Una città - anno V - n. 40 - aprile 1995

dall'Albergheria di Palermo Un volontariato che riesca a portare le istituzioni dove non ci sono mai state. La lotta alla dispersione scolastica è lotta antimafia. Il degrado urbanistico, il richiamo della delinquenza, ma anche le grandi energie dei giovani. Riuscire a stare nei luoghi, a mettersi nei panni di ragazzi scippatori divenuti ormai spietati. Intervista a don Cosimo Scordato. Don Cosimo Scordato è uno dei fondatori del Centro Sociale San Francesco Saverio che opera dal 1986 nel quartiere dell'Albergheria di Palermo, con una settantina di volontari che si occupano dei problemi del quartiere. Da dove siete partiti per il vostro impegno ali' Albergheria? A Palermo si è di fronte da una parte a fatti molto pesanti, come un degrado urbanistico spaventoso, la disgregazione sociale, una certa mancanza di qualità della vita, dal- !' altro lato c'è il prorompere di espressioni di aggregazione popolare, una certa vitalità dei rapporti nonostante il degrado, c'è il desiderio di abitare i luoghi, una certa carica umana. Queste due connotazioni vanno messe in conto entrambe: vedere solo i problemi e non considerare anche le risorse può far scadere in quegli atteggiamenti apocalittici che tante volte guidano alcune scelte che vogliono essere radicali, quasi che ci fosse una situazione talmente irrecuperabile che devi fare interventi col bulldozer. Ora, la prima considerazionç che ci ha guidato è quella della connessione fra tanti problemi: la natalità, se in crescita o decrescita, lo stato dell'informazione contraccettiva, poi la situazione abitativa, il disagio scolastico, quello giovanile, la condizione degli anziani, della donna, il problema gravissimo del lavoro, forse da mettere al primo posto. Dove non c'è lavoro è probabile che si viva in condizioni di precariato molteplice, abitativo, culturale, sociale. Se i bambini non vanno a scuola è il sintomo che alle spalle non c'è una famiglia che abbia un minimo di ricerca di qualità della vita, per se stessi e per i propri figli, e questa mancanza di qualità è legata anche agli alti indici di disattenzione sociale. Quindi abbiamo toccato con mano che qualsiasi intervento non avrebbe potuto essere settoriale, ma, per sua natura, complessivo, globale. La seconda considerazione è che, di fronte alla complessità e allo spessore del disagio, un lavoro di volontariato non poteva non promuovere l'istituzione. Per esempio, non è mai esistito un distretto socio-sanitario e quando siamo stati informati che una legge prevedeva la creazione di distretti sociosanitari come struttura di base per la prevenzione e la promozione della salute, abbiamo lottato due anni perché nascesse il primo. Concretamente questo distretto socio-sanitario di cosa si occupa? Di per sé non esclude niente perché è un intervento socio-sanitario. Ha un compito di informazione e prevenzione, di accoglienza, di interpretazione e di smistamento dei bisogni e delle soluzioni. Concretamente significa che se c'è una famiglia o una donna che ha un problema di salute c'è un medico o un infermiere che interviene dando informazioni e indicazioni. Se invece il problema è di carattere più ampio, allora si assume la problematicità in tutta la sua interezza. Se la mamma porta un bambino che ha la bronchite cronica, la dottoressa, dopo aver prescritto una cura, va anche a visitare la famiglia e se la casa è troppo umida, si comincerà a valutare la possibilità di togliere l'umidità. Se un bambino comincia ad essere impaziente o dà sintomi di malessere e di aggressività, oltre a curare il bambino bisogna capire da dove viene quel r - sta violenza: se la madre è stata abbandonata dal marito o il padre è in carcere o il fratello è tossicodipendente, al I ora anche l'intervento sul bambino potrà essere più mirato. L'intervento, cioè, sarà tanto più sensato quanto più riuscirà a spostarsi dagli effetti alle cause. E ora, a conferma di quell'interconnessione fra i problemi, è un via vai di persone, donne gestanti, bambini, anziani, servizi di base come le· vaccinazioni o il controllo del sangue, incluse anche iniziative molto belle come l'educazione alimentare fatta agli anziani presso la nostra trattoria. E' un'esperienza di integrazione tra volontariato e istituzione ... Sì, è l'esperienza di un volontariato che