Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

SETTE LIBERE PAROLE SULLA ITALIA •

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SETTE LIBERE PAROLE DI UN ITALIANO l (MARZO 1849) Signor mio ! che non togli Ornai dag li occhi mi ei questa VCI'gogna ? Che a guisa d' uom che sogna Avei' la morte innanzi gli occhi parmi , E vorrei far difesa , c non ho l ' a1·mi . PHTilAR . , Canz. XVII . BOLOGNA T1pngra(tn Sassi nelle Spndcnr.

Dove siamo ? Dove andiamo? doppia inchiesta che tutti abbiamo in cuore, ed alla quale cerchiamo indarno nel passato una risposta. E una risposta forse non al tutto improbabile si troverà nelle Sette parole che mi accingo a svolgere, e la cui libertà non farà, spero , accusare il titolo di presunzione o di menzogna. L'Italia per esser caduta grado per grado nelle presenti sue sventure, per istarvi tutta dentro affogata, non ne ha quasi il sentimento : direi che meno ancora ne misura i rischi. Come l' uomo, la cui dimora si venne insensibilmente ingombrando di fumo, ha uopo di chi en trandogli nuovo in casa ne lo ammonisca. Dall e Alpi sino alla estrema Sicilia o si geme sotto la tirannide demagogica, o si lotta corpo a corpo con que lla : è la invasione del

VI radicalismo. Quando questo avrà compiuta la sua opera di d istruzione, ci vedremo inalberare innanzi il socialismo , che sta tuttavia dietro la scena aspettando con impazienza Ja sua volta. Se la Società non si risolve al suicidio , ingaggerà una pugna disperata con quel nemico di ogni convitto civile: e rhiscitane col di sopra, si troverà lacera e sanguinosa; costretta però di gettarsi alla mercè di qualche primo console o dittatore. Il dispotismo sarà l' ultimo suo rifugio ! Crescendo i mali scemarono colla stessa propo~zione i presidii . Lo scadimento morale è pari alla declinazione religiosa: per noi è illanguidita e balenante perfino quella fiaccola del Prin· cipato pontificio che rifulse siccome faro neJle tempestose vicende della barbarie! Se al delirio del nostro orgoglio la Prov\'idenza permetterà di spegnerla, sarà certo quello un giorno di lutto per la Chiesa; ma per la Italia sarebbe giorno di dissoluzione e di morte. Frattanto la ragione o tace avvilita o non trova ascolto: il diritto intimidito non ha altro albergo che il santuario della coscienza; cd alla virtù non resta altra missione che il farsi bella agli occhi del sovrano suo Autore neJle segrete sofferenze e nei sagrifizii inapprezzati.

VII Condizioni tanto più dolorose, quanto più liete speranze due anni or seno ci sorridevano! Come mai furon tradite? come mai un avvenire che ci biancheggiava così sereno, si è infoscato e rannugo1ato per guisa, da non farci attendere che folgori e grandini ruinose? Noi crediamo vederne la cagione nelle influenze di quattro onesti concetti falsati dalla nequizia, e di tre fatti che, venutisi ad in· trecciare con quei concetti , 1i resero efficaci e prepotenti. In questi sette elementi pensiamo acchiudersi , nel doppio giro delle idee e delle azioni , il nostro presente non meno che il nostro avvenire. In mezzo al rimestìo che ci stordisce ed al turbine ' che ci ravvolge, vi è chi intravede come al fondo maturarsi qualche gran bene per la Europa e pel mondo : io sono nello stesso pensiero, e vo' convincendomi che Ja Provvi· denza dalle tenebre farà emergere Ja luce. Ma se queste tenebre si prolungassero a qualche quarto di secolo, noi molto probabilmente lasceremmo la vita senza aver neppur salutata l' aurora di sì bel giorno.

VHl Affrettiamolo coi voti : ma è troppa vergogna, è la radice di tutte le sue sventure, che alla Italia onesta e cattolica pesi tanto affrettarlo 13ziandio coll'azione! A :questa dovendo precedere qualche idea, noi tenteremo di esporne alquante che ci sembrano opportunissime, ma senza troppa fiducia di trovar simpatie. Quando la inerzia civile si coperse col mantello della prudenza, l' appello all'azione non puo trovar che ripulsa. La preveggo e mi ci rassegno. Lo scrivere lontano dalla Penisola mi fa temere che lo scl'itto vi possa arrivare tardivo e quasi stantìo pei nuovi fatti , che andranno a compiersi nel tempo che tramezzerà la pubblicazione e la lettura. La rapidità portentosa onde si succedono gli eventi dee ispirare questo timore a qualunque non iscriva sul luogo ed a maniera di effemeridi. Nondimeno i giudizii sui fatti seguiti fin quì e lo svolgimento di qualche principio universale, se banno opportunità, la riterranno, qualunque sia l' aspet· lo elle andranno a prendere le cose pubbliche nella Italia. Potrebbe eziandio avvenire che i nuovi fatti aggiungan peso e rechino nuova conferma a quei gindizii e a quei principii.

SETTE LIBERE PAROLE DI UN ITALIA!IìO SULLA 11.,ALIA, I. LIBERTÀ E DEMOCRAZIA. Felici auspicii delle nuove istituzioni in Italia. - DeiJito che quelle c'imponevano. - Pei'Chè la ma ggioranza ne omlJrava 1 Essa dovea essere e non fu rassicmala. - Reallà del conato demagogico nella Penisola. - Poss iiJilità della pura democrazia m·lla moderna Europa. -Speciali difficoltà che la pUI'a democrazia tt·overebbe ti·a noi. - Alla dcmonazia seguita il socialismo. -Come lo stia combattcudo la Fr<tn· eia? - Perchè non polrebi.Je l'Italia?- Il re bombardatore. In Italia se non da tutti esplicitamente, almeno da moltissimi si desiderarono riforme amministrati ve e temperamenti all'assolutismo. Il successivo svolgimento. dei cpncelli civili, una pace ahbastanza lunga, l'esempio di altre nazioni colte c un sentimento di dignità nazionale ci faceano bramar vivamGnte una 'foce legale uella cosa pubblica; che il senno nazionale avesse diritto di giovare

