Rosa Luxemburg - Replica a Lenin a proposito di centralismo e democrazia

ESPERIENZE E DlBATTITI ----2---- ROSA LUXEMBURG REPLICA LENIN a proposito di centralismo e democrazia Il testo integrale del saggio: " Questioni di organizzazione della socialdemocrazia russa,, (1904) MILANO EDITRICEMOVIMENTO OPERAIO - 1957 B bi oteca Giro Brarco

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( ESPERIENZE E DtBATTITI 2--- ROSA LUXEMBURG REPLICA LENIN a proposito di centralismo e democrazia Il_ testo integrale del saggio : " Que~tioni di organizzazione della socialdemocrazia russa,, e 1904) lv11LANO EDITRICEMOVIMENtO OPERAIO 1957 Bibl oteca Gino Bianco

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INTRODUZIONE Il nome di Rosa Luxemburg è ricorso spesso in· questi ultimi mesi, sull'onda dei fatti che in Polonia in Ungheria e nell'Unione Sovietica han restituito attualità e vigore alla sua parola ammonitrice. Se infatti quando già l'Internazionale Comunista cominciava ad agonizzare fu considerato un merito quello di aver proceduto in Germania, consule Thalman.n, alla liquidazione del luxemburghismo nel movimento operaio e nel partito comunista tedesco, è inevitabile che il processo di destalinizzazione Sdgni ora un « ritorno alla Luxemburg » e si riallacci a quella che fra le opposizioni fu la prima in ordine di tempo, la più penetrante e la più sensibile. Anche per ragioni cronologiche più che di opposizione allo stalinismo come lo furono il bordighismo, il trotskismo, il titoismo, qui si deve parlare di una opposizione a certi aspetti del bolscevismo, una opposizione che contrasta e resiste tanto meglio a Stalin in quanto si è già misurata con Lenin. È nel leninismo stesso che la Luxemburg scopre e colpisce le radici di quella pianta · che, molti anni dopo la sua morte, darà i frutti venefici dello stalinismo. Si tratta in definitiva di uno svolgimento autonomo e originale del marxismo, di una altissima voce uscita dalla qualificata élite di studiosi che nella Germania dell'ultimo Ottocento e del primo Novecento tennero in onore la cultura socialista: ma di una voce che come non s~ confuse con le correnti dominanti nella social- -3 B bi oteca Giro 81.Jrco

democrazia tedesca, così seppe distinguersi anche da quella corrente della socialdemocrazia russa che, per opera di Lenin e dei suoi conipagni, continuava la linea rivoluzionaria del marxismo e assumeva già un molo di guida di tutta la sinistra socialista europea. Recentemente sono state pubblicate le note della Luxemburg sulla rivoluzione russa che a torto gli addormentatori e i conciliatori vorrebbero presentare come un episodio isolato, un trascurabile incidente nella biografia politica della Luxemburg, qualcosa da dimenticare e da far dimenticare al più presto. Al contrario quelle pagine sono il punto più elevato raggiunto dalla critica luxemburghiana -- quello che- è oggi illuminato da una folgorante conferma storica - e la Luxemburg poté pervenirvi solo grazie ad un lungo lavoro preparatorio. In effetti tutta la storia dei rapporti fra Lenin e la Luxemburg è la storia di una catena di dissensi. Lenin e la Luxemburg cominciarono a dissentire verso la fine del secolo sulla questione nazionale polacca; poco dopo si trovarono nuovamente in disaccordo sul ruolo delle massa contadine nella rivoluzione, poi vennero a polemica sulle questioni organizzative di partito, come è documentato in queste pagine. Furono ancora di diverso parere sulla definizione dell'imperialismo e sulla natura delle guerre nazionali nell'èra dell'imperialismo. Uniti nella opposizione rivoluzionaria e internazionalista alla prima guerra mondiale nonché sulla tattica dell'insurrezione e della conquista del potere, si divisero subito sul modo di concepire l'esercizio di questo potere: Lenin per la dittatura del proletariato, la Luxemburg per una democrazia operaia in cui l'aggettivazione di classe qualificasse, non svuotasse o alterasse il contenuto del sostantivo democratico. Ma si trattò sempre di contrasti che, malgrado la {ermezza e la fierezza dei contendenti, non degenerarono -4B1b11oteca Gno B anca

mai in reciproche incriminazioni. La Luxemburg, nel momento stesso in cui criticava Lenin, ne esaltava le capacità di capo rivoluzionario e il merito di aver condotto il partito bolscevico alla vittoria d'Ottobre. Per Lenin la Luxemburg, malgrado quelli che egli riteneva degli «errori», restava un'aquila del pensiero marxista e dell'azione rivoluzionaria. Si confronti ora il giudizio che della Luxemburg è stato formulato dalla letteratura stalinista. Alla voce « Luxemburg » dell'Enciclopedia Sovietica si può leggere quanto male abbia fatto alla classe operaia e al socialismo questa povera semi-menscevica, questa intellettuale piccolo-borghese, rea di spontaneismo, di oggettivismo, di meccanicismo, di liquidatorismo, nonché di aver tenuto bordone a Kautski e di aver preparato la strada a Trotski. Per chi volesse poi ampliare la conoscenza del fascicolo nero della Luxemburg esiste un recente volume di Fred Oelssner, uno dei più intimi collaboratori di Ulbricht, tradotto anche in italiano (F. Oelssner, Rosa Luxemburg. Roma, Rinascita, 1953) ove, in tono di requisitoria, sono denunciati tutti i « gravi errori>>della Luxemburg. Si spiega così perché i dirigenti del P.C.I. che hanno consumato tonnellate di carta ( e di cartone) per i loro compleanni, non abbiano mai onorato di un libro, di una raccolta di scritti, di un articolo serio la comunista Rosa Luxemburg. Così si spiega perché alle donne comuniste, indegnamente rappresentate da certe avventuriere che bordeggiano negli alti ranghi del partito, non sia stata mai illustrata la vita, così ricca di umanità e di sacrificio, di questa donna, martire del comunismo. Così si spiega perché gli intellett1tali del P.C.l., che hanno scoperto i prolegomeni del marxismo « italiano » nella linea De Sanctis-Spaventa (i quali, fra l'altro, legarono il loro nome alla storia patria come uomini della Destra storica!), non si siano accorti del contributo -5B t I oteca Giro Bianco

