'O ~ §- V") ...., t: ~ -e, <l:!, B-,; Francis Pkabia Èlectrargol Sessantaquauro paia di scarpe! Due paia a ogni porta, un paio da donna e uno da uomo! Ero in un lungo corridoio, tappeti rossi e muri bianchi, dove mi aveva condorio il mio sogno ... Davanti all'ordine di quelle scarpe, che pareva immwabile, 11011 ho potuto resistere a un desiderio, le ho ammucchiate ruue alla rinfusa e le ho portate in una grande casa dove ogni sera ho potuto, come mi piaceva, scambiare fra loro le calzature davanti alle porte. Cosi davanti a una camera si parevano vedere quauro stiva/erri da uomo, più /011ta110due scarpe/le di vernice accanto a un paio di scarpe di satin, più avanti dei leggiadri coturni dorati accostati a dei pesanti stivali da caccia di cuoio fulvo e puzza/ente. La sera seguente avevo a disposizio11ealtre combinazioni, e così di seguito. La mauina passeggiavo sul balcone sul quale si affacciano tu/le le camere della casa e avevo la sorpresa di respirare meravigliosi profumi auraverso le persiane chiuse. Una sera mi venne l'idea di rimerrerescarpe e stiva/errinello stesso ordine in cui li avevo visti la prima volta nel corridoio dell'albergo; e 1101f1lli stupito, l'indomani, durante la mia mauurina passeggiata Sllf balcone, di percepire, fra rutti i sorriliprofumi e/re scaturivano dalle camere, ,111 dolciastro odore di cioccolata. li grato silenzio dei giorni precedellli era turbato da un coro di voci srizzase e/re litigavano senza fine su dei numeri ... /11preda a una forte irritazione an1111t1cchiai di nuovo le scarpe e mi affrettai a disfarmene gettandole in un fiume. Alcune affo11daro110coraggiosamente, altre galleggiarono come carogne di cani, altre a11corasi portarono vicino alle rive. Le prime e/rearrivarono al mare, i11filatein cima a una pertica, servono ora come pu1110di riferime11toa quale/repescatore. Somigliano agli uomini illustri dei mo11ume111piubblici. Auua/mente esis10110al mondo sessa11taqua11roindividui che cammi11a110scalzi, che 1101p1otranno più calzare scarpe e stiva/erri; ogni tanto ne incontro qualcu110,loro mi guardano con 11110 luce di amore i11 fondo agli occhi, ma anche con 1111 velo di rimprovero, come se mi dicessero: perché lrai buuato in fiume la felicità dopo avercela farro conoscere, senza più curarti di noi? li fatto curioso di questa breve storia è che l'Ira sognata in un bordello dove abito con mia moglie e dove 1101h1o mai visto nessun paio di scarpe davanti a una porta. Da Litérature, Paris, Febbraio I 923 Giorgio De Chirico lnutifme111eforracon l'uomo dagli occlri loschi e dolcissimi. Ogni volta e/re lo afferro egli si svincola allo11ta11a11do lceme111ele braccia e queste braccia hanno una forza inaudita, una potenza incalcolabile; sono come leve irresistibili, come quelle macchine 01111ipote11q1ui,elle gru gigamesche che solleva110sul formicolio dei cantieri blocchi di fortezze ffurrua111cion torre/le tozze come mammelle di mammiferi antidiluviani. lnutilmellfe forracon l'uomo dallo sguardo dolcissimo e losco; da ogni abbraccio, per furioso che sia, egli si libera con dolcezza sorridendo e scostando appena le braccia... È mio padre che mi appariva così in sogno e perciò quando lo guardo non è affatto come lo vedevo da vivo, al tempo della mia infanzia. E rurravia è lui; egli Ira qualcosa di più remoto in llltta l'espressione del viso, qualcosa e/reesisteva forse quando lo vedevo da vivo e che ora, dopo più di vent'anni, mi appare in turrala sua forza quando lo rivedo in sogno. La forrasi conclude con la mia resa; rinuncio, poi le immagini si confo11do110;il fiume (il Po o il Peneo) che durante la fotta io 1 prese111ivoscorrere pressa di me si offusca, le immagini si confondo110come se nuvole tempestose fossero discese a fior di terra; c'è stato lun intermezzo durante il quale forse io sogno ancora, ma non mi rammento di niente, se 1101d1i angustianti ricerclrenelle strade buie, quando il sogno di nuovo si dirada. Mi trovo su una piazza di una grande bellezza metafisica;·è piazza Cavour a Firenze, forse; o forse anche una di quelle bellissime piazze di Torino, o forse né l'una né l'altra; su un lato si vedono portici sormontati da abitazioni con le imposte chiuse, dei balconi solenni. All'orizzo111esi vedono colline e ville; sulla piazza il cielo è chiarissimo, lavato dal temporale, eppure si sente che il sole è al rramo1110 perché le ombre delle case e dei rarissimi passanti si disegnano lunghissime sulla piazza. Guardo verso le colline dove si accalcano le ultime nubi del temporale che fugge; le ville