2 LIBERT1 1 de i suoi lumi i l Governo ; che i poteri concentrali nel Principe fossero ripartiti, equilibrati con effi. caci contt·appesi ; i diritti del Sovrano e del popolo definiti, riconosciuti, assicurati di scambievoli g"Uarentigie ; che lasciata allo Stato l'unità governativa che ne fa la forza , si concedessero le possibili larg·hezze amministrative ali~ provincie ed al comune. Questi voti onesti e ragionevoli si spensero altra volta in conati o improvidi o troppo precoci ; ma espressi, eg·li è oltre a un anno, con moderazione e dignità da molti buoni, con prote rvia ed impudenza da pochi tristi sortirono un effetto che non si saria neppur sognato. I Principi italiani diedero Costituzioni forse più larghe che non si chiedea; e le diedero o perchè credettero di non dovere, o perchè sentirono di non poter opporsi a una tendenza, la quale nelle nuove dimensioni che avea prese ispirava qualche fiducia che la nazione vi fosse oggimai matura. Primo a darla fu il Principe che sariasi creduto esserne più lontano , che avria potuto tener saldo più lungamente, ed a cui la realtà della universale tendenza si presentava più incerta che a qualunque altro. E la diede con franchezza e con lealtà g·iustificate pienamente dai successi. La lotta antica tra l'assolutismo de' Principi e la libertà dei popoli parve così aver avuto fine t ra noi. Fu bello, fu glorioso per la Penisola esser data una nuova vita senza quelle tempestose angosce , senza quelle agonie sociali che sogliono /

E DEMOCRAZIA 3 essere il prezzo dolo1'oso sempre, spesso anc01·a colpevole di acquistate franchig·ie. Senza colpo fe - rire, senza versare stiiJa di sangue noi entrammo nel sospirato arringo di popoli libm·i, ed avemmo i nostri Principi stessi ( necessità o larghezza non monta ) che vi ci mauudussero. Più ottenemmo noi che non la Francia colla subita espulsione degli Orleanesi; che dove quella nello stesso g·enere di governo libero si diede più larghe forme, noi dall'assolutismo di parecchi secoli trapassammo di tratto ad un g·enere del tutto nuovo, ed avemmo oggi suggelli ad una legge comune coi popoli quei Sovrani, i quali ieri non conoscevano altra regola che il relto loro volere, ma che aVl·ebbero potuto eziandio il loro capriccio. Dato così gran passo nell'arringo civile, parea che dovessimo quietar finalmente, e applicar l'animo a correre il nuovo compito che la Provvidenza ci aveva assegnato; ed era lungo, faticoso, forse ancora di non sicuro riuscimento. Dovevamo di comune accordo inaffiare la nuova pianta perchè profondasse le sue radici; dovevamo educarla con lungo amore, ed attendere con pazienza che alle foglie s'intrecciassero i fiori, ed a questi succedessero i frutti. Sopratulto dovevamo abituarvi gl' inesperti che eravamo tutti; affidare gli ombrosi che erano moltissimi e forse i più. Senza queste due condizioni un Governo con elemento popolare non riposando sulle simpatie e sul concorso del popolo , sarà sempre torbido

LIBERTÀ. c precario. Non usi al nuovo t'egime trovavamo tutti e· l' intoppi' le incertezze' le noie dei cominciamenti; e ci era pur forza sovea'chiarli con pazienza longanime e con costanza. Ma vi pare che avrem potuto non darci pensiero dei sospettosi, dei diffidenti, dei non curanti e fin dei contrari? Questi nella Italia costituiscono fuori di ogni controversia la maggioranza numerica; e la nessuna parte che han preso n.ei collegi elettorali ne sono una prova irrepugnabile. So che codesto contegno non è lodevole, appena può trovare scusa nelle vecchie abitudini e nella nessuna parte presa fin qui dai nostri popoli nella vita pubblica. Ma che volete? la politica non crea gli elementi civili : nppena puo leggermente modificarli, e ad ogni modo convien che gli accetti quali li trova costituiti nella Società cui presiede. Ora se ammettete la ipotesi che in Italia la maggioranza numerica non vuoi sapere di mutazioni, come farete voi a costituire un nuovo Governo? vorreste per avventura fargli liberi per forza? Sarebbe il cnso in cui un Governo libero pet' conservarsi avrebbe uopo di tiranneg·e·iare, e distruggerebbe la libertà individuale nell'atto medesimo che vuoi fondare la pubblica. D'altra parte non è a pensare che codesta maggioranza numerica, sospettosa, diffidente, e non curante di libertà non abbia in Italia buone ragio• ni dei suoi sospetti, della sua diffidenza. La libertà, il diritto, la indipendenza hanno troppe attrattive

E DEMOCRAZIA 5 pe1• la mente e pel cuore; e niuno senza un per~ chè avverserebbe chi viene a proferirleci. Ma la storia, le rimembranze, la esperienza di calamità sostenute non si cancellano legg·ermente dalla me~ moria dei popoli. Temettero g-l' Italiani di vedere ancor questa volta la tirannide di pochi demago~ ghi prendere il luogo delr assolutismo dei nostri Principi, pel quale avevamo il lenitivo della lun~ ga abitudine , e che pm· quanto si sia detto e ca~ lunniato, niun~ crederà mai, non quei medesimi che Io predicarono, che fosse tirannide. Si trat~ tava dunque del ragionevole timore ond' era im~ pensierita la maggioranza in Italia, di vedersi cioè oppressa da un reale dispotismo demagogico a tito~ lo di essere affrancati da un imaginario o certo esagerato dispotismo monarchico. Ci stupiremo che quella maggioranza si restasse d'un passo indie~ tro, si tenesse in osservazione, non volesse stendere un dito alla partecipazione dei nuovi ordinamenti, fino a ricusarsi di dare un voto nella elezione dei rappresentanti del popolo? Calcolo, a sentir mio falsissimo, e che è riuscito proprio ai · dispotismo demagogico che si temea e si volea schivare; ma calcolo alla stess' ora naturalissimo, perchè conforme alla umana inerzia ed al riserbo esagerato della onestà, soprattutto in quelle deliberazioni che si prendono dall'individuo senza 1·iguardo alle conseguenze necessarie di quelle de. liberazioni medesime accomunate alla maggioranza. Che se questo contegno schivo e diffidente de i

6 LIBERTÀ più non ha cessato il rischio della tirannide dei pochi, e l'ha anzi causata; per un aHa·o verso ci ha tolto quasi ogni speranza di consistenza ai· Go· vemi liberi, in quanto una costituzione civile e popolare non può tenea·si in piedi lunffamente, senza che sia appoggiata sul suffragio e sul concorso del vero popolo, cioè della maggiot·e sua parte. Pertanto ad acquistare questo suffragio e questo concorso dell'universale dovean rivolg·ersi gli studii dei veri amatori di libertà e d'Italia. Ed era , siccome sembrami, agevolissimo : un poco di lealtà, di moderazione, e sopra ogn' altro di disinteresse nei primi autori del movimento saria bastato per convincere i popoli italiani che si volea davvero la libertà : dove ne fossero stati convinti, il loro concorso non potea fallire; perchè i popoli, credete a me , non si fan pregare due volte per essere affrancati dall'assolutismo. Ora mi si dica: ci fu codesto poco di lealtà, di moderazione, di disinteresse, che era la condizione sine qua non di tutti i beni civili e politici sperati dalla Ilalia ? Indubital.amente in molti ce ne fu più di un poco ; e il Troya in Napoli, il Balbo in Torino , il Capponi in Firenze ed il Rossi in Roma erano uomini forse da ispi1·are quella indispensabil fiducia alla parte sana della Penisola , e da assicurarle le acquistate e ancor ba lenanti istituzioni. Ma i primi tre colle improvìdc morbidezzc verso la

