Pier Aldo Rovatti: D pretesto e il testo 11 diballito che si è aperto in questi mesi sulla «crisi della ragione» ha dimeasioni molto più ampie di quelle ricavabili dall'omonimo libro curato per Einaudi da Aldo Gargani. I saggi di questo libro ne sono un pretesto non privo di importanza, ma appunto un pretesto. Il testo, per cosl dire, è la vicenda cult11ralee politica di un decennio, gli anni settanta, misurata con le speranze del decennio precedente. Gli anni sessanta erano stati quelli durante i quali avevamo visto crescere, in un rapporto di contemporaneità e di contiguità, livelli di vita materiale e livelli di lotta operaia e sociale. Il '68 degli studenti e il • 69 degli operai documentavano in modo esemplare questa crescitaparallela. E qui si colloca storicamente la cosiddetta «teoria dei bisogni», di cui poi sono circolate versioni tanto discordanti. Adoperando un linguaggio meno ellillico: la dif fusione sociale, l'incremento in termini quantitativi, il rinnovamento in termini qualitativi della domanda erano sorretti dalla consapevolezza, 1) della disponibilità della ricchezza e 2) della produzione omogenea (o omogeneizzabile) di valori sociali mediante il movimento delle folle. Questa consapevolezza sembrava ed era rappresentabile da una forma di sapere storico-materialistica, il che la rafforzav<!ulteriormente. Già a partire dai primi anni settanta entrambi gli aspelli di tale coscienza di massa cominciano a indebolirsi. La crisi economica, la ricomparsa de/I'argomento della «rarità, già allora colleche scrivo) che nel linguaggio poetico, nella letteratura (in misura minore in ogni Linguaggio,dice Julia Kristeva), rimane qualcosa di eterogeneo al senso e alla significazione, qualcosa che possiamo osservare nelle prime ecolalie dei bambini, dove appare come ritmo, intonazione anteriore ai primi fonemi; lo possiamo osservare nel discorso psicotico, eccetera. Questo «eterogeneo> ci riporta alla significanza e infatti Julia Kristeva propone di definirlo come una prima modalità della significanza: esso è il semiotico, dal greco semeion, distintività suscettibile d'articolazione incerta perché non rinvia ad un oggetto significato. Il problema è allora di definire un livello, come quello semiotico, che pare respingere, a causa della sua mobilità, ogni tentativo definitorio. Julia Kristeva suggerisce che le articolazioni semiotiche si trasmettono attraverso il codice biologico. Questi programmi ereditari comprendono i processi primari (condensazione, spostamento ecc.), l'assorbimento e l'espunsione, il rigetto e la stasi. Sono una chora ( concetto tratto dal Timeo di Platone), un cluogo• in cui l'unità del soggetto cade dinanzi al processo delle cariche e delle stasi che la producono. Sulla base di questa articolazione semiotica si instaura il simbolico, ovvero l'ambito della significazione (seconda modalità della significanza). Esso «si struttura come un taglio nel processo della significanza che instaura l'identificazione fra il soggetto e i suoi oggetti come condizione della proposizionalità» 10 . Krfsteva chiama «fase tetica» il taglio che produce questa posizione della significazione e la definisce come la struttura più profonda dell'enunciabilità. Grazie a Freud, l'interrogativo intorno alla fase tetica non cade più sull'originebensì sul processodella sua produzione. La teoria freudiana (oggi lacaniana) dell'inconscio ci indica che la significazione tetica è uno «stadio producibile in talune precise condizioni lungo il processo della significanza e costituisce il soggetto senza ridursi al suo processo• 11 . Come funziona il dispositivo semiotico del testo? La spinta delle pulsioni erompe nel sistema simbolico provocando modificazioni che interessano i Crisdiellaragione? (3) gato alle fonti di energia, la riscoperta della miseria o comunque della precarietà delle condizioni materiali, sono elementi da cui, in un primo tempo, ci siamo difesi cercando di smascherarne la natura di propellente ideologico, ma dei quali, in una seconda fase, abbiamo dovuto assumere il valore di verità. La difficoltà che ne è scaturita (parlo sempre di coscienza) si misura, oggi, sugli sli11amentiai quali è sottoposto un livello determinante di tale coscienza, cioè il suo riferimento materiale «generale». In altreparole, se sappiamo valuwre e sempre più facciamo valere la nostra materialità specifica, e nessuno più si considera un «soggeuo» generico, non sappiamo valutare l'interesse genérale, l'anatomia complessiva, il corpo in cui siamo piazzati. È un corpo ricco o un corpo povero? Sta riproducendosi o autodistruggendosi? Eccetera. Il dilemma (o la serie di domande chiave) comporta vari effeui. La crisi della certezza centrale (il punto di leva che permette di conoscere la situazione di tutti i punti, eperciò rende possibile il «collocarci») può dar luogo ad almeno tre comportamenti: un effettivo spiazzamento; la ricerca di antidoti che con gli stessi parametri ci permettano di riorientarci (di ritrovare il centro); l'assunzione della