del posto sono rurre bianche ed hanno qualcosa di solenne e di sepolcrale viste contro il sipario nerissimo del cielo. lmprovvisamellfe mi trovo sorra i portici, mescolato a un gruppo di persone che si accalca110alla porta di una pasticceria dai ripiani colmi di dolci multicolori; la folla fa ressa e guarda dentro come succede alla porta di una farmacia quando vi è portato un passante feritosi per strada: ma ecco e/re guardando anch'io vedo di schiena mio padre che, in piedi, in mezzo alla pasticceria, mangia un dolce; però non so se è per lui che la folla si accalca; mi assale una certa angoscia e sento l'impulso di fuggire verso l'ovest, in un paese più ospitale e nuovo, e contemporaneamente cerco sorrail vestito un pugnale, o una daga, perché mi sembra che in questa pasticceria mio padre sia in pericolo e semo che se io emrerò la daga o il pugnale mi saranno indispensabili come quando si entra in un covo di banditi, ma la mia angoscia aumenta e improva visamenre la folla mi si stringe addosso come un vortice e mi trascina verso le colline; ho l'impressione e/re mio padre non sia più nella pasticceria,che fllgga, e/re lo si insegua come un ladro, e mi sveglio nell'angoscia di questo pensiero. Da La Révolution Surréalistc 11. /, Paris, dicembre IY24 André Breton I La prima parte di questo sogno è dedicata alla realizzazione e alla presentazione di un vestito. li volto della donna cui è destinato deve svolgervi il ruolo di un semplice morivo ornamentale, del valore di quei motivi che costituiscono il disegno di un'inferriata di balcone o di un cachemire. Gli elemellfi del volto (occhi, capelli, orecchie, naso, bocca e le diverse ruglre) sono tracciati molto finemente da linee di colori leggeri: si pensi a certe masclrere della Nuova Guinea, anclrese questo è di una foggia molto meno barbara. La somiglianza umana della fisionomia è però pregiudicata e la ripetizione a varie riprese sul vestito, parricolarme111enel cappello, di questo elemento puramente decorativo vieta di considerar/o da solo, ma obbliga a considerarlo alla stregua di un insieme di vene in un marmo u11iformeme111evenato. La forma del vestito è tale da 1101l1asciar sussistere la si/lrouette umana. È, ad esempio, un triangolo equilatero. Mi perdo nella sua contemplazione. (.. .) Sto risalendo, a Pantin, la route d'Aubervilliers verso il Municipio, allorclré, davanti a una casa dove Ira abitato, raggiungo un funerale e/re, con mia grande sorpresa, va in direzione opposta a quella del Cimitero parigino. Mi trovo ben presto all'altezza del carro funebre. Sul feretro sta seduto un uomo di una certa età, estremamente pallido, vestito a lurroe con un cappello a cilindro, che non può essere che il morto. Si gira alternativamente a sinistra e a destra, salutando i passanti. Il correo funebre entra nella fabbrica di fiammiferi. II Arrivo a Parigi e scendo le scale di una stazione piuttosto simile alla Gare de l'Est. Sento il bisogno di orinare e mi accingo ad arrraversarela piazza, dall'altro lato della quale so di parermi soddisfare quando, a qualche passo da me e sullo stesso marciapiede, scopro un orinatoio di piccole dimensioni, di un modello nuovo e molto elegante. L'Ira appena raggiunto quando constato la mobilità di questo orinatoio e prendo coscienza, dato che non sono solo, degli inconvenienti di una tale mobilità. Doporurro è un veicolo come un altro e decido di restare sulla piarraforma. Dalla mia postazione assisto alle evoluzioni inquietanti, non lontano da noi, di un secondo «orinatoio volante» simile al nostro. Non riuscendo ad attrarre l'arrenzione dei miei compagni di viaggio sul suo percorso disordinato e sul pericolo che esso costituisce per i pedoni, scendo giù dal veicolo in movimento e riesco a persuadere l'imprudente conducente ad abbandonare il sedile e a seguirmi. È un uomo di non ancora trent'anni che, interrogato, si mostra più che evasivo. Si spaccia per medico militare e possiede una patente di guida. Ignaro della città nella quale ci troviamo, dichiara di arrivare «dalla macchia» senza essere in grado di precisare altrimenti. Già che è medico, provo a convincerlo che può essere malato ma egli mi enumera i sintomi di un gran numero di malattie, cominciando dalle diverse febbri: sintomi che egli non presenta, che sono del resto dell'ordine clinico più elementare. Termina la sua esposizione con queste parole: «Tutt'al più forse sono paralitico generale». L'esame dei suoi riflessi, che pratico n per n, non è concludente (rotuleo normale, aclrilleo detto tendinoso nel