E DE!\IOCRAZIA 1 parte iniqua l'iuscivano ad essere sopraffatti da questa: l'ultimo colla sua fermezza e colla fedeltà al Principe si chiamava sul capo il pugnale dell' assassino; e colla decorosa sua morte giustificava i timori dei tre primi, espiava qualche passato suo torto, e lasciava anche quell'ultima parte della Italia superiore in preda dei demagoghi. Così dalla Dora infino al Tronto il principio di autorità è tradotto nelle piazze : a queste sole appartiene il diritto di sanzionare e di eseguire: ogni onestà abborrente dai politici saturnali dei circoli popolari è tenuta per nimica o almen per sospetta: ìl Principe si ritrasse, come da Roma ; che se resta, come in Torino, a volerne salva la coscienza e illeso il decoro, deve supporsi poco altro che fantoccio per mostrar la persona e prestare il nome. Nella Italia meridionale una felice eccezione fa che si goda qualche tranquillità; essa nondimeno iniziata nelle sanguinose giornate di maggio, non sarebbesi prolungata finora, se non fosse sostenuta da armi valorose e leali. Ma anche così quella tranquillità è precaria; è da una generazione di uomini quasi reliquia di dispotismo maladetta ed imprecata. Ci è dunque , ~ chi potrebbe ripugnare a questa illazione? oltre all' assolutismo che ha ceduto, oltre alla monarchia costituzionale che ha trionfa,to , ci è un terzo elemento ribellante che pug·na , a cui l ' ottenuto non basta, che medita inoltre più innanzi , che tenta ad invadere oR·m cosa ed

8 LIBERTÀ a cui cale assai poco dell' appogg·io e del suffrag·io dei più , in quanto non potendo aver complici i più, mia·a unicamente a conquiderli cd a schiacciadi. Questo elemento è la democrazia o demagogia che volete chiamarla, la quale si è fatto largo e ha preso forza dallo avere adulterato il sentimento legittimo ed onesto di libertà. La esistenza reale di codesto malaugurato elemento non ha bisog·no di prova; ma se pure altd ne pretendesse, ce ne sarebbero più del bisogno. Certo il principio cozzante coi moderni ordinamenti non puo essere altro che la pura democrazia, la quale faccia dipendente dal suffrag·io uni - versale tutto intero il potere legislativo non meno che l'esecutivo. Aggiungete che la democrazia si è non pur pretesa ma eziandio praticata, quando con non altra autorità che il volersi chiamar popolo, i ridotti de' patriotti, i circoli popolari, i branchi di gridatori nelle piazze han creduto ave· re il diritto di far leggi e di nominar JJ1inisteri . Anzi que' stessi Ministeri sonosi proclamati ed imposti sulla Dora, sull'Arno e sul Tevere al solo ed esplicito titolo di volerli democratici; cioè della pura democrazia , a cui non appartenevano i reietti, e la quale era twppo assicurata dalla qualità dei voluti. E non s'ingannavano per fermo i chieditori! A non dire del Guerrazzi di Firenze dipinto abbastanza da sè medesimo nei suoi scritti , <'.he sia lo Sterbini in Roma lo sa oegimai tutta Enl'opa , che sia prete Gioberti in Torino , lo sa

E DEl\IOCRAZIA 9 chiunque ha letto nell'ultimo suo libro la dichiarazione a grossi caratteri, essere la sua democrazia pura come quella di Massimiliano Robespierre. E chi non iscuserà Carlo Alberto delle enormezze che si consumarono e si consumano tuttavia in suo nome neg'li Stati sardi? Grande sventura, ma più grande umiliazione di un Principe! che per mantenere qualche poco altro tempo un residuo bugiardo di principato, si dechina a palleggia• e con chi dee abborrirlo per massima, e accetta un ministero democratico, puramente democratico; tale cioè che professa esplicitamente di tenere il Principe al suo servigio finchè crederà averne uopo: lo licenzierà più o men bruscamente, come prima avrà veduto potersi passare eziandio di un nome regio. Da questa poco dissomig·liante fu la condizione del gran Duca., che alla sacri lega Costituente romana o italiana inviava deputati con mandato senza limiti, e però con pieno potere di rinvia rio con Dio. La dipartita di Leopoldo dalla. Toscana è atto di cattolico generoso, che in tempi di viltà e di prostrazione morale è prodigio. Vorremmo, ma non possiamo riconoscere generosità nella sua prontezza a rinunziare una corona: questa cadeva nel fango, perchè raccolta da un partito furioso che avrebbela abusata ad oppressione di og·ni onestà e di ogni dit·itto. Per noi che c•·~­ diamo i re anche costituzionali essere in ben del popolo e non viceversa, codeste inaudite condescendenze sono sacrifizi meno di diritti che di 2

10 LIBERTÀ. doveri; e riescono ad immolare il vero popolo alla febbre democratica ed alla tirannide della oligarchìa. Ma forse che i popoli non se 'l meritarono più col non fare che col fare ? Che che sia di ciò, il conalo alla pura democrazia è un fatto così evidente in tutta Ilalia, che saa·ebbe ridicolo anche il solamente restarne in foa·se. Essa può dirsi compiuta neeli Stati pontificii e nella Toscana; nei dominii sardi è compiuta per tre quarte parti, e solo nei nomi e nelle apparenze si sta usando qualche rieuardo : nel Regno il conato è lo stesso , e sol non erompe perchè compresso da una mano risoluta e forte. In cosiffatte condizioni qualunque Italiano sappia non dico altro che temere e impensierirsi di un avvenire cotanto trepido, dovrebbe muovere a sè medesimo le seguenti inchieste. La pura democrazia potrebbe nella pratica riuseire stabile e prosperosa in qualunque dei modemi Stati di Europa? La pura democraz ia è almeno possibile (nella moderna Italia ? Ove pure si venisse in Italia alla pura democrazia , ci fermeremmo in essa , ovvero dai suoi fautori con nuove violenze saremmo sospinti a nuove agitazioni ed a nuove sventure? Una parola a ciascuna delle tre inchieste; quantunque ciascuna potrebbe da t· materia -ad una dissertazione e forse anche a un libro. Quanto alla prima, è almeno forte dubbiosa la fe rmezza e la prosperità di una pura democrazia t ra noi. Non ve n'essendo esempi nella storia

