Cfr. Sebastiano Vassalli MueW. Milano, Mondadori, 1982 pp. 190, lire 9.000 Ogni opera di Sebastiano Vassalli offre un nuovo, inaspettato gioco rombinatorio di lucida razionalità e di squisiti ludismi formali. Sia detto subito che il romanzo Mareblù, mentre da un lato non raggiunge subito la carica comunicativa dei due ultimi assai notevoli libri, L'arrivo della lozione (1976) e Abitare il vento (1980), avvia però un modo nuovo, senza dubbio più drammatico, di rapporto col reale del quarantenne scrittore. Vassalli è stato il migliore autore satirico italiano del decennio, ma siccome la satira è un genere letterario poco capito dalla critica italiana, che lo confonde con la goliardia, la sua vis satirico-grottesca, volta a rendere l'assurdo e comico pasticcio che è il mondo, è stata spesso ridotta a ludismo formale. Bene, almeno questo dell'ultimo libro non si potrà dire: esso è a tutto tondo una satira insieme della cosiddetta civiltà borghese, dei suoi grandi partiti, dei grandi modelli ideologici del passato, resi simbolicamente attraverso dei quadri o fotografie di Giganti della Storia, delle utopie rivoluzionarie e delle proposte apocalittiche o teorie delle catastrofi. Il tutto si gioca con linguaggio scoppiettante alla Vassalli (ormai inconfondibile) entro un campeggio ligure elevato coi suoi camper, le sue tende, i suoi industriali milanesi e bergamaschi ad allegoria dell'Italia d'oggi. Naturalmente c'è posto anche per il Vassalli scrittore comico: mi riferisco ai deliziosi incontri del protagonista con due donne aspiranti a conquistarlo e alla sequenza del loro eliminarsi reciproco; oppure alla resa di tutte le mosse dei campeggiatori attraverso uno strabismo comico che ce li rende marionette. li protagonista, maniacale e monologante, imparentato con i Giuseppe di Malerba, rende sempre la realtà in certo modo dissociata e da qui si giunge allo strabismo non più comico, ma drammatico del finale con la grande risata di un'intera pagina, unico messaggio definitivo del libro. Vassalli ha raggiunto una lingua che potenzia tutte le possibilità comiche del parlato senza i manierismi retorici delle opere precedenti. Credo di essere fra i pochi che hanno sempre seguito con vivo interesse l'evolversi del linguaggio di Vassalli dalle prime esperienze di màssacro della lingua, smaniosamente ludiche, all'espressionismo più o meno moderato degli ultimi romanzi, alla lingua di questo Mareblù, dosatissima nel cocktail di italiano regionale padano a livello parlato (certi avverbi!) e di effetti ludici dovuti a un fare stilistico dove le figure retoriche entrano a giro di danza. Se l'intelligenza di Vassalli coinci• de con l'intelligenza satirica, lo stru• mento linguistico è ormai adeguatis• simo. Oaadio Olivieri Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano, 6 maggio • 30 giugno 1982 Può sembrare un'ovvietà ma sem• bra opportuno ripeterlo in un momen• to di fraintendimenti particolari e ge• nerali intorno alla pittura: il colore prodotto dal pensiero. L'artista non è un voyeur proprio-per questa ragione, che per dipingere deve diventare cie• co. La cecità è il momento del passaggio. Al di là comincia a formularsi la pittura. Molti degli equivoci intorno al realismo nascono qui, dal fraintendimento della pittura antica, come se i maestri fossero preoccupati della realtà che non intendevano riprodurre invece che del colore che inventavano. Dunque pensare il colore. Al limite un colore autonomo, libero da quasi tutti i possibili condizionamenti: ne rimane uno, quello legato alla natura stessa del colore, che ha appunto origini naturali. Per questa ragione Oaudio Olivieri insiste nel dire che ilcolore è il «quinto elemento»,rome l'aria e il fuoco,l'acqua e la terra. Qui si stabilisce una precisa dialettica tra il percepito naturale e il pensato altrove. Altrove, dicevo, cioo oltre la cecità. In questo buio obbliga• to opera come mediatrice una cultura pittorica che possiamo bene identificare a posteriori, anche in un caso come quello di Olivieri che sembra sfuggire a qualunque riferimento: per esempio Barocci e Pontormo, Guercino. I Grandi Manieristi. Si rischia di ricadere nella polemica antirealista, ma è pure vero che la strada maestra è quella del manierismo, dove il pensare il colore produce altri pensieri di colore. I pensieri del colore obbediscono a leggi interne, di movimento, seguono linee curve, vele trattenute da un ven• to solare. Questa è la pittura di Clau· dio Olivieri, che ha