Una città - anno II - n. 14 - giugno 1992

BISOGNA SEMPRE PAGARE UN PREZZO Quale limite darsi. Il prezzo e lo necessità dello legge sull'aborto. Etica e responsabilità. Intervista a Pippo radolini e Mirna Del Signore Si discute molto della questione del limite e per alcuni questo vuol dire anche limitare alcune pratiche che, come l'aborto, sono ormai entrate nella normalità ... Pippo: li problema del limite è sicuramente una questione fondamentale per l'umanità da qui al prossimo millennio, ammesso che ci si arrivi. Giannozzo Pucci, nell' intervistache gli avete fatto, dice che il limite è ciò che ti viene dato dalla biologia, ma bisogna sottolineare che anche la biologia è un fatto storico, almeno parzialmente. Se l'essere umanooggi campaventicinque o trenta anni in più di quello che campava anche solo cinquanta anni fa non è perché venga tenuto in vita artificialmente, ma perché è cambiata la biologia dell'homo sapiens grazie, o per colpa, di tante cose. Adesso si parla molto della ricerca scientifica per la donna in menopausae questo non perché, improvvisamente, l'industria abbia scoperto che potevaessereunbuonbusiness, ancheseinteressi commerciali ce ne sono tantissimi, ma perchéladonna inmenopausaoggi esistecomeentità sociale. Fino ai primi anni del ·dopoguerra questo era un soggetto sostanzialmente inesistente perché una donna, se arrivava alla questecose,occorra fareattenzione a porre un limite anche all'estremismo biologico: se il limite èdato solo dal decorrere degli eventi "naturali" cosa vuol dire? Che dobbiamo tornare ad accettare una serie di cose che una volta venivano accettate solo perché non si poteva fare diversamente? Ma l'uomo ha imparato adevitarle non solo per cattiveria o per protervia illuministica, ma anche, e a volte soprattutto, per un grande sforzo di tipo umanistico. Io credo che la lotta contro la mortalità perinatale non si possadefinire una violenza contrc la natura, anche se sono stati usati strumenti chehanno modificato dei ritmi naturali. Sarebbecomedire che non bisogna fare le costruzioni antisismiche perché seviene il terremoto deve andaregiù tutto. lo non so seho letto l'intervista a Pucci in mani'eraestremizzata, però, quando ho letto che lui è per la "maternità irresponsabile", sono trasecolato: la ruota dove si abbandonavano i bambini non era un'alternativa all'aborto, vi si aggiungeva. C'erano donne chedue o tre bambini li portavano alla ruota, quattordici o quindici li abortivano e altri settoo otto li avevano in casa in condizioni di denutrizione. La societàche Pucci immagina io la vedo fatta di plebi vaganti edisperateche non sanno come stare al mondo, guidate da santoni che, dal chiuso dei santuari, dicono loro cosadevono fare. Che è quello che hanno fatto la Chiesa e tante altre istituzioni autoritarie per secoli e secoli e contro le quali giustamente l'essere umano si è ribellato. che il limite come fa a non essereun fatto storico? E' giusto andare solo in bicicletta oppure si può anche andare in macchina, purché la si usi decentemente? lo su questo non ho risposte oggettive, ma personali. Anche ammettendo che il senso del limite sia prevalentemente storico, nel caso dell'aborto non ci sono limiti da porre? Dire che c'è sempre stato non basta, anche gli omicidi ci sono sempre stati e non per questo dobbiamo legalizzarli. Non è che con l'aborto, come dice Pucci, si sia aperta una porta da cui poi potranno entrare anche cose spaventose come, per esempio, la selezione della razza? Pippo: La leggesull' abo110può esserecontestabiledavari punti di vista, fra questi ancheperché pone alcuni limiti che rendono difficili certe situazioni. Le minorenni devono sottostare ad un iter che rischia di essere fortemente dannoso per il loro benesserepsichico. una volto si esponevano le femmine alla "serena" porta dentro di sé ha qualche possibilità di vita autonoma. Anche nei casi di routine non credo sia indifferente questo problema del concepito rispetto alla madre. Perché allora dodici settimane e non diciotto? Forseperché esisteun problema di identità emozionale della gravida in quanto individuo ed in quanto gravida. Nel primo trimestre di gravidanza la donna avverte di essereincinta, ma, tutto sommato, non ha ancora una comunicazione distinta con quest'essere, mentre dopo comincia ad averla sempre più ogni giorno che passa. L'aborto, poi, si porta sempre dietro delle sequele di ordine psicosomatico, dei sensi di colpa più o meno inconsapevoli, per cui