teorico della Luxemburg e si guardino bene dal citarne un'opera o un giudizio nei loro assaggi di marxismo provinciale. Al silenzio e all'ignoranza dei dirigenti responsabili del P.C.l. abbiamo inteso ovviare con la pubblicazione di questo scritto della Luxemburg, che appare per la prima volta in italiano. Si tratta della traduzione di un articolo pubblicato oltre mezzo secolo fa ( 1904) sulla Neue Zeit di Kautski e sull'Iskra di Lenin, ristam• pato in R.L., Marxisme, réformisme et léninisme ( Paris, Nouveau Prométhée, 1934) e in R.L. Marxisme contre Dictature (Paris, Spartacus, 1946). Abbiamo tradotto da quest'ultima edizione. Se il valore delle note sulla rivoluzione russa sta nella capacità della Luxemburg di levarsi al di sopra degli avvenimenti e dell'ondata di entusiasmo da questi suscitato in tutti i settori del movimento operaio mondiale, per additare a Lenin e a Trotski i pericoli cui essi andavano incontro, l'importanza di queste pagine è tutta nella data. 1904: prima della rivoluzione del 1905, tredici anni prima deUa rivoluzione d'ottobre, un quarto di secolo prima dello stalinismo, mezzo secolo prima della destalinizzazione, Rosa Luxemburg vide. Vide le difficili condizioni, di carenza democratica, in cui, spesso suo malgrado, si farmava il partito bolscevico e le negative conseguenze che questo fatto avrebbe avuto sull'ulteriore vita interna del partito. Vide, per limitarsi ai temi che ritornano nella problematica socalista dei nostri giorni, come l'organizzazione del movimento operaio deve farsi non sugli schemi autoritari e oligarchici propri della società e dello stato capitalista, ma secondo un disegno nuovo, diverso, opposto ove siano distrutti i rapporti di servitù e di soggezione, riflessi dal vecchio mondo nel costume e nella pratica delle classi proletarie. Vide come il pericolo della degenerazione opportunista non dovesse essere imputato sempre e co- -6Bibl oteca Giro Bianco

munque a infiltrazioni esterne, di derivazione borghese, da fronteggiare con una permanente caccia agli agenti del nemico di classe, con le scomuniche, con la disciplina di ferro, ma fosse piuttosto un prodotto proprio del mo• vimento operaio stesso, un aspetto del suo processo di sviluppo, non lineare e monolitico, ma contraddittorio e dialettico. E vide soprattutto nella democrazia interna del partito, in quanto organizzazione di questa dialettica, in quanto concreta possibilità di confronto, di scelta e di ricambio, l'unica garanzia, l'unica misura contro ogni pericolo di involuzione opportunista. Altro che « culto della personalità », altro che cc direzione collegiale»! La Luxemburg ha· insegnato con cinquant'anni d'anticipo il modo di coniugare il socialismo con la libertà, in nome di un marxismo che non chiude, ma apre sulle cose, in nome di un marxismo che non si dimentica dell'uomo. PIER CARLO MASINI -7Bibl oteca Giro B1arco

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ROSA LUXEMBURG Rosa Luxemburg (Zamostje 1870-Berlino 1919), socialista ed economista. polacco-tedesca. Membro del partito illegale polacco << Proletariato », R. L. si sottrasse alla polizia russa, fuggendo a Zurigo, dove studiò legge ed economia e divenne marxista. Nella sua tesi di laurea, che è il primo studio completo sull'industria polacca, essa mise in rilievo gli stretti legami esistenti tra questa e la struttura economica russa e la conseguente indifferenza della borghesia polacca per le istanze di indipendenza nazionale, e dimostrò che l'idea di una Polonia indipendente era invocata da piccoli bottegai reazionari e dalla nobiltà terriera in rovina. Di conseguenza essa avanzava come rivendicazione della classe operaia piuttosto che l'indipendenza polacca l'autonomia della Polonia all'interno della Russia. In opposizione allo sciovinista Partito Socialista Polacco (P.P.S.) essa contribui alla fondazione nel 1893 del Partito Socialista Democratico di Polonia e Lituania come una branca della socialdemocrazia marxista russa. Nel 1896R. L. si stabill in Germania, dove diventò presto uno degli esponenti teorici della socialdemocrazia. Difendendo la posizione ortodossa contro il revisionismo bersteiniano, ella sostenne che il capitalismo, malgrado le apparenze esterne, era entrato in un periodo di collasso, di crisi crescenti, di guerre e di rivoluzioni. La tesi della sua principale opera economica, L'accumulazione del capitale (1913), è la seguente: nell'economia capitalista la contraddizione tra la capacità produttiva e i possibili sbocchi dei prodotti aumenta di continuo. In una pura società capitalista (costituita da un lato solo dai -9lioteca Gino Bianco

capitalisti e dai loro dipendenti e dall'altro solo dagli operai) non vi sarebbe un sufficiente sbocco per tutti i beni prodotti; di fatto una parte di essi deve essere venduta a· « terze persone », cioè ai contadini e ai paesi provvisti di metodi primitivi di produzione. Di conseguenza i metodi antiquati vengono distrutti, i paesi arretrati vengono annessi al capitalismo e il dilemma fondamentale della economia capitalista diventa più acuto. L'impulso a espandersi e a monopolizzare i mercati diviene perciò maggiore, e l'imperialismo diventa il motivo dominante della politica internazionale. Con l'esaurimento delle possibilità d'espansione il capitalismo raggiungerebbe i limiti di sviluppo e di esistenza; ma in realtà esso deve crollare anche prima per effetto delle profonde convulsioni sociali stimolate dall'espansione; e cosl la rivoluzione deve avere il suo avvento, portando la classe operaia alla vittoria. Partendo da questa dottrina R. L. definl il fine della classe operaia come la conquista del potere politico mediante la forza e ritenne che tutte le sue attività immediate dovessero essere poste in rapporto con questo fine. Come effetto delle sue esperienze nella rivoluzione del 1905- 1906, durante la quale ebbe una parte direttiva a Varsavia, ella invocò lo sciopero generale come arma rivoluzionaria. Dopo il 1907, concentrando la sua attività contro il militarismo e i pericoli di guerra, essa respinse come utopistiche le idee pacifiste e affermò l'azione proletaria di massa come il solo mezzo atto àd impedire la guerra. Da questo periodo in poi la L. fu all'estrema sinistra della socialdemocrazia. Benché fosse in aperto ·disaccordo sui problemi organizzativi, ritenendo che la rigida centralizzazione del partito russo difesa da Lenin dovesse cedere il posto a un'organizzazione più democratica, su tutte le altre questioni importanti tenne la stessa posizione del bolscevichi russi. Al congresso socialista internazionale di Stoccarda nel 1907 essa e Lenin redassero la mozione con cui si chiedeva la lotta rivoluzionaria per rovesciare il capitalismo in tempo di guerra. Immediatamente dopo lo scoppio della guerra mondiale ella attaccò la politica patriottica della socialdemocrazia, e con Leo Jogiches, Clara Zetkin, Franz Mehring e Karl Liebknecht fondò la Lega Spartakus per suscitare nella classe operaia sentimenti rivoluzionari contro la guerra. Ad eccezione di cinque mesi, a -10Bibl oteca Giro Bianco

