nismo non conosce che un solo princ1p10: l'assenza di ogni principio. Esso sceglie i suoi mezzi d'azione a seconda delle circostanze, purché questi mezzi gli sembrino adatti al raggiungimento dei fini che persegue. Se, con Lenin, noi definiamo l'opportunismo come la tendenza a paralizzare il movimento rivoluzionario autonomo della classe operaia e a trasformarlo in strumento delle ambizioni degli intellettuali borghesi, noi dovremo riconoscere che, nelle fasi iniziali del movimento operaio, questo scopo può essere raggiunto più facilmente non col decentramento, ma con un rigido accentramento, che consegnerà questo movimento di proletari ancora incolti ai capi intellettuali del Comitato Centrale. Agli inizi del movimento social-democratico in Germania, quando non esisteva ancora né un solido nucleo di proletari coscienti, né una tattica fondata sulla esperienza, si sono visti affrontarsi i partigiani dei due tipi opposti di organizzazione: il centralismo a oltranza, sostenuto dalla « Unione generale degli operai tedeschi » fondata da Lassalle, e l'autonomismo dal partito che si costituì al congresso di Eisenach con la partecipazione di W. Liebknecht e di A. Bebel. Benché la tattica degli « eisenachiani » fosse assai confusa, dal punto di vista dei principi, essa contribuì, infinitamente più che l'azione dei lassalliani, a suscitare nelle masse operaie il risveglio di una coscienza nuova. E i proletari ebbero presto un ruolo preponderante in questo partito ( come si può vedere dal rapido moltiplicarsi dei periodici operai pubblicati in provincia), il movimento si estese rapidamente, mentre i lassalliani, malgrado tutte le loro esperienze di << dittatori », portavano i loro seguaci da una disavventura all'altra. In generale si può facilmente dimostrare che, quando la coesione tra gli elementi rivoluzionari della classe operaia è ancora debole e quando il movimento stesso avanza ancora a tastoni, cioè quando siamo in presenza - 32B bHoteca Gino Bianco
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