non credo che ci sia deproblematizzazione, e comunque non è la legalità a provocarla, mentre credo che le conseguenze psicologiche siano tanto più pericolose quanto più la gravidanza è in fase avanzata. Io mi sono trovato a sconsigliare delle donne dal fare un aborto perché, parlando con loro, mi era sembrato che abortire potesse comportare rischi maggiori per la loro salute emozionale che il non farlo. Ma con l'aborto "terapeutico" il sospetto di una forma di selezione della razza non è più forte? L'eugenetica potrebbe passare proprio dalla combinazione fra un'ecografia che un domani potrà vedere tutto e una pratica dell'aborto lasciata al giudizio individuale. Pippo: Certo questo periçolo, in astratto, può esistere. Al giorno d'oggi quasi tutte le donne che hanno superato i trentacinque anni fanno l'amniocentesi, cioè l'esame dei cromosomi del feto fatto attraverso l'analisi del liquido amniotico, e la fanno anche perché sannoche seviene riscontrata una anomalia cromosomica possono abortire anche dopo il terzo mese di gravidanza. Solo donne di fede cattolica molto radicata non fanno l'amniocentesi, perché sono convinte che bisogna prenderequello che viene. Nel caso di riscontrata anomalia molte donne abortiscono, ma questo non perché ci sia tendenza sociale alla selezione della razza,ma perché la legge riconosce che, individualmente, non è una decisione facile quella di tenersi un figlio mongoloide equestadecisione viene lasciata alla donna. ognuno è solo e fa i conti con le proprie • risorse La legge, quando parla di aborto terapeutico, non dice che, se il feto è malformato, si deve fare l'aborto terapeutico; dice solo che, sela presenzadi unamalformazione fetaleè tale dacomportare seri rischi per la salute fisica o psichica della madre, allora è possibile l'aborto anche dopo il terzo mesedi gravidanza. Il concetto di "salute psichica" non è un po' vago? Non può far passare il fatto che ognuno può fare quello che vuole? Pippo: Ma chi si arroga il diritto di dire ad una donna "tu sei una che un bambino mongoloide selo può tenere·•,mentre ad un'altra dici che non se lo può tenere? E' vero che è difficile definire il concetto di salute psichica, ma cerchiamo di non caderenella concezione di chi dice che la salute psichica, in fondo, non conta gran che. "Maternità responsabile" non vuol dire "o figlio o vacanze", ma vuol dire che una personasi assumedelle responsabilità di fronte alla vita che porta in grembo. Lo so che mettendo in mezzo la salute psichica si può anche cercare di imbrogliare e, fra l'altro, questi sono proprio i casi in cui fare un aborto può essere rischioso anchedal punto di vista psichico. In questi casi la decisione, teoricamente, spetta al medico. Dico "teoricamente" perché, se per me rischi aportare avanti la suagravidanza non esistono e quindi non do il mio assensoali' aborto, lei può poi sempre andare da un altro medico. L'abitudine, però, è che, nel casodi feto con sindrome di Down, la paziente abortisce col certificato dello psichiatra, proprio per cercare di essere il più sicuri possibile sul problema della salute psichica. Mirna: Va anchedetto che viviamo in un momento storico in cui nonèchein questasocietà non ci sia spazio solo per i ciechi, per gli zoppi, per i mongoloidi, in questa società non c'è spazio nemmeno per tutti quei bambini chesonoabbandonati in un istituto e sono perfettamente sani; bambini di cui nessuno si fa carico. Io credo che le porte chesi possono aprire, edèvero chesi aprono, siano un problema di etica generale che, quindi, non va applicata solo a certe questioni, come l'aborto, eadaltre no. Se Giannozzo Pucci ha delle ragioni le ha nello spostare le questioni da un versante in cui si tenta di risolvere tutto scientificamente, eliminando certi problemi, ad un atteggiamento più etico, complessivo. scegliere elle croce portare, non se portarlo o no Ma questo percorso piuttosto lungo non va dato per scontato ed è per questo che, ad esempio, occorre dar modo ad una personadi decidereseun figlio mongoloide è disposta a tirarselo su o no. Perché è solo la famiglia ad averne il carico; non c'è una solidarietà intorno che ti permetta di non dare di matto perché con un figlio mongoloide non hai più cinque minuti di tempo libero. E' anche su questecose che vanno calibrate le scelte. Comunque sia uno fa i conti con le proprie risorse, perché non esiste qualcuno che ti dia una mano ed è per questo che le banalizzazioni di Pucci mi fanno andare fuori