Una città - anno II - n. 12 - aprile 1992

COME ATTIVARELESUE RISORSE La dott.ssa Maria Grazia Parisi è psicologa del SERT (Servizio Recupero Tossicodipendenti) dalla fine del 1988. Al Centro Diurno si occupa di terapia semiresidenziale con i ragazzi e di educazione alla salute e prevenzione sanitaria verso la popolazione in generale e le scuole in particolare. lità. Il benessere fisico consente una regolarità del1·organismo che potenzia i meccanismi di difesa dagli agenti esterni. E' altrettanto vero per quanto riguarda il benessere psicologico. Un discreto stato di armonia e di equilibrio ha lo stesso effetto. in quanto corpo e mente sono un·unità. e quindi il benessere psicologico si tramuta in benessere fisico, essendo con esso in stretta connessione, aumentando potenziamento e resistenza agli agenti esterni. Questo si vede bene anche in altri tipi di disturbi anche stupidi e poco importanti: persone molto stressate, stanche. con una vita poco regolare. si accorgono di questo loro scarso equilibrio quando compaiono loro quelle lesioni alle labbra. provocate dal virus del!' herpes. Che è un esempio chiaro e lampante del fatto che una condizione di stress psico-fisico conduce ali' abbassamento temporaneo delle difese immunitarie. E' il segnale che esiste uno stato di equilibrio che vacilla. Questo è altrettanto vero nel caso di soggetti sieropositivi. Quindi smettere di farsi, per un tossico sieropositivo significa allungarsi la vita... Questo è il discorso che noi sempre facciamo ai ragazzi quando ci vengono riportati pesanti dubbi sul loro futuro, e lo facciamo sempre proprio perché lo stile di vita del tossicodipendente attivo deprime tantissimo le difese immunitarie, perciò accelera il processo· che invece può avere una buona inversione di tendenza o un buon fermo dall'inizio del reA questo servizio pubblico ven- ce altre persone che ne fanno gono rivolte da più parti accuse un·occasione in più per vivere il di eccessiva burocratizzazione. tempo che rimane da vivere. Il Cosa può dire in proposito? tipo di reazione dipende anche dal lo credo che questo tipo di accuse fatto di fare ancora o meno uso di derivino anche da una diversa idea sostanze. o se ha smesso da poco o sull'atteggiamento da tenere nei da molto. però diciamo che la difconfronti dei ragazzi che si pre- ferenza sostanziale è data sul consentano. Io credo che non sia utile centrarsi sul vissuto di vita o sul la burocratizzazione nei confronti vissuto di morte. Spesso uno dei della persona che si presenta, però rischi è che la diagnosi di sieropopenso che sia utile stabilire un sitività possa fare scattare il vissucontesto preciso. che è diverso da to di morte come se non esistesse quello della piazza .. Bisogna of- altro. mentre noi sappiamo che la frire al ragazzo un contesto qua- diagnosi di sieropositività non litativamente diverso da quello cambia radicalmente lavitadaquel della piazza. da quello che ha con momento, questo come condiziol'amico tossico. Diverso perché ne oggettiva, come progetti, etc. pensiamo che lo stimolo al cam- Lepersonecheriesconopianpiano biamento venga anche dall' in- ad integrare questa cosa dentro la contrare delle differenze. Il rap- loro esistenza sono persone che porto dinamico verso il cam- non fanno di questo il centro della biamento s'instaura quando i vita, ma solo una parte, hanno un contesti che sioffrono sonodiversi. tempo da vivere con progetti. con Ed essere diversi nel caso in cui cose da portare avanti e mettono c'è chi chiede aiuto e chi lo offre in atto questa interpretazione del significa anche stabilire delle re- tempo come normalmente avviegole, stimolare al mantenimento ne. Però a volte questa diagnosi degli impegni. Il segnale che si rischia di bloccare, di stendere un comincia a dare è che gli impegni velo su tutto, di bloccare anche ciò sono importanti per il ragazzo che si può ricavare dal presente. stesso, perpotercambiarequalche Certo in alcuni c11si può essere di cosa. La