E DE~IOCRAZI A 1l della moderna Europa, noi non potremmo che fame un tentativo colla prevenzione, che i fatti fin quì degenerarono in anarchia e abortirono miseramente. Solo un' avventalezza da ri vo1lure o una imprevidenza giovanile ci si potrebbe gellarc con ardimento : un uom ragionevole ci vorrebbe pensar due volte innanzi di commellersi ad un sentiero o non tentato da altri o fallito . D'altra parte non mancano gravissime raGioni che ci ta·oncano la fiducia di un felice riuscimento. Una Società in cui la preponderanza numerica sia tutto, e che per questo non può tene1· conto di elementi vivi, poderosi e che saran sempre ricalcitranti: una Società che non ha poteri distinti e conlrabbilanciati tra loro per potersi vegliare scambievolmente, contenersi e correg·gersi secondo il bisogno: senza baluardi a distinguere ed assicurare di [reciproche guarentigie i vari diritti c di forti sanzioni i doveri: una Società somigliante non avrà di certo che il diritto di rivolta nella moltitudine ed il principio di dispotismo neH' autorità. Il pe1·chè se non venga sostenuta ,da specialità di origini, di luogo, d'indole e somiglianti, come accade nelle repubbliche unite di America, non sarà mai stabile ; e senza fermezza è vano sperante prosp~rità. Lo sperimento che se ne stà tog·liendo da un anno in Francia non può ispirarci molta fiducia, se non anzi può valere a crescere la nostra diffidenza. L'urto continuo in che ivi sono i vari pÒ· teri non abbastanza equilibrati , il niun conto te-

12 LIBERTÀ. nuto dell'aristocrazia che sopravvive e che non si spegne coll' egalité vergato sù tutli i cantoni; lo scadimento nel credito pubblico, nei commerci, nelle industrie, prezzo troppo caro onde il com· merciante e l'operaio han compero il dl'itlo di metter nell'urna una delle sei milioni di voci pel presidente della repubblica; gl'intoppi che il Governo incontra ad ogni passo nella necessaria repressione dell'anarchia che scaltra o minacciosa si avventa da tutti i la li, sono queste le precipue cagioni per le quali una gran parte de' Francesi è fastidita della repubblica, pochi si affidano che possa mantenersi. Colla quale disposizione di animi la democrazia non può vivere; o viverà di una vita somigliante all'agonia, ag·itata dalle angosce e dalle strette della morte. Ma i popoli non morendo come muoiono gl'individui, alle agonie democratiche dee di necessità succedere un ristabilimento qualunque : la ~storia ci apprende che il più consuelo è 1' assolutismo. Più un Governo è popolare, più .ha bisogno di riposare sulle profonde convinzioni, sul concorso risoluto e forte di tutte le classi. Se la maggioranza non lo abbraccia di piena volontà, se lo ripulsa, e dico ancora se vi è indifferente, la minorità che lo sostiene non avrà altro mezzo per mantenersi, che opprimere. La oppressione ingenerando dispetto farà sempre più rara la schiera degli aderenti; e per conclusione una democrazia di questa sorte non si potrebbe aiutare d'altro puntello che della tirannide.

B DEMOCRAZIA 13 E questo delJa Francia, dove pure le idee di libertà sono più radicate e più svolte che non for~ se in qualunque altra contrada di Europa, dove la nazione sla educandosi alla :vita 'pubblica da mezzo secolo, e dove un elemento popolare te~ nuto ab antico o negli Stati generaU, o nei Par~ lamenti, o nelle Camere, potea far supporre una bastevole maturità alla pura democrazia. Si consideri ora che sarebbe a dirsi dell'Ila~ lia usa ab immemorabili ad un assolutismo senza veruno temperamento! i cui popoli ieri o avantieri guardavano un parlamento o come un voto difficilissimo o come uno scandalo ; la quale entra ora la prima volta ad assaggiare la vita pubblica senza esercizi preparata colla menoma educazione politica; che appena sa il nome di brog·li elettorali e di fasi parlamentari; che schiva, ombrosa e. re~ stia si rifiuta perfino di stendervi un dito! Ora co~ me farete voi a fondare una pura democrazia tra questo popolo? Supponetela proclamata: potete assicurarvi che dei cento almeno novaotanove non ne vorran sapere; ma l'uno, che si arroga la missione di salvare la democrazia, si crederà rtel diritto di fare verso dei novantanove assai peggio che non facevano le passate polizie per assicurare l'assolutismo. E questo vi pare egli rigenet·are i popoli? o non anzi è un tr·adirli, un oltragg·iarli, 'un oppri· medi? E se io vole.ssi commettere la sup1·ema in~ giustizia di appellar tiranni i nostl'i Principi asso~

14 LIBERTÀ luti del 471 non avrei troppo buone •·agioni di adagiarmi meglio in quella tirannide antica che in questa nuova? A-Imeno il suffragio della maggioranza dovea valer qualche cosa ! E bastan gli occhi per vedere il fatto , il senso comune basta per intendere la ragione, perchè la maggioranza in Italia vorrebbe cento volte meglio tre assolutisti quali si dicevano Gregorio, Leopoldo e Carlo Alberlo, che non tre liberatori ~che si chiamano Sterbini , Guel'l'azzi e Gioberti. In questa guisa invece di conciliare gli animi sospettosi alla libertà e procurarsi l'appoggio dell' universale, si sono anzi giustificati i sospettosi , resi reali i timori, e riproducendo vecchi tradimenti, si è gettata una nazione nell'anarchia, dalla quale non potrà forse redimersi che rinvertendo delusa e pentita alla condìzion di bambiha. Ma supponiamo ciò che non è, ciò che forse ancor non può essere, che tutta l'Italia sia costituita a pura democrazia acquistando sul suffragio universale quell'appoggio senza il quale gli ordini meramente repubblicani , siccome deboli e precarii, non è possibile che sussistano. Supponiamo che i nostri demagoghi siccome hanno l' impu~ denza di dirlo , così abbiano il potere di fare che tutti gl ' Italiani siano democratici . Forse che saremo allora tranqu illi? sarebbon finite le gare? ci resteremmo un poco a frui re i vantags·i ed il decoro della libertà ? Sarebbe stoltizia il pensarlo! Proprio allora comincerebbe uua nuova lotta, la

