Alfabeta - anno IV - n. 35 - aprile 1982

A proposito ditrans~,!'°,~guardia Achille Bonito Oliva ci manda questo scritto di risposta alle annotazioni critiche dedicategli da J.F. Lyotard su queste stessepagine («Intervento italiano», Alfabeta n. 32, gennaio 1982). L yotard, nel suo testo sulla condizione post-moderna, a proposito della produzione della storia, parla ripetutamente di •catastrofe», cfracta:., «paradosso>, «evoluzione discontinua e non rettilinea» e della scienza come «produzione dell'ignoto». Termini che non sembrano lasciar dubbi circa il fatto che il nostro intellettuale francese sembra essersi lasciato alle spalle il gravoso e genetico bagaglio culturale della tradizione cartesiana. Invece per quanto riguarda l'arte non riesce a trarre le giuste conseguenze dalle sue stesse premesse e sembra, come Mannheim, attardarsi a cercare a tutti i costi un ruolo salvifico per l'intellettuale e l'artista. Come se da una parte questi debbano riconoscere lucidamente la rottura del progresso lineare della storia e dunque della cultura, e dall'altra invece debbano ripararsi dietro le superstizioni dello sperimentalismo per salvarsi l'anima. Ma come è possibile tutto questo, dal momento che la catastrofe è generalizzata ed è anche semantica e dunque ha svuotato il senso di ogni attività e ruolo? Lyotard invece, con una imperizia tipica del tuttologo e del filosofo con vista panoramica sui giardini della produzione artistica, si aggrappa ancora alle superbe virtù dello sperimentalismo, trovandovi la possibilità di un ruolo, praticato giustamente in altre situazioni storiche, ma purtroppo impraticabile nella situazione tra l'altro da lui stesso descritta. E, scandalizzato dalla mancanza di funzionalità dell'arte della transavanguardia, ne cerca una riparando e dunque regredendo al livello di un dibattito da anni cinquanta. Quale era il dibattito italiano in quegli anni? Era il dibattito che vedeva fronteggiarsi duramente una diversa maniera di vedere l'arte in rapporto al sociale: impegno ed arte pura. Dove l'impegno veniva tutto rivendicato dai cascami del neo-realismo e dai burocrati del partito comunista e l'autonomia dell'arte dagli aderenti ai movimenti delle neo-avanguardie. Da una parte dunque gli artisti figurativi e dall'altra gli artisti astratti. Gli artisti astratti giustamente si sentivano invece molto più ancorati alle cose ed a una tradizione culturale internazionale e libertaria, qual'era la tradizione dell'astrattismo storico e di tutte le avanguardie dell'inizio del secolo. In questo senso allora la sperimentazione aveva il senso di marcare una profonda differenza: la cultura astratta ed informale come sintomo di un atteggiamento progressista e quella figurativa come segno di una eteronomia e di un ruolo subalterno dell'arte rispetto alla politica. D'altronde le condizioni storiche lasciavano sperare in un futuro migliore, in una possibilità di un suo controllo mediante l'idea di un'arte come progetto di modificazione della realtà. Per cui la tradizione delle avanguardie storiche era il giusto e libertario ancoraggio di una strategia creativa capace di agganciarsi ai fenomeni di trasformazione sociale. La tradizione figurativa invece ipotizzava un tipo di realtà statica e non in movimento, l'immagine diventava la reificazione di un mondo (troppo) chiaro a percepirsi e dunque facilmente riproducibile. Insomma la ripresa di certi linguaggi (astratti o figurativi) era sempre sintomatica di una precisa posizione politica ed ideologica. Ma ora? In una situazione di catastrofe generalizzata, non sembra possibile la ripresa di vecchie identificazioni (sperimentazione=progresso; figurazione=repressione e regresso), in quanto è entrata in crisi proprio l'idea di progresso, legata ad una cultura storicistica che ha attraversato abbondantemente anche le posizioni della sinistra, in particolare quella comunistaamendoliana. Quale fiducia nel futuro, visto che non esiste più un progetto o un modello di trasformazione sociale e visto che lo svolgimento della storia non è più perbenisticamente lineare? La rottura degli equilibri tettonici della storia è avvenuta senza preavvisi e ci ha trovato senza mezzi di soccorso adeguato e senza personale addestrato, in quanto è saltato anche il sistema delle previsioni. E se non ci sono previsioni e preavvisi, come è possibile rifugiarsi dietro l'alveo materno dello sperimentalismo? Il problema non è quello di combattere la storia all'arma bianca o con strumenti