burocratizzazione nel blocco rispetto al recupero. però rapporto con le persone del nostro sto pensando ad altri casi in cui servizio si limita, a mio avviso, a non incide né sulla progettazione creare un contesto di terapia, di- dell'esistenza, né sulle relazioni verso dal contesto di relazione in atto. Bisogna poi vedere se c·è qualsiasi. Questo significa che ci un progetto di vita famigliare con presentiamo, abbiamo un posto figli in programma, perché in che sono queste quattro mura e questo caso la sieropositività in- cupero. che non è la piazza né una pan- traduce elementi diversi. Quindi E le famiglie? Come reagiscono china, ma uno spazio dedicato a se la diagnosi viene data in un al doppio carico: tossicodipenloro, è un'offerta fatta a loro, ab- momento in cui il ragazzo è già deza e sieropositività? biamo uno spazio di tempo,quindi avanti nel processo di recupero Per quanto riguarda i ragazzi è l'ora fissata per ogni ragazzo è di può essere ben tollerata, mentre se chiaro che la diagnosi di sieropoquel ragazzo, dedicata a lui e su invece è solo all"inizio rischia ef- sitivitàè in genere seguita, a livelcui -lui può contare. Questo però fettivamente di aumentare a di- lo individuale da una fase di designifica anche capire che l'ope- smisura la montagna di proble- pressione ed a volte anche di diratore fra un'ora è impegnato con matiche da affrontare, è un pro- sperazione, su cui è necessario un'altra persona. Quindi dare un blema in più. Di qui l'importanza intervenire per evitare che il racontesto con delle regole di rela- di una maggiore assistenza e di un gazzo si fermi a quella fase e rizione, questa a volte è la burocra- maggiore sostegno, e non credo cominci invece a progettare il pretizzazione. Per quanto mi riguar- comunque che sia auspicabile che sente. AIle famiglie capita qualda sono contenta del fatto che mi lacosa venga affrontata da soli. In cosa di simile con in più l'aspetto è permesso di fare degli orari questo campo le offerte sono più dell'ansia che. se è poco presente estremamente flessibili che mi scarse, rispetto al vissuto della per la persona affetta. per i famiconsentono di vedere le persone tossicodipendenza le offerte sono liari,chegiàhannoaffrontatomolti che lavorano quando smettono di decisamente minori. Se un ragaz- problemi, che già hanno dei meclavorare o nella pausa pranzo, per- zo sta svolgendo un programma canismi di trasmissione dell'ansia ché ci rendiamo conto che non si terapeutico è già inserito in un al loro interno. diventa un propuò offrire un percorso terapeuti- contesto e quindi rientra già in un blema in più. L'ansia significa ad co chiudendolo in un preciso rapporto in atto, mentre invece per esempio amplificare il problema. momento temporale. altri casi ci sono poche offerte. amplificare l'attenzione a tutti i Qual è la reazione o l'atteggia- Lei pensa che un buono stato possibili rischi, quindi può finire mento dei ragazzi di fronte alla psico-fisico del sieropositivo per amplificare il vissuto di dinotizia di essere sieropositivi? possa migliorare la sua condi- spcrazione e di tensione del raNon c'è una ulteriore caduta di zione,ritardarelosviluppodella gazzo obbligandolo inconsapesperanza che rende più difficile malattia, allungare la vita? volrnentc a concentrarsi solo su il recupero? Sì, la regola generale è che uno quell'aspetto della vita. Ciò che Le reazioni individuali sono di- \lato di benes~cre fisico permette quindi è importante fare con le verse, ci \Ono persone che reagi- una maggiore resistenza allo wi- famiglie è proprio lcggcrca~~iemc scono con meccanismi di nega- luppo della malattia, quindi per- questo meccanismo, capire che zione e di rimozione, cancellando mette un allungamento dei tempi l'ansia, che fa concentrare l'atin qualche modo questa notizia in cui non ci sono sintomi e la vita terizionc delle persone su un sindalla loro esistenza. Ci sono inve- può avere un buon livello di qua- goloaspetto, non fa che ostacolare