Alfabeta - anno II - n. 14 - giugno 1980

e destrutturante nei confronti dell'arte della tradizione, è la stessa non-arte che oggi può venire messa in seria discussione fino a vederla come mera espressione dell'«ideologia», come «coscienza falsa e frammentaria dei rapporti sociali» (M. Damus, L'arte del neocapitalismo, p. 224). E questo perché si riconosce che la non-arte da un lato fa già parte dell'industria culturale (come merce) e del divertimento (come prodotto di evasione) e della cultura museificata (e quindi dell' Accademia) e, dall'altro che in essa permane, anche se in modo minimo, la forma artistica. Tale permanere della forma artistica tende a vanificare da una parte l'intento di riduzione e di annullamento della differenza fra «arte» e «non-arte» e dall'altra la volontà di rendere l'arte un qualcosa di autenticamente reale, di vivente. Herbert Marcuse mise già bene in evidenza (cfr. «L'arte come forma della realtà», in AA. VV.. Sul futuro dell'arte, Milano 1972) che l'arte non può divenire realtà, non può autorealizzarsi senza un atto di autoabrogazione in quanto arte in tutta la fenomenologia delle sue forme, anche le più eversive. minimali, «viventi». Lo scarto di separazione fra arte e realtà può essere ridotto, in tale prospettiva, solo nella misura in cui la realtà stessa tende verso l'arte in quanto forma della realtà, cioè alla trasformazione sociale, con l'avvento di una società più libera e qualitativamente differente. La non-arte attuale, benché si sforzi di essere qualcosa di diverso dall'arte. è condannata a rimanere arte: non solo, ma spesso la ribellione contro la forma, nell'incapacità di colmare il divario fra arte e realtà, di sfuggire alla «forma-arte», ha per risultato nient'altro che la perdita di qualità artistica: l'eversione è diventata simulacro di se medesima, è divenuta distruzione illusoria, superamento fittizio dell'alienazione storicamente determinata. In La dimensione estetica Marcuse ribadisce ulteriormente queste critiche alla non-arte. alla contro-arte, sottolineando che, se è vero che la rinuncia alla forma e tetica può garantire il rispecchiamento più immediato e diretto di una società in cui le persone e le cose vengono infrante. atomizzate. spogliate della loro parola e delle loro immagini, il rifiuto della sublimazione estetica riduce tuttavia spesso le opere della non-arte, della contro-arte a briciole e brandelli di quella stessa società di cui vogliono costituire la «controarte». Adorno è giunto addirittura a caratterizzare certe produzioni contemporanee come «secondo naturalismo»: «... Non pochi prodotti della musica e della pittura attuali, con tutta la loro inoggettualità e a-espressività andrebbero sussunti sotto il concetto di secondo naturalismo. Procedimenti crudamente fisicistici, nel materiale. relazioni calcolabili fra i parametri, rinnovano sprovvedutamente l'apparenza estetica, la verità sul loro esser posti» (Teoria estetica, p. 148). Le varie fasi e tendenze della contro-arte partono, secondo Marcuse, dal comune presupposto che l'epoca attuale sia caratterizzata da una disintegrazione della realtà che rende inautentica, se non addirittura impossibile. qualsiasi forma in sé conclusa, qualsiasi conferimento di senso: ed è così che il collage, l'accostamento incongruo, la rinunzia alla funzione estetica della mimesi aspirano ad essere la risposta adeguata ad una realtà che, disaggregata e frammentaria, si oppone a qualsiasi elaborazione estetica formale. Questo presupposto sarebbe, tuttavia, in aperta contraddizione con lo stato attuale delle cose: «È vero anzi il contrario. Ciò che esperimentiamo ogni giorno non è la disintegratione di tutto quello che è organico, unitario, dotato di significato, ma piuttosto il governo dell'intero, l'unificazione, inflitta e imposta dall'alto: non è la disintegrazione, ma la riproduzione e l'integrazione della realtà a ·costituire la catastrofe. Nella cultura della società attuale, è proprio la forma estetica che può. grazie alla sua alterità, opporsi a tale integrazione11 (La dimensione estetica, p. 65). I n questa direzione teorica, i disperati sforzi dell'artista di fare dell'arte una diretta espressione della vita sono visti come uno scacco in quanto non riescono a colmare il distacco fra arte e vita. In tal senso è possibile affermare, come fa P. Thibaud (cfr. Esprit, 9-1 O, p. 232), che «se l'arte può a volte essere avvicinata alla vita, è escluso che possa fondervisi come certi lo sognano, e ciò meno che mai in società così divise come le nostre». Ciò significa forse che le manifestazioni della non-arte siano in sé portatrici di mistificazioni? o, non si tratta di questo. Si tratta piuttosto di vederle in una prospettiva che ne autentichi il significato veramente liberante. Qual è questa prospettiva? È quella che si fonda sulla consapevolezza che la «non-arte». !'