Cfr. Cardinale di Retz Memorie Prefazione di Giovanni Macchia Milano, Bompiani («Nuovo Portico»), 1981 Il Cardinale di Retz (Jean François Paul de Gondi) fu un uomo straordinario, e tali sono le sue Memorie, per cui benissimo ha fatto la Bompiani a ristampare un'opera edita la prima volta nei «Grandi ritorni» nel 1946. Privo delle virtù del prelato, egli mette stranamente insieme una grande ambizione politica e il distacco del vero saggio, passione e freddezza intellettuale, genialità dell'azione e sfortuna. Nelle Memorie egli illumina della sua intelligenza sfolgorante le miserie dei suoi simili, gli aspetti comici della vita, meritandosi di appartenere alla serie dei massimi saggisti francesi con Pascal e Saint-Simon; benché la sua vita sia una continua avventura nel periodo infuocato della Fronda, prima del grande ordine fatto da Luigi XIV, Gondi è un raffinato stilista e un inimitabile ritrattista, dal ritratto di La Rochefoucauld a quello della signorina di Chevreuse, o di Turenne; per esempio, della signorina di Chevreuse scriverà: «Ella aveva intelligenza soltanto per colui che amava; ma siccome i suoi amori duravano sempre poco, nessuno poté attribuirle intelligenza per molto tempo». La chiarezza della visione politica fa apparire cinismo quella che invece è la netta coscienza del reale: Parigi si trasforma, come del resto l'intera Francia, nel palcoscenico su cui Gondi fa muoversi Mazarino, grande nemico, il duca d'Orléans, i membri del Parlamento e tutti gli sciocchi, a proposito dei quali scriverà ché nulla convince le persone di poca intelligenza meglio di quello che non capiscono. Ottima la prefazione di Macchia dal titolo li criminale sublùne, che allude all'ideale di cospiratore impenitente, di plutarchiano tirannicida che incanta il cardinale di Retz come sempre incanta il proprio destino. Un libro queste Memorie, di cui è difficile, se lo si conosce, fare a meno. Maria Coni Filum Deus cece! miniftrat. Mi/I, 'lli,uhli ~ Lt'Jrimw f,,,J,J111, &;1111., /llfrtll, ftl,,ut me !Dati. <80ttgtfitblufiAanga0st6anl,. m.~Jtrqf,lffllttcrOl!Ja,4cilt/ ~18fUOai\j40ca~-crbcti""6tfa1ir. Giorgio Battistelli Experimentùm mundi Opera di musica immaginifica Teatro di Porta Romana 6-8 luglio '81 , Milano «C'era una volta un mago ...» Sotto la direzione di Giorgio Battistelli, un folto gruppo di «maestri» artigiani (bottai, muratori, falegnami, fabbri, scalpellini, arrotini, pasticceri, selciaroli) ha raccontato una favola. Preceduto da un gruppo di Madri che sembrano avergli ceduto tutto il potere evocativo delle loro voci (che nel «coro» saranno infatti un rumore fra gli altri) il mago (Gislen Mauyod, la voce recitante) emerge dagli inferi per creare un mondo. Il mago e l'artista, la parola ed il gesto, la voce recitante e il direttore di orchestra si rispecchiano a distanza, due volti di uno stesso potere che risveglia, l'una dopo l'altra, le figure di uno spazio scenico che si dilata, vibrando dei rumori delle antiche arti. Opera di musica immaginifica: mi sembra la definizione piu adeguata di un evento teatrale che cattura il pubblico soprattutto attraverso lo sguardo, creando una dinamica dell'apparire che sfrutta il ritmo dei suoni e dei rumori per «indicare» ora questo ora quel particolare di movimento. Musica di immagine piu che musica di immagini, come si intuisce quando i rumori crescono, accelerano e si impastano, per poi smettere bruscamente, lasciando in piena luce il «quadro»: un paesaggio meccanico settecentesco, presepe meccanico fatto di tanti piccoli automi che riproducono la gestualità del lavoro umano. Il mago-artista ha creato una macchina, la «sua» macchina, un mondo che si alimenta del suo delirio narcisistico, del piacere del suo gioco. Alla fine anche la voce dell'alter ego tace, il mago - simulacro dell'artista - si affloscia, affidando al demiurgo il suo lungo cappello, trionfale simbolo fallico della creatività. Positiva la reazione del pubblico, che ha lungamente applaudito; meno entusiastici alcuni commenti, che hanno sottolineato aspetti non nuovissimi dell'operazione e ne hanno criticato una certa «megalomania». Per quanto riguarda quest'ultimo punto si può essere o meno d'accordo, resta in ogni caso una grande invidia per chi ha saputo giocare col proprio desiderio di grandezza. Per quanto riguarda il primo, mi pare che Battistelli, grazie anche all'accorta regia di Lorenro VitaIone, sia