abolito anche lo spessore imbarazzante della superficie dipinta per alluderla con velature taglienti. Da sempre l'astrazione è stata con• siderata come il punto di arrivo del derondizionamento, l'approdo della libertà del pensare. li discorso si fa anche politico, come sappiamo, e si deve insistere anche su questo tasto. Ma la libertà risulta inafferrabile e il godimento nei quadri di Olivieri viene dal vento astrale che li attraversa. Adattarvi il respiro è impresa ardua ma straordinariamente appagante. La pittura di Olivieri non si espone, accade. Biancamaria Frabotta Il rumore bianco Milano, Feltrinelli, 1982 pp. 139, lire 10.000 Biancamaria Frabotta raccoglie dieci anni di poesia, gli anni settanta, i più difficili della nostra vita. Fa un testo che stimola decisamente i morbidi-duri passi del pensiero: spinge alla dimensione teorica. Se volessimo ancora distinguere i caratteri «maschili» e «femminili» del linguaggio, direi che questo è un libro «maschile•, dove prevale lo «spirito• sull'caffetto• (che pure è rigoglioso). Ma volendo, specie nel caso del lin• guaggio poetico, cercare altrove, parlerò di un percorso esemplare che at• LJ,uliotecaginob1anco traversa il famoso decennio, il libro di Bianca e, infine, ogni nostra giornata. Si parte dal linguaggio inteso come «corrispondenza». E', per esempio, il linguaggio politico, dove a un concetto corrisponde un fatto, al progetto o alla volontà un effetto, alla ricerca un obiettivo di critica o di crescita, di con• danna o di sviluppo. All'analisi uno svelamento, una «demistificazione», come si dice; all'«impegno•, un risul• tato concreto o, comunque, etico. Tul• to si muove sul piano dell'attività e della coscienza. Si passa per il linguaggio inteso come «metafora.. E' la scoperta del livello «simbolico• del linguaggio, come gioco immenso di analogie e di rimandi. Come riappropriazione di mobilità e di spazi per il soggetto. Si recupera, cosi, almeno in parte, la forza e l'autonomia del linguaggio, come realtà indipendente da ciò che rappresenta, con un suo potere e una sua storia. Il femminismo, a cui Bianca ha partecipato, si è mosso, mi pare, su questi due piani: il discorso politico• pragmatico, e il linguaggio-metafora come luogo del potere maschile. E non è andato oltre. Invece, più avanti, si arriva al lin• guaggio come luogo dell'inirovabile, dell'assolutamente assente. Qui non ci sono più risultati e obiettivi, lotte e potere, trucchi e giustizie. Ma c'è il vuoto che mangia continuamente la nostra speranza di esistere. Dice bene Bianca: «sei sempre più esigente a volere perfetto silenzio/ il clamore annoso della clausura l'espandersi sfi• lato/ sulla brandina da campo per au• scultarne magari il battito ...•. O altro• ve: «è mio consento il rischio che/ vorrei tuo sfiancato il desiderio/ dietro alla parola che sta dalla/ pausa ritaglio del tuo nulla delicato ...•. E ancora: «Non ti vogliose t'amo•. Ecco, Bianca ha percorso tutto l'arco faticoso eonesto, quotidiano e assoluto dei linguaggi. L'inferno dell'avere e delle perdite. Dieci anni di lotte e di mancanze. Scrive Porta nella prefazione: «Dal clamore nasce una necessità di sospen• sione, di 'annullarsi nell'assenza', di recuperare quella dimensione del si• lenzio che guida il moto delle stelle parallelo al moto del linguaggio che chiamiamo poetico•. Romano Bilenchi Il gelo Milano, Rizzoli, 1982 pp. 98, lire 9.500 Cesare Viviani Con il lungo racconto Il gelo Roma• no Bilenchi torna alla migliore ispirazione che gli è propria: quella che mol· ti anni or sono gli aveva dettato La siccità, i racconti di Dino e altri raccon· ti, e Conservatorio di Santa Teresa, il suo maggior romanzo. Se si potesse definire la prosa narrativa di Bilenchi con un aggettivo, questo potrebbe essere «intensa». La sua lingua limpida, paratattica, priva di increspature e di pieghe fa emergere tuttavia una materia densa e ricca di piani, nella quale il «non-detto•, i si• lenzi, le pause costituiscono una zona di echi e di rispondenze, come accade, ma in altro contesto linguistico, quale è quello francese, per un certo Gide. Qui lo strumento narrativo è impiegato a enucleare le angosce, le delusioni, i contraccolpi provocati nel pro• tagonista, a mezza strada tra la tarda fanciullezza e l'adolescenza, dallo scontro con l'asprezza del vivere. Un vivere che si manifesta nel manifestarsi del sesso, nei pettegolezzi paesani, nella rottura delle amicizie, nelle stesse morti familiari. Un cerchio sempre più