Con queste due interviste, a Rose/lina Balbi (responsabile delle pagine cultura/i di La Repubblica) e a Michelangelo Notarianni e Severino Cesari, del Manifesto, inizia una nuova indagine di Alfabeta, che si propone di accertare i criteri teorici e pratici della informazione culturale nei media. I temi in discussione sono i seguenti: il peso della cultura all'interno della economia complessiva del giornale; i criteri formali e sostanzia/i che definiscono la qualità di un articolo; i requisiti, i modi di rec/uramento e la gerarchia dei collaboratori; il problema dei rapporti tra cultura e notizia, e i metodi di verifica del successo degli argomenti tra/lati. Intervista a cura di M. Ferraris La Repubblica: RoseUina Balbi D. Qual è il peso delle pagine di cultura all'interno della economia di Repubblica? Balbi. Direi che le pagine culturali, fin dal sorgere del giornale, hanno avuto una funzione notevole, come dimostra la loro stessa collocazione. Sono state poste nel bel mezzo del giornale per dare un po' di respiro al lettore che, dopo tutta una prima parte intensamente politica, incontra questa zona più ariosa, anche graficamente ... D.. Questo suppone una visione della cultura come intrauenimento? Balbi. No, assolutamente no. Anzi, se ci è stato rivolto qualche rimprovero, è stato proprio quello di essere troppo rigorosi nella interpretazione della cultura, di lasciare poco spazio ai temi di varietà e di costume, che trat• tiamo solo quando sono indicativi di un problema, di un tema cuiturale (trasformazioni della società, porsi da parte di alcune fasce sociali, o di età, o di studi, di certi problemi). Però la cultura che noi facciamo non è mai qualcosa di separato dal resto del giornale e dall'attualità. Non si trova mai un pezzo che nasce da solo, come il vecchio elzeviro, che ancora in altri giornali fiorisce. Da noi, c'è sempre un'occasione, un dibattito, un convegno, un avvenimento, sul quale poi si innesta una riflessione di tipo culturale. Ma è come una pausa di riflessione su temi che magari si incontrano nella prima parte del giornale, su cui si riflette, si dibatte, si discute con calma. In questo senso è una pausa. D. Quando decidete di fare un pezzo, in riferimemo a che temi, a che tipo di eventi? Balbi. Naturalmente, può essere l'uscita di un libro, ma poi ci sono tutti i grandi filoni di dibattito, non solo italiano. Noi spesso cerchiamo di intervenire in dibattiti che magari in quel momento sono molto vivi e vivaci in al_tripaesi, in America, in Francia. Ma in questo senso è forse un'attualità vista in un panorama più ampio di quello locale, però sempre strettamente di attualità. Cerchiamo, ci sforziamo di non produrre mai pezzi del tutto gratuiti, di compiacimento più o meno letterario. D. E quando si decide che un pezzo è buono? Quali sono i criteri di stile, di contenuto? Balbi. Chiedo ai miei collaboratori di sforzarsi al massimo per essere molto chiari, inmodo che il pubblico non si trovi di fronte a ostacoli insormontabili, come un gergo specialistico. Qualche volta ci riusciamo, qualche ·volta meno. A voi te prego i collaboratori di riprendere in mano il pezzo, quando vedo che ci sono punti troppo ostici per un lettore anche medio-alto come il nostro. Ma il cestinare il pezzo non succede, proprio perché gli accordi sono tutti precedenti, sia sugli argomenti, sia sul modo di trattarli, magari addirittura sulla chiave da adoperare ... D. E non capita mai un collaboratore che telefona dicendo di voler fare un pezzo su un certo argomento? Balbi. Può capitare come proposta. Quello che non capita mai è un collaboratore che dice: «ho scritto questo pezzo e ve lo mando». Perché sa benissimo che non sono questi gli accordi che vigono tra di noi. Il collaboratore può fare tutte le proposte che vuole. Si discute, qualche volta dico che l'argomento non mi pare interessante per le nostre pagine, qualche volta, molto spesso, dico che va bene, e si discute sul come trattarlo. Quindi, tutti gli accordi sono precedenti. Non capita che questa pagina sia una boite à lettres, come forse in altri casi e in altri giornali è avvenuto: non è assolutamente una cassetta per le lettere dove ogni collaboratore imposta il suo messaggio. Anche perché cerchiamo di avere una politica cuiturale, ci sono dei filoni. D. Quali? Bibl1otecag1noo1anco Balbi. Il nostro è un giornale di sinistra, della sinistra: quindi cerchiamo di trattare i problemi principali del dibattito interno alla sinistra, cercando di coglierne, ovviamente, i risvolti culturali, che però sono molto legati alle scelte politiche. Per esempio, tutto il travaglio sul marxismo, sul socialismo reale. Siamo forse i soli che portiamo avanti una analisi della società sovietica: una analisi dall'interno, il peso che hanno gli operai, gli intellettuali tecnici, gli intellettuali umanistici, la loro collocazione, il consenso, il dissenso. Questo è solo un esempio. Poi, siccome abbiamo un pubblico in buona parte costituito da giovani donne, non trascuriamo