Una città - anno IV - n. 35 - ottobre 1994

era il nazismo ... Non voglio neppure insistere sul fatto che il nazismo inizialmente lo ha entusiasmato, questo potrebbe anche capitare a un filosofo molto distante dalla politica ... Ma poi non è riuscito né a ricredersi né a compiere un'analisi di eventi che hanno segnato l'intero secolo, eventi non marginali. ma rivelatori di quello che covava nel grembo della società moderna (e della cu I tura tedesca). Heidegger è proprio l'esempio di come certa lìlosofìa impegnata a pensare non abbia occhi per vedere ciò che è evidente, e questo è successo non solo a destra, ma anche a sinistra. La cosiddetta essenza dei fenomeni sociali non è affatto così "profonda" e invisibile come credono i filosofi di quel tipo, è invece osservabile. è un insieme di fatti empirici. di piccoli sintomi che molti scrittori avevano capito e descritto ... In realtà, però, proprio Heidegger, ponendo la questione della natura del linguaggio, che non può essere inteso solo come strumento di comunicazione, ha contribuito a insegnarci che il presupposto non detto di tutta la poetica sperimentale era che si potesse manipolare il linguaggio come una scacchiera, cioè una concezione tecnica del linguaggio ... Intanto vorrei precisare che questa idea non l'ha inventata lui, e una delle cose che mi sorprende e mi scandalizza è che si attribuiscano ad Heidegger cose che scrittori e critici sapevano benissimo. La rinessione di Heidegger sul linguaggio e la poesia si limita a Hoelderlin e Trakl, non è particolarmente originale né è in grado di cogliere la grande varietà della letteratura moderna, con i suoi diversissimi linguaggi. Tutta la poesia moderna, con Leopardi, Baudelaire, e innumerevoli altri è una critica in atto della strumentalità del linguaggio, del suo impoverimento nella società borghese amministrata. Questa critica viene poi anche dai romanzieri. Heidegger fissa tutto questo in una formulazione filosofica che di fatto riduce e impoverisce la varietà e vivacità di quelle esperienze letterarie, mentre, se si impara dagli scrittori, il senso della varietà e pluralità delle esperienze viene mantenuto, il che secondo me è importantissimo. Dobbiamo aumentare il nostro grado di attenzione per la varietà delle esperienze reali che gli individui hanno della loro ASSOCIAZIONE NUOVA CIVILTA' DELLE MACCHINE condizione personale e sociale, perché solo così capiamo meglio dove siamo e cosa possiamo fare, cosa che quasi mai avviene con le formulazioni di tipo teorico e filosofico. Questo lo ammette ormai anche qualche filosofo: Rorty per esempio dice che se dovesse scegli ere tra Dickens e Heidegger, butterebbe subito Heidegger e si terrebbe Dickens, che è uno scrittore, come si sa, poco teoretico e apparentemente superficiale, non certo fatto per piacere ai filosofi, come Hoelderlin ... Lei pensa che la letteratura, e la poesia in particolare, possa essere ancora un punto di vista privilegiato sulla fantasmagoria delle vite individuali o ci sono oggi, penso al cinema, altre forme espressive più capaci di attenzione? lo sono affezionato alla letteratura e alla poesia perché sento che il linguaggio verbale è qualcosa di molto prezioso. magari è poco appariscente, ma ci è molto vicino, molto intimo, non richiede particolari e costose tecnologie per essere usato. basta un foglio e una penna, si può scrivere dovunque. pur di avere materia sufficente per il sognato libro La tradizione scritta ha poi nella nostra cultura un valore particolare e io la apprezzo forse anche per una certa sua ina1111alità crescente, la considero come un punto di resistenza nei confronti di tecnologie comunicative più potenti. Però non ne faccio una questione di valore, anzi molto spesso mi accorgo di accusare molti letterati odierni che non sentono abbastanza la sfida comunicativa che il presente pone al linguaggio scritto. Certo non si può sperare di avere l'impatto comunicativo di una rock-star o di registi come Spielberg, ma proprio perché la lettura diventa sempre di più un atto solitario, ostinato, individualistico, controcorrente, è tanto più importante non moltiplicare la massa dei messaggi scritti, ma diminuirla, essere più selettivi, non stampare tutto. ma stampare cose che valga la pena di leggere e rileggere. Bisogna essere efficaci, sintetici, tenere desta l'attenzione, perché non si può pensare che scrivendo si possa fruire FILOSOFIA e SOCIOLOGIA DELLA