dislocazione come necessità di cambiare i parametri. In genere i tre comportamenti sono mescolati, e comunque ci troviamo ad oscillare dall'uno all'altro. Non più di sliuamenti, ma di caduta drastica della certezza parlerei invece per quel che riguarda il lato della producibilità di valori sociali omogenei, che sosteneva la coscienza degli anni sessanta. Se, infatti, sul primo versante possiamo distanziare la crisi affermanlivelli morfofonematico e sintattico, la distribuzione delle istanze discorsive e le relazioni contestuali. Queste modificazioni sono riscontrabili nel fenotesto (dunque da qui dovrà partire la descrizione). Sono però prodotte dalle . cariche della chora: dovremo allora, per spiegarle, risalire al genotesto. Il dispositivo semiotico, riscontrabile nelle modificazioni del fenotesto, sarà una nuova organizzazione costituita dalle perturbazioni della struttura profonda. Ancora: cii dispositivo semiotico, testimone del genotesto e marca della sua insistenza nel fenotesto, è la sola prova del rigetto pulsionale che attua la produzione del testo» 12 . li genotesto comprende sia tutti i processi semiotici (in breve, la disposizione delle pulsioni) che l'emergenza del simbolico, vale a dire «l'emergenza dell'oggetto e del soggetto, la costituzione dei nuclei di senso che rientrano WolfVoste/1 (Fo10di Giorgio Colombo) do di non sapere più «come stanno le cose» e quindi implicando che le cose possono essereconosciute (dipende dai nostri strumenti) e che dunque vi è un effello di ideologia cattiva che ce lenasconde, su questo altro versante la crisi non è distanziabile poiché il controllo degli strumenti e la verifica degli stessi sono a portata della nos1ra mano: quasi nessuno, ormai, esi1anel riconoscere ladisomogeneità dei valorisociali prodolli. Siamo in presenza di lolle e "!Ovimenti tra loro diversi e non riducibili, oppure riducibili a prezzo del loro snaturamento. Non solo: l'equazione lo11a = produzione di valore sociale ha perso la verità che le era stata allribuita, o in ogni caso il privilegio che godeva, a meno di non stemperare la nozione di lotta in quella di pratiche. Il risultato di questa «crisi» è che non compare più un passaggio obbligato e privilegiato attraverso cui la coscienza possa realizzarsi, né quindi una verifica che dia il criterio di omogeneizzazione di tale realizzabilità. Può questa perdita divenire un acquisto? Mi pare, a tu lii gli effe11i,l'interrogativoprincipale, direi la ragione dell'intera diballito sulla «crisi della ragione». Dove «crisi» vuol dire non blocco ma trasformazione, e la ragione è tirata in causa poiché ciò che si cercaè un criterio di certezza modificato: ovvero un criterio che non riproduca il percorso di coscienza che è ormai precluso, non si ossessioni ne/l'immaginare un centro o un punto privilegiato laddove questi non sono rinvenibili o, più probabilmente, non esistono più. Se l'interrogativo è stringente quanto al che fare, anche quotidiano, i tempi del lavoro teorico si presentano tu/l'altro che rapidi: c'è un'intera genealogia in una categorialità: campi semantici e categoriali»13 . li fenotesto è il linguaggio; una struttura determinata dalle regole della comunicazione, che presuppone un soggetto dell'enunciazione e un destinatario. Ogni testo mette in gioco il dispositivo descritto. Ma solo certi testi percorrono tutto il processo (mostranqolo) fino ad arrivare alla chora semiotica che altera le strutture linguistiche. 11semiotico rappresenta un funzionamento differente rispetto la lingua e apre il codice a un'eterogeneità che lo sottende: la pulsione di morte freudiana. L'arte recupera il resto della simbolizzazione disponendolo in un nuovo dispositivo, ponendosi come un luogo dialettico/trasgressivo tra sistema simbolico (linguaggio e legge) ed eterogeneità pulsionale: «... tale dialettica è la condizione stessa del godida ricostruire per riguadagnare il pre- - sente. C'è da fare la storia, o le storie, di come siamo arrivati a un simile snodo; c'è da rimel/ere assieme un tessuto di materialità su cui far stare in piedi le' forme di razionalità di cui abbiamo ora bisogno. Su una cosa, a mio parere, non possono però esservi dubbi: quel che è in gioco è appunto la materialità dei soggelli, la loro coscienza sociale e politica. -- Già fruibili sono poi una quantità di elementi parziali, tra l'altro suffragati da segmenti di ricercateorica. Elementi che riguardano la forma del potere come sistema che cerca di rendere conto, tentando di colmare il difetto di approssimazione, dellacomplessità sociale, al limite assumendone l'irriducibilità. Elementi che riguardano le forme della sogge11ività,tendenti a specializzarsi e ad intensificarsi, a ritrovare nel massimo di specificità il massimo di concatenamento sociale (anziché, come si è sempre pensato, ilmassimo di atomizzazione e isolamento). Elementi, infine, che cominciano a tracciare dei legami consistenti tra il funzionamento della dinamica delle forme di potere e quello della dinamica delle forme di