Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

30 LA CONFEDERAZIONE ITALIANA tunque vasto che con quel piccolissimo possa ag· guagliarsi. Sarei infinito ad accennare anche i sommi capi; ma non ne ho uopo, essendo questo un fatto storico conosciutissimo e quasi vulg·are. La quale grandezza tutta propria di Roma fu costituita, non ci ha dubbio, e crebbe per la spirituale supremazia ond' è il suo capo rivestito; nondime· no se si supponessero i Papi che reg·naron fin qui essere stati niente altro che Principi temporali, crediamo che nelle loro personali qualità darebbero tuttavia la storia del principato più gTande e più virtuoso di quanti cc ue furono. Ma allorchè la Provvidenza nella g·enerosità di pietosi Principi e nel consentimento di popoli fedeli facea monarchi gli umili successori del Pescatore, non mirava tanto a pa·eparare una fiaccola perenne di civile culto tra le nazioni redente, quanto ad assicurare Ia piena indipendenza del vero rivelato dai capricci, dalle pretensioni, dalle prepotenze di un mondo sempre in tempesta. Quanti siamo cattolici ricono. sciamo nella sedia di Pietro il supremo proponente <lclla fede, l'infallibile interprete della rivelata pa· rola, l' ultimo tribunale in fatto di credenze e di morale che ci sia dato avere in terra. Non è una g·uarantigia alle nostre coscienze il sapere che il capo visibile della Chiesa è locato sì alto , che le prepotenze laicali e g-l' intrighi cortegianeschi im. pedir non ne possono o falsame la parola? e non sarebbe un ferire nel vivo le coscienze di dugenlo milioni di credenti~ se al Pontificato romano si to.

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