Alfabeta - anno I - n. 5 - settembre 1979

bile con la comunità tradizionale ed era calata con l'introduzione di macc~ine filatrici. L'esigenza padroriale di avere durante il processo di meccanizzazione «lavoranti qualificati in guanto lavoratori stabili, disposti e disponibili ad esercitare in modo permanente un mestiere determinato in fabbrica» (p. 26) contribuisce a sua volta a impedire la qualificazione della forza-lavoro femminile. Solo quando si introdurrà il telaio meccanico, dopo le lotte dei tessitori, si avrà l'ingresso in fabbrica di forza-lavoro femminile stabile: diversamente da altri settori e altre zone qui il massimo di occupazione femminile ha luogo quando la meccanizzazione laniera è compiuta. Per Ramella il carattere particolare del lavoro femminile non può comunque essere visto in relazione «ad una visione schematica del processo di meccanizzazione» ma in rapporto alle «varie fasi di disgregazione della comunità contadina». Pur circoscritto a una situazione locale specifica, il libro di Marina Cattaruzza affronta il problema della formazione del proletariato urbano in un arco cronologico più ampio, facendo convergere sul tema della creazione della forza-lavoro una documentazione che spazia sumolteplicipiani e offre il destro per giudizi articolati e complessi che tengono conto di differenti ottiche di indagine. Nel territorio analizzato dalla Cattaruzza la famiglia patriarcale è solo contadina, non si travasa, neppure modificata, nelle aree urbane e industrializzate: «solo la disponibilità di braccia numerose e non salariate poteva garantire il mantenersi di culture miste intensive su appezzamenti così ridotti da rendere impossibile l'impiego della forza di trazione animale o la sorveglianza dei pochi capi di ovini di cui erano per lo più composti i greggi. La permanenza sulla terra di tutti i suoi membri era condizione necessaria della sopravvivenza fisica della famiglia contadina» (p. 1O). La differenziazione dello sviluppo agricolo nelle zone attorno a Trieste (produttori indipendenti e aziende agricole familiari in Carniola e nel goriziano, arretratezza dell'assetto proprietario e famiglia patriarcale nell'Istria) è visto soprattutto come momento di formazione di un mercato del lavoro differenziato. La forza-lavoro femminile impegnata nella società contadina (braccianti a giornata, salariate nelle filande e cotonifici) trova nella famiglia «il luogo principale della sua riproduzione» rappresentando soprattutto una «integrazione del reddito familiare complessivo»e lavorando gratuitamente (come figlieo mogli) nelle imprese rurali. Lo studio della Cattaruzza mostra come la situazione diversificata del mercato del lavoro, del livellodi industrializzazione, dell'emigrazione, della struttura agraria, comporta una differenziazione nella evoluzione dell'istituto familiare. In molte parti già prevale il nucleo familiare ristretto, altrove (Istria e goriziano) resiste la famiglia allargata. In sostanza dove è maggiore la forza-lavoro femminile sul mercato del lavoro vi è una più rapida dissoluzione della famiglia patriarcale, anche per la anticipata emigrazione femminile rispetto a quella maschile. Passando poi a ricostruire il contesto materiale in cui vive e opera la popolazione urbana. viene messa in rilievo la relazione tra dissoluzione dell'istituto familiare e diffusionedella piccola criminalità e di comportamenti «asociali». mortalità. infanticidi. suicidi, numero di figli illegittimi.Mentre in campagna non vi era possibilitàdi vita «fuori della famiglia». la città permette forme di convivenza. affittanza. legami al difuori della famiglia:e infatti la nuzialità decresce insieme all'abbassarsi dell'età matrimoniale specieper le donne. Questa precoce autonomizzazione dei giovani avviene «in una situazione in cui le possibilità di guadagno stabile e di riproduzione di una famigliapropria non sono più legate all'età matura. quando l'attività produttiva era organizzata prevalentemente su base artigiana» (p. 61). li matrimonio, nella nuova situazione. è anche un mezzo di integrazione con