Acpol notizie - Anno II - n. 3 - Gennaio 1970

Bi consapevolezza della profonda ambiguità della linea e del modo di essere del partito. Fino a che questa consapevolezza critica ha finito con l'essere considerata incompatibile con la stessa appartenenza al partito. Per inciso, vorrei notare che anche tu, pur provenendo da origini e attraverso esperienze profondamente diverse, hai, dall'interno, percorso un iter abbastanza simile, per liberarti da un sistema interclassista anch'esso ambiguo e perfino polivalente e per pervenire alla conquista di una linea autentica che a me piace definire di classe ... Labor - Anche a me piace, perchè è di classe, ed è per l'uomo proprio perchè è di classe. Un falso problema della cultura borghese, e molto spesso anche della cultura cattolica, è che si crede di poter contrapporre la classe operaia all'impegno per l'uomo, quando, invece, l'unico modo per impegnarci con la grande maggioranza degli uomini (e Gramsci molto acutamente lo notò spesso) consiste nell'impegnarsi nella classe operaia e con la classe operaia. Natoli - Esattamente ti sei richiamato a Gramsci, ma se vogliamo risalire più lontano è in Marx, e in maniera particolarmente suggestiva nel giovane Marx, che troviamo la scoperta e la teorizzazione che non solo l'alienazione del lavoro, ma l'alienazione· della persona umana, può essere superata solo su una base di classe, sulla base della lotta della classe operaia. Vorrei tentare di approfondire la prima questione che tu hai posto al PCI, la necessità ·di chiarire, di superare le ambiguità della propria politica. Ebbene, io credo che non si tratti di una questione marginale, o di correzione di tattica, ma che essa implichi una revisione radicale di scelte politiche e in fin dei conti venga a coincidere con l'esigenza da noi posta, all'atto di nascita del Manifesto, e cioè l'esigenza di una rifondazione del PCI. Poichè, a ben guardare, se si vogliono rintracciare le radici dell'ambiguità atttJale della strategia del PCI e del suo modo di essere, bisogna ripercorrere le tappe della sua formazione storica quale partito aderente alla 111Internazionale e fermarsi, in particolare, a quei momenti critici quando il partito veniva bruscamente riplasmato secondo il modello staliniano e determinate svolte e modificazioni profonde, anche contraddittorie, della sua strategia venivano recepite dall'alto, come obbligato riflesso di scelte compiute nel Comintern sotto la spinta prevalente di Stalin; e poi trasmesse dal vertice al quadro, èome direttive e senza più un dibattito che permettesse una maturazione reale. Penso al VI Congresso del Comintern ( 1928) e al X Plenum dell'Esecutivo ( 1929), al la· linead'i lotta contro il "socialismo". Ma penso anche al VII Congresso ( 1935) e al rovesciamento di quel la Iinea, al fronte popolare antifascista. Non mi interessa in questo momento esaminare i contenuti di quelle due svolte, ma i modi come esse vennero effettuate, .repentine e di vertice, come di un'avanguardia, anzi di uno stato maggiore che sta al di sopra delle masse e dello stesso partito. Togliatti una volta parlò di doppiezza; ebbene, le ambiguità di oggi non sono che la continuità ~torica di quella doppiezza. Sono storicamente connaturate al modo di essere, alla tattica e alla strategia del partito. Ecco perchè, lo ripeto, tu Labor hai rivolto al PCI una richiesta che mette in discussione, prima ancora della sua strategia, il suo modo di essere e di concepirsi come partito della classe operaia e, ancora più in generale, il problema di un rapporto nuovo e diverso fra il partito e il movimento di liotecaGino Bianco massa. Sono appunto Manifesto. grandi problemi su cui è nato il Labor - lo ho fatto la mia esperienza per molti anni in seno ad un grosso movimento operaio cristiano, le AGLI. Partite da una posizione anticapitalistica, ancora inconsapevole, di fatto, e poi, dal 1957, giunte alla coscienza che il movimento dei lavoratori non trova soluzione sul piano rivendicativo, ma deve affrontare il problema dello Stato, e più di recente, alla presa di coscienza che la battaglia anticapitalistica va condotta anche sul piano politico, per una riforma profonda del sistema economico, sociale, politico per la costruzione di una nuova "società del lavoro". Ora, quale è la soluzione? La mia preoccupazione di fondo è questa: o il comunismo delle baionette, per dirla con Ingrao (che non lo vuole), o un verticismo che porti ad una mancata presa di coscienza da parte delle masse;.o un lavoro nuovo, appunto, in direzione delle masse, un lavoro culturale nuovo, una pratica politica e sociale che coinvolga le masse e in esse faccia maturare il consenso. Ciò implica la liquidazione di ogni residuo di verticismo. Per questo, mentre respingo ogni polemica anticomunista tradizionale, credo sia uno stimolo positivo dire al PCI: bisogna scegliere; bisogna· scegliere metodi e alleati, strutture di base e tempi di attuazione, accordi di potere solo all'interno del sistema dei partiti (democrazia cristiana, socialdemocrazia, repubblicano, parte moderata del PSI, PSIUP) ovvero accordi di strategia all'interno del nuovo e già ben visibile sistema delle forze del cambiamento e della contestazione. Questa è la scelta che io propongo al PCI. Natoli - Anche noi abbiamo posto scelte simili al ~'artito. Ma la risposta è stata negativa. Non credo che _essadebba essere ritenuta definitiva, ma piuttosto il risultato di condizionamenti storici, di uno scontro di forze contrastanti all'interno del partito Labor - Il PCI costituisce oggi una realtà assai complessa, eterogenea, dice addirittura l'ultimo editoriale del Manifesto: una fisionomia difforme da regione a regione, una composizione sociale complessa, una considerevole parte degli iscritti lontani dall'attività militante, concezioni ideologiche perfino incompatibili, da un radicalismo democratico fino alla ortodossia staliniana. In queste condizioni, credi tu che il PCI saprà compiere lo sforzo necessario per realizzare il salto qualitativo che noi gli chiediamo? Natoli - L'esperienza nostra dimostra purtroppo che un processo simile non ha potuto svilupparsi dall'interno, attraverso quelli che vengono definiti i "canali normali". E' vero però che serie tensioni esistono nel partito e che ci si può domandare fino a che punto la stessa composizione sociale complessa delle sue forze organizzate indichi un'alleanza della classe operaia con altri strati sociali; già, per così dire, realizzatasi nel suo interno o non piuttosto il sorgere di una nuova sorta di interclassismo. Ciò in particolare, se si considera come sia andata relativamente crescendo all'interno del partito la presenza degli strati intermedi rispetto alla classe operaia. D'altro canto, uno dei motivi di fondo del nostro dissenso è consistito nella denuncia del progressivo deperimento della componente socialista della strategia del partito, e il parallelo restringerst del suo orizzonte entro limiti ora di difesa democratica, ora di progressismo radicale, con tutte le conse13

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