mai il tema della condizione della donna nella società italiana di oggi, e in generale nella società moderna. Abbiamo un pubblico giovane, quindi è chiaro che tutto quello che riguarda l'università è trattato. D. E questo sempre anraverso una programmazione ... Balbi. Una programmazione nel senso che, quando non sono i collaboratori stessi a proporre le cose, allora siamo noi che, avvertendo che avvengono dei fatti che riguardano questi filoni, cerc~iamo di stabilire qual'è tra i collaboratori la persona più adatta a trattare un certo tema, gli telefoniamo e gli facciamo la proposta. Ovviamente, le proposte sono reciproche, seguono una doppia direzione ... D. Che differenze ci sono tra la terza pagina, poniamo del Corriere, e le pagine culturali di Repubblica? Balbi. Secondo me ci sono molte difI , l ,: /L,, 1 / «✓ ,1 .,.I ' . . "' - ~ • ,..... j, "• ferenze, soprattutto di concezione. Anzitutto noi, come dicevo prima, non ospitiamo servizi di varietà o corrispondenze da paesi esteri, che non siano su temi di dibattito culturale. Nelle terze pagine di altri giornali c'è, per esempio, un viaggio in Tanzania, oppure l'elzeviro e il racconto. Noi tutto questo non lo abbiamo. Notiziario, non ne diamo altro che nelle pagine della domenica. Quindi, direi che è proprio una impostazione di formula completamente diversa. D. Cioè, è maggiore la determinazione della redazione sui collaboratori che l'inverso? Balbi. Direi che ormai i collaboratori sanno perfettamente quello che risponde meglio alla formula delle pagine. Dopo alcuni anni ormai ... bisogna risalire all'inizio, come rodaggio; ma adesso è tutto molto semplice: loro ~tessi non propongono cose che sanno non andar bene per queste pagine. D. Tra questi collaboratori così fissi e costanti c'è una gerarchia? Balbi. Credo che non ci sia 1ma gerarchia. In ogni settore abbiamo degli specialisti. Abbiamo i critici del giornale, che possono essere Giuliani per la letteratura, Briganti per l'arte ... Ma direi che non è uria gerarchia in senso verticale, ma piuttosto disciplinare. Siamo sempre lì: ci sono dei temi che anche nell'ambito della critica letteraria, o della ricerca storica, o dell'arte, sono più congeniali a un collaboratore piuttosto che a un altro. Quindi, il ruolo ufficiale non ha nulla a che vedere con l'importanza della collaborazione. (squilla il telefono). Era un collaboratore, appunto. Concordavamo addirittura il «rigaggio». D. E come avviene il reclutamento dei collaboratori? Consultate l'esperto in un certo campo per un certo argomento, o un tale vi port(l un pezzo ... Balbi. No, quello viene immediatamente cestinato. Generalmente non prendiamo firme che si autopropongono. Cerchiamo all'interno di una specializzazione chi secondo noi è il migliore, e allora gli proponiamo di collaborare. Ma non è mai accaduto che qualcuno si autoproponesse, dicendo «mi occupo di questo argomento, insegno alla tale università, eccovi un pezzo». Proprio per mantenere l'omogeneità in quella pagina, si cerca di prendere persone che non$olo siano brave, ma il cui stile, il cui approccio ai problemi, e la cui configurazione culturale stessa siano adeguati alla nostra impostazione. D. Perche tipo di qualitàcrededi esse- ,., stata scelta per il posto che ricopre? Balbi. Direi che è più un fatto biografico che altro. Sono stata per dieci anni_ vicedirettore di Nord e Sud. Poi avevo collaborato alla terza pagina della Stampa per cinque anni e curato per un c~rto periodo le pagine culturali del Globo e del Mondo. Quindi avevo già un certo curriculum. All'inizio, arrivai come vice di Enzo Golino, che poi andò via, e la cosa più naturale del mondo fu che io ne assumessi le fun- ,ioni. D. Che mutarne/I/iha apportato alla pagina culturale di Repubblica, da quando se ne occupa? Balbi. Forse, data la mia formazione, che è più storica che letteraria, ho dato uno spazio maggiore, rispetto ai tempi di Golino, a questi filoni, che d'altra parte mi sembrano anche interessare il pubblico. Per esempio, le pagine monografiche sui grossi avvenimenti storici piacciono molto, vengono discusse, non è soltanto una mia inclinazione. Noi chiamiamo le nostre pagine «culturali», proprio perché non sono soltanto letterarie. I temi letterari sono del resto abbastanza coperti, nei limiti dei nostri spazi. Rispetto ad altri giornali abbiamo infatti ancora spazi limitati, e contiamo, per l'avvenire, di avere dei supplementi, di filtrare cose che oggi possiamo dare soltanto in parte, come la scienza- che però non trattiamo mai sul piano puramente tecnologico: trattiamo i temi della scienza solo quando pongono problemi più vasti, la questione dell'intelligenza, la sociobiologia... Per esempio, non ci interessa un pezzo sull'effetto del laser nella cura di una certa malattia; o, almeno, interessa il giornale ma non la pagina culturale. D. Che rapporto c'è tra nuovo e notizia? È importante che una cosa sia nuova, perché se ne parli? I due termini
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