partire dal febbraio 1915 essa trascorse in carcere tutto il periodo della guerra. Tuttavia influenzò il movimento rivoluzionario, specialmente con gli scritti che riuscì a far uscire di nascosto dalla prigione. Dopo il crollo dell'impero essa invocò una rivoluzione proletaria; e benché dapprima criticasse alcune delle direttive bolsceviche, nel fuoco della lotta formulò un simile programma per la Germania e alla fine del 1918ebbe una parte direttiva nella creazione del Partito Comunista Tedesco. Dopo la sconfitta dell'insurrezione degli operai di Berlino {Spartakuswoche), nella quale, nonostante che la considerasse prematura, svolse una parte dirigente e audace, ·fu arrestata per ordine del governo Ebert, il 15 gennaio 1919, insieme con Karl Liebknecht, e venne assassinata dai soldati bianchi ai quali era stata affidata in custodia. · \. Paul Frolich (dall'Encyclopedia of the Socia! Sciences, voll. IX-X, pp. 633-4) Bibliografia italiana di Rosa Luxemburg Lo sciopero generale, il partito e i sindacati. Prefazione di C. Alessandri. Milano, ed. Avanti!, 1919, pp. 64. Discorso-programma tenuto al Congresso di fondazione del partito comunista di Germania ( Lega Spartacus). 29-31 dicembre 1918 a Berlino. Traduzione italiana del prof. G. Sanna. Milano, ed. Avanti!, 1920, pp. 36. La rivoluzione russa: scritto postumo, pubblicato per cura e con introduzione di Paul Levi. Milano, ed·. Avan~i !, 1922, pp. 77. Lettere dal carcere. Traduzione italiana di Amalia Sacerdote. Milano, ed. Avanti!, 1922, pp. 62. L'accumulazione del capitale. Esposizione di Lucien Laurat con un'appendice sulle controversie sorte dopo la morte di R. L. e un contributo alla teoria delle crisi. Traduzione dal francese di Luciano Santoni. Milano, A. Minuziano, 1946, pp. 293. la rivoluzione russa. Con prefazione di Onorato Damen. Milano, ed. Pro• meteo, 1956, pp. 32. -11B bi oteca Gino Bianco

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QUESTIONDI'ORGANIZZAZIONE DELLASOCIALDEMOCRAZIA RUSSA I Un compito nuovo e senza precedenti nella storia del socialismo è toccato alla socialdemocrazia russa: il compito di definire una tattica socialista, cioè conforme alla lotta di classe del proletariato, in un paese dove domina ancora la monarchia assoluta. Ogni paragone tra la situazione russa attuale e la Germania del 18781890, quando erano in vigore le leggi di Bismarck contro ·i socialisti, è fondamentalmente errato, perché esso considera il regime poliziesco e non il regime politico. Gli ostacoli che l'assenza delle libertà democratiche crea al movimento delle masse hanno un'importanza relativamente secondaria: anche in Russia il movimento delle masse è riuscito ad abbattere le barriere dell'ordine assolutista e a darsi la sua cc costituzione », anche se precaria, di cc moti di piazza ». Esso saprà certamente perseverare per questa via fino alla vittoria completa sull'assolutismo. La difficoltà principale che la lotta socialista incontra in Russia deriva dal fatto che il dominio di classe della borghesia è oscurato dal dominio della violenza· assolutista; questo conferisce inevitabilmente alla propaganda socialista per la lotta di classe un carattere astratto, mentre l'agitazione politica immediata assume soprattutto un carattere rivoluzionario democratico. -13Bibl oteca Girio Bianco

In Germania la legge contro i socialisti tendeva a mettere fuori della costituzione soltanto la classe operaia, in una società altamente sviluppata, nella quale gli antagonismi di classe si erano già pienamente manifestati nel corso delle lotte parlamentari. È proprio in questo d'altra parte che consisteva la assurdità e la pazzia dell'impresa bismarckiana. In Russia si tratta, al contrario, di f~re l'esperienza opposta: creare una socialdemocrazia prima che il governo sia nelle mani della borghesia. , Questa circostanza modifica in modo particolare non soltanto la questione del trapianto della dottrina socialista sul suolo russo, non soltanto il problema dell'agitazione, ma anche quello dell'organizzazione. Nel movimento .socialdemocratico, a differenza delle vecchie esperienze del socialismo utopistico, l'organizzazione non è il prodotto artificiale della propaganda, ma il prodotto della lotta di classe, alla quale la socialdemocrazia dà semplicemente la· coscienza politica. In condizioni normali, cioè laddove il dominio politico della borghesia pienamente realizzato, ha preceduto il movimento socialista, è la borghesia stessa che ha creato in larga misura i rudimenti di una coesione politica della classe operaia. « In questo stadio, dice il Manifesto comunista, l'unione delle masse operaie non è il risultato della loro aspirazione all'unità, ma il contraccolpo dell'unione della borghesia >>. In Russia, la socialdemocrazia è obbligata a supplire con il suo intervento cosciente a tutto un periodo del pro• cesso storico e a condurre il proletariato, in quanto classe consapevole dei suoi scopi e decisa a realizzarli attraverso un'aspra lotta, da una condizione di « atomismo », eh~ è ii fondamento del regime assolutista, verso la fòrma superiore dell'organizzazione. Ciò rende particolarmente difficile il problema dell'organizzazione, non tanto per il fatto che la social- -14Bibl oteca Giro Bianco