di testa. Se uno ha una fede tale che si accolla la classica croce è per una libera scelta: io posso decidere che non me la sento di portarla, perchépiù fragile, più debole, ed è questa la mia natura. Senoi militiamo nel movimento verde è anche perché vorremmo ricreare un ambiente che ti metta più in contatto con la natural itàdelle cose, ma la naturalità non è quella di decidere che i figli vanno messi sulla ruota senon li vuoi. Questa esaltazione della libertà, per cui nella vita si può anche scegliere se avere la croce o no, non porta con sé il rischio di una deresponsabilizzazione che alla fine andrà contro la stessa libertà dell'individuo? Non c'è il rischio che i problemi, invece di affrontarli, li si voglia cacciare fuori dalla nostra vita per cui i vecchi si ospedalizzano, per ogni più piccolo dolore c'è l'analgesico e così via? Pippo: Il rischio c'è, ma il problema non è nella possibilità dell'individuo di scegliere se avere la croce o meno. Il problema è, al massimo, di scegliersi quale croce avere. La donna che fa un aborto non lo fa mica con tanta facilità, con tanta leggerezza. Molte donne che fanno l'aborto terapeutico per una sindrome di Down, frequentemente, quando è il periodo in cui il bambino avrebbe dovuto nascere, hanno delle crisi grossissime, con degli strascichinel tempo.Sono cose che si scontano, non esiste un qualcosa che possiamo fare per cui non dobbiamo poi pagare un prezzo. • menopausa, poi campava pochi anni; ora invece una donna si trova a vivere un terzo della sua vita in età post-menopausale. Quindi, anche se si vogliono prendere dei parametri biologici per definire quale deve essereil limite, non è poi molto chiaro quale debba essere il parametro che puoi prendere. Parlando dell'aborto, qual è il parametro biologico per stabilire un limite che dovrebbe escluderlo dall'esistenza umana? L'aborto è sempre esistito, in tutte le epoche, in tutte le etnie, a tutte le latitudini, più o meno utilizzato come metodo di controllo del lenasciteepiù omeno accettato socialmente. Io credo che la legge sull'aborto non abbia fatto altro che sistematizzare qualcosa che era sempre esistito, ponendovi un limite nel sensoche ha posto dei limiti di tempo e, parzialmente, anche di procedura. fare le cose col massimo dello Anche gli aborti oltre il terzo mese di gestazione, che possono esserefatti solo per moti vi terapeutici, sono lasciati assolutamente alla discrezionalità della struttura in cui la donna in quel momento si imbatte. Cosicché, per una sindrome di Down, ìl mongolismo, in una struttura l'aborto si può fare anche a venti settimane, mentre in un'altra già a dodici settimane più un giorno non si fa più niente. Questi sono limiti che, a mio avviso, andrebbero ritoccati per allar- saggezza garli un po'. A suo tempo io contestai la legge sull'aborto e Che nel ribellarsi abbia anche feci la campagna insieme ai fatto degli errori siamo tutti radicaliperl'abrogazionedelle d'accordo, che abbia preso norme più restrittive, ma oggi degli svarioni enormi nel rap- convengo che, tutto sommato, porto con la naturaèverissimo, è una legge improntata ad una ma percorreggere questi errori certa saggezzae tiene presente non si può dire che è meglio la il tipo di discussione,di cultura, maternità irresponsabile, cheè e quindi di storicità, che ha meglio la ruota, ecc. Anche portato alla legalizzazione riguardo ai nostri ospedali il dell'aborto. Edèunaleggenata discorso di Pucci non è giusto. proprio con l'intento di porre Quello che succede nei nostri dei limiti, per questo dico che ospedali è esattamente il con- il senso del limite è un fatto trario di quanto dice lui: a dei storico. In Giappone fino a poveri cristi cheavrebbero tut- pochi decenni fa l'infanticidio to il diritto di morire senza era considerato assolutamente penare vengono sottratti i cal- lecito e ubbidiva a parametri manti per paura che muoiano puramenteculturali. Senascedieci minuti prima; col cavolo va una bambina invece di un che per il malato terminale di maschio il vicino di casastava cancro, che ha dei dolori tre- ad aspettare tranquillamente mendi, il calmante sia un di- che l'interessata decidesse se spetto perchégli ruba lamorte. tenersela o se metterla d'inQueste sono cose che gridano verno fuori dalla finestra. E vendetta, sesi ha un minimo di questo non solo in Giappone. rispetto dell'essere umano in Mirna: lo sono di origini quanto tale. Se poi facciamo il abruzzesi e mio nonno racdiscorsochenon