riuscito ad evitare i rischi del «rétro»: le immagini degli uomini della macchina sono antiche ma vengono giocate in un dispositivo da simulazione elettronica. Cocktail Alfabeta Milano, 22 giugno 1981 Per una settimana, dal 22 al 29 giugno, l'Arei Lonil'fardia ha organizzato un ciclo di presentazione di riviste, «La Rivisteria». Ne hanno parlato abbastanza i giornali; erano presenti circa quattrocento testate, tra maggiori e minori, e molte hanno cercato di essere piu che presenti, si sono presentate. La via di presentazione piu seguita è stato il dibattito, cioè la ricerca di un consenso che si effettuasse attraverso il dialogo. Alfabeto ha scelto la via inversa: ha posto il consenso come condizione preliminare del dibattito. E per far questo, ha offerto un cocktail (il che creava un accordo di base, e in definitiva vanificava la necessità stessa di dibattere). Per cui, alle sette di sera di lunedl 22, vicino a piazza Duomo, all'aperto, il barman Carlo Bozwni ha offerto il cocktail «Alfabeta», e la cosa ha avuto molto seguito, ha cioè creato un notevole consenso. Non si è trattato soltanto di una astuzia banale, né tantomeno di un giudizio sulla inutilità dei dibattiti. C'era la volontà di fare una presentazione gradevole e ad effetto e insieme il desiderio di rivelare una grande metafora; quella per cui «Alfabeta», come giornale, è qualcosa che si fa con un mixer, di persone e di idee, non diversamente che «Alfabeta» come cocktail. Non è certo che la metafora sia stata capita, ma intanto il cocktail è piaciuto, i numerosi e casuali intervenuti non si sono lamentati, la rivista ne ha ricavato una certa pubblicità, il che vuol dire fama, soldi, eccetera. m.f Paolo Valesio Prose in poesia Milano, Società di Poesia; 1979 pp. 93, lire 4000 Sono ormai due anni che la «Società di poesia» ha cominciato la sua attività e i risultati non sono mancati. Basterebbe ricordare i testi di Conte e di Cagnone, di Zeichen e di Marica Larocchi, di Kemeny e di Santagostini, tra i piu recenti e quelli di Cosimo Onesta e di Viviane Lamarque che hanno ottenuto anche riconoscimenti ufficiali, che valgono, certamente, quel che valgono ma che sono senza dubbio preferibili all'indifferenza e all'oblio: servono comunque alla «scuderia», se mi è permessa questa metafora un poco irriverente. Quindi: evviva! direbbe, come suole, il giovanissimo Cesare Zavattini ... Mi par certo che due anni di proposte meritino ben piu che una nota che vuole solo funzionare da promemoria, ma uno scorcio di consuntivo desidero farlo subito, del tutto personale ma insieme in qualche misura obbiettivo, proprio perché sono passati due anni e si tratta di un periodo di tempo sufficiente per lasciare depositare i testi e ripensarci. Ecco, il mio consuntivo mette in primo piano il libro di Paolo Valesio intitolato Prose in poesia per due ragioni: perché si tratta di una novità assoluta (gli altri poeti erano in qualche misura già noti) e perché questa novità si è rivelata un'apertura a un modo piu nuovo di fare poesia. Par- •Ìendo dall'idea poundiana di trascrivere l'universo, poetico e storico, culturale e politico, quasi senza esclusioni, Valesio coerentemente propone l'idea di poemetto in termini di attraversamento di tutta l'esperienza possibile. Quindi la prosa, come suggerisce il titolo, entra nella poesia senza che la poesia perda incandescenza, perché il calore le viene dal progetto, dalla stessa utopia di contatto con tutto l'umano. Molto lavoro può essere tentato a partire da questo punto: «I turisti americani sono i piu belli» che felicemente introduce una poesia su Venezia che cosi finisce: «e leggimi bene dentro la volgarità della vita, che rassicura». Dunque: la volgarità della vita e una grande sapienza sintattica, linguistica e filosofica. Questa si che è una buona ricetta! Prose in poesia è un libro coraggioso e intrigante e sta producendo buoni frutti per tutti (il campo della poesia non è un hortus conci usus, è piuttosto una grande, quasi infinita foresta, popolata d'uomini e di animali, d'erbe e di serpenti ...). Antonio Porta Kostas Axelos Orizzonti del mondo postfazione e cura di Franca D'Agostini Milano, La Salamandra, 1980 pp. 122, lire 7.000 Kostas Axelos è un filosofo poco noto in Italia, ma che ha inciso profondamente sulla cultura francese, costituendo un tramite di non secondaria importanza tra l'heideggerismo francofono (quello