Alfabeta - anno III - n. 29 - ottobre 1981

Il Dall'Italia si erano introdotti '' nell'ambiente Dada parigino i poeti Ungaretti e Savinio e il pittore Prampolini, senza tuttavia riuscire a costruire nella patria dei futuristi e di De Chirico un movimento Dada indipendente; evidentemente il futurismo e il Dada erano troppo vicini sia nel tempo che nello spirito». Così Hans Richter ricorda i primi contatti tra artisti italiani e dadaisti. Ma se è vero che «li Dadaismo non era una necessità nella patria del futurismo», è vero altresl che esiste un aspetto della cultura italiana, ancora da esplorare, costituito da una sia pure limitata e marginale rete di rapporti tra Dada e l'Italia appunto, riscontrabile tra il 1916 e il 1921 nell'attività di alcuni esigui gruppi che si radunano attorno a riviste e rivistine. La storia di queste esperienze si situa in un'area di mezzo compresa tra le tentazioni avanguardistiche, il cui campo peraltro è già ampiamente occupato e bruciato dal verbo marinettiano, ed una esigenza di rinnovamento che tuttavia in più di un caso fornirà il terreno di coltura per un successivo rappel à l'ordre, giacchè per molti di questi artisti che vissero l'esperienza dell'avanguardia il passato seguente sarebbe stato un ripensamento all'ombra della tradizione. li panorama delle riviste italiane che oscillano tra dadaismo e generica avanguardia, dislocato in diverse città, risulta nel suo insieme l'espressione di uno spirito modernista che per lo più vuole sfuggire all'ufficialità futurista, anche se molto spesso tali pubblicazioni saranno in effetti animate anche da futuristi: si va dalle riviste attraversate da inquietudini di rinnovamento che ospitano testi di Tzara o notizie sul Dada («Crociere barbare•), «La Diana» e «Le Pagine• di Napoli, «La fonte» di Catania, «La Brigata• di Bologna, cHumanitas• di Bari) a quelle più decisamente d'avanguardia («Avan- - J. Evola in Arte astratta, Collection Dada, Roma-Zurigo, 1920 (cartolina) Rome, 3, 1, 1917 Monsieur Tristan Tzara Fraumunsterstrasse 21 Centrallhof Zurich 1 Svizzera Halianini Dadà scoperta» di Roma, che annuncia e non pubblica un testo di Tzara, «Procellaria» che a Mantova anticipa l'esperienza integralmente dadaista di «Bleu», «Poesia», seconda serie, di Milano, la futur-dadaista «Noi», prima serie e «Cronache d'attualità•, entrambe romane), fino a giungere a fogli estranei a una vera e propria ricerca d'avanguardia, che tuttavia pubblicano qualche scritto di Tzara , il cui nome in certi ambienti comincia evidentemente a circolare suscitando una forte attenzione («Arte nostra» di Ferrara e «Cronache letterarie» di Roma). In proposito lo stesso Tzara cosi descriveva il fenomeno della sua nascente popolarità in Italia: «Une autre partie de mes poèmes parurent dans ces revues italiennes (Cronache Letterarie, Le Pagine, Crociere Barbare, Procellaria, Noi). J'étais en correspondence avec Alberi Savinio qui vivait à ce moment avec son frère G. de Chirico à Ferrare. Par lui mon adresse se répandit en Italie comme une maladie contagieuse. Je fus bombardé de lettres de toutes le contrées d'Italie ...•. Tuttavia l'iter di queste esperienze può essere riassunto esemplarmente nella storia e nell'atteggiamento culturale tenuto dalle tre testate più importanti tra quelle sin qui citate: «Le Pagine» (Napoli, 1916-1917) i cui collaboratori Maria D'Arezzo, Nicola Moscardelli e Francesco Meriano figurano nelle pubbli9zioni dadaiste ufficiali, «Noi• (R'oma,., prima serie, 1917-20), che attraverso la figura di Prampolini, direttore con Bino Sanminiatelli, rappresenta un tentativo di fusione in un'unica idea d'avanguardia internazionale di futuristi e dadaisti (accanto a Buzzi, Volt, ed ai già citati D'Arezzo, Meriano e Moscardelli, compaiono Evola, Archipenko, Arp, Tzara, Birot, Cendrars, Reverdy, JanA cura di Claudia Salaris co, ecc.) e «Bleu» (Mantova, 1920-21) che costituisce il primo, unico, vero e proprio gruppo dadaista in Italia, dove con i Fiozzi, Cantarelli, Gigli, Evola, ecc., compare tutto l'empireo del club Dada. Quanto agli antecedenti dello spirito di Dada in Italia, è facile il richiamo al nome di Palazzeschi (il primo ad avanzare una simile ipotesi fu proprio il Flora), sia per la poetica del «Lasciatemi divertire» che sembra in effetti avere in nuce «L'idiot partout• di Tzara, sia per le tematiche del «Controdolore» che recano visibilmente il segno della pura negatività dadaista; ma tale anticipazione è ravvisabile perfino nelle prime prove poetiche di Palazzeschi, laddove i versi divengono sberleffo divertito e nonsense (vedi la brevissima poesia Reré, pappagallo: • Reré mio Reré!