Alfabeta - anno I - n. 5 - settembre 1979

Glucksmann per tutti). Non è in causa l'idealismo umanitario, ma le sue radici poco convincenti e-ilsuo procedere a zig zag. La questione dei profughi vietnamiti era ben nota sin dal 1978. ma solo nel giugno di quest'anno fa sc:j.ttare una vera e propria campagna di stampa. Disgraziatamente, scatta proprio in concomitanza con la guerra civile in Nicaragua. dove i bombardamenti dell'aviazione di Somoza hanno fatto migliaia di morti fra la popolazione civile. Ma i fatti del Nicaragua stentano a raggiungere le prime pagine (in tutto vi compaiono quattro volte): l'umanitarismo ostentato verso le vittime del «socialismo» vietnamita non risulta convertibile verso le vittime dell'imperialismo americano, così «fuori moda» nell'epoca del riflusso. Economia e crisi energetica Lo spazio dato alla crisi energetica è cresciuto costantemente nei sei mesi, fino a collocarsi subito dopo il terrorismo e i grossi temi di politica interna. La crisi energetica compare nel 28% delle prime pagine del semestre, con il 6% dei titoli di testa; sopravanza così tutti gli altri temi economici messi insieme: Piano Pandolfi, nomine dei vertici degli enti pubblici, entrata in vigore dello SME, relazione di Baffi all'assemblea della Banca d'Italia, sommati, raggiungono soltanto il 2% dei titoli di testa. L'incidenza complessiva dell'area «economica» rimane abbastanza elevata, come negli anni passati, ma in effetti il suo baricentro è ormai spostato quasi esclusivamente verso i temi energetici. Lo slittamento è visibile anche nei settimanali, dove si rilevano tre copertine dedicate all'energia, mentre gli altri temi economici hanno uno spazio molto ridotto (solo alcuni titoli in copertina, i cosiddetti «strilli>). Se disaggreghiamo i diversi segmenti della crisi energetica, notiamo che la componente internazionale prevale sulla componente nazionale (piano Nicolaui per il risparmio energetico, accordo fra ENI e Arabia Saudita, aumento dei prezzi, situazione dei rifornimenti di combustibile). In primo piano troviamo i vertici «energetici»di giugno (vertice CEE, vertice di Tokyo e riunione OPEC). Altri temi di rilievo sono l'incidente alla centrale di Harrisburg e le polemiche sul nucleare, la scarsità di benzina in USA e le conseguenze della crisi iraniana sul mercato petrolifero. Quest'ultimo tema si colloca all'inizio dell'ondata di titoli sulla crisi energetica. Ciò si collega al fatto che la maggior parte dei giornali ha ripreso la versione ufficiale che fa risalire alla crisi iraniana la rarefazione del greggio e la conseguente spinta all'incremento dei prezzi. Come è noto, non sono mancate però versioni opposte, in particolare di fonte OPEC, che attribuiscono la crisi petrolifera alla manipolazione del mercato da parte delle compagnie petrolifere. È noto che il mercato del greggio è fra i meno 'trasparenti', condizionato com'è dai cartelli delle compagnie e dei paesi produttori. Non è certo facile neppure per i giornali stabilire quale sia la situazione reale. Tuttavia il comportamento della stampa non è certo irreprensibile ed esente da forzature 'terroristiche' nei confronti del pubblico. Ad esempio, all'indomani della riunione dell'OPEC, il 29 giugno il Corriere della Sera apriva la prima pagina con un titolo di testa su 6 colonne: La «stangata» petrolifera costerà all'Italia 3000 miliardi di lire in più solo nel 1979. Il giorno dopo la Repubblica rettificava pesantemente questa previsione titolando: La stangata OPEC costerà all'Italia 600 miliardi; il giornale sottolineava l'esigenza di «calcoli più approfonditi> per «non favorire le speculazioni che, inevitabilmente, si agganciano a un sistema di prezzi come quello stabilito dall'OPEC,.. Noi non sappiamo se abbia ragione il Corriere della Sera o la Repubblica, quel che è certo è che anche i quotidiani italiani più «autorevoli» non si astengono dall'aggredire i lettori con titoli contenenti valutazioni approssimative quanto adatte a sedimentare la psicologia della «crisi». L'episodio che abbiamo citato è tutt'altro che isolato. Problemi sociali e conflitti sindacali Parallelamente al declino di interesse per i temi economici non legati alla «crisi energetica», si osserva una certa distrazione e frammentarietà del comportamento informativo verso l'area dei temi «sociali». In un anno che ha visto il rinnovo dei più importanti contrattidi lavoro, tutti i conflitti sindacali messi insieme hanno raggiunto soltanto il 3% dei titoli