Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

DI R:EPI\ESS10NE 137 L'ultima scossa che ebbe la religione nel cadere del passato e nel cominciamento di questo secolo~ fece che i Govemi, benchè con eserciti permanenti e con Polizie oculatissime, si t l'O varono impotenti ad assicura•·e la vita della Società, ed invoca1·ono il braccio dei pacifici cittadini istituendo Je Guardie civiche o nazionali. Il qua)e maraviglioso progresso dell'età moderna, ta·adotto in buon vuJgare, significa che og·ni ciLtadino dee stare innanzi alla porta della sua casa con in mano la baionetla e nell'altra i) fucile, a difendersi la propria vita, le proprie donne e le proprie :;ostanze. Dovremmo essere t•·oppo sori pet· non ci accorgere , che questo è quasi un regresso alla barbarie, uno stato poco meno che di selvaggio. Tolga Dio che io non pregi le armi cittadine; che io uon vegga quanta riconoscenza lor debbano alcune città della Italia e della F1·ancia, salvate per esse dall ' anarchia. Dico solamente che il nuovo bisogno di ave l'le, ci è indice infallibile di un nuovo mezzo di repressione materiale, reso necessario dal sempre più scadet· che facciamo nella onestà e nella religione. Nei momenti di civili agitazioni è bello sapere che le migliaia di cittadini vegliano sotto le armi pt·esti a dar la vita per la salute pubblica; ma pensiamo che sarebbe assai più bello, se quei momenti di agitazione non venissero, se quelle migliaia di cittadini senza far palpitare le spose, le Hgliuole e le sorelle, si potessero restare nel domestico tetlo ad attendere alle proprie faccende , 10

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