bisognaessere contava, ed era una cosa che antropocentrici per niente, per succedeva ancora quando era cui l'essere umano deveessere piccolo, che a volte si esponeL'ALTROE LECATEGORIE Ma averne fatto un diritto garantito per legge, cioè considerarlo unqualcosa che riguarda unicamente la singola donna, non l'ha anche, di fatto, deproblematizzato un po'? Pippo: Secondome no, perché non è vero che la persona che abortisce oggi ci pensi di meno per il fatto che ora lo può fare senza rischi. plebi vaganti e disperate, guidate da santoni Ci sono anche persone irre- uguale al filo d'erba, io, che vano le femmine "alla serena", sponsabili, che fanno la sfilza pure mi considero un verde, mi che voleva dire mettere alla di aborti, ma sono sicuro che dissocio. L'essere umano, per finestra le neonate, nude, nelavrebbero fatto così anche ai motivi evolutivi o storici, si è l'ora più fredda del mattino. tempi dell'aborto clandestino. arrogato il diritto di esserecolui Ma esiste una differenza soAi tempi delle nostre nonne, o checercadi regolare le cosefra stanziale fra ammazzare un anche quando eravamo più gli esseri viventi che lo cir- feto di tre o quattro mesi ed piccoli noi, non si sentiva condano e questo è un dato del esporre un neonato alla fiparlarcdi personeche avevano quale bisogna tenere conto. nestra? fattolaslilzadiabortisultavolo Certo la grande scommessa è Pippo: Io credo che non sia da cucina? Non credo che che si riesca a regolare le cose indifferente che un organismo problematizzare o deproble- col massimo della saggezza; abbia o non abbia alcun tipo di matizzare l'aborto abbia a che però non si può far finta di vita autonomo, che sia totalfare col fatto che esso sia o poter ragionare nel 1992 come mente dipendente dalla buona meno legale. Anzi, secondome si sarebbe, forse, potuto ra- funzionalità dcli' organismo la sua legalità porta le persone gionare diecimila anni fa. Da materno o che abbia delle sia interessate ad avere una serie quando l'uomo ha cominciato pur precarissime possibilità di di contatti che poi, probabil- a costruirsi i primi attrezzi per vita autonoma. In una paziente mente, le porterà ad affrontare vivere un po' meglio esiste il ad alto rischio di vita, peraltro, il discorso della contraccezio- tentativo di regolamentare la io ritengo sia lecito interromne. Io credo che, quando si naturaper viverci nellamaniera pere la gravidanza anche sra dj folèca a e; dnaOssi~ 1aon cOdo l'organismo che lei Un accenno riportato nel dibattito pubblicato nelle prime pagine di un numero precedente mi da lo spunto per un breve percorso sul tema dell"'altro". E' un percorso personale ed abbastanza casuale che vuole avere come "sfondo" ciò che mi interessa di più e cioè il lavoro educativo. In quelle pagine ad un certo punto ho incontrato la vicenda di Raoni e dei Kayapò: Raoni ha incontrato e vissuto in un mondo diverso da quello della sua tribù, haviaggiato, partecipato a concerti, per questo la sua tribù non lo ha più accettato, perché ha conosciuto cose diverse da quello che i Kayapò credono sia l"'altro". Non conosco la vicenda di Raoni se non per le poche righe citate, le riporto solo perché mi hanno stimolato ad operare una serie di collegamenti in riferimento al tema dell'incontro con l"'altro". E' un tema complesso che emerge con veemenza ogni volta che si presenta una nuova "tipologia" di "altri" che chiede cittadinanza. Penso ai ragazzi handicappati nelle scuole, alle persone dimesse dagli ospedali psichiatrici, ma forse anche agli abitanti del Sud povero del mondo che si sono trasferiti nel Nord ricco. L'ospite rischia di non essere capito, di risultare incomprensibile. Mi piace molto la lettura che si può fare a questo proposito della favola dei musicanti di Brema: "...La favola è nota. Quando l'asino, il cane e il gatto e il gallo -presentatisi ai briganti come uno spettro orribile, e in questomodo impadronitisidella casa- si mettono a dormire, il capo dei briganti manda uno di loro ad esplorare la casa. Il capo aveva visto che la casa era tranquilla e aveva stabilito che non avrebbero dovuto lasciarsi spaventare ... ...Da una favola si può trarre una morale. E una favola è sempre un po' una metafora. Sostituiamo ai quattro animali musicanti che vogliono andare a Brema degli immigrati in una città del Nord. Il loro arrivo è come uno spettro, e gli abitanti -un po' briganti perché portano via agli immigranti sudore e sangue, cioè lavoro- si ritraggono spaventati. Con il