Alfabeta - anno II - n. 9 - gennaio 1980

VS 23 Versus Quaderni di studi semiotici Interventi su semiotica e marxismo Augusto Ponzio Note su semiotica e marxismo Ferruccio Rossi-Landi Towards a theory of sign residues Massimo A. Bonfantini Principi per una semiotica della società Robert Lafont La praxématique: une linguistique des carrefours? VS DOCUMENTI Teresa de Lauretis Semiotica, teoria e pratica sociale Léa Sacuto Daley Marchandages VS NOTIZIE Aurelia Marcarino Il Discorso politico: forme - funzionamento - contesto Bompiani Adami Baj Cavaliere Ceroli Del Pezzo Di Bello Paolini Pardi La rivista cStudio Marconi•. da.Ila stagione 1979/80 (4 numeri) verrà distribuita anche in abbonamento. Condizioni di abbonamento: 4 numeri di «S1udioMarconi•. pià il volume •Apholo• L 6.000. oppure: 4 numeri di •Studio Marconi• più il volume cAphoto•. più un volume a scelta ua: «Alberto Burri• di AavioCaroli e «Apocalisse• di Enrico Baj a cura di Umberto Eco L. l0.000 Lettere Sarò un grafomane, ma... La cultura degli autonomi. In un articolo che oserei definire interessante pubblicato sul Corriere della Sera del 18 novembre scorso, Francesco Alberoni ci ha spiegato qual'è la «cultura degli autonomi» (ma l'interesse dell'articolo non sta amio avviso nell'acchito, bensì nella chiosa). E cita, naturlich, L'Anti-Edipo di Deleuze e Guattari, Foucault, Bruckner, Finkielkraut, Severino, Vattimo, Spirali. Di ILI/lo un po'. Riecheggiando quello che già lui aveva scritto dalle stesse colonne qualche tempo fa (5-11 - 1978) facendo eco a Umberto Cerroni (4-11 -1978, Corriere della Sera) e ad Eugenio Scalfari (15-9-1977, La Repubblica). Morale della favola: i francesi facciano gli autonomi a casa loro, ché i nostri giovini sradicati, emarginati, ecc., altrimenti liprendono sul serio e attraverso una cultura mendicata e di cui non sono responsabili combinano guai, e che guai! Ma leggo su Le Monde del 16-101979 a firma di Laurent Greilsamer che gli autonomi francesi «non formano un reale 'movimento sociale' e sono troppo debitori delle tesi importate dal- /' Italia». Delle due l'una: o gli autonomi italiani importano o esportano. O travasano, ma allora definire la loro cultura non è poi cosi semplice, anzi: chi cerca di stabilirlo finisce per semplificare e, dall'Italia, dire «voi francesi», e, dalla Francia, dire «voi italiani». Il problema è altro, mi pare: dato che universalmente è riconosciuto che una «testa di cazzo» è colui che agisce'contro i suoi interessi o con estrema ed ignobile faciloneria, direi che gli autonomi hanno una cultura da testedi cazzo. È chiaro che Toni Negri nonostante i passamontagna che gli danno i brividini lungo la schiena è innocente riguardo a Moro e al resto; ma è chiaro anche che Pifano non ha mai scambiato i missili per cannocchiali. É chiaro che Piperno non sapeva che Morucci e la Faranda giravano per le case dei suoi amici con l'arsenale; ma è. altrettanto chiaro che la testa di cazzo che ha sparato a Ventura si merita più di qualche decennio di galera. E chiaro che non c'è illegalità peggiore di quella statale di Gallucci e Calogero; ma è anche chiaro che quando i Volsci occupano Lotta continua per imporre la pubblicazione del loro volantino scritto col cazzo, compiono nient'altro che un atto degno di qualche squadrista antico. È chiaro (per chiudere) che Scalzane sul garantismo ha ragione; ma è altrettanto chiaro che «ti spunta un foro in bocca» è uno slogan che oltre a far sorridere permette di determinare una sola linea di intervento in chi ascolta (la fuga). La cultura degli autonomi è la cultura delle teste di cazzo: proprio nel momento in cui la «repressione» si fa palese e scoperta ecco che questi autonomi si mettono a girare con missili in tasca, rispondono •cioè nel modo più inadeguato alle provocazioni statali. Per cui in questo senso ha ragione Alberoni: gli autonomi agiscono come se nel '68 ci fosse stata sul serio una Rivoluzione; come se la Dc non governasse più; come se nelle fabbriche gli operai fossero nella maggioranza antiPci; come se a Rivoluzione avvenuta ci fosse solo qualc_hesacca conservatrice da abbattere (con i missili o le pistolettate); come se il torto marcio di Lucio Colletti tramwasse in ragione il torto marcio di Toni Negri. La cultura dell'eroina. Credevo che inoltre teste di cazzo del tenore di Vincenzo Bonazza non esistessero più. Invece su Alfabetanumerosette scopro che l'eroina è «contro il sistema». Più semplicemente mi pare che l'eroina sia contro se stessi, a favore del capitale multinazionale, a favore della malavita, a favore della delinquenza giovanile, contro la lotta di classe e la protesta civile, contro il cambiamento della società e contro la moralizzazione del Politico. Non vedo infatti Ìiberazione in chi è costretto a rubare per mantenersi in vita attreverso il «buco», né vedo eroismo nella ricerca della disintossicazione. Vedo solo uno Stato che non vuole intervenire e un Movimento che se ne frega; un Partito Radicale che fa proposte serie e