Una città - anno I - n. 7 - novembre 1991

"impressioni di viaggio" di LilJero Casamurafa NON CONTA11 TEMPO Perù 1975 In un piccolo ristorante di lquitos, inAmazzonia, conosco un quarantenne di Treviso. E' proprietario e direttore di uno zuccherificio dove impiega prevalentemente manodopera indigena. Racconta: "imiei operai mi stanno mandando in fallimento. Sanno anche lavarare, ma improvvisamente possono assentarsi per diversi giorni. Ritornano come se niente fosse e vorrebbero riprendere il lavoro. Sono stati in selva a trovare la nonna moribonda, la sorella che si sposa o, che so io, a farsi una vacanza fra i parenti. Non c'è niente da fare. Se cerchi di spiegargli che il ciclo produttivo non può interrompersi, che i tempi vanno rispettati, ti rispondono che la famiglia vale di più del tempo o che hanno bisogno di riposarsi ... Ho provato a sostituirli con qualche italiano ma dopo un po' anche questi diventano come loro e si mettono a fare l'amore con le operaie sopra i mucchi di canna. Qui le donne sono facili e un figlio non comporta unmatrimonio ... Ho dovuto separare uomini e donne". Sorride. Poco prima mi ha confidato che vive con una specie di harem privato e che non se ne andrebbe di qui neanche da morto. A Juliajia conosciamo don Nunzio (sarà ancora vivo?), un prete milanese di 55 anni proveniente dalle esperienze di don Mi/ani. Quassù dirige la parrocchia di un villaggio vicino a Puno, la città del Titicaca. "Non ce la faccio più. Sono sei anni che sto qui e non riesco a comunicare con questa gente. Un po' di "quechua" lo conosco, ma con me non parlano. Vengono alla Messa, tutte le domeniche, ma non parlano. Assistono alla Messa, in silenzio, e se ne vanno. Tutte le domeniche ... Forse fra dieci anni mi diranno buongiorno ... ". Burundi 1984 Stiamo passando dal Burundi al Rwanda, su di un vecchio pulmino, costeggiando il lago Tanganika. La pista è buona ma abbiamo già forato due volte. Il nostro autista è un bandù del gruppo bahutu. Foriamo per la terza volta, in prossimità di una piccola città. L'autista smonta la ruota e si siede sul gommone sfiatato. "Allora?". E' completamente imbronciato: "domani". "Domani cosa? Vuoi rimanere in mezzo alla strada?". "Domani". "Non possiamo rimanere qui: dove dormiamo?". "Domani". Il tono è perentorio. Recuperiamo una delle ruote di scorta già sgonfie e ci avviamo al paese facendola rotolare. Riusciamo a trovare un meccanico tuttofare e ritorniamo con la gomma riparata. E' ancora lì seduto. "Ecco la gomma: montala!". "Domani". "Niente domani, adesso!". Scuote la testa ma pare rabbonito. Dopo dieci minuti siamo in marcia. Kenia 1982 Questi due autisti-guida delle nostre "Land rover'' ci detestano. Li costringiamo a dirigersi al Nord, verso il lago Turcana, attraverso un micidiale deserto di pietre vulcaniche. "Safari killer!", ci ripetono. Sono due Kikuyu di Nairobi completamente "civilizzati". Quando piantiamo le tende si stendono a terra, fumando, e ci guardano deridendoci. Lo si capisce, anche se fra loro parlano in swaili: "cosa cercano questi? Perché fanno tanta fatica? Che fretta hanno? Perché non riposano in un buon lodge ?". Qualche volta, di sera, spariscono con le macchine e ricompaiono nelle tarde ore del mattino un poco ubriachi. Facciamo notare che siamo in ritardo, che dobbiamo rientrare entro un certo giorno, che un aereo ci aspetta, anzi non ci aspetta ... Ci tranquillizzano: "niente paura: siamo inanticipo". Il loro anticipo è un ritardo di quattro giorni. "Ma là ci fermeremo poco, tanto non c'è niente da vedere ... ". Dopo qualche arrabbiatura ci adattiamo ai loro ritmi: ci tengono in pugno. Una volta ci siamo anche ubriacati con loro. Ma l'aereo non l'abbiamo perso. Yemen 1980 Il suk di Sanaa, oltre ad una valanga di spezierie dagli odori travolgenti ed a quintali di frascame di Qat (la droga di massa di questo Paese), offre molti articoli di antiquariato, o meglio, un'accozzaglia di polverosa oggettistica che va dalla sella del cavallo, al fodero di jambya (pugnale ricurvo), al fucile a retrocarica, al bracciale d'argentone. E a tante altre cose che, quando va bene, risaliranno agli anni Cinquanta. Contratto in dollari (e un amico locale, che con me parla francese, mi dà una mano) un'orrenda brocca di stagno tormentata da incisioni di detti coranici. "Venti UNA CONVIVENZA NON DI FACCIATA Mauro Bacciocclti, responsabile della sezione circoscrizionale per l'impiego di farli, ci parla