tempo, una certa Quiete induce a inviare qualcuno ad esplorare... L'esploratore vede davanti a sé una certa quiete, ma interpreta poi ogni movimento· attraverso l'immagine della paura. E inventa una realtà ancora piùpaurosa..." (Canevaro 1991 - pag. 146). Ho collegato la figura dell'inviato, identificata nel testo precedentemente citato come un possibile educatore professionale, attore culturale, alla figura dell'etnologo che T odorov riprende da Levy Strauss: "L'etnologo è dunque quel mediatore tra culture... e non è più la fedeltà ai valori tradizionali che viene lodata, ma, al contrario, il distacco. Distacco del quale si è visto come esigesse, prima di tutto, una familiarità con l'altro. ...Ciascuno dei due movimenti, di allontanamento rispetto alla propria società e di avvicinamento nei confronti della società straniera, deve sdoppiarsi". Lo sdoppiamento porta in definitiva a quattro "movimenti": il primo di allontanamento da sé e dalla propria società verso la quale c'è già la sensazione di uno sfasamento, che però ancora non è lucido, perché non ha un termine di paragone esterno. li secondo di avvicinamento e cioè l'immersione in una società diversa dalla propria. La propria provenienza però continua ad indicare le categorie con le quali osservare e leggere la realtà. Il terzo movimento è ancora di allontanamento e consiste nel ritorno nella propria società dove però si vedono le cose in parte con gli occhi di uno straniero. Le due metà culturali devono comunicare fra loro: "l'etnologo non sprofonda mai nel delirio schizoide poiché insiste nella ricerca di un senso comune e al limite universale ...". Infine l'ultimo movimento: "non identificando più le categorie universali dello spirito né con le mie stesse categorie mentali, né con quelle che osservo negli altri, ma non· perdendo di vista, tuttavia, l'orizzonte dell'universalità, posso sWdiare la società straniera -ma, altrettanto bene, la mia propria società, ...poiché il mondo intero sarà diventato per me come una terra d'esilio" (Todorov 1989-pag. 99). Trovo particolarmente interessante il riferimento fatto alle categorie e la necessità di mantenere undialogofravisioni del mondo che possono sembrare in forte contraddizione nella mente di colui che ricerca. Leggo qui non la fuga verso qualsiasi idea ma la ricerca di legami, connessioni, fra identità diverse. E' uno sforzo, questo, richiesto fortemente anche nelle situazioni educative e quindi non confinato all'etnologia. Infine riporto una considerazione di L. Irigaray che riavvicina ulteriormente il luogo dell'incontro con l'altro riproponendolo nello spazio in cui avviene per la prima volta. Anche in questo caso è necessario un terzo elemento mediatore, non rivelatodalle categorie culturali: "L'embrione è per metà estraneo all'organismo materno. Infatti la metà dei suoi antigeni provengono dal padre, e dunque la madre dovrebbe attivare un meccanismo di rigetto. La placenta, che è anch'essa altro rispetto all'organismo materno, impedirà il rigetto ... non è un sistema immediatamente protettivo, non sopprime ogni reazione della madre impedendole di riconoscere l'embrione feto come altro. Al contrario, è necessario il riconoscimento materno dell'altro, del non sé, dunque una prima reazione della madre, perché si producano i fattori placentari. La differenza fra sé ed altro è indefinitamente negoziata ...". L'autrice continua e riferendosi al ruolo che la psicoanalisi affidaalla figura paterna,alla legge e cioè di terzo che favorisce la costituzione di soggetto al bambino afferma: "Ma in realtà il terzo non fa che ripetere e contrassegnare ad un altro livello una separazione esistente durante la gravidanza, grazie alla placenta ..." (L. lrigaray 1990 - pag. 39). L'autrice parla di cecità rispetto al ruolo della placenta. Le categorie culturali non permettono di mettere in evidenza qualcosa già chiaro e affermato. Vorrei per concludere riportare l'attenzione al lavoro educativo. E' in questo luogo infatti dove si possono sperimentare forte le necessità di mediazioni di elementi di negoziazione che permettano di costruire un orizzonte di universalità in cui gli universi dei partecipanti abbiano spazio e siano fra loro in collegamento. Il riferimento è alla concezione di "sfondo integratore" sviluppata in questi anni e sperimentata in tante realtà educative. Da qui però comincia un'altra storia ... Enrico Lombardi UNA CITTA' 1 5

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==