Angelo Maria Ricci - Elegie ed epicedi

i09 Ch' ei le sue statue ornate avria di nuove Grazie, che non conobl1e Prassitèle, O Pari in Ida, o il Frigio Anchise altrove. Poi torni ad Ebe l' Elegia fedele, E I agri n1osa, te n ,ra, pudica , Ardir traendo ùalle sue c1uerele, Si terga i lumi e in un sospir le dica, Ch'anche il suo vago abbian1 sculto nell'atto Che in n1ar lanciò lo sventurato Lica; E l'uno e l'altro qui di marmo è fatto, Come rirnase, e l'uno e l'altro in pietra Dall'ira e dal dolor colto ad un tratto. ' Al1! perchè quella che agli Dei sull'etra Il nettare dispensa, e in l or lassuso Gioia e perenne giovinezza impetra, Perchè due stille non versò guaggiuso Del farn1aco divin su lui, che il culto Dell'ingenua bellezza l1a qui diffuso? Percbè non scese ad animar lo sculto Suo gentil simulacro, e di cinabro Spargendo i marmi, e di vital sussulto, Non congiunse amorosa) ahi! labro a labro Del suo novel Pigmal!on, la dia Anima a riversar nel Froprio Fabro ... ? lO

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==