BibliotecaGino Bianco la progettazione dell'esistenza nella sua complessità ed ostacola quindi la ripresa di un equilibrio psicologico interno accettabile. Per chiudere il discorso io credo che per lavorare in questo settore un operatore debba distinguere il tempo di lavoro da quello a disposizione per la propria esistenza. credo sia indispensabile riuscire a staccare perché penso che faccia pane della capacità di gestione della propria vita. quindi io lo vedo come un arricchimento nel rapportocon lepersone. Mentre invece nonriuscire a staccare può voler dire impoverirsi come realtà esistenziale personale e sembrerebbe un impoverimento anche rispetto agli utenti. Sia dal punto di vista professionale che umano, lo staccare è un compito da porsi e credo che sia fondamentale per riuscire a scambiare qualcosa con le persone. Nel volontarismo c'è il grosso rischio di operare per sostituzione della persona che chiede aiuto. per sostituzione del le sue possibili capacità. Se una persona chiede aiuto è in genere in una situazione drammatica e mi pongo il problema di come fare ad attivare le sue risorse perché trovi il modo di affrontarequesto,come altri problemi. A volte mi pare che il rischio sia questo: l'attivazione delle risorse dell'uno con la presenza costante dell'altro, quindi offrire le proprie risorse all'altro perché lesfrutti. Questo può essere utile all'inizio per innescare un meccanismo. ma di fatto se una persona non impara ad affrontare le sue tematiche, quelle che avrà anche fra 15anni. rimarrà sempre una persona a cui manca un pezzo e dal punto di vista della responsabilizzazione rispetto al proprio benessere mi pare che quell'atteggiamento vada proprio all'inverso. cioè versq una non responsabilizzazione. Dal punto di vista professionale pare contro ogni obiettivo di crescita, dal punto di vista umano io la interpreto come una mancanza di rispetto, perché sono convinta che la persona che ho di fronte può essere in grado di trovare le soluzioni per risolvere i suoi problemi. Quindi ha tutte le possibilità e tutte le potenzialità. Si tratta di riuscire ad aiutarlo ad attivarle. però deve usare le sue. Se utilizza me, lamia presenza, in maniera dipendente, io non risolvo niente, sostituisco solo la sostanza. Mi sembra questo anche un grosso problema etico. Da un ceno punto di vista è meno gratificante a volte, perché è chiaro che sentirsi riconosciuti come indispensabili fa parte dei desideri di onnipotenza di ognuno cd è certamente gratificante. Lo è meno vedere che quella persona utilizza i tuoi sLrumentiterapeutici solo in quel momento e poi fa tutt'altro. ha altre risorse, fa da sé ma l'obiettivo finale mi pare essere più pieno. • STANDOBENE••• il doH. Aristide Missiroli, impegnato in comunità per il recupero dei fossicoclipenclenfi, parla cieli' importanza per il sieropositivo di sfar bene fisicamente e psicologicamente. Il dott. Aristide Missiroli è stato responsabile del CMAS (Centro Medico di Assistenza) prima, poi del CTST (Coordinamento Tutela Salute Tossicodipendenti), dal '77 all"89. Entrambe le strutture erano demandate alla pubblica assistenza dei tossicodipendenti. Attualmente tale struttura ha assunto il nome di SERT (Servizio Recupero Tossicodipendenti). Attualmente il dott. Missiroli, oltre a svolgere le funzioni di medico di base a Forlì, collabora con la comunità terapeutica "La Colomba" di Fratta Terme, per il recupero dei tossicodipendenti. Quando si è cominciato a parlare di AIDS e com'era vissuto all'inizio? A Forlì siamo ~tati praticamente i primi a cominciare a fare le analisi ai tossici. Ricordo che i primi quattro esami li mandammo con l'infermiere a Brescia, che era uno dei pochissimi ospedali italiani del1'epoca attrezzati per il test di sieropositività. Appena si cominciò a parlare di AIDS a livello internazionale ed in particolare in America, mi interessai subito alla cosa e cercai di tenermi sempre aggiornato. Successivamente anche l'ospedale di Forlì cominciò a