di testa, con uno spazio nettamente inferiore, ad esempio, a quello ricevuto dall'Iran. Come vedremo più avanti, le lotte per il rinnovo dei contratti, per di più, rappresentano solo una parte minoritaria di questo 3%. Nessun tema di questa area è mai stato il tema dominante in alcuna settimana del semestre. La «ripresina», la scoperta della «economia sommersa», quando non addirittura l'annuncio di un «nuovo rinascimento,. alle porte (come nel caso di un famoso articolo di fondo di Alberoni sul Corriere della Sera, in gennaio) hanno certamente pesato su questa 'distrazione' per i temi economico-sociali. Il meccanismo del capitalismo italiano sembra aver ripreso a 'tirare' e torna a prevalere un atteggiamento all'insegna del «tutto va bene,. e del il regime dell'equo canone e favorevole al ripristino del «libero mercato». È difficile non vedere in questo dato la conferma di una tendenza alla chiusura e al moderatismo verso i problemi sociali più immediati. I settimanali confermano le tendenze dei quotidiani, anche se quantitativamente l'attenzione appare un po' maggiore (una copertina dell'Espresso sul problema della casa, una dell'Europeo sull'epidemia a Napoli, due di Panorama sull'aborto). Sport & Riflusso Le aree tematiche residue coprono il 7-8% dei titoli di testa, di cui il 2% va allo sport. Cronaca, costume, cultura si spartiscono il resto. L'analisi statistica delle prime pagine non è, in questo caso, molto indicativa. Si può rilevare peraltro che in gennaio il tema del riflusso/ritorno al privato compare 22 volte sulle prime pagine dei cinque quotidiani; è un dato abbastanza significativo se si considera che vi è un deEvoluzione mensile dei temi principali nei titoli di testa dei quotidiani «non disturbare il manovratore", temperato però dall'annuncio di una nuova «austerità energetica» e dei relativi, necessari sacrifici. Lo scontento viene cosi deviato verso il fanatismo di K.homeini e l'avidità degli sceicchi, cioè verso un fattore esogeno e incontrollabile come la grandine o il terremoto. Queste considerazioni possono apparire opinabili, ma corrispondono a dati osservabili. Fra i «problemi sociali» in tutto il semestre sono emersi nei quotidiani soltanto il tema dell'equo canone e della requisizione delle case sfitte, e distanziato, l'epidemia infantile a Napoli. Si deve aggiungere che la parte più considerevole dello spazio dato al problema della casa è stata suscitata dagli ordini di requisizione degli alloggi sfitti: quasi tutti i quotidiani «indipendenti» hanno assunto un atteggiamento di difesa della proprietà immobiliare. di ostilità verso Aprile bolissimo aggancio con avvenimenti importanti di attualità. Nelle copertine dei settimanali la tendenza appare ancor più amplificata: l'area «costume/tempo libero» supera il terrorismo e si avvicina alla politica interna. Ecco una breve antologia di copertine. Inchiesta DoxalCoppia di destra, coppia di sinistra; Il bambino italiano/E se gli dessimo qualche schiaffo; Rapporto semiserio su: il privato; In che discoteca andiamo stasera? (Espresso). La nuova libertà/Vivere soli; La sculacciata/Gli italiani stanno diventando sadici?; Essere genitori oggi/Mamma non rompere (papà nemmeno); Basta con le diete/Grasso è bello; Giovanissimi in crisi di identità/E tu chi sei? Bob (Panorama). Tutti a tavola/Inchiesta sul più diflu• so. divertimento nazionale; Carnevale '79/E l'Italia si maschera ( Europeo). Temi «nascosti» Abbiamo già indicato alcune tematiche «recessive» (problemi economici e sociali) e alcuni avvenimenti che appaiono «sottodimensionati» (Caso Banca d'Italia, Nicaragua). Il «caso Banca d'Italia» si è sviluppato principalmente sull'asse dei finanziamenti alla SIR; tuttavia esso si incrocia anche con un altro 'caso', quello dello scandalo Italcasse. Ecco cosa ne scriveva Scalfari in un editoriale comparso su Repubblica del 16 marzo sotto il titolo Quel muro di silenzio attorno al covo • dell'ltalcasse: «Un'attenzione assai scarsa ha dedicato finora la stampa italiana allo scandalo dell'Italcasse. Sarà perché di scandali politico-finanziari è gremita la storia d'Italia di questi ultimi vent'anni; sarà perché con l'Italcasse entrano o dovrebbero entrare nelle aule di giustizia i veri Intoccabili del ventennio. Ma è certo che la distrazione della stampa c'è stata ed è assai grave. Eppure quello dell'Italcasse è Maggio Giugno uno scandalo diverso dagli altri. Diverso - e molto più grave - perfino da quello pur così traumatico