democrazia deve procedere a questa organizzazione senza potersi giovare delle garanzie formali che offre là delllocrazia borghese, quanto perché essa deve, come Dio Padre, fare uscire questa organizzazione « dal niente », senza disporre della materia prima politica che altrove la stessa società borghese prepara. Il compito dietro al quale la socialdemocrazia russa si affatica da parecchi anni consiste nel passaggio dal tipo di organizzazione della fase preparatoria, quando, essendo la propaganda la principale forma di attività, i gruppi locali e certi piccoli cenacoli si reggevano senza legami tra di loro, all'unità di una organizzazione più vasta come è necessaria per una azione politica concertata su tutto il territorio dello Stato. Ma poiché la perfetta autonomia e l'isolamento erano state le caratteristiche più condannate della forma di organizzazione ormai antiquata, era naturale che la parola d'ordine della nuova tendenza che predicava una vasta unione fosse il centralismo. L'idea del centralismo è stato il motivo dominante della brillante campagna e.on• dotta per tre anni dall'lskra per giungere al congresso dell'agosto 1903 che, benché sia considerato il secondo congresso del Partito socialdemocratico, in effetti ne è stato l'assemblea costituente. La stessa idea si era impa• dronita della giovane élite della socialdemocrazia russa. Ma presto durante lo stesso congresso e ancor più dopo il congresso, ci si dovette convincere che la formula del centralismo era ben lungi _dall'abbracciare tutto il contenuto storico e l'originalità del tipo di or• ganizzazione di cui la socialdemocrazia ha bisogno. Una volta di più si è avuta la prova che nessuna formula rigida può bastare quando si tratti di interpretare dal punto di vista .marxista un problema del socialismo, non foss'altro che un problema concernente l'organizzazione del partito. -15B"bl oteca Giro Bianco

Il libro del compagno Lenin, uno dei dirigenti e dei militanti più in vista dell'lskra, « Un passo avanti, due passi indilltro >, è la eaposizione sistematica delle opinioni della tendenza ultracentralista del Partito russo. Questo punto di vista, che egli esprime con un vigore e con rigore conseguenziario senza eguali, è quello di uno spietato centralismo che pone come principio: da una parte, la selezione e la costituzione in corpo se• parato dei rivoluzionari attivi ed in vista, di fronte alla massa non organizzata, sebbene rivoluzionaria, che li circonda, e, dall'altra una disciplina severa, in nome della quale i centri dirigenti del Partito intervengono direttamente e risolutamente in tutti gli affari delle or• ganizzazioni locali del Partito. Basti dire che, secondo la tesi di Lenin, il Comitato centrale ha per esempio il diritto di organizzare tutti i comitati locali del partito, e, conseguentemente, il diritto di nominare i membri effettivi di tutte le organizzazioni locali, da Ginevra a Liegi e da Tomsk a Irkutsk, di imporre a ciascuna di esse degli statuti già fatti, di decidere senza appello del loro scioglimento e della loro ricostituzione, di m·odo che in fin dei conti, il Comitato centrale potrebbe deter• minare a modo suo la composizione della suprema istanza del partito, cioè del congresso. Così, il Comitato centrale è l'unico nucleo attivo del partito, e tutti gli altri raggruppamenti non sono altro che suoi organi esecutivi. È precisamente in questa unione del più rigoroso centralismo organizzativo e del movimento socialista delle masse che Lenin vede un principio specifico del marxismo rivoluzionario, ed apporta una quantità di ar• gomenti in appoggio a questa tesi. Ma cerchiamo di considerarla più da vicino. · Non si potrebbe mettere in dubbio che in generale una forte tendenza verso la centralizzazione sia propria della socialdemocrazia. Essendo cresciuta sul terreno economico del capita• -16B bi oteca Gino Bianco

lismo, il quale è centralizzatore nella sua essenza e dovendo lottare nel quadro politico della grande città borghese, centralizzata, la socialdemocrazia è profondamente ostile ad ogni manifestazione di particolarismo o di federalismo nazionale. Poiché la sua missione è quella di rappresentare, entro le frontiere di uno stato, gli interessi comuni del proletariato in quanto classe, e di contrapporre questi interessi generali a tutti gli interessi particolari o di gruppo, la socialdemocrazia tende per sua natura a riunire in un partito unico tutti i raggruppamenti di operai, quali che siano le differenze di ordine nazionale, religioso o professionale tra questi membri della medesima classe. Essa non· deroga a questo princ1p10 e non si rassegna al federalismo altro che in presenza di condizioni eccezionalmente anormali, come per esempio avviene nella monarchia austro-ungherese. Da questo punto di vista non si può menomamente mettere in dubbio il fatto che la socialdemocrazia russa non debba costituire un conglomerato federativo delle innumerevoli nazio• nalità e dei particolarismi locali, ma debba piuttosto costituire un partito unico per tutto l'Impero. Ma si pone anche un'altra questione, quella del grado di centralizzazione che può convenire, tenendo conto delle attuali condizioni all'interno della socialdemocrazia russa, unificata ed una. Dal punto di vista dei compiti formali della socialdemocrazia come partito di lotta, il centralismo nella sua organizzazione appare a prima vista come una condizione dalla cui realizzazione dipendono direttamente la capacità di lotta e l'energia del partito. Tuttavia queste considerazioni di carattere- formale e che si applicano a qualsiasi partito che si proponga un'azione concreta, sono molto meno importanti delle condizioni storiche della lotta proletaria. II movimento socialista è, nella storia delle società -17Biblioteca Gino Bianco

fondate sull'antagonismo delle classi, il primo che conta in tutti i suoi stadi e in tutto il suo cammino, sull'organizzazione e sull'azione diretta ed autonoma della massa. Sotto questo rapporto la democrazia socialista crea un tipo di organizzazione totalmente diverso da quello dei movimenti socialisti precedenti, per esempio, i movimenti del tipo giacobino-blanquista. Lenin sembra sottovalutare questo fatto quando, nel libro citato, esprime l'opinione che il socialdemocratico rivoluzionario non sarebbe altro che un giacobino indissolubilmente legato all'organizzazione del proletariato che ha preso coscienza dei suoi interessi di classe. Per Lenin, la differenza tra il socialismo democratico e il blanquismo si riduce al fatto che c'è un proletariato organizzato e provvisto d'una coscienza di classe al posto d'un pugno di congiurati. Egli dimentica che questo implica una completa revisione delle idee sull'organizzazione e conseguentemente una concezione del tutto diversa dell'idea del centralismo, come pure dei rapporti reciproci tra l'organizzazione e la lotta. Il blanquismo non si poneva il problema dell'azione immediata della classe operaia e quindi poteva fare a meno dell'organizzazione delle masse. Al contrario: siccome le masse popolari non dovevano entrare in scena che al momento della rivoluzione, mentre l'opera di preparazione riguardava soltanto il piccolo gruppo ar• mato per il colpo di forza, il successo stesso del complotto esigeva che gli iniziati si teness_ero a distanza dalla massa popolare. Ma ciò era egualmente possibile e realizzabile perché nessun contatto intimo esisteva tra l'attività cospiratrice di una organizzazione blanquista e la vita quotidiana delle masse popolari. Nel medesimo tempo la tattica, come pure i compiti concreti della azione, poiché erano liberamente improvvisati per ispirazione e senza contatti con il terreno della elementare lotta di classe, potevano essere fissati -18B•bl oteca Gir.o Bianco