/Più bello chi è?/Reré mio Reré»). Sul versante opposto, quello delle partecipazioni degli italiani alle pubblicazioni dadaiste, oltre alla presenza di Marinetti e Cangiullo al «Cabaret Voltaire», che rientra nel consueto rapporto di scambio tra movimenti d'avanguardia, va rilevata la presenza tra i «Presidenti Dada» di Meriano, D'Arezzo, Evola e Cantarelli, nonché la loro partecipazione a riviste Dada insieme a Savinio, De Chirico, Prampolini, Sanminiatelli, Raimondi e Sbarbaro (quest'ultimo è presente con un componimento dal colorismo esplicitamente futurista). Appare evidente come quasi tutti quésti autori, che (alt eccezione di Meriano e più1ardi di Cantarelli) preferirono non aderire al movimento marinettiano, non disdegnando tuttavia di partecipare a riviste come «Lacerba», siano comunque stati notevolmente influenzati proprio dal futurismo e in particolare dalla disgregazione del linguaggio operata in ambito parolibero. Se Meriano infatti reca tra le moltep1ici influenze (simbolismo francese, echi da Campana) la traccia della sua esperienza futurista, pervenendo a forme di collage verbale, la D'Arezzo invece sembra risentire di certi aspetti del liberty intimista, mentre Cantarelli si muove in un'area che è ancora quella tipica delle parole in libertà. li più decisamente dadaista, quanto a premesse teoriche ed esiti creativi, è invece Evola che giunge a concepire un'arte astratta intesa sostanzialmente come atto di «libertà» e di «egoismo», espressione fredda di uno stato di estraneità, che, prefiggendosi di rigenerare il linguaggio poetico attraverso un'alchimia verbale di astrazioni ed allucinazioni, agglomerati di fonemi e treni di vocali (in sintonia perciò con le teorie del cubofuturista Krutenych, secondo il quale la vocale costituisce la radice universale della lingua), mira cosi ad esprimere l'ineffabile, o forse il Nulla inteso come lirico naufragio, nirvana. Di diversa matrice è Moscardelli, poeta simbolista e liberty; caratterizzato da una vena elegiaco-intimista con forzature in senso espressionista, si propone (come scrive egli stesso in una lettera a Tzara del 16 gennaio 1917, inedita) una poesia che utilizzi le «immagini di cose le più comuni, le più umili della vita di tutti i giorni», rimproverando ai poeti del passato di non aver saputo cogliere l'essenza della poesia che invece si trova «quaggiù, con noi, tra tutte le cose» appunto. Palazzeschiano per certi atteggiamenti irriverenti, già nelìl5 con un singolare sonetto composto di soli numeri viene a porsi a metà strada di un ideale percorso che da Canto nollumo di Morgenstern arriva al Poema cancellato di Man Ray, in una linea dunque di totale abolizione del significato. In una sorta di crocevia letterario, per influenze, contatti, emblematiche di questo clima culturale. Anche Filippo De Pisis si inserisce in questa ventata di Dada in Italia, comparendo come poeta su «Le Pagine» e realizzando già nei '16 alcune pitture-<:ollages, poco note ma di straordinario interesse. Quello che è stato chiamato «l'equivoco di un dadaismo italiano» va forse attribuito, salvo qualche eccezione, al carattere intimista, tutt'altro che movimentista, della maggior parte dei personaggi che vi presero parte; questi molto probabilmente intravedevano nel club Dada una sorta di cenacolo letterario, lontano dai tumulti marinettiani, troppo pieni di dilettantismo e d'improvvisazione. Ecco perchè, passata la sbornia avanguardista, molti scrittori dada italiani si trovarono sul versante opposto ad occupare posti chiave nella ronda e nello strapaese. Comunque una spora dadaista resterà ancora viva, ma questa volta in ambito del tutto futurista, trovando sbocco, tra l'altro, in certi aspetti del lavoro di un Pannaggi e di un Paladini. Bibliografia essenziale Enrico Crispolti, Dada a Roma, in «Palatino», a.X, n. 3-4, 1966; a. Xl, n. l, 2, 3, 4, 1967. Hans Richter, Dada, Milano, Mazzotta, 1966. Reprint Dada svizzero e Dada italiano, a cura di A. Schwarz, Milano, Mazzotta, 1970. G. Viazzi-V. Scheiwiller, Poeti futuristi dadaisti e modernisti in Italia, Mi- _1,no, A,!l'insegna del pe~ce d'oro, 1974 (che contiene: Meriano, Walkl Cantarelli, Costellazione/ Raimondi, Sopra w1 quadro cubista/ Sanminiatelli, Concime/ D'Arezzo, Strade/ Sbarbaro, Morar/ Gigli, Eternità). Arturo Schwarz, Almanacco Dada, Milano, Feltrinelli, 1976 (che contiene le sopra citate Wa/k, Costellazione, Concime, ed inoltre Piume di Moscardelli). Strade

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==