della Lockheed; perché qui siamo arrivati veramente al cuore del Sistema e perché, se gli altri erano scandali di regime, questo è lo scandalo del regime. L'Italcasse, per chi non lo sapesse o non lo ricordasse, è la banca centrale delle Casse di risparmio[ ...] Fin dalla sua fondazione quest'Istituto bancario di diritto pubblico, i cui dirigenti sono di nomina del governo, è stato guidato da un uomo della DC, quel Giuseppe Arcaini ormai morto sotto mandato di cattura, la cui principale funzione si è scoperto essere quella di esercitare peculato in favore del suo partito e, sussidiariamente, degli alleati del suo partito». li «muro di silenzio» lamentato da Scalfari attorno allo «scandalo del regime» si è mantenuto anche dopo quell'articolo: in tutto il semestre abbiamo registrato una decina di articoli sulle prime pagine dei cinque quotidiani, Repubblica compresa. li che equivale a dire che lo scandalo Italcasse non è mai esploso. Scalfari aveva forse torto ad affermare che quello dell'Italcasse è lo scandalo del regime; ce n'è perlomeno un altro che merita di stargli vicino ed è quello delle «tangenti» delle compagnie petrolifere, erogate a tutti i partiti del centro-sinistra. Il caso si trascina ormai da anni. Il 25 gennaio abbiamo letto sui giornali che la Commissione Inquirente del Parlamento aveva prosciolto i parlamentari imputati con nove voti favorevoli (8 democristiani e un socialista) e otto contrari (7 comunisti e un indipendente}. Gli imputatigiudici si erano assolti. La notizia era portata in prima pagina dal Giorno ma non dagli altri quattro quotidiani. Dopo quel voto il caso è tornato alla magistratura ordinaria: da allora non ha più fatto la sua ricomparsa sulle prime pagine. Da tutto ciò si deve dedurre che la stampa italiana versione 1979 non si trova in atteggiamento molto aggressivo verso il potere economico e politico. Una conferma a contrario viene dalla vicenda delle lotte contrattuali delle principali categorie (metalmeccanici, chimici, edili, tessili, ecc.). In sei mesi hanno raggiunto uno spazio in prima pagina inferiore a quello dato allo sciopero degli assistenti di volo, categoria che _contapoche migliaia di addetti. Sul 3% di titoli di testa andato ai conflitti sindacali, le lotte per i contratti coprono soltanto l'l %. Nel corso di una trasmissione della rubrica televisiva Prima Pagina, il direttore del Tempo, Gianni Letta, posto di fronte a questo dato, ha risposto che nei quotidiani non esistono solo le prime pagine! Siamo autorizzati a pensare che al Tempo scelgano a caso i temi da mettere in prima pagina o che le lotte dei metalmeccanici non siano meritevoli di uscire dalla pagina «economia e sindacato». Poiché entrambe le ipotesi sono manifestamente assurde non resta da pensare che vi sia una scelta politica deliberata da parte delle direzioni dei principali quotidiani. Conclusioni La campagna all'unisono sul 'riflusso', lo spazio quasi ridicolo dato alle lotte dei lavoratori (per tacere dei contenuti di questo spazio), l'atteggiamento reticente, se non omissivo, verso i grandi scandali di regime sono elementi che si ritrovano in tutta la grande stampa «indipendente» quotidiana e periodica, con diversità tra testata e testata perlopiù poco rilevanti. Un secondo aspetto osservabile è la tenace propensione a ricollegare i temi più disparati, nazionali o internazionali, al filone-base del «riflusso», del «disimpegno», del «ritorno al privato», della «caduta dei miti rivoluzionari». La nostra rassegna- per quanto sintetica - ne ha dato più di un esempio. La stampa italiana non si è limitata a registrare il riflusso nella realtà circostante, ma lo ha attivamentepraticato e sostenuto. Questo non appartiene più al diritto di cronaca - per quanto opinabile e soggettivo-ma a una strategia di intervento. Noi non sappiamo se il mirabile coordinamento mostrato in tale strategia avvenga attraverso intese esplicite fra direttori, proprietà e gruppi di pressione oppure se si attui attraverso più complicati meccanismi di interconnessione ideologica. È una materia che interessa senza dubbio gli studiosi degli apparati di comunicazione di massa. Agli altri interessano almeno i risultati finali; essi ci parlano di una stampa che nella prima parte di quest'anno ha mostrato preoccupanti segni di cedimento e di 'distrazione', forse non più gravi che in passato, ma che possono diventare gravissimi nella situazione di oggi. ,

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