E DEMOCRAZI A 15 più te1·ribile di tutte, perche si sarebbe tolto l'estremo riparo che sol ci divide dall'orlo del precipizio. Restato questo da tutte parti sCO})erto, si pug·nerebbe pet· la vita e per la morte sociale. Il concetto del progresso indefinito negli ordini sociali ci dice troppo aperto , che nella medesima democrazia non si fermerebbe la umana famiglia, ma colà appunto scorgerebbe schiuso un novello stadio ad inoltrare più innanzi. Cogli or.. dini strettamente popolari si tolg·on di mezzo tutte le distanze politiche, le differenze civili, le distinzioni aristocratiche, tutto in somma che si attiene a vita pubblica : voi no.n riconoscete altre qualificazioni che la generalissima di (cittadino. E fin qui la impossibilità non contrasta il desiderio : ci sono condizioni sociali, non mancano neppure e· sempi di popoli ordinati a questa g·uisa che prosperarono. Ma esaurita in tutte )e sue appartenenze quella uguaglianza legale e civile , se altri perfidia a pur volerla sospingere più innanzi , non gli resta che ad invadere i diritti _individuali, il recinto domestico , le affezioni di famiglia e fino il santuario della coscienza. Questo è il comunismo o il socialismo che sta parato a entrare in campo con tutte le sue pretensioni, come prima gli ordini popolari fossero costituiti. Che se esso combalte per questi , ciò è solo pe1· prepararsi l'arena alla lotta. Questo concetto che, atteso il proeesso logico delle dott1·ine demagogiche e le loro esposizioni l

16 LIBERTÀ pubblicate per la stampa , non ammette replica, è un fatto di cui nessuno dubita in Francia ed a cui solo si cerca un rimedio. Spezzato quell' ultimo ramo imbastardito del ceppo Capeto, la cosa pubblica fu ivi costituita sulle basi le più democratiche che fosser possibili, e per qualche lato più popolari ancor dell'America. 1\Ja che perciò? si è quietato per questo? Ncppur per ombra! Anzi l'antica pugna si è rinnovata con mam.riore empito, in quanto il termine sospirato dal socialismo è più vicino, o i nuovi ordini sembrano avergli allaq~·ata la sfera di operazione, e sgomberatag·liela di qualche ostacolo. Le società segTele mulinano colà e fermentano in tutti i punti e in tutte le ore: i pubblici clubs catechizzano la moltitudine e ne invocano e ne aizzano le più nefande tendenze: il giornalismo comunista è tutto fuoco ad abbindolare i semplici ed a rinfìammare gli ardenti. Se il convitto civile non si risolve in Francia nei primi suoi elementi precipitando nel caos sociale, si deve alla mag·gioranza della nazione, che alJa presenza di così immenso rischio ne ha misurata tutta la g-ravezza, ed è risoluta di ardire ogni estremo per conservarsi in vita. Innanzi a questo supremo voto tacciono tutte le differenze di Jegittimisti, repubblicani, orleanisti e fino quelle di cattolici e d' increduli: tutti convengono in un sol pensiero : Sal-viamo alla Francia la vita sociale, e poi si penserà al 1·esto. Per buona ventura questa vigorosa tendenza è appoggiata da un Governo ri-

E DEMOCRAZIA 17 soluto e forte. Questo concorso unanime fa spe· rare che così generosa nazione sia salvata un'altra volta. Ma il 29 del passato gennaro fu giornata lrepidissima : si stette li pet' li sul veder rinnovate le scene sanguinose di giugno; e se la parte ribellante avesse avuto il di sopra, una delle prescrizioni prepat·ate, come costa da documenti :uffizial i , era questa : La libertà individuale sospesa per tre mesi. Nessuno onestuomo può indovinare quali violenze ed enormezze covassero sotto quel· la parola! Questa , non altra che questa sarebbe la condizione della Italia costituita a democrazia: ne sono troppo manifesto seg·no le simpatie e le tenerezze scambievoli dei socialisti francesi e dei demagoghi italiani. Proudhon e Ledru-Rollin sono gli ammiratori più caldi di tutte le infamie della Penisola, i lodatori obblig·ati di Sterbini e di Gioberti: questo prete vituperoso alla sua volta prostituì l' Evangelio alle ribellioni, e santificò del nome di Cristo tutte sorte di rivohure, senza escluderne almeno la socialistica. Si che, per concludere, l'Italia democratica sarebbe agli stessissimi termini e si troverebbe alle prese collo stesso nemico; ma conosceremmo assai poco la patria nostra se ci lusingassimo di avere gli stessi presidii da difendercene. Forse non anche maturi per una rappresentanza popolare, con un istinto, con un abitudine ostinata a non volerei intromettere di cosa pubblica, con una

18 LIBERTÀ. moderazion male appresa , somigliantissima alla inerzia della torpedine, pensate che farebbe la maggioranza italiana nei tempestosi tremiti di una repubblica agonizzante che va a risolversi in anarchia o in socialismo! farebbe un sotto sopra quello che sta facendo in Roma : rincantucciarsi accanto al domestico focolare pet· deplorarvi borbottando la iniquità degli uomini e dei tempi, disporsi a consegnar la pecunia quando sia chiesta, preparare scongiuri, caso mai sian volute le donne, consultar teologi per quando fosse tentata la coscienza, e fare un atto di contrizione dove sia a termini di temer della vita! Con una Società così disposta Ja democrazia non può essere desiderata se non da chi intende valersi di quella inerzia civile per ti1·anneggiare da despota. Ma rag·ionando da uomini, ci saria dovuto parere somigliante a miracolo se con una Società così disposta fossimo riusciti a metterei sulla via d'una monarchia temperata; alla quale avremmo avuto duci leali e cooperatori i medesimi nostri Principi . Travolto per sommo tradimento quese onesto concetto di libertà, ora è problema se possa la patria nostra continuarsi sù quelia via, alla quale lung·i di conciliarsi la moltitudine , ha av';lto troppe rag·ioni di dichiararsi più avversa . Se questo non ci vien faUo, l'oppressione, la schiavitudine demagogica, il regno del terrore sarà la nostra porzione, cd il reg resso all' assolutismo l'unico nostro scampo.

E DEMOCRAZIA 19 Meno infelice di tutte è la parte della Penisola che ha meno incel·ta speranza di mantenere le sue franchigie, e sta più vicina al1o scampo, ove mai le avvenisse di averne uopo. Il Governante che la regg'e ci sembra non tanto aver salvati i suoi dil·itli, quanto aver compiuto uno dei più sacri suoi doveri, allorchè colla risolutezza del- , l'animo e colla forza del braccio ha potuto mantenere un ordine legale nella contrada più bella e meno depravata della Italia. Se un abuso svergognato di parole ipocrite non ci avesse oggimai falsato tutti i concetti di verità e di g·iustizia, Napoli dovrebbe al suo re bombardatore una immortale riconoscenza. Essa g·li deve il non essersi vituperata in faccia all'Europa ed alla storia, il vivere una vita civile e la speranza di mantenere ed usufruttuare le ottenute libertà cittadine. Se il principato fosse una istituzione in bene del Principe , intenderemmo chè ci si potrebbe rjnunziare senza colpa e talora ancora senza verg·ogna. Ma considerandolo, com'è di fatto, per una salvaguardia dell'ordine sociale e della sicurezza pubblica, non crediamo che se ne possano abbandonare i doveri, senza nota di avere immolato alla scellerata audacia di pochi iniqui l ' universale della nazione. Se questa maggioranza temperata ed onesta non ha minacce e grida da strepitar nelle piazze, ha voci e lagTime da farsi intendere al tribunale di Dio. Innanzi a questo non sappiamo che le moderne costituzioni abbiano sdebitati i

