Alfabeta - anno II - n. 11 - marzo 1980

Davant~i .ll9specchio Massimo Bontempelli Opere scelte a cura di L. Baldacci Milano, Mondadori, 1978 pp. 986, lire 15.000 Rossana Bossaglia O • ovecento italiano» (appendici di Oaudia Gian Ferrari e di Marco Lorandi) Milano, Feltrinelli, 1979 pp. 250, lire 8.500 Assenza/presenza: un'ipotesi per l'architettura a cura di Fulvio lrace Ascoli Piceno, D'Auria, 1979 pp. 177, lire 10.000 «Domu », nuova serie Milano, gennaio 1980, n. I S e usasse stendere, alla fine di ogni annata letteraria, una specie di classifica, non solo tra le opere nuove (come di regola si fa), ma anche tra quelle storiche riemerse per una ragione o per l'altra, in cima a tale graduatoria, per il 1979, dovrebbe figurare Massimo Bontempelli. A dire il vero l'anno giusto sarebbe stato quello precedente, in cui cadeva il centenario della sua data di nascita, e infatti il Meridiano Mondadori progettato per celebrarne la ricorrenza era uscito in tempo utile, ma il dibattito, il riesame si accesero soltanto qualche mese dopo. Possibili concorrenti? Alberto Savinio, ma il suo successo è del tipo <strisciante>, innescato cioè da alcuni anni, anche se solo di recente sembra giunto al suo culmine. E poi, Io diremo meglio più avanti, è un successo forse non cosi decisivo e netto, almeno a livello di indicazioni generali, come molti oggi credono. Si deve allora passare a Landolfi? Purtroppo il suo nome è riemerso, piuttosto che per nuove pubblicazioni o recuperi, per l'infausto evento della morte; inoltre è autore certamente da rivedere, da ristabilire in tutta la sua importanza, ma ciò può avvenire solo come logico corollario della ventata introdotta da Bontempelli. Chi resta, allora, Malaparte? Le riedizioni della Pelle e di Kapuu sono avvenimenti che inducono senza dubbio a riaprire il caso, e anche in termini molto generosi, ma si tratta comunque di uno scrittore e di una problematica spostati verso altre zone. Infatti il premio ideale, la super-segnalazione da decretare a Bontempelli non vanno solo, o in primo luogo, alla qualità dello scrittore, alla sua personalità come tale, ma si estendono assai più in là: colgono in lui il pratico e il teorico di un grandioso avvicendamento, di una rotazione nella storia delle avanguardie, che oltretutto sembra prefigurare un passaggio similare in corso anche ai nostri giorni, circa mezzo secolo dopo. Pare quasi di essere introdotti nel bel mezzo di un enormedéja vu: come se la storia, per mancanza di fantasia. fosse costretta a rieditare periodicamente certe trame, a ripercorrere certi giri. È del resto notorio che ilgrafo di un progresso lineare e indefinito, estrinsecato da una retta che sale sicura di sé, oggi non gode più di molto credito. Magari. non è detto che lo si debba sostituire col suo opposto. col grafo di una circolarità chiusa su se stessa. ferma in un testardo surplace. La soluzione più probabilee convenientestaforsein unonorevole compromesso tra quei due grafi. cioè in una risultante spiraliforme o elicoidale: la «storia» esiste. malgrado tutto c'è un divenire. solo che questo economizza le proprie risorse ricalcando di tanto in tanto talune tipologie. ma a diverse quote. Resta fermo quindi il postulato eracliteo che non ci bagniamo mai due volte i piedi nelle stesse acque. ma certo a intervalli più o meno regolari queste si rifanno somiglianti tra loro. tanto che un osservatore distratto potrebbe sbagliarsi, e credere che il tempo si sia fermato. Ritornando al cammino delle avanguardie, dovremo ormai ragionare con almeno due tipologie distinte e volta a volta ricorrenti (anche se mai negli stessi termini esatti): l'una preceduta dal segno più, e propria delle avanguardie esplosive che aggrediscono il futuro ipotecandolo, compiendo un ingente sforzo per uscire dal proprio letto e invadere altri territori; l'altra preceduta dal meno che indica invece la via dell'implosione, del raggomitolarsi in sé, recuperando i vari mezzi specifici, rientrando insomma nel proprio letto, e anzi, scavando in esso alla 11 campione indiscusso delle avanguardie esplosive, per l'Italia, è stato Marinetti, ma si dà il caso che il suo esatto rovescio simmetrico sia appunto Bontempelli: basta considerare la grande mole di articoli, inter-· venti, spunti polemici raccolti sotto il titolo globale dell'Avventura novecentista (Vallecchi, 1974). li confronto