di immigrati, lavoro e convivenza. Parliamo di immigrati. Quali sono i problemi legati al lavoro? E a Forlì sono molti gli immigrati in regola? lnnanzitullo direi che a Forlì gli immigrali ono quasi tulli "legali". li problema dei clandestini. o comunque non regolarizzati. è sentito soprallullo in riviera. Gli stranieri ••illegali .. sono gli ultimi arrivati che non hanno potuto usufruire delle varie sanatorie. A Forlì siamo ne11·ordine delle centinaia, in provincia ovviamente sono molti di più. lo mi occupo di accessodirello ali' impiego di coloro che io definisco cilladini forlivesi stranieri. Secondo me i problemi nascono perché si è sempre affrontata I·emigrazione legandola all'emergenza. non abbiamo mai pensatoad una progellualità seria per una convivenza che non era di là da venire: era già un fatto compiuto da di versi anni e i ritardi che scontiamo sono dovuti proprio a questo. Non ci siamo mai messi adiscutere seriamente, non su un problemaperchéquesto non èun problema, ma su una realtà. Questa non è una contingenza, è un dato di fallo al quale ancora non ci abituiamo, ma col quale conviviamo. lo ho sempre dello che come ufficio siamo disponibili aqualsiasi proposta o iniziativa, perché deve esserechiaro che stiamo parlando di cittadini forlivesi, non di stranieri, bianchi, neri o altro. E' un dato di fallo che sono cittadini forlivesi. La città si deve attrezzare per una ospitalità, per una convivenza che non deve essereassistenza. Unaconvivenza reale, non di facciata. Nei periodi elellorali ci sono siate certe prese di posizione, dopodiché, passato il momento, è caduto l'interesse per il Jbt5ri ote è ria sto. E questo i è dimostralo evi- disimpegno. Ci affidava un servidente quando sono arrivati gli al- zio e svolgere un ruolo di servizio bane i. presuppone un impegno ben dioi ancora oggi ne ospitiamo di verso. Quindi chi si sentiva già tre tipi: i primi arrivati che hanno prima un operatore . ociale ha avuto il riconoscimento di uncerto avuto grandi spazi di migliorastatus; poi quelli arrivati successi- memo; chi non ha mai avuto quevamente per i quali si era stabilito sto stimolo ha :ivu10grossediffichesenon avesserotrovato lavoro coltà. entro una certa data. il 29 luglio, Sono anche successi episodi sarebbero s1a1irimpatriati. Sicco- "particolari ... Abbiamo ricevuto me di fano non sono s1a1irimpa- cartoline di minacce. sopra11u110 1riati. è arrivata l'ondata succe i- dopo articoli. spessostrumentali, vadella nave famosae in due gior- appar i sulla stampa locale. Però ni nesonoarrivati 20.000. A diffe- abbiamo anchericevuto cartoline renzadegli altri stranieri, abbiamo di ringraziamento dal l'Africa per avuto mollissimi interessamenti quello che avevamo fa1to per perché gli albanesi trovassero la- qualcuno. ma senzanome perché voro. La Prefellura, la Questura, evidentemente avranno pensato l'Amministrazione Provinciale ci chenonci saremmoricordati della hanno sollecitato in tulli i modi. persona in particolare. perché l'orientamento era di farne Poi abbiamo avuto il casodi alcurimanere il più possibile. ne aziende agricole che, nel moDal punto di vista dei rapporti in- mento in cui gli albanesi dovcvaternazionali. l'Italia ha avuto in no essere rimpatriati se non avequesto caso un ruolo diverso. più vano il lavoro, li hanno messi in politico. In effelli molli sono stati regola senza averli mai visti. per sistemati. lo dirigo due delle qual- lasciargli un po· di tempo per 1rotro sezioni circoscrizionali equelli vare un lavoro. Ovviamente ci della sezione di Forll e della se- siamo rivolti alle aziende più senconda sezione sono stati tulli sibili. Rivolti vuol dire 1elefona- "piaz1a1i". Inoltre anche quelli di re, andare personalmente, manuna 1erLasezionesono stati 1rasfe- darci impiegati. Alcuni albanesi riti aForlì, perchéc'erano più pos- erano disperati: l'ultimo giorno sibilità. C'è da dire che questo alcuni sono spariti per paura di "ufficio" ha carancristiche qua,i essererimpatriati. Adesso probadi azienda privata; puntiamo ad bilmente sono in giro a chiedere una programmazione e ad un im- l'elemosina. Comunque il fallo pegno sociale che credo non sia che aziende si comporti no in queti pico in uffici analoghi al nowo. sto modo è un segnale che ci riQuando c'è stata la prima gro,sa portaaunalleggiamentodeicillaleggedi riforma del collocamento, dini romagnoli che non è neanche all'inizio dell'87, sono stati chiusi "nostro", ma dei nowi