20 LA CONFEDERAZIONI! ITALI.lNA Principi della tremenda responsabilità per le sventure e per le vergogne dei loro soggetti. II. LA CONFEDERAZIONE ITALIANA E I,A COSTITUENTE. Utilità del concetto federativo per la Italia 1 - come travolto in unità. -Difetto di assimilazione fra le parti. - Alh'i ostacoli . - La Costituente italiana. - Non può tentarsi senza fellonia. - Come ci assentisse qualche Principe. - Speciale sua reità verso il Pontificato. - Il Papa re. - Vario contegno dci nos tl'i Principi . -La Costituente non ha il suffragio universale. - Ha il contrario. - Non può averlo favorevole. Una confederazione degli Stati italiani esemplata suJla antica elvetica, sull' <~mer!cana e forse anche meglio sull'alemanna, saria stata cosa non poco utile e più forse ancora decorosa per la Penisola. Il tentarla, l' oltencrla non acchiudeva lesione di alcun diritto: le difficoltà diplomatiche che ci si sarebbero attraversate non poteano essere che ing·iusle; e saria stato bello c glorioso se l'accordo unanime dei nostri Principi e dei nostri popoli le avesse trionfale. In somma una confederazione si polea desiderare e si desiderava infatti onestamente <la molli . Noi non vedevamo nella Italia queJle sfogg iate grandezze che una procace adulazione ha

B LA. COSTITUENTE 21 esagerate fino al ridicolo : ma neppure vi scorgevamo quella declinazione morale e civile che i nostl'i piagnoni politici creavano colle menzogne per poscia rimpiangerla colle lagrime della impostura. L'Italia non è il popolo privilesiato, e nato esso solo a dominare tutte le nazioni civili: l'impostore che ispirolle codesta matta pretensione, le ha chiamalo sul capo quel dispregio che seguita la povertà orgogliosa. I tiloli della dominazione romana sono impossibili a riprodursi: l' esser centro della caltolica unità fu un dono grazioso di Provvidenza, che le impose il debito d'incedere alla testa dei popoli redenti, ma che serve !'Olo a farla più rea quando per viltà e nequizia si sta cacciando alla coda. Lasciando stare adunque codesti estremi falsi ugualmente ed opposti, è indubitato che il non avere gli Stati italiani a]tt'O leg·arne di unità che i naturali del suolo e della favella, è origine di non pochi incomodi, soprattutto nelle nostre relazioni esterne in un tempo, nel quale la influenza internazionale si misura unicamente dalla forza materiale delle varie Potenze. Una confederazione ci avrebbe acquistata dignità nazionale, ci avrebbe emancipati almeno in parte dalle esigenze pedagogiche e daiJe prepotenze straniere; e quanto al di dentro, ritenendo lo splendore di vari Stati indipendenti, ci saremmo sciolti da molti lacci nei commerci, nei cambi, nelle industrie, nelle comunicazioni , nelle dogane , nella difformità delle

22 LA CONFEDERAZIONE ITALIANA le misure, dei pesi, delle monete e via discotTcndo. Che se pure l'unità nazionale è un bene, questa federativa ue saria stato un apparecchio, in quanto avria dato principio a quell'assimilazione e a quell' esplicamento dei principii comuni indispensabile al fondersi di pal' li svariate in un sol . tutto . Come dunque una speranza così onesta e che parea di non difficile asseguimento nei nuovi ordinamenti civili che davano molto valore ad una t endenza comune, come, dico, quella speranza dilesuò quasi al tutto, fu tradita per forma che , se ri usciremo a declinare una violenta e non durabile fusione, dovrem pensar per salvarci a separazioni forse più crude e taglienti di quelle che fin qui ci divisero? Il sentimento, il voto di confederazi ofte fu o improvidamente o colpevolmente travolto in unità naz ionale. Questa nelle presenti condizioni è impossibile, non si polria tentare senza fellonia e sacrilegi, non ha, nè può avere il suffrasio della maggioranza; e in somma non servirà che per distrugg·ere, lasciando ai venturi la lunga e faticosa opera di riedificare sulle nostre ruine. I popoli per quanto volete naturalmente uni , non si unificano come vari pezzi di metallo omogeneo in un crociuolo. Essi pria di fondersi in un sol corpo hanno uopo di quell'assimilazione che dissi sopra , la quale non si comanda colle Costihwnti, ma è effe tto del lento lavorio dei secoli :

E U COSTITUENTE 23 gli uomini non posson fare che remotamente disporveli colle savie istituzioni e forse a1_1che più col rimuover gli ostacoli. La razza slava ri versatasi daIl' Odente sull'Europa ha ritenuto nei suoi presso a cinquanta milioni di capi il tipo più scolpito e tenace di unità; ma son forse venti secoli _che cammina alla fusione, e nel nostro solo si può dire che v'abbia dato un passo più nella opinione che nella realtà. La Spagna non fu una che pel connubio di Ferdinando e d'Isabella nella metà del secolo quindecimo : allora solamente le corone dell'Aragona e della Castiglia si congiunsero per posarsi su di un solo erede, ag·giuntavi la terza di Granata, che quei due monarchi liberavano dal giogo dei Mori, aiutandosi del senno del cardinal Ximencs e del valore di Gonsalvo de Cordova. La Francia stessa sembra il popolo più uno, più compatto di quanti ne furon mai, tutto concorrendo alla sua unificazione: il suolo, l'indole, la storia, il linguaggio. E nondimeno quel gran corpo ch'è adesso non si è formato che per la successiva e lentissima aggiunzione di varie parti lungo il corso di oltre a sette secoli; e ciò ora per successione, _ora per tratti, ora per maritaggi, ora per cessioni; talora per conquiste, e talora ancora per compera di suolo. Ma neppure un minuzzolo le troverete aggregato a solo titolo di parlare una stessa ling·ua o di essere cil·coscr itto dag·Ii stessi limiti di mont i e d i mari , I dominii de-l Capeto nel