sogno, debole). Dimenticavo di dire e/reci siamo fermati sulla soglia di una casa bianca e che ilmio interlocutore sale e scende ad ogni istante la piccola scalinata esterna del primo piano. Proseguendo il mio interrogatorio, mi sforzo inutilmente di conoscere come passa il suo tempo «nella macchia». Durante una nuova salita della scala, finisce per ricordarsi e/re laggiù ha farro una collezione. Insisto per sapere quale. « Una collezione di cinque gamberetti». Ridiscende. « Le confesso, caro amico, che ho moira fame» e, dicendo ciò, apre una valigia di vimini cui non avevo ancora badato. Ne approfitta per farmi ammirare la sua collezione che è cosriwira da ben cinque gamberetti, di svariare dimensioni e apparememente fossili (il guscio, indurito, è vuoto e completamente rraspareme). Ma numerosi crostacei ùuarriscivolano a terra quando egli solleva il compartimento superiore della valigia. E, dato che io mi stupisco «No, 1101c1e ne sono che cinque: quelli». Dal fondo della valigia estrae ancora un lombo di coniglio arrosto e senz'altro aiuto che quello delle mani, si mette amangiare grattando con le unghie da ambedue le parti della colonna vertebra/e. La carne è distribuita in lunghi filamemi come quella di cerri pesci e sembra essere di consisre11zapastosa. Tollero a fatica questo spettacolo stomfJchevole. Dopo un silenzio abbastanza lungo il mio compagno mi dice: « Riconoscerete sempre i criminali dai loro gioielli e11ormi.Ricordatevi be11eche non c'è marre: 1101c1i sono che sensi rivo/tabili». Da La Révolution Surréaliste 11. /, Paris, dicembre IY24 Miche( Leiris Il paese dei miei sogni Sto i11 piedi sugli scalini che portano alleprospetti vedei vuoto, con le mani appoggiate su di una lama d'acciaio. Il mio corpo è attraversato da un fascio di linee invisibili che co11giu11gono g11ipuma di intersezione degli spigoli dell'edificio col cemro del sole. Passeggio senza ferite i11 mezzo a turtiquei fili e/remi trafiggono ed ogni luogo dello spazio mi spira u11'a11imanuova. Poiché il mio spirito 11011 accompagna il mio corpo 11ellesue rivoluzioni, la mia carne, macchina che arri11ge11ergiamotrice dal filo resolu11goil suo percorso, si a11imaal contatto delle linee di prospettiva. S0110linee che, passa11do, abbevera110le loro cellule più segrete all'aria del monumento: a11imafissa della struttura, riflesso della curvatura delle volte, della disposizione delle vasche e dei muri che si intersecano ad angolo rerto. Se traccerò attomo a me u11cerchio con la puma della spada, i fili e/re mi alimemano saranno recisi e non porrò uscire dal carcere circolare, perché mi sarò per sempre separato dal mio nutrimento spaziale e confinato in una piccola co/01111adi spirito immutevo/e, più angusta delle cisteme del palazzo. La pietra e l'acciaio sono i due poli della mia prigionia, i vasi comunicami della schiavitù: 1101p1osso fuggire l'una che rinchiudendomi nell'altra -sino al giorno in cui la mia lama abbatterà le muraglie, con grandi colpi di scintille. Dissipato lo spigolo, la mia decisione fu sospesa con un colpo di forbici. Mi trovai su un terreno arato, col sole sulla destra e alla sinistra il disco scuro di un volo di avvoltoi che filavano paralleli ai solchi, col becco costretto in direzione dei crepacci dal magnetismo del sole. Alcune stelle si spostavano in ogni cellula de/l'atmosfera. Gli artigli degli uccelli ragliavano l'aria come un vetro lasciandosi dietro scie inca11descemi.Le palme delle mie mani, forate da quelle lance di fuoco, mi facevano sempre più male e talvolta uno degli avvoltoi scivolava lungo un raggio, con la luce stretta negli artigli. La sua discesa rettilinea lo conduceva alla mia mano destra che esso straziava col becco prima di risalire a raggiungere lo stormo che si avvicinava vertiginosamente all'oriu.onte. Mi accorsi ben presto di essere immobile, con la terra che mi girava sorto i piedi e co11gli uccelli che davano grandi colpi d'ala per mantenersi alla mia alreu.a. Sfondavo gli oriu.onti come specchi in successione, con ciascun piede posato in un solco che mi serviva da rotaia e con lo sguardo fisso sulla scia degli avvoltoi. Ma fi11a/memeessi mi sorpassarono. Gonfiando tutte le cavità del loro essere per farsi più leggeri, si confusero col sole. La terra si fermò bruscamente e caddi in u11profondo pou.o riempito di ossa, un amico forno a calce irto di stalagmiti: dissoluzione rapida e pietrificazione dei re. Laggiù lontano, sotto di me, si estende una pianura imeramenre
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