MUSICA di un privilegio, tutt'altro. La poesia è stata inventata proprio per curare la qualità, essenzialità, densità e perfezione tecnica del linguaggio, è stata creata come messaggio memorabile, da imparare a memoria, da rileggere ... Invece oggi la maggior parte delle poesie non solo non possono essere rilette. ma è perfino impossibile leggerle, sono labili, effimere ... La letteratura è qualcosa che ci tiene in contatto con una lunga tradizione, con qualcosa di arcaico ... c ·è perfino qualcosa di magico in questa, una specie di partecipazione per contatto, perché anche se non ci penso, ogni volta che mi siedo e comincio a scrivere o a leggere facendo attenzione a ogni frase e parola, eccetera., in un certo senso entro in comunicazione con tutti quelli che hanno scritto e letto. E' come quando, se mi sveglio per esempio alle 5 di mattina, sento che entro in comunicazione con tutti i pendolari che si sono alzati alle 5 cli mattina. anche se non li vedo. E se mi inginocchiassi a pregare, cosa che non faccio. entrerei in comunicazione con tutti coloro che nel mondo si inginocchiano a pregare o lo hanno fatto per secoli ... Ecco, in un certo senso ci sono delle attività che ci mettono ancora in comunicazione diretta con parti della cultura umana che altrimenti tendono a sparire e morire. Forse è questa la ragione per cui io scrivo ancora preferibilmente a mano, o uso la vecchia macchina da scrivere, cioè tecnologie un po' vecchie, quelle che c'erano quando ho imparato a scrivere. Certe condizioni fisiche della scrittura tendo a conservarle così come le ho imparate, perché evidentemente sono un po' superstizioso, temo che le nuove tecniche rubino e sottraggano all'atto di leggere e scrivere la sua forza magica ... ! In questa prospettiva non occorre ripensare anche alle modalità della produzione dell'opera poetica e ai suoi rapporti con l'industria culturale? Nel suo libro parla dell'utilità delle antologie ... lo faccio solo delle ipotesi che hanno a che fare con la ricerca di qualche criterio di oggettività che ostacoli la tendenza dei poeti di oggi ad auto-consolarsi nel loro piccolo ghetto, nel quale niente e nessuno li contraddice. • • • \..../em1nar1 ~~ I poeti oggi si sono ritagliati una zona protetta, si accontentano cli poco, pretendono poco da se stessi, sono suscettibili e vanitosi ma non hanno vera ambizione, non hanno più le grandi ambizioni che hanno sempre avuto i poeti, che possono anche non avere successo, ma contano sul valore e sull'impegno e credono nel potere dei loro versi: la forza dei poeti è sempre stata questa. L·osservazione a proposito del le antologie deriva da questo: esiste oggi un problema di tutto il sistema culturale che tende a privilegiare il libro come merce piuttosto che come valore. non è un bimbo, il poeta, che non va inibito Questo è inevitabile, sappiamo in che tipo di società viviamo, quindi questa dialettica fra valore d'uso e valore di scambio è sempre aperta, ma la poesia è particolarmente sfavorita oggi in questa lotta di mercato. D'altra parte esiste una specie di ingenuo feticismo dcli' Autore, per cui anche chi scrive poesie ed è isolato e timido è ipnotizzato dal miraggio di pubblicare il Libro, e quindi io volevo solo ricordare che anche con i libri in poesia si tocca un pubblico ristrettissimo. Tra pubblicare con un grosso editore e pubblicare con una casa editrice minima la differenza è quasi nulla perché non si viene comunque letti. I lettori sono in media qualche centinaio, se va bene, la critica quasi non reagisce, ormai non reagisce neppure alla pubblicazione di grandi poeti e di nomi famosi. E quindi si può ritrovare una dimensione comunicativa magari ristretta ma reale, sostanziale, bisogna liberarsi da questo feticismo dell'involucro libro, perché i libri di singoli autori vanno persi, annegano nella massa delle pubblicazioni. C'è poi anche un'altra ragione: sono veramente pochi, sono pochi addirittura nell'intero novecento, i libri di poesia che veramente reggano in quanto libri. Anche autori molto importanti si leggono bene in antologie, figuriamoci oggi che molti tendono a riempire di zavorra e a ripetersi pur di avere materia sufficiente per fare il sognato libro. Per questo dico che sarebbe meglio trovare strumenti editorialmente più efficaci, come delle antologie periodiche che contengano il meglio di ciò che è stato pubblicato qua e là in un anno ... Insomma quando un autore