«arte vivente», la «realizzazione dell'arte» possono essere soltanto opera di una società qualitativamente diversa dall'attuale. Una società in cui un nuovo tipo d'uomo non più alienato e sfruttato, riesca a sviluppare nella propria vita e nel proprio lavoro. la visione delle possibilità estetiche rimosse di uomini e cose: estetiche non in riferimento alle specifiche proprietà di certi oggetti, ma come PA forme e modi di vita che corrispondono alla ragione e alla sensibilità di liberi individui. La «non-arte», la «realizzazione dell'arte» è così concepibile, in questo senso. soltanto come processo di costruzione dell'universo di una libera società, di un'arte cioè, come forma della realtà. Ciò non significa la pulcrificazione dell'esistente. bensì la costruzione di una realtà interamente diversa ed opposta. Questa visionè estetica appartiene alla «trasformazione del mondo». alla rivoluzione; essa ha presente la visione-contrapposizione marxiana fra l'animale, che costruisce solo secondo i suoi bisogni e l'uomo che costruisce, forma, seguendo anche le leggi della bellezza, appropriandosi sensuosa mente cfelmondo. L'arte come forma della realtà sarebbe allora, in tale prospettiva, creatività, creazione in senso sia materiale, sia intellettuale. Sarebbe un connubio fra tecnica e arti per la totale ricostruzione dell'ambiente, un connubio fra città e campagna. fra industria e natura. una volta liberate dagli orrori dello sfruttamento e dell'abbellimento commerciali. senza che l'arte debba più servire da stimolo agli affari. La possibilità pratica di creazione-realizzazione di un siffatto ambiente dipende, perciò. dalla totale trasformazione della società esistente. Tale realizzazione dell'arte. non implicherebbe. tuttavia, l'invalidazione delle arti tradizionali, e questo perché l'arte è trascendente in senso proprio e specifico che la distingue e la separa dalla realtà della comunicazione esistente. Come rileva Marce!in Pleynet (Transculture. pp. 176-177) «oggi non si può pensare un artista in accordo con un sistema politico in quanto il suo es ere stes o di artista contesta qualsia i sistema. qualsiasi legge al di fuori della propria e qualsiasi regime. L'arte fa scandalo in rapporto a tutte le chiese politiche o di altro tipo». Secondo Adorno l'efficacia dell'arte. la sua portata critica non può essere misurata in rapporto alla sua efficacia sociale che nelle opere contemporanee qualitativamente rilevanti risulta anzi assente: «che le opere d'arte esercitino un intervento politico è cosa dubbia; se una volta succede, per lo più è un fatto a loro periferico: se vi tendono. sogliono andare a finire al di sotto del loro concetto. La loro efficacia sociale è altamente mediata. è partecipazione allo spirito, il quale contribuisce al cambiamento della società in processi sotterranei e si concentra nelle opere d'arte. Oggi il motivo acuto dell'inefficacia sociale delle opere d'arte che non si vendono alla nuda e cruda propaganda è che esse. per resistere al sistema di comunicazione onnidominante, devono rinunciare ai mezzi di comunicazione che forse le porterebbero vicine alle popolazioni. In ogni caso le opere d'arte esercitano efficacia pratica mutando la coscienza in una maniera che difficilmente si può toccare con mano» (Teoria estetica. p. 342). • Di fronte alle «dure» e tremende necessità sociali. il compito dell'arte può essere vi to nella sua volontà di farsi portatrice di una «bellezza» e di una «verità» antagonistiche a quelle dell'esistente; «bellezza» e «verità> che assumono tutto il loro significato dal momento in cui non si pongono come mete utopistiche e irrealizzabili, ma sono po sibilità reali- ora rimosse mentalmente e materialmente-di una società divisa e non ancora libera. • L a cultura contemporanea più avanzata ha giustamente riconosciuto, in più occasioni e secondo prospettive teoriche differenti. che in rapporto all'organizzazione tecnicoscientifica del mondo attuale. l'arte autentica si presenta come dimensione trasgressiva, come eccesso di energie interiori che pone in crisi i codici stabiliti in un processo continuo di destrutturazione dell'esistente e di ristrutturazione del nuovo. Ritorniamo per un momento nuovamente a Marcuse: «L'arte fa inevitabilmente parte della realtà di fatto e solo in quanto tale può negarla; la contraddizione si conserva e si risolve entro la forma estetica che conferisce al contenuto e all'esperienza quotidiani la forza dell'estraniamento, portando alla luce una nuova coscienza e un nuovo modo di sentire» (La dimensione estetica. p. 58). L'arte è quindi negazione. Ma la semplice negazione, ci avverte il filosofo, sarebbe cattiva utopia. ella grande arte l'utopia non è mai semplice negazione del principio di realtà, «bensì il mantenimento che la trascende e nel quale il passato e il presente gettano la loro ombra sulla felicità» (Ibidem, p. 93). In tale prospettiva è giusto vedere una connessione fra i processi di trasformazione e di mutamento e il ruolo non marginale affidato all'arte.« L'arte si oppone alla reificazione facendo parlare, cantare, magari danzare il mondo pietrifieato» (Ibidem, p. 93). L'idealismo credeva che l'arte po- • tesse cogliere, di per sé, la totalità nei confronti delle contraddizioni reali e dell'alienazione storica. Se tale prospettiva deve oggi essere rovesciata, lo deve forse nella consapevolezza che l'arte - e molte esperienze di operatori contemporanei ce lo confermano - trova il suo fine e la sua partecipazione alla «totalità» quando coopera alla sua realizzazione politica e sociale, conducendo l'aspetto soggettivo della lotta. f-:~· \,s collana diretta daTullioDe Mauro Otto sezioni per tutti i campi d"interesse. Ogni volume illustra un argomento, un problema. una realtà del mondo moderno. I testi s1 completano con illustrazioni. fotografie. grafici e tabelle statistiche 144 p,1q111c formalo ta!:><.:;tbile 3 000 lire Vittorio Silvestrini USO DELL'ENERGIA SOLARE Demetrio Neri LE LIBERTÀ DELL'UOMO Tullio De Mauro GUIDA ALL'USO DELLE PAROLE Lione! 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