Filippo Turati - Il delitto e la questione sociale

-·94 - -esigendo più ampia riparazione e crescendo per converso la difficoltà di procacciar sussistenze, -la necessità dell'essere s' impose agli imperativi _platonici del moralista. Fors' anche, com' è confessato spesso ai tribunali, il triste lenocinio del Cellulare, dove s' impazzisce qualche volta ma almanco non .si muore d' inedia e di gelo come nella stamberga operaia - fu per molta parte nella .determinazione del furto. Non accusiamo dunque il cielo e la natura - perocchè il freddo e la penuria alimentare, come anestetici e spossanti, hanno anzi un' .azione fisicamente anticriminosa contro gii impulsi ribelli. Consentiamo piuttosto che la virtù .criminogena di quei fatti, certo non avvertita nella borghesia, si connette ali' esistenza di classi non nate al delitto, ma poste dall'assetto sociale sulla frontiera del delitto, come in posizione normale, ·senza margine. Alla menoma .espansione dei '(isceri, la camiciola dell' onestà, ·punto elastica, si strappa loro malgrado. Ben diceva Tommaso Moro: « che fate voi .se non dei ladri per avere il gusto d' imprigionarli?» Dicemmo che quelle classi son poste là ,dall'assetto sociale: poichè, per imputare quella :scabrosa posizione agli individui, converrebbe dimostrare che, mentre là si basiva e altrove si nuotava nel superfluo, tale disparità era esclu- _sivamente e proporzionalmente dovuta all' inerzia dei miseri, all' attività degli agiati. Ma è precisamente l'opposto che lo spetta- ,colo sociale ci mostra. B blioteca Gino Banco

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