uno stuolo di ragazzi che si bucano. E una marea di soldi che invece di essere investiti nel «pane» si convogliano verso il «circenses» che se nella Roma antica eracostituito dai gladiatori, nella Roma moderna è costituito dalr'eroina. Di fronte a voi, cari Bonazza e Rovatti, che vi industriate a cercare valenze destrutturanti nell'eroina, giganteggia un'omino come Altissimo che in altri momenti e in altre tensioni sarebbe stato preceduto e non seguito nelle proposte sull'eroina. Ma tant'è: per Bonazza contro questo sistema val più un «buco» che una «riforma». Con l'approvazione di Tex (per chi ricorda ancora). La cultura? L'ultima testa di cazzo del gruppo sono io, n(N)arciso della macchina da scrivere che inondo di lettere Alfabeta E Alfabeta giustamente non mi pubblica niente; giustamente perché (non in senso ironico) il giornale così fatto mi piace. La cosa chepiù conta è il Nome e di Nomi Alfabetapullula. Perciò se la Scrittura è un fattore carismatico, giustamente bisogna escludere chi carismatico non è. Il punto diventa un altro e il problema si sposta soltanto se un lettore di Alfabeta pur ammirato per il giornale che sta leggendo è nel suo intimo un grafomane: grafomane però ugualmente in grado di constatare che lo spazio deve essere riservato ad altro... Stefano Stefanel Del metodo sollevato da Maria Corti Sull'ultimo numero di Alfabeta, l'8 Maria Corti solleva e giustamente un problema chiaro, che molti vogliono a tutti i costi rendere astruso e asociale: quello «del metodo per far male le pagine culturali», che poi in ultima analisi è il metodo di rildefinire il ruolo di certa cultura, e qui Robert Musi/ con il suo Discorso sulla stupidità, coglie nel segno del discorso. Parlare acutamente di un problema (che può essere un libro, una rivista, un convegno culturale e/o politico), non deve assolutamente significare far la corsa ed essere i primi a parlarne, ma deve significare parlarne per far discutere (non approssimativamente) e sollevare dei dubbi e incertezze, per arrivare alla questione in merito: «... ma se esce un libro, conta molto più parlarne acutamente che parlarne per primi». CaraMaria Corti, hai proprio ragione: ma il potere con le sue molecole reali ti/vi impedisce - a volte di farlo - perché, guarda caso, ci si ritrova invischiati nei tentacoli /canoni culturali della somma inthellighenthia -si deve pur campare, no! - ti potrebbe rispondere un intellettuale/critico, pure di sinistra. Quello che tu definisci il punto di vista del primo piano applicato in ambito di pagine letterarie, a volte è una microspecializzazione del sapere, queste persone oltre a non avere una platea di lettori stimolanti, ha la brutta maniera di scrivere indesiderante (confusione?): cito un caso a questo proposito, un certo Armando Verdiglior,e ha l'aria di un grosso saputo - solo perché parla difficile e scrive senza-senso: il nostro però può essere considerato un manovale del sapere (oscurantista però). Certo che «il problema della diffusione della cultura fra le masse è in Italia ben lontano dalla soluzione: gli intellettuali dovrebbero preoccuparsene... » ed anche gli intellettuali (colti, neo-avanguardisti, neo-marxisti, problematici, e chi più ne ha più ne metta!) di Alfabeta dovrebbe far lo stesso. Lo scrivente - anche essendo giovane - da circa dieci anni legge/studia talune riviste, e vari scriventi di Alfabeta hanno scritto su tali fogli: ma guarda caso il loro linguaggio colto (che a molti affascina) non cambia: quindi ancora una volta ci si rivolge -per forza di cose -ad una minoranza preparata colta ed elitaria, facendo danno e creando dei falsi presupposti per dei falsi (non sempre per forwna) dibattiti. Eh si, anche voi di Alfabeta dovete cambiare, lo dici anche tu Corti, vero? Essere chiari nello scrivere, non deve essere solo un dovere versò il pubblico, ma deve essere un dovere intellettuale, politico e socializzante (vero Leonetti?). Dobbiamo fare in modo che il significante abbia un I il suo significato, altrimenti non ci capiremo più neanche tra noi. Maria Corti ha stimolato un dibattito necessario, e con questa mia «del metodo per far le lettere» mi sono sentito di tentare/intervenire. Arpino Gerosolimo BIBLIOTECA DELLA FENICE SYU'IAPU111 Ll!1TEllE ALLAMADRE SYLVIAPLATH • LETTERE ALLA MADRE A cura di Mana Fabiani, pagine 360, L. 9.S00 GUANDA COM[S( tvO~ BAç,AVA, OfS$0 C. l \JIENE. ANCHE,' LAPRfOCClJPA'Z-IO~EDEl DO?O PE.~11 t\)\ . u, :::, e ■- informiamo che sono in corso gli abbonamenti alla rivista semestrale di psicanalisi • frammenti•. L'abbonamento a quattro numeri è fissato in L. 15.000 (comprese le spese di spedizione) da effettuarsi tramite i seguenti mezzi di pagamento: - vaglia postale - assegno bancario - vaglìa telegrafico intestati a Franco Ardemagni e da indirizzare a • frammenti • • viale Scarampo. 49 • 20148 Milano. 1 Si prega\ inoltre di indicare chiaramente (a macchina o in stampatello) nome, cognome e indirizzo.

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