promuove l'istituzione, un' istituzione che si è ben caratterizzata anche per le persone che ci hanno aiutato, persone che hanno creduto nel loro lavoro e ci lavorano in modo totale. Quanto più l'istituzione si sposta sul territorio e sul terreno del destinatario tanto più diventa creativa. Quanto più sta ferma in ufficio ad aspettare l'utenza, tanto meno è creativa. E non costa niente! Infatti il motivo per cui questi centri non vengono promossi in ogni quartiere è che non ci guadagna nessuno, non ci sono investimenti da fare, apparecchiature di miliardi da comprare, un mercato a catena su cui guadagnare. Invece, queste realtà, essendo un filtro alle fasi ulteriori dell' ospedale o del pronto soccorso, sono un risparmio per l'istituzione pubblica, perché quanto più intervieni nella fase iniziale di un disturbo, 4 UNA CITTA' ,,Q tanto meno c'è bisogno di passare ad una fase ulteriore. Siete partiti da lì per occuparvi di tutti gli altri problemi? Per dare l'idea dell'entità dei problemi: la disoccupazione è esattamente l'inverso degli indici nazionali, se al nord il 20% è disoccupato, qua è occupato il 20%. Certo, c'è anche un arrangiarsi sotterraneo che va dal toto-nero ad altre illegalità minori, però ci sono molte persone che non sanno cosa fare, e la mancanza di lavoro ha provocato una disabitudine ad esso, un atteggiamento rinunciatario. La dispersione scolastica è del 43%: sono i bambini che non raggiungono la terza media o la quinta elementare o che non sono mai andati a scuola. Dati impressionanti. Per ognuno di questi problemi, data la gravità, abbiamo dovuto elaborare progetti diversi che si commisurassero con essi. Dopo aver partecipato ad un convegno internazionale organizzato dall'Ocse, abbiamo proposto al provveditore di attivare una scuola di alfabetizzazione per adulti per due anni e di non interrompere i corsi delle 150 ore per i lavoratori. Quindi, nelle due scuole medie del quartiere abbiamo organizzato la scuola pomeridiana per lavoratori, perché ci siamo accorti che i bambini non vanno a scuola anche perché i genitori non sono convinti dell'importanza di andare a scuola. Questi corsi, per la licenza media o di alfabetizzazione, portano ogni anno 60-80 persone, un beli' afflusso. Noi, in questo caso, semplicemente sensibilizziamo la gente a seguire i corsi ed interveniamo all'interno dei corsi andando a parlare delle cose su cui ci interpellano. Attualmente, nella scuola vicino a noi il Provveditorato ha attivato il pomeriggio a tempo pieno con laboratori e possiamo dire che è un risultato della nostra presenza perché da anni gestivamo noi, dentro la scuola, dei laboratori pomeridiani. Ci sono casi particolari che non si riesce a raggiungere come istituzione in cui possiamo essere utili come volontari oppure, dato che l'intervento si limita ad una certa fascia di ragazzini, per gli altri che restano per strada, bisogna ritagliare altri spazi, come l'animazione di strada. Ma la scelta prioritaria è quella di dire: "vediamo cosa può fare la scuola che ha le risorse, la professionalità e che istituzionalmente dovrebbe proporzionarsi ai bisogni", e poi noi la sollecitiamo e collaboriamo. Che tipo di atteggiamento c'è da parte della criminalità organizzata nei confronti della scuola? Credo che il killer di don Puglisi abbia dichiarato che non sopportava l'idea che il prete volesse a tutti i costi portare dentro i bambini e proteggerli dentro le strutture delle istituzioni. Di fatto avviene che ci sono indici internazionali sulla criminalità, provenienti da ambienti giudiziari, che dicono che il 90% dei carcerati non sa né leggere né scrivere, il chesignificachec'èuna qualche diretta corrispondenza tra un indice di disagio civile e un indice di disagio sociale. Concretamente, se è vero che la maggior parte dei carcerati non sa leggere né scrivere, dobbiamo dire che la maggior parte di loro si è persa per strada, non solo culturalmente, ma perché ha vissuto un'esperienza avvilente o non vivificante all'interno della scuola. E' rimasta per strada ed ha avuto bisogno di affermarsi altrimenti. Sul piano psicologico -questo è uno dei rilievi che fanno gli studiosi- c'è anche una capacità d'iniziativa del piccolo delinquente, che, laddove non è riuscito a farlo con la parola, con l'apprendimento, deve affermarsi con l'attività, con un minimo di