la popolazione locale. Coloro infatti che si ricomporranno su base etnica (gli immigrati della Carniola. Stiria. Dalmazia) rimarranno a lungo non assimilati. elemento questo «non secondario di discriminazione interna al P,roletariato» per quanto riguardava il potere contrattuale. i settori di occupazione. i luoghi di resi-. denza. Per gli integrati tuttavia. si traita di un processo a senso unico che avviene attraverso il matrimonio tra le donne locali e i maschi immigrati. Il crescente aumento dei figli illegittimi fino al 1913 (quando essi rappresentano il 18.5% de·, totale dei nati) è indizio certo di instabilità sociale e del venir meno della famiglia come forma esclusiva di aggregazione primaria; mentre parallelamente il livello abnorme della mortalità infantile (circa il 50% entro i primi cinque anni) mostra a sufficienza la degradazione delle condizioni materiali di vita. La Cattaruzza non si ferma però a esaminare le modificazioni oggettive dell'istituto familiare: analizza il nuovo atteggiama le stesse articolazioni e stratificazioni delle classi subalterne e i rispettivi. diversi. comportamenti sociali e coscienza collettiva. Così vediamo il «distretto» abitato dai «rifiuti sociali». l'unico dove la popolazione diminuisce. il simbolo di una estraneità totale alla società cittadina. il luogo prediletto della condanna morale dei benpensanti. capace però di esprimere ribellioni che coinvolgono tutto il quartiere nel 1902, 1907, 1911, 1915. E altrove invece il distretto del proletariato urbano, di più recente urbanizzazione, costruito ed ampliato vicino ai luoghi di lavoro, omogeneo socialmente, che si ribellerà (come rione) soltanto nel Differenzadi approccioe nuove.diff'.., coltà È difficile trarre qualche conclusione precisa e significativadai testi esaminati per quanto riguarda l'evoluzione della famiglia. il suo ruolo. le cause del mutamento. Il modello sociologico di Manoukian, non intrecciato con un'analisi ael mercato del lavoro, nsulta alquanto assiomatico: pur essendo però recepito in diversa misura anche dagli studi più specifici e non potendo quindi essere considerato inutile o irrilevante. Sul lavoro femminile le idee sembrano più diverse: in parte perché differenti erano le situazioni storiche Quattrodomande a NorthropFrye D• I/ suo ultimo libro tradotto in Italia è La scrittura secolare, dedicato al romance. Categoria dif ficile per il lettore italiano, a cui bisogna tradurre «romanzo fantastico», dato che la nostra lingua 1101h1a l'opposizione tra «nove/» come romanzo realistico e «romance». Tuttavia anche se 1101a1bbiamo la categoriadel romance, in Italia ne abbiamo prodotti alcuni, e lei ascrive al romance anche la Divina Commedia. E in ogni caso le giovani generazioni italiane, come accade un poco in lutto il mondo da qualche anno, riscoprono il fantastico. Tolkien, naturalmeme, e 1utti i suoi sottoprodotti, ma anche la nuova Science Fiction, che 1101t1entapiù l'apologo illuminis1ico come dieci o veni'anni fa, ma batte le vie del fantastico. E infine, ci piaccia o no, sono da ascrivereal romance anche i nuovi film spettacolari come Star Wars. Perché secondo lei quella generazione che nel '68 era molto politicizzata e privilegiava il romanzo realistico e sociale ora cerca il romance? Quali sono i rapporti tra l'estremismo giovanile e l'aspetto che Lei dice « rivoluzionario» del romance? R. Sono pienamente consapevole dell'ambiguità del termine «romance» in quasi tutte le lingue europee, e persino in inglese si è costretti a farne uso in molti sensi diversi. Trovo imeressante il fatto che gli studenti europei preferissero la narrativa realisticanel 1968, perché nel Nord America secondo me l'intero movimento studentesco era completamente romamico anche nei suoi gusti letterari. Negli Anni Trenta, gli studemi di sinistra, che allora erano per lo più stalinisti, leggevano narrativa realistica che ritenevano dotata di più dignità del romance, da essi disprezzato come «letteratura d'evasione». Penso che la voga del romance in cinema e televisione, come pure in letteratura, rispecchi