nei loro dettagli più minuti e prendevano la forma di un piano predeterminato. Ne seguiva, naturalmente, che i membri attivi dell'organizzazione si trasformavano in semplici organi esecutivi degli ordini di una volontà fissata in anticipo al di fuori del loro proprio campo di attività, cioè in strumenti di un Comitato centrale. Dalla qual cosa derivava questa seconda particolarità del centralismo cospiratore: la sottomissione assoluta e cieca della sezione del partito all'istanza centrale e la estensione dell'autorità di quest'ultima fino all'estrema periferia dell'organizzazione .. Radicalmente diverse sono le condizioni della attività della socialdemocrazia. Essa sorge storicamente dalla lotta di classe elementare. Ed essa si muove in questa contraddizione dialettica e cioè che solamente nel corso della lotta si recluta l'esercito del proletariato e che solamente nel corso della lotta esso prende coscienza dei fini di questa. L'organizzazione, i progressi della coscienza e la lotta non sono delle fasi particolari, separate meccanicamente nel tempo, come nel movimento blanquista, ma al contrario sono degli aspetti divers,i di uno stesso ed unico processo. Da una parte, al di fuori dei principi generali della lotta, non esiste una tattica già elaborata in tutti i suoi dettagli che un Comitato centrale potrebbe insegnare alle sue truppe come in una caserma. Dall'altra, le peripezie della lotta, nel cor5o della quale si crea l'organizzazione, determinano delle fluttuazioni incessanti nella sfera d'influenza del partito socialista. Ne deriva che il centralismo socialdemocratico non potrebbe basarsi né sulla cieca obbedienza, né su una subordinazione meccanica dei militanti nei confronti del centro del Partito. D'altra parte, non si possono avere delle pai-atie stagne tra il nucleo proletario cosciente, solidamente inquadrato nel partito, e gli strati contigui del proletariato, già trascinati nella lotta di 19 - Biblioteca Gino Bianco

classe e la cui coscienza di classe si accresce ogni giorno di più. Fondare il centralismo su questi due principi - la cieca subordinazione di tutte le organizzazioni anche nei minimi dettagli, nei confronti del centro, che è l'unico a pensare, a lavorare e a decidere per tutti, e la separazione rigorosa del nucleo organizzato rispetto all'ambiente rivoluzionario come pensa Lenin - ci sembra dunque una trasposizione meccanica dei principi blanquisti di organizzazione di circoli di congiurati, nel movimento socialista delle masse operaie. E ci sembra che Lenin esprima il suo punto di vista in un modo così sorprendente che nessuno dei suoi avversari avrebbe osato attribuirgli, quando definisce il suo « socialdemocratico-rivoluzionario » come un « giacobino legato all'organizzazione del proletariato che ha preso coscienza dèi suoi interessi di classe ». In effetti la socialdemocrazia non è legata all'organizzazione della classe . operaia, ~ssa è il movimento proprio della classe operaia. È necessario quindi che il centralismo della socialdemocrazia sia di natura fondamentalmente diversa dal centralismo blanquista. Esso non potrebbe essere cosa diversa dalla concentrazione imperiosa della volontà dell'avanguardia cosciente e militante della classe operaia nei confronti dei suoi p;ruppi e degli individui. È, per così dire, un « autocentralismo >> dello strato diri~ente del proletariato, è il regno della maggioranza all'interno del suo stesso Partito. Questa analisi del contenuto effettivo del centralismo socialdemocratico mostra già che le condizioni indispensabili alla sua realizzazione non esistono del tutto nella Russia odierna: l'esistenza di un contingente molto numeroso èli operai già educati alla lotta politica, e la possibilità per essi di sviluppare la loro specifica azione mediante l'influenza diretta sulla vita pubblica ( nella stampa del Partito, in- pubblici congressi, etc.). - 20B bl,oteca Gino Bianco

Quest'ultima condizione non potrà essere evidente• mente realizzata che nella libertà politica; quanto alla prima - la formazione di un'avanguardia proletaria cosciente dei suoi interessi di classe e capa·ce di orientarsi nella lotta politica ,L_ essa è soltanto sul punto di sbocciare e tutto il lavoro di agitazione e di organizzazione socialista deve tendere ad affrettare questa fase. È perciò tanto più strano vedere che Lenin professa l'opinione contraria: egli è persuaso che tutte le condizioni preliminari per la costituzione di un partito operaio potente e fortemente centralizzato esistono già in Russia. E se, in uno slancio di ottimismo, egli proclama che attualmente « non è più il proletariato, ma certi intellettuali del nostro partito che mancano di autoeducazione quanto a spirito di organizzazione e di disciplina », e se egli glorifica l'azione educatrice· dell'officina, che abitua il proletariato « alla disciplina e alla organizzazione », tutto questo prova una volta di più la sua concezione troppo meccanica dell'organizzazione socialista. L~ disciplina che Lenin ha presente è inculcata al proletariato non soltanto dall'officina, ma anche dalla caserma e dall'attuale burocratismo, in breve da tutto il meccanismo dello Stato borghes~ centralizzato. Si fa un uso errato delle parole e si cade in errore se si designa con lo stesso termine di « disciplina » due nozioni tanto diverse come, da una. parte ,l'assenza di pensiero e di volontà in un corpo dalle mille mani e dalle mille gambe, che compie dei movimenti automatici, e, dall'altra la coordinazione spontanea degli atti politici coscienti di una collettività. Che può avere in comune la docilità ben guidata di una classe oppressa con la rivolta organizzata di una classe che lotta per la sua emancipazione integrale? Non partendo dalla disciplina imposta dallo Stato capitalista al proletariato ( dopo avere semplicemente -218 bi oteca Gino Bianco