inadeguati o con armi improprie, bensl quello di allargare gli spazi della creazione, dilatando l'ottica di revisione della cultura e ribadendo la specificità operativa dell'arte. La transavanguardia è ora l'unica avanguardia possibile, in quanto permette di tenere il suo patrimonio storico dentro il ventaglio di scelte preventive dell'artista, accanto ad altre tradizioni culturali che ne possano vivificare il tessuto. Il discorso critico sul darwinismo linguistico delle avanguardie serve non a distruggere il loro glorioso passato, quanto invece a dimostrarne l'inadeguatezza nella presente condizione storica come metafora di resistenza ed impegno politico. li manierismo del 500 ha dimostrato in maniera esemplare che è possibile utilizzare eccletticamente la grande tradizione del Rinascimento, attraverso un suo uso laterale: la citazione della prospettiva rinascimentale. Un uso fròntale avrebbe avuto il significato di una nostalgia ed un desiderio di restaurazione antropocentrica in un momento storico che invece aveva messo in crisi la centralità della ragione, esaltata proprio dalla precisione geometrica della prospettiva. L'artista manierista invece ne fa un uso obliquo ed arrovellato, mediante una citazione che ne decentra il punto di vista privilegiato. L'ideologia del traditore presiede l'opera manierista, nell'arte e negli altri campi della creazione culturale e scientifica, è un 'ideologia che privilegia la lateralità e l'ambiguità. La· transavanguardia riprende questo tipo di sensibilità, attraverso la ripresa di modelli linguistici che vengono citati non nella loro purezza iniziale, ma attraverso una contaminazione che ne evita ogni tono celebrativo ed apologetico, che significherebbe sempre identificazione ed impossibile regressione. Questa ambiguità è la sostanza che sostiene anche l'opera della transavanguardia, che oscilla tra comico e tragico, tra «piacere e pena», tra l'erotismo della creazione e l'orizzontalità cumulativa della realtà. Il nichilismo è dunque la giusta posizione di partenza dell'artista, ma un nichilismo attivo che recupera Nietzsche senza disperatece1y1nob,ai1...,v zione. Il piacere dunque di rotolare dal centro verso la X, senza aggrapparsi ad impossibili ancoraggi, ma anzi scivolando su tutti i pendii della cultura mediante slittamenti capaci di aumentare il potere di contaminazione dell'opera. La transavanguardia italiana ed americana nelle sue differenze ha sviluppato una strategia che passa attraverso l'internazionalismo delle avanguardie storiche e delle neo-avanguardie e attraverso i territori di culture nazionali e regionali. Questo significa che l'artista attuale non intende perdersi dietro l'omologazione di un linguaggio uniforme. ma quanto rccupcrarc anche un.identità currispondente al «genius loci» che abita la sua particolare cultura. Ora l'identità non si misura con parametri esterni, ma con strumenti tutti interni al lavoro dell'arte. E se per gli artisti europei ed italiani tale identità affonda in un tessuto culturale che viene da molto lontano, con un passato familiare, per gli artisti americani il recupero passa attraverso un passato familiare (la tradizione delle neo-avanguardie) ed un altro più mitico e lontano che trova le proprie radici nella storia dell'arte europea. Ma tutto questo non è alienante, in quanto la specificità della citazione è proprio quella di permettere il recupero di modelli lontani senza alcuna identificazione. Sicuramente quello che unisce le varie esperienze creative è il superamento, attraverso un uso eclettico, delle manichee divisioni tra astratto e figurativo. Il figurativo non è il sintomo di uno sguardo superbamente frontale, che punta ottimisticamente sulla capacità di decodificare il mondo, quanto piuttosto sulla capacità di piegare l'immagine verso il figurabile, verso una potenzialità espressiva capace di scardinare la sicurezza figurativa in frammenti che rimandano alla manieristica attitudine di macinare tutto il passato. Rimasticare il passato ma senza gerarchie. Infatti gli artisti della transavanguardia lo fanno nell'ottica del presente, senza dimenticare di vivere in una società di massa, attraversata dalla produzione di immagini dei mass media. Questi artisti infatti contaminano frequentemente vari livelli della cultura, quello alto delle avanguardie storiche e di tutta la storia dell'arte, e quello basso derivante dalla cultura popolare proveniente anche dall'industria culturale. Questo tentativo nasce dall'urgenza