un gusto che è presente all'incirca a partire dal 1960. Esistono due livelli di realismo: uno, che altrove definivo «realismo stupido» e che di fatto è una forma di idealismo, consiste nel prendere per realtà la facciata, l'apparenza della società. Si lega strettamente al sentimentale ed è caratteristico del «realismo socialista» nell'Unione Sovietica. L'altro livello, rappresentato dai Disastri della guerra di Goya, sfonda la facciata penetrando nella realtàche lesta dietro. Mapersino qui è implicato un elemento f011eme11te conservatore, nell'accettazione del principio di realtà quale lo troviamo, per esempio, in Balzac. Anche Freud e Marx sono realistici, e per me è stato di interesse vedere come in America si sia trasformato Freud in un profeta dell'ottimismo rivoluzionario e Marx in un mento fatalistico verso la morte delle classisubalterne. i rapporti contraddittori che esse intrattengono con la medicina ufficiale. col dibattito in corso sull'allattamento naturale o artificiale, il diffondersi delPalcoolismo. il ruolo delle strutture abitative nei comportamenti quotidiani individuali e collettivi. Alla differenza più immediatamente visibile tra famiglia rurale e famiglia urbana (e rispettivi comportamenti. valori. modi di vita. ecc.). la Cattaruzza aggiunge un'analisi particolareggiata dei rioni triestini che mette in luce non solo la diversità materiale tra borghesia e proletariato (rispetto alla casa. la salute. la mortalità. ecc.) neo-umanista la cui «alienazione» viei1e considerata un problema spiri1uale anziché economico. Similmente la fantascienza «hardware» si è in gran parte esaurita, e la fantascienza oggi è diventata una sorta di «romance» filosofico. D. Non solo nel/'u/1imo libro ma in un capilo/o di Anatomia della critica Lei parlava del romance come della «ricerca di una soddisfazione della libido o io desiderame». Lei sa che oggi 'desiderio' è una parola che circola molto, anche in chiave politica, in gran parte sotto l'influenza del/' Antiedipo di Deleuze e Guai/ari. Pensa che (oltre a/fatto che in entrambi i casi si parla di una pulsione profonda, in un orizzome psicoanalitico) ci sia qualcosa in comune tra questa tematica del desiderio e il ritorno al fantastico? R. La fantascienza è quasi tutta fondata sul tema del sogno di volaresicché non è in dubbio la sua connessione con l'io desiderante. La mia personale concezione del desiderio l'ho derivata da Blake, 1101d1a Freud e /rovo le concezioni di Blake più utili. In Blake, il «desiderio» è la forza motrice per realizzare una visione immaginativa, ossia è la causa efficiente della creatività umana. A mio parere, oggi la generazione più giovane si interessa al tema della creazione di nuovi mondi possibili. Il che dà ai loro interessi rivoluzionari,per esempio, una forma più anarchica di quella del marxismo ortodosso dove tulio dipende dall'assumere il comando di un ordine già esistente. Da qui, tra l'altro, che i movimenti di protestagiovanile contengono un e/ememo fortemente sessuale che erapraticamente assentenellagenerazione più anziana di cui parlavo poco fa. D. Qualcuno ha visto il ritorno al fantastico come una forma di ritorno al sacro, al pensiero religioso. Ma lei oppone neuamente un epos sacro, la Bibbia, al romance come fenomeno secolare. Questo alle origini. Crede che oggi il fantastico secolare si presenti come un Ersatz del sacro? R. La religione ha a che fare con l'impegno e altri simili problemi esistenziali e nessuna religione seria a me nota fa granché uso del fantastico. Quindi un culto del fantastico sarebbe una forma alquanto inferiore persino come Ersatz. Penso che il fantastico sia uno sviluppo abbastanza recente nelle arti, e che prima del nostro secolo non avesse che un'esistenza marginale. La sua crescente influenza ha molto a che fare con il 'desiderio' di creare un mondo nuovo. Sarebbe scoraggiante credere che la calca di scimmie psicotiche su questo pianeta sia il meglio di cui è capace l'universo in fatto di vita consapevole. 