazioni dell'informatica in senso lato (dalle applicazioni gestionali a quelle scientifiche all'automazione d'ufficio), si semplifica eccessivamente: l'automazione industriale consiste nell'introduzione di robot che fanno determinate cose per conto loro una volta che sia stato schiacciato un pulsante; nessuna delle macchine di cui parliamo quando ci riferiamo alle applicazioni dell'informatica è viceversa in grado di fare alcunché senza intervento umano. Manacorda. Non sono del tutto d'accordo, credo si tratti di un problema di fasi. Prima c'erano macchine che automatizzavano parti di un determinato processo, poi sono arrivati i robot che automatizzano un'intero processo di lavorazione (in realtà non arrivano mai ad automatizzarlo integralmente). Anche la famosa «unmenned factory•, la fabbrica senza operai giapponese, ha qualcuno alle spalle che l'ha progettata e programmata. Non credo che il lavoro automatizzato realizzi mai una totale sostituzione del lavoro
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