sostituito all'autorità della borghesia quella di un Comitato Centrale socialista), ma solo estirpando fino all'ultima radice queste abitudini di obbedienza e di servaggio, la classe operaia potrà acquistare il senso di una nuova disciplina, dell'autodisciplina liberamente consentita della socialdemocrazia. Ne risulta inoltre che il centralismo in senso socialista, non potrebbe essere una concezione assoluta applicabile a qualsiasi fase del movimento operaio; bisogna piuttosto considerarlo come una tendenza che diviene una realtà nella misura dello sviluppo e dell'educazione politica delle masse operaie nel corso della loro lotta. Bene inteso, l'assenza delle più necessarie condizioni per la realizzazione completa del centralismo nel movimento russo può costituire un ostacolo molto grande. Ci sembra, però, che sarebbe un grosso errore· pensare che si potrebbe sostituire « provvisoriamente » nel Partito al dominio, ancora irrealizzabile, della m,aggioranza degli operai coscienti, il potere assoluto di un Comitato centrale operante come per tacita << delega », e rimpiazzare il controllo pubblico esercitato dalle masse operaie sugli organi del Partito con l'opposto controllo del Comitato centrale suU'attività del proletariato rivoluzionario. La stessa storia del movimento operaio in Russia ci offre molte prove del dubbio valore di un simile centralismo. Sarebbe assurdo che un centro onnipotente, investito di un illimifato diritto di controllo e di ingerenza, secondo l'ideale di Lenin, avesse una competenza limitata alle funzioni esclusivamente tecniche quali la amministrazione della cassa, la divisione del lavoro tra i propagandisti e gli agitatori, i trasporti clandestini della stampa, la diffusione dei periodici, delle circolari, dei manifesti. Si potrebbe comprendere lo scopo poli- - 22B1bhoteca Gino Bianco

tico di una istituzione munita di tali poteri, soltanto se le.sue forze fossero consacrate all'elaborazione di una tattica uniforme di lotta e se essa assumesse l'iniziativa di una vasta azione rivoluzionaria. Ma che cosa ci insegnano le vicissitudini attraverso le quali è passato sinora il movimento socialista in Russia? I più importanti e i pjù fecondi cambiamenti di tattica degli ultimi dieci anni non sono stati la scoperta di qualche dirigente ed ancora meno di organi centrali, ma essi sono stati sempre il prodotto spontaneo del movimento in fase di attività. Così avvenne per· la prima tappa del movimento propriamente proletario in Russia, che può datarsi dallo. sciopero generale spontaneo di Pietroburgo nel 1896, e che segna l'inizio di tutta una fase di lotte economiche condotte dalle masse operaie. Così avvenne anche per la seconda fase della lotta: quella delle dimostrazioni di piazza, alle quali fu dato l'avvio dall'agitazione spontanea degli studenti di Pietroburgo nel marzo 1901. La grande svolta successiva della tattica che aprì nuovi orizzonti fu segnata - nel 1903 - dallo sciopero generale di Rostov sul Don: ancora una esplosione spontanea, perché lo sciopero si trasformò << da sé » in manifestazione politica con agitazioni di strada, grandi comizi popolari all'aperto e discorsi pubblici, che il più entusiasta dei rivoluzionari non avrebbe osato sognare qualche anno prima. In tutti questi casi, la nostra causa ha fatto immensi progressi. L'iniziativa e -la direzione cosciente delle organizzazioni socialdemocratiche tuttavia non vi hanno avuto che una parte insignificante. Ciò non si spiega col fatto che queste organizzazioni non erano particolarmente preparate a tali avvenimenti ( benché questa circostanza abbia anche potuto influire) ; e ancora meno con l'assenza di ·un apparato centrale onnipotente quale è preconizzato da Lenin. Al contrario è - 23 - B1bl oteca Gino Bianco

assai probabile che l'esistenza di un tale centro direttivo non avrebbe fatto altro che aumentare la confusione dei comitati locali, accentuando il contrasto tra l'assalto impetuoso delle masse e la posizione prudente -della socialdemocrazia. D'altra parte si può osservare che questo stesso fenomeno - il ruolo insignificante dell'iniziativa cosciente degli organi centrali nell'elaborazione della tattica - si osserva in Germania come dovunque. Nelle sue grandi linee, la tattica di lotta della socialdemocrazia non è, in generale, da « inventare »; essa è il risultato di una serie ininterrotta di grandi atti creatori della lotta di classe spesso spontanea, che cerca la sua strada. L'incosciente precedé il cosciente e la logica del processo storico oggettivo precede la logica soggettiva dei suoi protagonisti. La funzione degli organi direttivi del Partito socialista ha in larga misura un carattere conservatore: come l'esperienza ci insegna, ogni volta che il movimento operaio conquista un terreno nuovo, questi organi lo coltivano sino ai suoi estremi confini; ma lo trasformano nello stesso tempo in un bastione contro ulteriori progressi di maggiore ampiezza. La tattica attuale della socialdemocrazia tedesca è universalmente stimata per la. sua agilità e, al tempo stesso, per la sua fermezza. Ma questa tattica denota soltaqto un'ammirevole adattamento del Partito, nei minimi dettagli dell'azione quotidiana, alle condizioni del regime parlamentare: il Partito ha metodicamente studiato tutte le risorse di questo terreno e ne sa trarre profitto, senza derogare ai suoi principi. E tuttavia, la stessa perfezione di questo adattamento chiude già orizzonti più vasti; si tende a considerare la tattica parlamentare come immutabile, come la tattica specifica della lotta socialista. Ci si rifiuta per esempio di esaminare la questione, posta da Parvus, dei cambiamenti di tattica da considerare' nel caso dell'abrogazione del suffragio - 24Bibl oteca Gino Bianco