è legittimo per la perfetta omogeneità dimensionale dei due amici-avversari, entrambi mossi da un eroico afflato totalizzante. Bontempelli infatti, esattamente come l'altro {dicui è notoria e· proverbiale la poliedricità) parla di tutto: letteratura, cinema, teatro, pittura, architettura, costume, politica. E Felice Casorati, Meriggio, 1922 (Biennale di Venezia, 1924). ricerca di origini profonde: non c'è futuro, in tale prospettiva, ma soltanto passato, dato che spazio e tempo sono curvi e riportano indietro, secondo il modello analogico oggi assai divulgato dei «buchi neri» dell'astrofisica. Non si dica, per carità, che adottando i termini di esplosione e implosione si paga l'ennesimo tributo all'idolo francese di turno, Baudrillard, perché essi erano già comunemente usati da almeno dieci anni nella saggistica anglosassone, e al suo seguito trascritti anche da quella italiana, assai prima dunque che l'autore francese se ne appropriasse. Del resto, si potrebbero tranquillamente adottare altre coppie terminologiche, tra cui la ben nota e stagionata delle wolffliniane forme chiuse-forme aperte. Già, perché la forza di questi modelli è di essere veramente tali. validi cioè non soltanto per undeterminatoambitodi fenomeni culturali. ma per tanti altri. Arti visive. letteratura. spettacolo. ecc. si ritrovano a braccetto. regolati da una stessa regia di ferro. Altra osservazione: i tempi del dibattito metodologico sono ormai maturi per riabilitare simili schemi di un formalismo dinamico e di lunga gittata. dopo un abbondante decennio {1965-1975) di trionfo di un formalismo statico e parcellare. Il recente successo di Bachtin sta a dimostrarlo. naturalmente questo medesimo afflato toalizzante legittima l'impressione del déja vu, cinquant'anni dopo: anche oggi infatti è l'intero sistema della cultura, in tutti i suoi generi e aspetti, a imboccare solidalmente la via che potremo dire della «neg-avanguardia», o avanguardia implosiva, rientrante, ricalcando il lontano e non pienamente riscattato predecessore. Vediamo dunque i tratti tipici del modello implosivo, impegnandoci anche a verificare di volta in volta la sua attuale riemersione. Punto primo: occorre condannare, evidentemente, il modello antagonista, togliere cioè il futuro al futurismo, additarlo non già come il preludio a sorti gloriose, ma come la fine di un ciclo: nella fattispecie. fine dell'avventura romantica, intesa come orgia dell'«aperto», dell'informe, della «perdita del centro»; o anchecome femmineaauscultazione dei propri borbottii psichici, delle più sottili e estenuate vampate sensoriali. Il fatto curioso è che Bontempelli, una tale condanna la deve esercitare sulla sua pelle. per la ragione di una carriera ritardata che comincia a ingranare solo verso i quarant'anni. e che al suo inizio consiste proprio nel riagguantare, quasi fuori tempo massimo. lo sperimentalismo futurista. Dice molto bene Luigi Baldacci. commentando glisketches raccolti nella Vita intensa e nella Vita operosa, («opere prime» del nuovo corso bontempelliano ): per capirli, basta riferirsi al Marinetti coevo, o al Palazzeschi· della Piramide; e anzi, coll'ardore dell'ultimo arrivato Bontempelli perfeziona il modello del romanzo futurista (o dell'«anti-romanzo», come sarebbe meglio definirlo), dandogli una consistenza e una tangibilità quali esso non raggiunge mai nei Futuristi a pieno titolo, assai più vivaci e inquieti, ma anche fragili e discontinui. Nel che è anche implicito il limite, il controcanto bontempelliano: già in quella stagione «esplosiva» egli è l'uomo dai piedi per terra, munito di un'opaca prosaicità che tarpa le ali all'obiettivo futurista della rapidità e della sintesi. O in altre parole, egli fallisce il raggiungimento della mirabile «leggerezza» palazzeschiana. Lo riconosce anche Baldacci: nessuno potrà tentare con lui l'operazione che invece ha dato ottimi risultati nel caso di Palazzeschi: la glorificazione delle origini, la constatazione che il primo tempo sperimentale è il meglio, un'intera produzione che poi si naturalizzerà un po' troppo, divenendo pesante e provinciale, salvo il ritorno finale ai fasti della gioventù. Ma per Bontempelli la fase futurista è solo un rapido attraversamento, per consumare in fretta una tappa «sbagliata». Ciò non toglie che egli ci metta un grande rigore, tanto che, lo si diceva già sopra, gli