1920 di fronte alla minaccia fascista di distruggere la rete organizzata del proletariato. Da ultimo la Cattaruzza descrive le classi lavoratrici nella loro composizione di classe, nella loro realtà di lavoro. nella diversificazione di qualificazione professionale, seguendo le lotte e l'organizzazione. i caratteri della rivolta e dell'insubordinazione nei suoi aspetti individuali e collettivi. Tutto. però. non come rappresentazione autonoma ma in relazione alla scomposizione e ricomposizione capitalistica. alla sua ristrutturazione. all'uso delle macchine. del salario. delle categorie. della mobilità e degli incentivi economici. Di qui, che c'è stata sempre una qualche credenza nelle forme di consapevolezza superiori o alternative. In altri tempi, gli esseri superiori erano angeli, grandi uccelli in volo nel cielo: oggi arrivano sulle navi spaziali, sono eroi culturali. Forme alternative di vita un tempo lo erano so/ramo i faeries, fate e folle/li: da To/kien in poi si sono propagati dappertutto nel tempo e nello spazio. Certo, è una credenza romantica che nella creazione l'uomo partecipi della natura divina, e questo interesse nellaportata della creatività umana, da un tale punto di vista, potrebbe avvicinarsi alla religione. D. Alla luce delleprecedemi domande, c'è un punto imeressante da chiarire. Lei ha parlato del romance come di una narrazione polarizzato, buoni e cattivi, bianco e nero, una struttura af fine a quella degli scacchi. E nella Scrittura secolare Lei allude (in poche righe) al fatto che le agitazioni universitarie del '68 avevano prodotto situazioni «manichee»: e aveva insinuato, sia pure attribuendo l'idea ad altri, che ci fosse un rappono fra la sindrome guerresca della comestazione (noi e gli altri, i nemici) e la struttura del romance televisivo. Se così fosse, vede il nuovo gusto per il romance come una conseguenza (magari una sublimazione) di quel/'aueggiamento generazionale? R. Ho accennato prima ai due livelli di realismo: il livello che accetta la facciata dell'autorità sociale e il livello che la penetra e oltrepassa e che è la forma genuina di realismo. La pubblicità e la propaganda rinforzano la facciata, l'apparenza del sociale, e l'invenzione della televisione ne ha reso l' impatlo talmente schiacciante che, in America, la generazione più giovane, a partire dal 1965 almeno, è stata spinta quasi all'isterismo. Non le è mai riuscito di a!ferrare un senso della realtà al di là della facciata: non ha prodouo nessun Marx che le desse un senso coordinato di quanto la fronteggiava, come ha fatto Marx nella sua analisi del capitalismo. Tutto ciò che potevano fare era di adottare e ribaltare le categorie della televisione stessa: la lotta tra il lato buono e il lato cattivo, tra le forze della luce e quelle delle tenebre. I nemici venivano descritti in termini paranoidi tipo «/' establishment politico-militare». Non vedo come oggi un aueggiamento alternativo sia realmente possibile per i giovani sensibili e immaginativi benché esistano naturalmente pericoli enormi nel trasformare un confliuo in un'apocalisse. La posizione più auspicabile è di vedere la lotta come un conflitto tra concezioni più che tra individui. analizzate, in parte perché non vi è omogeneità nel giudicare la differenza qualitativa del lavoro in fabbrica e quello a domicilio o il peso specifico del lavoro domestico accanto a quello extra-familiare. Sembra non possa esserci convergenza tra le affermazioni della Scott e della Tilly («Non fu necessario. quindi, alcun cambiamento di valori per permettere alle donne delle classi inferiori di lavorare fuori di casa nel corso del XIX secolo>) e quelle di Levrero e Ballestreri o della Cattaruzza. È in parte perché l'ottica sembra incommensurabile: l'ideologia del lavoro della famiglia contadina e protoindustriale da una parte. la coazione oggettiva delle forme dell'industrializzazione e dei meccanismi del mercato del lavoro dall'altra. Madietro questa opposizione non ci sono solo punti di vista differenti che comunque possono illuminarcisulla realtà del processo storico. Cè pure un giudizio diverso sul ruolo attivo dei comportamenti e dei