fare le analisi e tutto fu più semplice. Tieni conto che i primi test a livello internazionale vennero approntati nell'85, e noi nell'86 già facevamo gli esami ai tossicodipendenti. Eravamo proprio tra i primi. Nei primi tempi non è che i tossici dessero molta importanza al fatto. Non pensavano che il fenomeno potesse diventare così diffuso. Poi quando cominciammo a fare i test ci rendemmo conto che la maggior parte erano sieropositivi, intorno al 75%. Adesso le cifre percentuali sono notevolmente diminuite perché i primi avevano certamente contratto il virus agli inizi degli anni 80, quando neanche si sapeva che esistesse e quindi quando nessuna precauzione veniva presa. Si sapeva dell'epatite e c'erano molti che si ammalavano di epatite. Ma nessuno sapeva che in giro c'era un altro virus più pericoloso. E di quelli chè abbiamo trovato sieropositivi nell' 86 moltissimi sono già morti. La struttura rispose come ovunque nel mondo, cioè innanzi tutto fare le analisi per sapere chi è e chi non è sieropositivo, per avere l'idea della dimensione del problema in attesa della scoperta dei farmaci adatti. All'inizio si cercava più che altro di mettere a fuoco il problema, non se ne sapeva quasi nulla, non si sapeva come si trasmetteva, come agiva. Qual è la reazione di un tossico alla notizia della sua sieropositività? Non esiste una 'risposta uniforme, ognuno risponde alla sua maniera. C'è chi si deprime a tal punto da perdere ogni interesse e quindi continua a fare la sua vita pensando di essere ormai spacciato.C'è chi pensa di essere più forte di ogni virus e di ogni malattia e che quindi non se ne preoccupa.C'è chi invece cambia vita, si cura, smette di drogarsi. C'è quello che è negativo però vuol farsi delle pere e vive con paranoia il fatto di dover fare continuamente le analisi. Le reazioni sono molto differenti. Adesso i tossici sono molto più attenti che in passato al pericolo di trasmissione e si vede anche dalla diminuzione in percentuale del numero degli infetti. Non dimentichiamo che all'inizio non si sapeva nulla della malattia, compreso quindi come prevenirla. li virus è stato scoperto in California fra gli omosessuali, e per un certo periodo si è pensato che interessasse solo quella categoria di persone, poi si è capito che si trasmetteva col sangue e poi anche con i rapporti sessuali etero. Poi l'enorme differenza nel tipo di diffusione tra America e Italia: là il 90% erano omosessuali, qua il 90% erano tossicodipendenti. Ricordo i sorrisi che noi ci facemmo leggendo le prescrizioni comportamentali a scopo preventivo che venivano dagli USA e che erano interamente rivolte alla vita omo-- sessuale e non a quella di un tossicodipendente. Come viene affrontato il problema della sieropositività dentro la comunità terapeutica? I ragazzi vivono tutti assieme, non c'è alcuna distinzione tra posi tivi e negati vi. Diciamo che i sieropositivi hanno un grosso problema in più che si aggiunge agli altri. Esiste naturalmente la grande paura che la sieropositività evolva nella malattia e questa è vissuta come un pericolo sempre presente, come una condanna da scontare. Poi c'è un altro grosso problema. Finché stanno dentro la comunità sono tra gente che conoscono loro ed il problema, con c~i possono parlare liberamente, ma appena vengono messi in contatto con l'esterno nascono i contrasti. Pensa soltanto ad un ragazzo che cominci ad uscire e che si ponga il problema di avere una ragazza o che ne incontra una che gli piace veramente. Il primo problema è: cosa le dico? Noi dentro la comunità educhiamo alla correttezza dei rapporti umani, ma ci si deve poi anche aspettare che, di fronte ad una dichiarazione di sieropositività, molte ragazze scappino. Mi pare esistere, per i sieropositivi, una contraddizione d'intenti. Da una parte si vuole rieducare alla vita ed alla speranza, dall'altra risponde un soggetto dal futuro pesantemente ipotecato se non addirittura dai giorni contati. No, non sono assolutamente