Ignazio Silone
Conversazione tra amici (con G. Berneri e C. Zaccaria)
... «Al contrario noi dobbiamo partire dalla premessa opposta, che l’oppressione dispiaccia alla maggior parte degli uomini e che la libertà sia un bisogno assai diffuso nella società umana e fra gli individui normali, e non perdere nessuna occasione per comunicarlo agli interessati.
Questa discussione non dovrebbe essere più necessaria dopo i casi di Vorkuta, della Polonia e dell’Ungheria. Abbiamo ascoltato dalla viva voce degli scrittori ungheresi ex comunisti, ora esuli in Occidente, che cosa significasse per essi, all’epoca del terrore di Rakosi, ogni segno, ogni scritto, ogni voce di libertà proveniente dall’estero. E abbiamo le confidenze degli intellettuali italiani usciti negli ultimi mesi dal Pci. Se il loro gesto di ribellione è ancora recente, la loro cattiva coscienza, ci assicurano, durava però da anni. Non è vero, essi ci dicono, che fossero sordi ai richiami che ricevevano dall’esterno del loro partito; muti sì ma non sordi. Molti rimasti nel Pci si trovano ancora in quelle condizioni; non bisogna dare pace alle loro coscienze inquiete». (p. 424)
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