nella propria vita ha scritto una decina di belle poesie può essere soddisfatto, può essere definito poeta, lo è senz'altro. Ma se ha pubblicato dieci brutti libri che non si leggono e non si ricordano perché non contengono neppure una poesia da ricordare, allora è stato tutto uno spreco illusorio. Ma come "stanare" il poeta, il letterato, italiano da questa situazione consolatoria... Io penso che la sola cosa utile sia dare forza al primo ed elementare atto della critica: distinguere coloro che sono poeti da coloro che non lo sono. Questo può apparire un atto brutale, crudele, ruvido, presuntuoso: ma una categoria pletorica, affollata di gente che si illude di scrivere poesia e scrive invece cosucce avvilenti è quanto di più lontano dalla poesia. Molti di costoro si consolano con l'idea che la poesia è difficile e che la verità è perdente: ma è come pensare che, dal momento che molti grandi scrittori sono stati nevrotici o isterici, ogni isterico e nevrotico è un poeta. Si è scrittori e poeti per la straordinaria energia e perfezione di quello che si scrive, non per altro. Ma distinguere è anche ciò che dovrebbe fare un pubblico reale di lettori: va bene, questi lettori saranno pochi, ma che almeno amino la poesia e siano esigenti. Una critica non può fare quello che non fanno già da sé i lettori: perché un genere letterario sia vitale ci vuole certo anche la critica, ma anzitutto è necessario un pubblico, anche piccolo ma reale. Come lettori di poesia bisogna avere delle reazioni vivaci, forti. Invece non se ne hanno, c'è una forma di auto-consolazione omertosa perché chi legge brutte poesie a sua volta scrive poesie brutte e così non c'è via d'uscita. Chi scrive poesie lo si tratta come un bambino che non va inibito, a cui non si può dire mai la verità, anche perché oggi c'è una gran confusione sul talento artistico: è cortese e democratico riconoscere che tutti ce ne hanno un po' o potrebbero avercelo con un piccolo sforzo in più. I gruppi di poeti sono diventati come degli asili infantili dove si deve incoraggiare, si deve dire a tutti "come sei bravo" ... Lei dice che i lettori e la critica devono riacquistare la capacità di distinguere immediatamente il buono dal cattivo, devono riacquistare una capacità reattiva, ma temo che l'industria culturale sia in grado di parodiare immediatamente anche questo tipo di atteggiamento ... Sono d'accordo, niente è garantito, anche l'autenticità non è garantita. Il titolo del libro di Adorno contro Heidegger era Il gergo dell'autenticità. Perfino l'autenticità può essere falsificata, anzi è questa oggi una cosa assai comune e assai praticata. l'etichetta che crea identità, un residuo di prestigio Il fatto è che in certe arti, come la poesia e la pittura, o anche il teatro, la situazione è · arrivata a questo punto perché sono arti che nqn interessano molto, vengono ignorate e lasciate sopravvivere stancamente. Se la poesia interessasse come la musica classica, o anche come il rock, ci sarebbe un pubblico che vuole qualcosa e rifiuta qualcos'altro, distinguerebbe fra prodotti buoni e prodotti scadenti. Il fatto è che non interessa la poesia, ma interessa un certo aroma, l'etichetta: interessa entrare in qualche modo, non importa come, a far parte di qualcosa che conserva un residuo di prestigio, crea identità, magari identità fittizie, dà un piccolo status symbol culturale. Ma così la qualità di quello che si scrive e si pubblica passa in secondo piano, diventa irrilevante. Così la poesia si è resa irrilevante, è un nome vuoto ... - COMUNE DI FORLI' Assessorato alla Cultura FILOSOFIA e SOCIOLOGIA SCIENZA e TEOLOGIA DELLA TECNICA 14 Ottobre ore 16,30 - 15 Ottobre ore 9,00 - 1994 Seminario: 21 Ottobre ore 16,30 - 22 Ottobre ore 9,00 - 1994 Seminario: 28 Ottobre ore 16,30 - 29 Ottobre ore 9,00 -1994 Dibattito: LA MUSICA E LE PASSIONI Relatori: Anna Mila Giubertoni, Paolo Gozza Presiedono: Stefano Leoni, Gianfranco Morra I VALORI DELLA TECNICA Relatori: Vittorio Marchis, Roberto Scazzieri, Silvano Tagliagambe Presiedono: Francesco Barone, Gianfranco Morra in occasione dell'uscita del volume SCIENZA E TEOLOGIA di Carlo Borasi, ed. Dehoniane Introduce: Edoardo Benvenuti I seminari si tengono presso la Fondazione Garzanti - Hotel della Città: Via Fortis, 8 - Forlì - per informazioni tel. 0543/ 712400-66307 Zanussi Elettrodomestici spa 1anco UNA CITTA' 1 5

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==