universale in Germania; e tuttavia questa eventualità è considerata come niente affatto improbabile dai capi della socialdemocrazia. Questa inerzia è in gran parte dovuta al fatto che è molto difficile definire, nel vuoto di calcoli astratti, i contorni e le forme concrete di congiunture politiche ancora inesistenti e perciò immaginarie. Ciò che importa sempre per la socialdemocrazia non è evidentemente la preparazione di uno schema già definito per la tattica futura, quello che importa è di mantenere il corretto giudizio storico sulle forme di lotta corrispondenti ad ogni momento dato, la viva comprensione della relatività della data fase di lotta e della ineluttabilità dell'aggravamento delle tensioni rivoluzionarie dal punto di vista dello scopo linale della lotta di classe. Ma affidando all'organo dirigente del partito poteri così assoluti di carattere negativo, come vuole Lenin, non si fa che rinforzare sino ad un punto molto pericoloso il conservatorismo naturalmente inerente a quest'organo. Se la tattica del partito è il prodotto non del Comitato centrale, ma dell'insieme del partito o, meglio ancora, dell'insieme del movimento operaio, è evidente che occorre alle sezioni e alle federazioni quella libertà d'azione che sola permette di utilizzare tutte le 1·isorse di una situazione e di sviluppare la loro iniziativa rivoluzionaria. L'ultracentralismo difeso dal Lenin ci appare come impregnato non già di uno spirito positivo e creatore, bensì dello spirito sterile del sorvegliante notturno. Tutta la sua cura è rivolta a controllare l'attività del Partito, e non a fecondarla; a restringere il movimento piuttosto che a svilupparlo; a strozzarlo, non a unificarlo. Una simile esperienza nelle circostanze attuali sarebbe doppiamente rischiosa per la socialdemocrazia russa: Essa è alla vigilia di battaglie decisive che la rivoluzione darà alla zarismo; essa sta per impegnarsi o meglio è già impegnata in una fase di intensificata atti- - 25 - Bibl oteca Giro B1drco

vità creatrice sul piano della tattica e - ciò che è naturale in un periodo rivoluzionario - in una fase nella quale la sua sfera di influenza si allargherà e si sposterà spontaneamente e a sbalzi. Tentare in tale momento di incatenare l'iniziativa del Partito e circondare quest'ultimo con un reticolato di filo spinato, significa voler renderlo incapace di adempiere i formidabili compiti dell'ora. Tutte le considerazioni generali che noi abbiamo esposto a proposito dell'essenza del centralismo socialista non bastano a delineare un progetto di statuto adatto all'organizzazione del Partito, determinato soltanto dalle condizioni nelle quali si svolge l'azione russa. In ultima istanza, uno statuto di questo genere non può essere determinato che dalle condizioni nelle quali si effettua l'azione del Partito in un periodo dato. E poiché in Russia si tratta di un primo tentativo di mettere in piedi una grande organizzazione del proletariato, è dubbio che uno statuto, quale che esso sia, possa pretendere in anticipo all'infallibilità: bisogna che subisca prima la prova del fuoco. Ma ciò che abbiamo il diritto di dedurre dall'idea generale che ci siamo fatti dell'organizzazione della socialdemocrazia, è che lo spirito di questa organizzazione comporta, specialmente all'inizio del movimento di massa, la coordinazione, l'unificazione del movimento, ma non già la sua sottomissione ad un regolamento rigido. E, a condizione che il Partito sia improntato a questo spirito di duttilità politica che deve andare di pari passo con un'assoluta fedeltà ai principi e col proposito dell'unità, possiamo essere sicuri che la esperienza pratica correggerà le incongruenze dello statuto, per quanto infelice possa essere la sua redazione. Perché non è la lettera, ma lo spirito vivente che i militanti attivi gli conferisconp, che decide del valore di questa o di quella forma di organizzazione. - 26B bi oteca Gino Bianco

II Fin qui, abbiamo esaminato il problema del centralismo dal punto di vista dei principi generali della socialdemocrzia e, in parte, sotto l'aspetto delle condizioni particolari della Rus~ia. Ma lo spirito di caserma del1' ultracentralismo preconizzato da Lenin e d.ai suoi amici non è affatto il prodotto di un modo di procedere casuale: esso si riattacca alla lotta contro l'opportunismo, che Lenin estende fin sul terreno dei più minuziosi dettagli dell'organizzazione. 1 Si tratta, dice Lenin « di forgiare un'arma più o meno affilata contro l'opportunismo. E l'arma deve essere tanto più efficace quanto più profonde sono le radici dell'opportunismo >>. Parimenti, Lenin vede nei poteri assoluti che attribuisce al Comitato centrale e nel muro che eleva intorno al Partito, una diga contro l'opportunismo le cui manifestazioni specifiche provengono, a suo avviso, dalla tendenza innata dell'intellettuale verso l'autonomia e la disorganizzazione, dalla sua avversione nei confronti della stretta disciplina e di ogni « burocrazia » nondimeno necessaria nella vita del Partito. Secondo Lenin, è soltanto presso l'intellettuale, restato individualista ed incline all'anarchia, anche quando ha aderito al socialismo, che si ritrova questa ripugnanza a subire l'autorità assoluta di un Comitato Centrale, mentre il proletario autentico attinge dal suo istinto di classe una specie di voluttà con la quale si abbandona al pugno di una salda direzione e a tutti i rigori di una spietata disciplina. « Il burocratismo opposto al democratismo, dice Lenin, non significa altro che il principio di organizzazione della socialdemocrazia rivoluzionaria opposto ai metodi di organizzazione opportunisti ». Egli insiste sul fatto che lo stesso conflitto tra tendenze centraJi.zzatrici - 27Bibl oteca Giro B1arco

e tendenze autonomiste si manifesta in tutti 1 paesi nei quali si fronteggiano socialismo rivoluzionario e riformismo. Egli richiama in particolare i dibattiti che nella socialdemocrazia tedesca suscita la questione dell'autonomia da concedere ai collegi elettorali. Questo ci incita a verificare i paralleli stabiliti da Lenin. Cominciamo con l'osservare che l'esaltazione delle facoltà innate delle quali sarebbero provvisti i proletari per ciò che concerne l'organizzazione socialista, e la diffidenza nei confronti degli intellettuali non sono in se stesse espressione di una mentalità « marxista rivoluzionaria >>; al contrario si potrebbe facilmente dimostrare che questi argomenti si imparentano con l'opportunismo. L'antagonismo tra gli elementi proletari puri e gli intellettuali non proletari, è la bandiera ideologica sotto la quale si raccolgono: il semi-anarchismo dei sindacalisti puri francesi con la loro vecchia parola d'o1·- dine « Diffidate dei politici », il trade-unionismo inglese pieno di diffidenza verso i « sognatori socialisti », e infine, se le nostre informazioni sono esatte, quell'« economicismo puro» che non molto tempo fa predicava nelle file della socialdemocraida russa, il gruppo che stampava clandestinamente a Pietroburgo la rivista Pensiero Operaio. Senza dubbio, non si potrebbe negare che, nella maggior parte dei partiti socialisti dell'Europa occidentale, esista un legame tra l'opportunismo e gli intellettuali, come pure tra l'opportunismo e le tendenze decentralizzatrici. Ma niente è più contrario allo spirito del marxismo, al suo modo di pensare storicistico e dialettico. quanto il separare i fenomeni dalla base storica da cui nascono e il far degli schemi astratti di portata assoluta e generale. Ragionando astrattamente, si può riconoscere solBibl oteca Giro B1arco