esempi più completi e meglio strumentati dianti-romanzo, di «opera aperta» avanti lettera, è lui che ce li dà. e proprio perchégià allora agisce al suo interno come correttivo l'uomo di mestiere, il costruttore, che quindi riesce ad amministrare perfino lo sfascio. l'atomismo psichico. Gli sketches. i romanzi d'avventura delle due prime raccolte si sgranano mettendo a punto tutte le possibili irrisioni e demistificazioni del genere romanzo, attraverso una rete di capitoletti, preceduti da titoli e sottotitoli. che intendono ragionare in pubblico ogni passo del racconto. aprire porte e finestre del laboratorio narrativo. Ma soprattutto, in questi romanzi fulminanti c'è la mossa principale di ogni strategia antiromanzesca, vale a dire l'adozione di un materiale piatto, quotidiano, banale (appuntamenti con gli amici, corse in tram, frettolosi amori urbani consumati tra la folla). Come non ricordare che tutto questo è «ritornato» nel nostro sperimentalismo dei primi anni '60, quando si parlava tanto di stile basso e di normalizzazione, avvertendo che in ogni caso i narratori neoavanguardisti dell'epoca intendevano usare materiali immanenti, di grado zero, cercando di vivacizzarli grazie ad un montaggio frenetico? Certo, gli anti-romanzi di Bontempelli si guardavano bene dal violentare la sintassi, ritardando quindi rispetto all'audacia dei Futuristi patentati, o della «corrente di coscienza» joyciana. L'autore della Vita intensa non ha mai attentato in misura consistente all'unità del tempo e dello spazio, quasi per un'istintiva remora già di sapore «novecentesco» nei loro confronti, preferendo corroderli con l'arma obliqua dell'ironia e della comicità, e quindi ancora una volta costeggiando Palazzeschi o anticipando Campanile. Ma quel tipo di comicità e di fumisteria, cosi pettegola, laica, mondana, resta intern~ al modello esplosivofuturista, totalmente diversa dall'ironia «misteriosa» e lontana del sistema implosivo-metafisico. Q uesto tuttavia subentra a brevissima distanza. È infatti del '21 La scacchiera davanti allo specchio. testo già interamente metafisico, o magico, o novecentista (termini di cui dimostreremo la sostanziale coincidenza). La data precoce, di un testo per giunta assai riuscito, forse la migliore prova in assoluto dell'autore, è molto importante, sta a indicare diverse cose contemporaneamente: che l'attraversamento del Futurismo è stato rapido (anche per il ritardo con cui Bontempelli lo ha affrontato); che d'altra parte non occorre aspettare il '26 dell'uscita ufficiale del primo numero di 900 per registrare l'apporto teorico di Bontempelli alle problematiche dell'epoca; cosi infatti egli si viene a trovare assai vicino alla data di nascita ufficiale della Metafisica pittorica (da cui lo separano appena cinque anni), e inoltre anticipa leggermente sulla fondazione e la prima mostra, alla Galleria Pesaro di Milano, dei pittori di Novecento: vicinanze che appunto ci consentiranno di dichiarare la sostanziale congruenza delle ragioni coltvate dall'uno e dagli altri nei rispettivi settori. Quanto ai caratteri metafisici dell'operetta del '21, questi sono lampanti: i pezzi degli scacchi, chiamati in causa già nel titolo, stanno a indicare la vittoria dell'oggetto inanimato, prodotto con buona fattura artigianale che gli conferisce tratti ieratici e stereotipati, sulle contingenze, le impulsività. i guizzi e i palpiti delle comuni creature umane. E la via che porta a sancire il primato del manichino, della maschera, del burattino (dell'automa, del robot, dell'androide). Inoltre l'altro elemento chiamato in causa nel titolo, lo specchio, introduce una dimensione particolare che ha il pregio di catturare e congelare la vita: le immagini, una volta riflesse dalla superficie speculare, vi svolgono un'esistenza chiusa e sospesa, ormai fuori del tempo:finchéperqualcheinciden• te lo specchio non si rompe, il che determina la catastrofe di quel particolare universo. ma niente paura, perché accanto ad esso scorrono in parallelo infiniti altri universi. E ancora: la sconfitta dell'umanità, della vita organica coi suoi valori contingenti e precari, è mirabilmente sancita da un'avventura arcana in cui incorre l'adolescente narrante dell'operetta: egli si avvia casualmente lungo un pendio in salita, attirato da un indi- °' .....

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