24 LA CONFEDERAZIONE ITALIANA 987 non erano che l'isola di Francia, la Picardia e l' Odeanese : l'ultima parte nel contado di Avignone non ci si aggiunse che nel 179 f ; e vi resterebbe tuttavia la Savoia ed una parte della Svizzera francese. L' llalia meno forse di qualunque altro popolo disposta a codesta unificazione: P Italia che ba taute storie quanti sono i suoi Stati, per non di1·e quante sono le sue città : l' llalia che alla diversità, e dico anche alla opposizione dell'indole tra vari suoi popoli è venuta aggiung·endo invidie e gare municipali afforzate da redate emulazioni e nimicizie; l'Italia che oltre a tanti elementi di divisione, è sospinta dai suoi medesimi rigenera· tori alla pii1 tremenda rottura, quale sarebbe quella nel fatto della religione ; l'Italia, dico, cosi disposta si unificherà in quanto i dernagog·hi Jo avran proclamato; e nazioue orig·inale in tullo avrà l'inaudito priviJeg·io di avervi pensato nel 46 e di averlo eseguito nel 49? Il quale sog·no non si potendo prendere neppur sul serio, noi abbiamo un nuovo e doloroso sperimento di giuste idee travolte, veggendo il concello ragionevole, possibile ed onesto di confederazione falsato e tradotto ad un delirio di unità , la quale oltre al consueto effetto di fornire un nuovo strumento di tirannide o di anarchia, non può neppure iniziarsi senza la fellonia ed il sacrilegio. Codesta infamia di Costituen,te che un pugno di scellerati usciti dalle carceri e dalle galere , o

!! LA COSTITIJENTR 25 degni certo di entra1·ci, sta promovendo nella re. nisola, può egli avere altl·o scqpo che d'imporre a ventitre milioni d'Italiani il loro volere per leg· ge, e la loro sete di dominazione e di sangue pet· forma governativa? 1\ia se la viltà degli uomini e la ingiuria dei !empi non fa trovare a questo attentato un contrasto, sarebbe troppa ig·nominia se perfino gli mancasse un rimprovero! Se non ci bastasse l'animo di chiamar le cose coi nomi loro, e non ardissimo neppure di proclamare quei diritti riconosci uti e sentiti da ogni coscienza che non sia perduta, e dei quali sono somig-lianti conati la più sverg·ognata c la più flagrante violazione. Poniamci pe•· un poco nella supposizione 'la più democratiea delle possibili, nella supposizione dei costituenti medesimi e che è l'unico loro puntello: supponiamo pe1· fino non polervi essere altro Sovrano che il popolo. Se voi non ammellete che per un volo o pe1· un fatto di questo stesso popolo il diritto ed il dovere di governare si possa trovare in un individuo, in un 'assemblea, in una famiglia, voi non solo distrug·gerele ogni autorità esistente, ma rendendone impossibile il principio, rendereste impossibile ogni convitto sociale. Il presidente della repubblica francese per quattro anni ha dal popolo sovrano commesso il diritto ed il dovere di g·overnarlo. Un privato, una mano di pl'ivati che allentasse in qualunque guisa spogliarnelo, sarebbe reo di lesa maestà sociale: se lo facesse Io stesso popolo senza un titolo giusto, 3

26 LA CONFEDERAZIONE ITALIANA grave, riconosciuto, sarebbe reo di abusato potere; e quantunque dovesse per la forza materiale trionfarnc , non potrebbe declinar la nota di ribellioue , di fellonia, di tradimento. Potea certo il popolo sovrano divisare pel mezzo dei suoi rappresentanti diversi ordini governativi, potea col diretlo suo suffragio designare un altro in luogo di Luigi Napoleone; ma posto che siasi costituito dovel'Vi essere un presidente della I'epubblica per un dato tempo, posto che la maggioranza abbia desig·nato questo uomo a presidente e per questo tempo , questo ttomo per questo tempo ha un diritto che non gli può essere contrastato senza ingiuria, non gli può essere tolto senza delitto. Ripeto : se non ammettete questo principio, voi non solo travolgerete i popoli nell'anarchia come si sta facendo al presente in Italia , ma sanzionerete la teoI'ia di uila perpetua e necessaria anarchia, come non si è fatto che io sappia giammai al mondo. Pertanto quand'anche non volessimo riconoscere nei vari Sovrani d'Italia altro diritto e dovere di govemare, che quello commesso dal popolo francese al presidente della sua repubblica, vi pare che avrem potuto a nostro capriccio mandarli a spasso, e proclamare una Costituente, la cui missione precipua è di troval' modo da mandarli a spasso nella maniera più sbrigativa e meno indecorosa ? Sarà sempre un immane delitto sociale; nè crediamo lo sia meno perchè a nessuno non basta l'animo di proclamarlo. La verjtù

E LA COSTITUENTE 27 e la giustizia possono bene esseTe soffocate dalla prepotenza, ma non fia mai che cangino d'un capello gli eterni loro dettami. Stando tuttavia sulla somiglianza di un Governo democratico, quegli che trovasi in attuale possesso ed esercizio di autorità suprema fon può esserne spog·lio se non nel caso che abbi violato i suoi giuri in verso del popolo , e che daUa maggiornnza di questo sia riconosciuta quella violazione. Ora qual titolo ci ha in un tempo che i Principi son condiscesi alla maggior larg·hezza onde i loro popoli fosse1' capaci? Come anzi ci potea essere questo titolo, quando non si è neppur saggiato il contegno che la monarchia avrebbe preso nella Penisola coi moderni ordinamenti? quando se i Principi ebber colpa , la ebbero appunto nello aver troppo o troppo improvidamente concesso. E dove 1mre fosse preesistita una Magna carta come in Inghilterra, o una piccola carta come in Francia, avete voi preso lo sperimento di otto secoli per starvi tranquilli come g'l' Inglesi, o almeno di t 7 anni per cacciai' via Luigi Filippo c proclamare la Costituente come han fatto i Francesi? Colle baionette usurpate e coi pugnali degli assassini si possono bene far lacere le lingue e le penne ; ma nel fondo delle coscienze la voce del senso comune c della ragione è imperiosa e non transige coi demagoghi. Ed è appunto la coscienza , innanzi a cu i l a Costi tuente italiana non può

28 LA CONFEDERAZIONE ITALIANA essere che una fellonia, un tradimento meno al principio di autorità che si sconosce; che non al suffrag·io ed al bene dei popoli immolati iniquamente alla febbre delle rivollure. Si dirà che qualche Principe ci assentiva, che di Toscana muovevano 37 deputati alla Costituente in Roma, e nell'apertura delle Camere in Torino se n'è parlato colle forme più espl'essive, Ma il ricordar questo assenso non è un giustificare il fatto; sl veramente è l' insullo più umiliante alla posizione compassionevole di Leopoldo e di Carlo Alberto. Quando i Principi si dechinano ad implorare a tutti i patti dai loro nemici un lembo della clamide reale che loro si straccia addosso, si debbono considerare come sequestrati dalla vita pubblica, e non aventi all1'0 uffizio che di alcune rappresentanze sceniche, pagate più o meno largamente colla lista civile. Nel resto, di que1la generosità non sal'à molto contenta la marrgiore e miglior parte di quei popoli lasci ati alla discrezione di un partito :.cellerato e prepotente, che si compera la prevalenza col lembo di clamide che fa vista voler lasciare al prin cipato~ 1\la la Provvidenza farà che ciascuno sia pag·ato della sua moneta; ed i Principi consenzienti t1·overanno compenso al loro contegno nel pr·oficiscere che loro si apparecchia ad intuonare la Costituente; e la maggiore e miglior parte di quegli Stati, colla oppressione, onde già ha cominciato ad esser viUima, porterà la pena della portentosa sua inerzia nel lasciar fare.