di unificare i liwlli scollati ddla cultura. di portare a combu,tionc completa le saparatezze su cui hanno operato precedentemente gli artisti delle neoavanguardie che credevano di poter proseguire sulla linea di sperimentazione segnata dalle avanguardie storiche, garantite dal progressismo politico di queste. Ora che è saltata ogni garanzia, gli artisti della transavanguardia procedono individualmente attraverso tutti i territori della cultura, sfidando ogni senso della misura e dello stile. D'altronde un'ottica fenomenologica aveva presieduto il lavoro creativo delle precedenti generazioni, portandole al recupero di materiali quotidianj e banali, depurati dalla loro funzionalità e valore d'uso. Questa ottica fenomenologica viene accentuata dall'ultima generazione di artisti che la usano non più verso i materiali e le tecniche compositive, bensl verso l'inattualità della pittura e di tutti i suoi stili, quegli stili che precedentemente avevano costituito motivo di dibattito fra le avanguardie, in quanto sintomj di posizioni non soltanto culturali ma anche politiche. lf accentuazione dell'ottica fenomenologica è il portato di un processo di de-ideologizzazione facilmente riscontrabile in tutti i campi dell'attività culturale. Nell'arte tale ottica porta gli artisti a superare il terrore dell'inattualità degli strumenti espressivi, proprio perché è venuta meno la fiducia nel valore della sperimentazione. Ora la pittura riacquista il senso di una sperimentazione non astratta ed impersonale ma concreta ed individuale, misurabile dall'intensità del risultato. Tutti gli stili della pittura vengono così macinati nella pratica creativa che agisce fuori da ogni facile identificazione tra stile dell'opera e quello dell'artista. Come l'artista, nella sua esistenza quotidiana, vive una situazione all'incrocio di molte possibilità e potenzialità esistenziali, cosl l'opera, conseguenza del suo lavoro, si realizza mediante un intreccio di riprese e rimandi che frantumano la superba e purista unità di una visione d'insieme dell'arte e del mondo. In definitiva gli artisti della transavanguardia utilizzano un'ottica frammentaria e felicemente precaria, resa indifferente dal superamento di punti di vista privilegiati, che permette all'opera di acquistare un ventaglio di possibilità espressive, una ricchezza di motivi che la portano verso una complessità, questa sl, veramente sperimentale, nel senso che saggia un intreccio stilistico fatto di elementi astratti e figurali, fuori dalla djvisione degli stili. Cultura alta e cultura bassa trovano una saldatura tra loro, favorendo un rapporto di cordialità tra arte e pubblico, accentuando il carattere di seduzione dell'opera ed il riconoscimento della sua interna ed intensa qualità. Gli stili della pittura sono recuperati come una sorta di object trouvé, spaesati dai loro riferimenti semantici, da ogni rinvio metaforico. Essi sono macinati all'interno dell'elaborazione dell'opera che diventa il crogiuolo depurante la loro esemplarità. Per questo è possibile la ripresa di riferimenti inconciliabili tra loro e l'intreccio di diverse temperature culturali. Se non esistono parametri per dare un giudizio sul mondo, non esistono nemmeno ottiche privilegiate per poter scegliere tra avanguardia e tradizione. È possibile invece operare all'incrocio di questa antica antinomia, mediante un attraversamento incessante che riesca a cogliere entrambe le polarità dentro la morsa del fare. Fare significa muoversi fuori dalla domanda imperiosa dell'attualità, dentro un effettivo pareggiamento delle possibilità espressive. L'arte non ridisegna la propria storia, non diventa un'operazione di design nostalgico che proietta in avanti linee che hanno già prodotti i loro effetti formali, bensì macina innesti inediti e diverse dislocazioni dei linguaggi rispetto allo loro collocazione storica. Perch~ il design produce inevitabilmente losryling, un processo di reificazione di belle forme che rendono semplicemente l'arte più appetibile. La transavanguardia opera fuori da questa rete di protezione e dentro l'alveo precario dell'ecclettismo e della contaminazione che sfidano continuamente il senso della misura e l'univoca linea sperimentale delle avanguardie. L'opera è un segmento organico che macina nella sua calda temperatura tutte le scorie dell'arte, portandole nella costellazione di una forma dolce e temprata all'intemperie della storia. "I I

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