Via Consolare - anno I - n. 3 - febbraio 1940

PARADISO Lei non era che una povera ragazza, di quelle che girano il mondo dietro a un banco di tiro al bersaglio e campano al margine delle città, fuori delle mura, e al margine della vita di tutti; la loro vita è come un cencio che si raccoglie, o si vorrebbe raccogliere, per poi buttarlo via. Da mezzano gli aveva fatto un amico, più che altro per ridere poi alle sue spalle ; forse anche per un pò di compassione. Ma al piccolo Carlo non importava niente : quella ragazza gli rappresentava un mondo nuovo, misterioso e dolcissimo, tanto atteso, quasi pauroso. Egli aveva ormai vent'anni e non aveva mai fatto all'amore. Era uno strano ragazzo, il piccolo Carlo. Lo chiamavano tutti così, da tanto tempo, perchè era magrolino e patito : e gli dispiaceva, quasi se ne faceva una croce. Aveva capelli fini e chiari, occhi chiari, naso affilato e pallido, come le labbra, come tutto il viso, come tutta la sua vita. Sarebbe sempre sembrato un ragazzo e Io sapeva : una di quelle persone che non riescono mai ad apparire uomini, veramente uomini, come vorrebbero ; e s1 trascinano seco nella vita un senso di imbarazzo, che Ii appesantisce. La sua timidezza l'aveva rinchiuso in se stesso e l'aveva VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì un pò guastato, come accade. Aveva una sensibilità eccessiva, forse malata: s'immaginava cose inesistenti, si crucciava per nulla. I suoi amici si burlavano a volte di lui, per la sua timidezza, specie con le donne : lo prendeva allora un odio terribile verso di essi, tanto più insopportabile in quanto non avev.a l'animo di manifestarlo. E insieme soffriva, perchè non avrebbe voluto ; perchè gli pareva di essere così disperatamente solo. Allora si rifugiava nelle sue fantasie, tra le sue fanciulle sognate. S' innamorava spesso e ogni volta gli pareva di morire ; e si sciupava l'animo in lunghi e tortuosi progetti d' incontri, di dolcezze, di parole, di baci. Ma non accadeva mai niente, non era accaduto mai niente. II piccolo Carlo non aveva mai fatto all'amore. Cominciava a provarne un bisogno insoffribile, e si vergognava e pativa ogni volta che i suoi amici raccontavan di donne. Poco a poco, a furia di sentirne parlare e di pensarci, aveva finito con l' immaginarsi ogni cosa di quelle faccende, con chiarezza strana e ricchezza di particolari ; gli pareva perfino, in certi momenti, d'aver amoreggiato tutta la vita. Era uno strano ragazzo, il piccolo Carlo. Gli piaceva d' imdi 1Jitto.iio. 730-n.iceUi pigrirsi nel letto, ogni mattina, a guardare fuori dalla finestra spalancata. Si vedevano gli alberi di un povero giardinetto polveroso ; al disopra di essi. le rondini e tutt'intorno il cielo; un gran quadro di cielo venato, nell'azzurro, da cirri sottili e filiformi, simili a morbidi capelli cilestrini. Le rondini gli parevano sempre creature impazzite e i loro voli insensate ghirlande. Nell'equivoco tepore del letto, da principio, ad occhi spalancati, continuava i sogni della notte. Poi, gradatamente, ogni immagine si disfaceva in un torbido languore. I suoi pensieri si ti:amutavano in immaginate figure di femmine : sempre le stesse, irreali e malsane. Non se ne poteva distaccare e soffriva una specie di sofferenza. A volte lo tramortiva il passo pesante di sua madre, accanto all'uscio della stanza, nel corridoio. Allora troncava d'un colpo le sue sudicie fantasie, con una vergogna da morire, come se sua madre avesse potuto vederle. Ma quella mattina c'era solo un gran sereno, fuori, e voli voli di stridule rondini incise nel cielo ; il piccolo Carlo si sentiva gonfio di una fiducia serena e pensava ad un baraccone da fiera, con due ragazze per mostra. 11

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