stretto strin• ge da presso il protagonista, come il gelo brucia le foglie più giovani: cli gelo del sospetto e dell'incomprensione si levò tra me e gli uomini quando avevo sedici anni, al tempo della licen• za ginnasiale», comincia il racconto; e si conclude con la madre del ragazzo che lo guarda «con repulsione da capo a piedi», consegnandolo definitiva- .mente - cosi lascia intravvedere il «non-detto• - a un destino di solitudi· ne. Mario Spinella AA.VV. La riconversione del terziario a cura di SilviaBelforte e con una pre• fazione di Alberto Magnaghi Milano, Celuc libri, 1981 pp. 179, lire 11.000 La rivista Quademi del territorio non è più uscita da quando il suo Direi· tore e principale animatore Alberto Magnaghi ~ stato coinvolto nell'io• chiesta 7 aprile-21 dicembre. Ecco perché il risultato di ricerche condotte negli anni '78 e '79 da alcuni collettivi redazionali della rivista, operanti nelle facoltà di architettura di Milano, Torino, Venezia, Firenze e Napoli viene portato solo ora a conoscenza del pubblico, attraverso il volume curato da Silvia Belforte. Autori e curatori hanno ritenuto uti• le pubblicare i materiali malgrado l'obsolescenza di molti dati in quanto le ricerche mantengono inalterata la loro attualità la quale, come spiega Alberto Magnaghi nella sua prefazio• ne scritta a Rebibbia e datata aprile 198I, consiste in un contributo al su• peramento delle vecchie classificazio• ni del terziario, di tipo merceologico e sociologico; e nel tentativo di sostituì• re alle tradizionali relazioni fra prima• rio, secondario e terziario un loro at• traversamento verticale seguendo le strutture dei cicli di produzione di due merci sui generis ché caratterizzano la metropoli «postindustriale•: la pro• duzione di «merce-comando• e quella di «merce-riproduzione». Ricordo brevemente l'argomento dei singoli saggi. Franco Gatti analizza la ristrutturazione della macchina comunale milanese (la più grande «fabbrica» cittadina per importanza e numero di addetti) in funzione del nuovo governo della metropoli terzia• ria; Alberico Zeppetella procede ad una analisi comparata dello sviluppo del settore dei servizi in alcuni paesi della Cee; Raimondo Innocenti si occupa del rapporto fra terziarizzazione e decentramento produttivi; Roberto Trevisiol e Gabriele Vesco parlano delle nuove funzioni dell'ente locale in un'economia periferica (il Veneto); Achille Flora definisce la nuova quali• là dell'intervento statale nel meridio• ne nell'ultimo decennio. c.f INFORMADI PAROLE UBROTERZO TOMOUNO PIIO/oBettiolo Milrti#B11ber A•tlri ChollrtllfllÌ Chritie• tk Tro,,s SergioCortitlllJ Meuler &Hm E1111grio P •IÌ&o Si/11111111 Gmw,lli Hllmflllflfl "°" A,u ]1111 À. Ko,,m,sij Ermmill Mil&olllLe11lulter SillllÌlli Armulo R.ini ]11111-N~VI 1111n1,1 •"Perprimo prmcliamo dunque la po,ola che dice: "'In mcuo al si/nmo mi l ,aa d<tta uaa po,ola -•·. Ab, s.-,. ,low l il si/nmo e ,low l il "'"'· in cui ad dem q.- puolal"' MrilwEcklwt UBROTERZO TOMODUE Hm,,,,,J, Are11tl1 M11no Be/po/ili E.M. Ciortm lsitlro Co•tlori Villl Fortllllllli Gm1111u Fr1111d FrtmlR. Lem Leslitti tli Shim E,,zo ~ MmlririoMIIDolti A•lo•io MeliJ EllorePerre/111 M4rio A. Rigo•i GitmrobertoScl/TCÌII "Senzal'ideadel suicidiomi wei 1il suicidato.'.' E. M. Cioran Di prossima pubblicazione LIBRO QUARTO F. GARCIA LORCA Viaggio verso la luna ' 'Alla fine un primo piano di un occhioin doppia esposizionecon dei pesci, che si dissolve nella scena seguente.'' F. Gucia I.ora Con testo originale a fronte, l'unica sceneggiatura cinematografica che I.orca abbia scritto. LIBRO QUINTO MAURICE BLANCHOT La follia del giorno "Un racconto? No, niente rac• conto, mai più." MaurittBlancbot Con la lettura di E. Lcvinas e J. Ocr. rida. In appendice il saggio dcli' au• tore: La letteraturae il diritto alla morte. I libri di IN FORMADI PAROI.E'sono in vendita nelle migliori librerie delle principali città italiane. Disuibuzione P.D.E. in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Sicilia.Per le rimanenti regioni, le librerie interessatepossono rivolgersidirettamente a ELITROPIA edizioni. I tenori possonoricevereIN FORMADI PAROLE anche PER CORRISPONDENZA. Per informazioni, ritagliare e spedire il coupon oppure scrivereo telefonare a: ELlTROPIA edàio11i Cas. Post. 421 - 42100 Reggio Emilia Telefono: 0522 46049 rita,liau: t ~itt in buna chiusa a Eliuopia. nome t Cc>fl'.ICNDC ànl alfabeto n. 36 ,;,aggio 1982 pagina 13
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