di Derrida, Blanchot, Beaufret), e gli esiti tedeschi della riflessione heideggeriana. I motivi della scarsa presenza di Axelos nel dibattito filosofico italiano vanno probabilmente ricercati nell'oggetto della sua indagine, la ricerca di un pensiero «totale», che abbraccia tutti gli «orizzonti del mondo», tutte le prospettive (scientifiche, antropologiche, pragmatiche, filosofiche), di cui si compongono l'esperienza e il pensiero. Rivistadi fumettie d'altro AnnoXVII - n. 8 (197) agosto1981 lire 1500 Indagine propriamente filosofica, ma poco omogenea con il dibattito filosofico recente, che almeno nel no- 1-----------------1 stro Paese si è indirizzato verso teorie parziali, settoriali, che descrivano l'articolarsi dei giochi linguistici, e non la totalità dei giochi stessi. Axelos, però, non trascura questa eventualità ma (attraverso Hegel, Nietzsche, Heidegger, Marx e Freud) la assume criticamente, e ripropone una immagine d_elpensiero filosofico come orizzonte globale dei singoli giochi di linguaggio, potere e sapere che costituiscono la trama della nostra esperienza. Scelta problematica, ma non ovvia né infondata, soprattutto se si tiene conto- come scrive la D'Agostini nella sua postfazione - che «ciò che Axelos descrive è ... un sapere già postmetafisico, che continua ad avere come proprio oggetto la storia della metafisica: il pensiero del gioco è infatti solo metodo». Dunque, non un sapere sostanziale, speculativo e arcaico, ma uno schema formale, una modellizzazione a priori dçll'esperienza concreta dei sjngoli giP.,chilinguistici. Polyphonix 3 Parigi, giugno 1981 m.f Il festival internazionale di poesia diretta che organizza ogni anno, in giugno, Jean-Jacques Lebel, s'è svolto quest'anno a Parigi, ali' American Center e al Centro Pompidou. Più di sessanta partecipanti provenienti da I 8 paesi, hanno preso parte a questa festa, unica nel suo genere, durata dieci notti. Polyphonix è uno spazio di ricerca, di confronto e a volte di miscuglio di forme artistiche le più diverse: letteratura scritta e orale, poesia sonora, jazz e altre musiche, azioni e performances, cinema, videotape, ecc. Quest'anno è stato proiettato un film inedito di Taylor Mead (con A. Warhol e Viva), e alcune riprese video di W. Vostell, Nam June Paik e Raphael Sorin. Si è assistito a interventi superbi della olandese Lydia Schouten, la scozzese Fiona Templeton, la giapponese Marni Oyama. L'Arei doveva assicurare le spese di trasporto di sei poeti italiani, ma non è stato-possibile e solo Valeria Magli, che presentava azioni danzate su un poema di Nanni Balestrini e Corrado Costa, hanno potuto parteciparvi, riscontrando un caloroso successo. J.P. Faye, M. Roche, T. Ben Jalloun (Marocco), G. Luca, V. Cruz (PortoRico) K. Culafrova, Kocan, T. Salomon (Yugoslavia) hanno affidato i loro testi alle loro sole voci. B. Gysin, F. Dufrene, B. Heidsieck, John Giorno e decine d'altri hanno inventato una propria lingua. Eberhard Blum esegui una superba versione della 1/r.,wwte di K. Schwittcrs. I jazznwn Steve Lacy e Texture hanno dato all'insieme una dimensione rituale. Questo festival senza frontiere, divenuto il rendez-vous annuale .della cultura a venire, ha chiuso con un magnifico canto sciamanico di Jerome Rothenberg. v.b. Sf~i M&P;-1EAA l.' Ali.ftt>: I COCAIM<>HNJI AL A:111:Rf. IN l50UVIA 11' LE "TE~ZION\ PI FWJ~ ,t NEWWIW,E.Urow,t" i 5ADO-MAA9:N:>E~ VOAJ< ~ FUMElEflRIMEtTI,' L.'UL,-U1A fU~ DI MNX6RòX I D piccolo Hans N" 30 aprile-giugno 1981 Aldo Gargani Epistemologia e scena primitiva Remo Bodei I livelli della credenza Mario Spinella li notes magico di Marce! Enrico Ghezzi I milleuno notes Tibor Rajka La nevrosi ossessiva nell'infanzia NOTES MAGICO Emilio Tadini Diario di lavoro Vincenzo Bonazza Lo scoiattolo e l'ermellino Carlo Cristiano Delfomo L'inferiore Fabrizio Chiesura Quattro racconti brevi Maria Luisa Cravetto Dire e canto in Francesco d'Assisi Ermanno Krumm La fotografia piatta come ultima allegoria MINUTE Italo Viola Giochi, amici, una rivista Guido Lucchini Francesco Orlando tra letteratura e psicoanalisi Lamberto Cantoni Lettura di Jakobson RUBRICA Direttore Sergio Finzi. Un fascicolo L. 4000. Abbonamento L. 14.000. Edizioni Dedalo, Bari. mensi·le di cinema teatro musica ogni fine mese in edicola ,_ __ La--UJ'.L141IIIISIATIAmA_11CA_ '. •= •-11UAUIIUII a_, snaw. ..., .....
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