R LA COSTITUENTE 29 Che se due Sovrani d' llalia patteggia•·ono colla demagogia, dne altri ci videro una violazione dei più sacri loro doveri, anche innanzi che sopravvenissero le scomuniche; e se Ferdinando di Napoli trovò nelle sue armi e nel buon senso del suo popolo appog·gio valevole a g·uarentire il diritto, la specialità pacifica del Pontificato non lasciò al nono Pio che il potere di mettere in salvo con un volontario esilio la sua dignità e la sua coscienza. E di questi Principi eziandio e di questi Stati, anzi dei ponlificii soprattutto e dei Pontefici dovrebbe decidere le sorti la Costituente italiana. Alla infamia della fellonia non vi mancava che l'empietà del sacrilegio; e questo è venuto a cumularne le vergogne, svelandone a tutto il mondo la ipocrisia. I doruinii temporali non dirò dei Papi ma della cattolica Chiesa, costituiscono il principato più antico di quanti mai ce ne siano nella moderna Europa, il raccomandato a più sacri titoli, il fondato su basi più salde. La spedalissima maniera onde ci si vien dai Pontefici, la qualità delle persone che ci posson venire, le salvaguardie , i baluardi di tutte le maniere ond' è circoscritto, assicurano ai suoi sug·getti innumerevoli guarentigie non possibili pure a pensarsi in altri principati. Di quà la storia dei Papi come Principi temporali è la più gloriosa, la più ricca d'illustri fatti di quante mai ne esistano; e se n' eccettuate la sola gloria delle armi, non ci è nazione o regno quan-

30 LA CONFEDERAZIONE ITALIANA tunque vasto che con quel piccolissimo possa ag· guagliarsi. Sarei infinito ad accennare anche i sommi capi; ma non ne ho uopo, essendo questo un fatto storico conosciutissimo e quasi vulg·are. La quale grandezza tutta propria di Roma fu costituita, non ci ha dubbio, e crebbe per la spirituale supremazia ond' è il suo capo rivestito; nondime· no se si supponessero i Papi che reg·naron fin qui essere stati niente altro che Principi temporali, crediamo che nelle loro personali qualità darebbero tuttavia la storia del principato più gTande e più virtuoso di quanti cc ue furono. Ma allorchè la Provvidenza nella g·enerosità di pietosi Principi e nel consentimento di popoli fedeli facea monarchi gli umili successori del Pescatore, non mirava tanto a pa·eparare una fiaccola perenne di civile culto tra le nazioni redente, quanto ad assicurare Ia piena indipendenza del vero rivelato dai capricci, dalle pretensioni, dalle prepotenze di un mondo sempre in tempesta. Quanti siamo cattolici ricono. sciamo nella sedia di Pietro il supremo proponente <lclla fede, l'infallibile interprete della rivelata pa· rola, l' ultimo tribunale in fatto di credenze e di morale che ci sia dato avere in terra. Non è una g·uarantigia alle nostre coscienze il sapere che il capo visibile della Chiesa è locato sì alto , che le prepotenze laicali e g-l' intrighi cortegianeschi im. pedir non ne possono o falsame la parola? e non sarebbe un ferire nel vivo le coscienze di dugenlo milioni di credenti~ se al Pontificato romano si to.

E LA COSTITUENTE 31 gliesse quella sua indipendenza, e fosse condotto alla condizione di un Vescovo dei nostri Stati? All' Europa, al mondo, diciamo ancora alla umanità tutla intera , imporla ben poco che la Italia sia Vecchia o Giovane) e che l' aquila rapace torni ad aleggiare sul Campidog-lio. Ma troppo importa alla Europa, al mondo, alla umanità lulta inlera che resli accesa quella fiaccola che sola potrebbe illuminarla un'altra volla se le sue follie ed i suoi delitti la ricacciassero nelle tenebre: troppo importa che il prezioso deposito de~ sommi veri di ogni civile culto resti indipendente dai capricci e dalle corrullele degli uomini. Se il sommo custode di quelli non governa, sarà governato; e se fia governato, non finirà certo la Chiesa, ma la fonte delle benefiche sue influenze nel mondo sarà inaridita per sempa·e. È questa forse la nuova gloria a cui aspiriamo? Noi non abbiam bisogno che i nostri demag·oghi riformatori ci ricordino che i Papi stettero otto secoli senza che fosser Principi; noi anzi diremmo loro che stettero tre secoli latitanti e perseguitati nelle catacombe. Ma che perciò? vorreste dunque per questo spogliarli dei loro dominii, metterli alla dipendenza di un Principe o di un Parlamento? pérseguirli e ricacciarli nelle catacombe? Oh! lo sappiamo ! il voto è questo, c ci sta suonando da tre secoli negli orecchi! ci si è detto in prosa e in versi. È la eterodossia che nella indipendenza della Chiesa avendo trovato il mags·iore ostacolo

32 LA CONFEDERAZIONE ITALIANA ai suoi trionfi, quella vuoi rapirle nel suo Pontefice. 1\fa dove le nostre colpe ci mer itassero dalla Provvidenza così tremendo gasligo, non fia che ci manchi spirito, almeno per esecrare l'infame attentato di un pugno di scellerati che senza coscienza, senza pudor, senza fede, tentano di togliere alla Italia invilita il suo sovrano privilegio, e di annulare l'opera stupenda di dieci secoli e mezzo; macchinano di orbare la cattolicità della nuova sua Sionne ; chè patria nostra spirituale fin qui è stata Roma; e si struggono d'immolare ad un delit·io patriottico fot·se l'unico ed ullimo presidio tra gli umani che restava alla Chiesa, per ripigliare l ' infernale tripudio del passato secolo per crede"rla spenta. Se Iddio voglia, come g·ià altra volla, rompere in bocca agl'iniqui il beffardo riso che già vi spunta, noi non sappiamo. Questo sappiamo nondimeno che tr·a i due estremi o il principato temporale del Papa da una parte, o le catacombe e le sea·vilità avie·nonesi dali' altra, noi non conosciamo mezzo. Ma se la cattolicità tuua quanta, se la Ilalia cattolica è cimentata a cosi tremendo bivio, ne ha tutta la obbligazione a quest'orda di for·sennati rigeneralori, che con una prodigiosa ipocrisia stan compiendo l'opera meditata nel secolo quindecimo dal Turco , sospirata nel sestodecimo fra i furiosi e convulsi suoi trasporti dal frate eresiarca di Vittemberga, e fallita alla setta fi losofica del decimottavo. Che giova illudersi? La precipua missione della

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