valori di alcuni gruppi sociali, sulla loro capacità/possibilità di adattarsi a una situazione imposta dall'esterno, sulla totale subordinazione ai meccanismi ferrei dello sviluppo capitalistico. E a seconda dell'opzione interpretativa anche le «risposte> delle classi subalterne sono viste come forme di resistenza, di rifiuto. di lotta, di estraneità. Concentrarsi (Scott-Tilly) sui «valori e bisogni economici [che] avviavano le donne al mercato del lavoro> offre certo spunti di grande interesse: ma relega necessariamente in un ruolo subalterno e statico il mercato del lavoro che invece la Cattaruzza mostra essere l'artefice principale delle stesse trasformazioni familiari. Così negare che «fu l'industrializzazione a emancipare queste donne> (Scott-Tilly) ha un preciso significato polemico contro il progressismo ideologico borghese, mentre considerare l'ingresso in fabbrica delle donne «un fondamentale momento di emancipazione> (Ballestrero) ha il senso di riaffermare il legame tra emancipazione e lotta di classe: entrambi i giudizi tralasciano però dicogliere altri aspetti che, sia pure come risposte parziali, sono invece presenti nei saggidi Ramella e della Cattaruzza {perché della dequalificazione e dell'emigrazione femminile, loro ruolo tanto nella modificazione familiare che nella composizione sociale delle classi nel periodo dell'industrializzazione). Ugualmente diverso sembra essere il giudizio di Levrero sulla meccanizzazione e le trasformazioni produttive come causa prima della disgregazione della famiglia e quello di Ramella che privilegia l'analisi delle «varie fasi di disgregazione della comunità contadina> e vede nella scelta della stabilità familiare (con conseguente lavoro femminile solo fino col matrimonio) una linea di compromessi e di resistenza della comunità per cercare di resistere/adattarsi alle nuove forme di sfruttamento capitalistico. Se in quest'ultimo è maggiormente chiara la dialettica meccanizzazione-mercato del lavoro-comunità contadina, è pur vero che indicazioni in questo senso sono presenti anche in Levrero. E la differenza sembra quindi più forte nelle affermazioni e nei giudizi sintetici che percorrono la ricerca che non nelle esemplificazioni e nella documentazione che la ricerca stessa offre. Ulteriori contraddizioni emergono sul lavoro dei bambini. Per la Scott e la Tilly il problema non si pone essendo la loro ricerca fondata sullacontinuitàdiscontinuità di v:alorisoggettivi da cui l'infanzia è esclusa (anche se non lo è nella realtà sociale del lavoro di fabbrica); per Levrero è proprio lo sfruttamento infantile una caratteristica immanente della creazione capitalistica della grande industria e una sua conseguenza è il rinvio della costituzione della famiglia mononucleare nel territorio esaminato. Per Ramella il lavoro in fabbrica dei bambini è sì «costrizione> capitalistica ma anche «scelta> dei genitori che vi vedono la possibilità di poter trasmettere loro una attitudine professionale evitando così ai propri figli un futuro di vagabondaggio e delinquenza. Solo nella Cattaruzza si trovano alcuni elementi che permettono di trarre l'infanzia fuori dalla morsa dominio di fabbricaatteggiamento dei genitori e di delineare dei primi momenti di una ricostruzione «autonoma> dell'infanzia, più fondata sulla globalità del tessuto sociale. Le ricerche prese in esame non possono certo dare una risposta agli interrogativi posti all'inizio e riscontrabili nel dibattito «teorico> che accompagna oggi la crisi del sapere e della ragione storica. Accentuano semmai le difficoltà mostrando quanto pesi la sceltadi un'otticaparticolare,comea volte il contrasto sia più sul modello interpretativo di riferimento che sulla concreta lettura del fenomeno storico, quanto tuttavia la mancanza di un modello rischi una polivalente utilizzazione di nuovi concetti mutuati dalle scienze sociali. La tentazione di una storia totale, integrata. «vera>, è sempre presente perché ci si possa illudere di averla esorcizzata rifiutando in linea di prin-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==