tanto che l'« intellettuale», essendo un elemento sociale proveniente dalla borghesia ed estraneo al proletariato, può aderire al socialismo non già per i suoi sentimenti di classe, ma al c~ntrario loro malgrado. È per questo che egli è esposto alle oscillazioni opportuniste assai più del proletario che trova nel suo istinto di classe un punto d'appoggio rivoluzionario assai saldo, per poco che egli conservi il legame con il suo ambiente di origine, la massa operaia. Tuttavia, la forma concreta che assume la tendenza dell'intellettuale verso l'opportunismo, e soprattutto il modo con cui tale tendenza si manifesta nelle questioni relative all'organizzazione, dipende in ogni caso dal concreto ambiente sociale. I fenomeni osservati nella vita del socialismo tedesco, francese o italiano, ai quali si riferisce Lenin, sono prodotti da una base sociale ben determinata, cioè dal parlamentarismo borghese. E poiché questo parlamentarismo è, generalmente, proprio il vivaio di tutte le attuali tendenze opportuniste del socialismo dell'Europa occidentale, esso genera anche in particolare le tendenze disorganizzatrici dell'opportunismo. Il parlamentarismo, come si presenta in Francia, in Italia e in Germania, non alimenta soltanto le ben note illusioni dell'attuale opportunismo: la sopravval1:1tazione dell'importanza delle riforme, la collaborazione delle classi e dei partiti, lo sviluppo pacifico, etc. Ma separando, nelle file del Partito socialista, gli intellettuali dagli operai e collocandoli, nella loro qualità di parlamentari, in certo qual modo al di sopra degli operai, il parlamentarismo crea anche un terreno propizio allo sviluppo pratico di queste illusioni. Infine i progressi del movimento operaio fanno del parlamentarismo un trampolino per il carrierismo politico, ed è per questo che vediamo accorrere sotto gli stendardi del Partito socialista molti ambiziosi e molti spostati appartenenti alla borghesia. - 29 B bhoteca Giro Bianco

È a tutte queste circostanze che si deve attribuire la nota tendenza dell'intellettuale opportunista dei partiti socialisti dell'Europa occidentale verso la disorganizzazione e l'indisciplina. ' Un'altn fonte, ben determinata, dell'opportunismo contemporaneo è l'esistenza di un movimento socialista molto sviluppato, e conseguentemente, l'esistenza di una organizzazione che dispone di considerevoli mezzi e influenze. Questa organizzazione costituisce una difesa del movimento di classe contro le deviazioni nel senso del parlamentarismo borghese, le quali, per trionfare, devono tendere alla distruzione di questa difesa e a sommergere l'élite attiva e cosciente del proletariato nella massa amorfa del « corpo elettorale ». È così che nascono le tendenze « autonomiste » e decentralizzatrici perfettamente adatte a certi scopi politici; conviene quindi spiegarle non, come fa Lenin, con il carattere spostato dell'« intellettuale », ma con i bisogni del politicante parlamentare borghese, non con la psicologia dell'« intellettuale », ma con la politica opportunista. La cosa si presenta in modo del tutto diverso in Russia, sotto il regime della monarchia assoluta, dove l'opportunismo nel movimento operaio è, generalmente, il prodotto, non della forza della socialdemocrazia né del disfacimento della società borghese, ma, al contrario, delle arretrate condizioni poli_tiche di questa società. L'ambiente nel quale si reclutano in Russia gli intellettuali socialisti è molto meno borghese e ben più declassato, nel senso preciso di questo termine, che nell'Europa occidentale. Questa circostanza - congiunta con la immaturità del movimento proletario in Russia - offre, è vero, un campo molto più vasto alle teorizzazioni fallaci e alle oscillazioni opportuniste che vanno, da una parte, fino alla negazione completa dell'aspetto politico delle lotte operaie, e, dall'altra, sino alla fede -30Bibl oteca Giro B1arco

incondizionata nell'efficacia degli attentati isolati, o anche sino al quietismo politico, alle paludi del liberalismo e dell'idealismo kantiano. Tuttavia ci sembra che l'intellettuale russo, membro del Partito social-democratico, possa difficilmente sentirsi attratto da un lavoro di disorganizzazione, perché una tale tendenza non è favorita né dalla esistenza di un Parlamento borghese, né dallo stato d'animo dell'ambiente sociale. L'intellettuale occidentale che noi vediamo oggi professare il « culto dell'io » e tingere di morale aristocratica persino le sue velleità socialiste, è il caratteristico rappresentante, non della « classe intellettuale borghese », in generale, ma soltanto di una fase determinata del suo sviluppo: il prodotto della decadenza borghese. Al contrario, i sogni utopistici od opportunistici degli intellettuali russi, guadagnati alla causa del socialismo, tendono a riempirsi di formule teoriche, nelle quali l'io non è esaltato, ma umiliato, e la morale della rinuncia e dell'espiazione è il principio dominante. Come i narodniki ( o « populisti ») del 1875 predicavano l'assorbimento degli intellettuali da parte della massa contadina, e i seguaci d~ Tolstoi praticano l'evasione delle persone civili verso la vita della « gente semplice », i fautori dell'« economicismo puro » nelle nle della socialdemocrazia volevano che ci si inchinasse dinanzi alla « mano callosa » del lavoratore. Si ottengono risultati molto diversi, quando, invece di applicare meccanicamente alla Russia gli schemi elaborati in Europa occidentale, ci sforziamo di studiare il problema dell'organizzazione in rapporto con le condi- :>.ioni specifiche della società russa. In ogni caso, significa ignorare la intima natura dell'opportunismo attribuirgli, come fa Lenin, una preferenza immutabile per una forma determinata di organizzazione e particolarmente per il decentramento. Che si tratti di organizzazione o ùi altro, l'opportu- - 3181blloteca Gino Bianco

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