soggettività. In tulio ciò il sapere scientifico può rappresentare un punto di osservazione, da cui registrare, al tempo stesso, sintomi delle sperimentazioni di paradigmi adeguati per descrivere il funzionamento del potere, e spie di modificazioni che non possono non investire l'intero campo della razionalità, dal senso comune fino alle tecniche formali superspecializzate. L'esempio del matematico francese René Thom e della sua teoria dei punti catastrofici (passaggi bruschi di stato) è appunto sintomatico, ma se ne potrebmento ... ed è la poesia a rappresentarla attraverso il sistema del linguaggio» 1 4 . La crisi che investe il sociale a partire dagli ultimi anni del secolo scorso accentua l'aspetto trasgressivo dell'arte; modificazione che registra il profondo (disagio) dello statuto del soggetto parlante. Se le forme più distruttive (droga e follia), rappresentano tale processo nella sua violenza, il testo produce un dispositivo semiotico che esprime questa violenza ma allo stesso tempo la socializza. È da questo processo che è possibile capire come la messa in causa delle istituzioni del mondo occidentale, travolte dalla violenza del rigetto, comprenda anche una positività: l'arte allora non è tanto un formalismo quanto un mezzo di azione nel processo di trasformazione sociale. Appartiene alle riflessioni teoriche bero fare molti altri che riguardano la biologia genetica, la teoria dei giochi, ecc. (per questo rimando alla parte finale del volumetto di Jean-François Lyotard, La condition post-moderne, Minuit). Ma non è un problema, questo della «crisi della ragione», che investe solo e in primo luogo il sapere scientifico. Né possono soddisfarci le risposte che da coloro che con l'occhio a questo sei/ore si pongono simili domande cominciano a provenire, e che ci parlano dell'esigenza, già documentabile, di liberare la razionalità scientifica dai codici autoritari che l'hanno sinora attraversata e guidata. Qui, allora, torno al «pretesto», cioè al libro curato da Gargani e in particolare alla sua introduzione. Egli sottolinea il passaggio a nuove forme di razionalità scientifica rintracciabili nel processo di ridiscussione dei fondamenti tra fine Ollocento e inizio Novecento, e indica poi un parallelismo fra forme di sapere scientifico e nuove forme di vita. A me preme di rilevare che questo spostamento a/l'indietro del problema (già presente in Krisis di Cacciari) è utile solo se abbiamo prima ben chiarito quale è lanatura del problema sociale e politico di oggi (altrimenti può funzionare come semplice spostamento). Discutendo con Gargani, gli ho poi domandato cosa intendesse con nuove forme di vita, al di là della citazione wittgensteiniana, e cioè insomma cosa significasse quel «nuove». Poiché non ho avuto una risposta convincente, e poiché credo che restando dentro l'impostazione epistemologica non si possa dare una risposta adeguata (e quindi neanche parlare, in concreto, di «grammatica della trasformazione»), ripropongo la questione. degli ultimi anni l'idea che il modo di produzione capitalistico più che strutturare, destrutturi, dissemini, che utilizzi una «crisi» come momento costitutivo/ricostitutivo fondamentale della sua economia. La crisi è evidente: è sufficiente che il nostro sguardo raggiunga la famiglia, lo stato, la religione, la funzione paterna, il diritto; che le nostre orecchie ascoltino i deliri fascista e stalinista uniti nel loro canto di morte, ed ecco che dei fatti ci si mostrano come evidenze. E non possiamo non pensare con sgomento come intere generazioni di intellettuali falliscano il rapporto col sapere necessario per comprendere queste evidenze. Julia Kristeva, con quello che possiamo definire il suo programma di ricerca, ha sempre interrogato sia le cause, sia il soggetto di questa «crisi» che è allo stesso tempo simbolica e politica. Ciò che caratterizza il suo lavoro teorico manifesta forse uno statuto nuovo per l'intellettuale: una dimensione singolare del proprio discorso (che è poi la «novità» simbolica che Julia Kristeva scopre nella modernità: ciò che non impedisce che questa «novità» possa ancora essere attuale). Questo statuto non rimane senza effetti nei confronti della propria identità. Conseguente è la radicalizzazione della propria dissidenza. Dissidenza da un lato e grande amore per la comunità dall'altro: tra questi due poli si esilia la scrittura di Julia Kristeva. Note I) «La generazione della formula• in Semiotiké edizione italiana, pag. 227 _2)Ibid pag. 227 3) «Il testo e la sua scienza• in Semeiotiké edizione italiana, pag. 20. 4) «La generazione della formula», pag. 228 5) Radiofonia in Scmce1, pag. 162, Milano, Feltrinelli I977 6) La rivoluzione del linguaggio poelico, edizione italiana pag. I 9. 7) Ibid. pag. 21 8) «D'une identité l'autre•, in Polylogue, pag. 155. 9) Ibid. pag. 157 IO) La rivoluzione del linguaggio poetico, pag. 46 11) Ibid. pag. 48 12) Ibid. pag. 193 13) lbid. pag. 86 14) Jbid. pag. 568
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==