d'accordo con queUo che dici. Io ho avuto l'esperienza di una ragazza che era al Centro diurno, Carla, che ha anche scritto un libro di memorie e che poi è morta.,Era malata di AIDS, in terapia con l' AZT, quando l'accogliemmo con un contratto di lavoro in cui figurava come segretaria appunto del Centro diurno. Questo fatto la cambiò moltissimo e lei si trasformò in una segretaria dall'efficenza proverbiale, era rifiorita completamente e, pur essendo già ammalata, è sopravvissuta almeno di un paio d'anni a quelli che erano ricoverati insieme a lei a Bologna. Questo per dire che il problema AIDS è un problema di immunità e l'immunità è legata anche ad uno stato di benessere della persona, questo ce lo hanno dimostrato gli studi della Levi Montalcini. Per cui io sono convinto che non debba essere matematico che un sieropositivo si ammali e poi muoia. lo vedo che coloro che stanno psicologicamente bene hanno dei riscontri di miglioramento anche negli esami. Ho visto dei ragazzi entrare in comunità con i linfo~iti,chesono un po' la spia della.progressione della malattia, molto bassi. Stando in comunità, stando bene, lavorando molto anche fisicamente, i linfociti aumentavano. Questo è quindi un messaggio che consegno loro e del quale sono convinto. Se questo possa portare poi a guarigione, o a miglioramento, o ad un semplice prolungamento della vita, non so. Del resto lavorare con un malato oncologico pone problemi simili. Fino a ieri di molti tumori si moriva, oggi di alcuni di questi non muore più nessuno. Per cui io dico: cerchiamo di stare bene, cerchiamo di prolungare la vita, può darsi che domani la scienza ci offra più possibilità. Quindi io non vedo i sieropositivi come dei condannati, anche se vedo che in generale c'è la tendenza a lanciare questo messaggio. lo non sono d'accordo su questo. Statisticamente, ciò che oggi si sa è che essere sieropositivi significa avere grosse probabilità di sviluppare la malattia ... Sì, c'è questa osservazione statistica, però c'è anche gente che è sieropositiva da molti anni e non ha ancora sviluppato la malattia. Anche la malattia stessa ha cambiato il decorso, prima si parlava di AIDS conclamato e basta. Adesso si parla di AIDS conclamato in fase cronica e in fase acuta. Prima un AfDS conclamato campava 6 mesi, adesso campa 2 anni e questo, fra l'altro, con farmaci che sono estremamente tossici nei confronti dell'organismo. Secondo me non bisogna dare questo messaggio di morte ai ragazzi. Anche perché i tossici hanno sempre avuto a che fare con patologie gravi, ad esempio le epatopatie. Quello su cui bisogna insistere coi ragazzi è che cambino stile di vita, che comincino a rispettare il proprio corpo, dopo di che hanno possibilità di sopravvivenza. E le famiglie dei ragazzi, come si comportano di fronte alla notizia della sieropositività? Vengono informate? Informare no, noi non possiamo informare chichessia senza il consenso della persona. Facciamo però in modo che siano loro ad informare la famiglia, anche perché non si è di fronte ad un problema infettivo tale per cui un sieropositivo in casa può sierop0sitivizzare anche il resto della famiglia. Cioè non si è di fronte ad un rischio sociale maggiore del rischio individuale. Si interviene solo nel caso contrario appunto, cioè per esempio, nel caso di un malato di tubercolosi che può infettare l'intera famiglia. Si previlegia l'interesse del nucleo famigliare piuttosto che quello del singolo individuo. Nel caso della sieropositività non esiste questo pericolo. Nostro compito è stato sempre quello di convincere il ragazzo a essere lui a dirlo alla famiglia. In genere l'atteggiamento delle famiglie ricalca quello del tessuto sociale per cui un sieropositivo è un condannato e quindi la famiglia si trova a gestire questo problema. E' come quando si sa che c'è un ammalato di cancro dentro la famiglia, le reazioni possono essere le più diverse. • UNA CITTA' 7

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