gratificazione personale. Quindi c'è certamente una dispersione scolastica che viene a confondersi con una dispersione esistenziale equesto disperdersi per strada è spesso l'origine della microcriminalità. Come poi questa microcriminalità sia disponibile ad altro è facilmente intuibile. La lotta contro la dispersione scolastica è un' operazione di tipo antimafioso in senso tecnico ed è la più insidiosa nei confronti della mafia perché quando porti a scuola i bambini e li impegni tutta la giornata, quando cominciano a gustare un altro tipo di gratificazione, dove potrebbero trovarsi uno spazio, una attività lavorativa, stai togliendo il terreno sotto i piedi per un certo tipo di mafia ancora legata alla tradizione del controllo sul territorio. Quindi per ogni problema un progetto di verso che spinga al l'attivazione del l'istituzione e alla forma d'integrazione del volontariato, per esempio intervenendo sui bambini di prima e seconda elementare che già danno segni di dispersione per farli recuperare. E questo vale anche per gli altri problemi, come l'occupazione o la casa. Sulla casa abbiamo lavorato per due anni, si è fatto un comitato popolare di lotta per la casa, lavorando soprattutto sul versante del rapporto con il pubblico, quindi incontri con i sindaci protempore, con gli amministratori, con i sindacati, con la gente che aveva questo problema, gesti di sostegno come l'occupazione simbolica del Comune, le tende in piazza dove dormivamo per simulare il disagio di chi deve vivere in case pericolanti. Significativo è stato il comitato popolare di lotta per la casa, noi come supporter e loro come soggetti: questo è importantissimo, la nostra formula è "il quartiere per il quartiere", noi non dobbiamo sostituirci a nessuno né agire senza la gente, dobbiamo lavorare con loro spingendoli a diventare soggetti, cosa difficilissima. La cosa poi si è sfilacciata perché non è ancora stato atti valo i I piano di recupero, la gente si stanca e diventa ancor più sfiduciata. Ballavamo assieme alla sera in piazza per riscaldarci durantequesta protesta un po' diversa o a turno dormivamo nelle tende in piazza, e la chiesa come luogo ha costituito un punto di riferimento per tutti perché lì non bisogna guardarsi le spalle da nessuno, se uno viene in chiesa è perché si presume che voglia fare discorsi seri, non mentire, per cui per il problema della casa ogni settimana facevamo assemblee lì. li centro è anche un momento di incontro dei giovani? Sì, anche se abbiamo lavorato di più con le famiglie, i bambini e gli anziani. Di fatto vengono tanti giovani del quartiere come volontari, e sono stati i primi operatori: anche chi aveva la terza media poteva diventare operatore culturale dei nostri centri, tra loro quelli che poi hanno aperto la trattoria. Per il problema del lavoro purtroppo non abbiamo interlocutori. Una volta abbiamo interpellato l'istituzione per un progetto importantissimo: insieme ad altre organizzazioni, abbiamo proposto al Comune di Palermo, con il sindaco Orlando addirittura, di utilizzare un'opportunità che si era offerta per le città di Palermo e di Lisbona da parte del la Cee, un progeno che prevedeva l'afflusso di miliardi a sostegno del piccolo e medio artigianato. Abbiamo portato in Comune il progetto molto complesso e dopo alcuni rinvii hanno detto che avrebbero attivato loro questa legge speciale per la Cee, ma non l'hanno fatto, i soldi non sono stati utilizzati e non è mai stato presentato alla Cee il progetto. Fu un' opportunità enorme per Lisbona e per Palermo. Dopo di che abbiamo avviato alcuni tentativi nostri, dalla base, con piccole imprese: abbiamo una cooperativa che gestisce una trattoria dove lavorano stabilmente 4 persone ed altrettante orbitano intorno, abbiamo attivato un'agenzia turistica che ha come scopo iniziale quello di fare conoscere il quartiere con visite guidate. Abbiamo avuto in tre anni circa I 0.000 visitatori come scuole, gruppi di tedeschi, di americani, ne ha parlato anche il New York Times l'anno scorso, ed è una sorta di riconciliazione di una parte del centro con il visitatore, comunque un'agenzia a tutti gli effetti che organizza viaggi e visite, poi una piccola impresa di pulizie e la gestione di una sala cinematografica a tempo pieno per sei mesi.

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