genitori o gli uffici di collocamento e aperte nonni. Sonocoseche lasciano ben questegrossesezioni circoscrizio- sperare. D'altra parte abbiamo nali, e non si è 1rallato di un cam- avuto anche aLiende che, nonobiamento solo di facciata. La legge stante cercassero personale, hannon ci affidava più, come in passa- no rifiutalo gli stranieri. Anche 10,una funzione, dietro cui si può qui comunque ci sono vari casi e G1erel'OegSa1aaen cOotivaLioni. Per fare un esempio banale: la Conad assume stagionai i perchéd·estatei I carico di lavoro aumenta: ma ervono per distribuire i prodolli nei vari punti vendita. caricare e scaricare i camion con i prodoni richiesti. Loro quindi non volevano stranieri che non sapesseroleggere I' italiano. E' necessario tenere conto anche di queste cose. Per gli stranieri i problemi fondamentali sono la casae il lavoro. ma devono anche sapere esatlamente quali sono le regole del gioco. i loro diritli e i loro doveri; e devono essere messi in condizione di giocare il loro ruolo. primadi tullocon la lingua. E' necessaria un'alfabetizzazione che non si fermi alle parole, ma che arrivi ancheal le regole del lavoro. devono saperecosasuccedequando si entra in una fabbrica: l'orario di lavoro. il tipo di lavoro ecc.. Noi abbiamo avuto dei datori di lavoro disponibili ad assumere stranieri. poi sono tornati a lamentarsi per vari motivi: ...alcuni stranieri lavorano poco, altri alle undici devono pregare. Le macchine vanno, loro si girano verso la Mecca e pregano... Adesso molte aziende vogliono solo senegalesi. dicono che sono più disponibili, più tranquilli. lavorano e sopra11u11s0i integrano bene in mezzo a lavoratori italiani. Per i nord-africani è diverso: non li vuole più nessuno,sonopiù difficili, creano più problemi sia come carauere che come disponibilità a lavorare. Lo stessovale per gli albanesi: alla resadei conii le aziende non ne hanno più voluto sapere. I neri ,ono un vero movimento migratorio spinto dalla mancanza di spa1io nel loro paese, spesso per necessità di sopravvivenza, quindi lavorano senza problemi. Con altri invece problemi ce ne ono Latie cc ne sono. Ci vorrà molto tempo per una comprensione reciproca? Da noi.quando il comune hasi ternato alcuni stranieri nelle scuole chiuse, a prescindere dalla validità di questascelta, perché io invece sono favorevole alla loro i111egrazione nel tessuto cinadino, il Sindaco èdovuto andareaCollina a parlare con la gente per fargli capire chedovevano essereaccettati. Ed è gente agiata: allora vuol dire che la crescita culturale non è statacorrispondente a quella economica. Parlandodi cultura. chiaramente la loro cultura è molto divcr a. Ma non penso che sia impossibile la convivenza. Però spesso il nordafricano si aneggia nei confronti dell'ufficio come e tulio gli fossedovuto. Noi a Forlì facevamo quelle che i giornali chiamano le •·astedel lavoro". la vocesi spargevaearrivavano stranieri da IUlle le parti d'Italia: in unamanina erano60-70, aRimini almenouncentinaio. I nordafricani arrivavano e ··pretendevano" il lavoro. perché noi eravamo lì per quello; e se non c'era il lavoro pretendevano i soldi. Un senegalese non l'ha mai fallo. C'è stataanche la polemica che al collocamento gli stranieri passanodavanti ai forlivesi: questo non è mai successo,ancheperché loro acceuano lavori che gli italiani non acceuano più. Agli stranieri vanno dati gli strumenti per poter accederead un impiego. Possibi1ità cc nesono, bi sognaperò anche tenere conto della difficoltà di conciliare i corsi di formazione con le necessità della sopravvivenza. lnfaui ci sono stati corsi che davano un piccolo riconoscimemo economico, ma questo non dollari". Conosco l'antifona epropongo immediatamente: "cinque dollari". "Diciotto". "Cinque". "Quindici". "Cinque". "Dieci". "Cinque". Il mio attestarmi sul "cinque" mi permette intanto di rovistare fra il vecchiume, di fumare tre sigarette e di scattare mezza pellicola sulla piccola folla che ci ha circondato e segue, colma di felicità, la nostra trattativa. Dopo oltre un'ora decido di rompere gli indugi, quando il mio mercante barbuto è sceso a "otto": "tre dollari". Ha un attimo di smarrimento, poi scoppia in una fragorosa risata e mi batte affettuosamente sulla spalla. Mentre ci allontaniamo, senza aver acquistato nulla, chiedo all'amico: "come mai non si è arrabbiato? Gli ho fatto perdere tempo". "Tempo?. No, no: si è molto divertito". Camerun 1987 Come dice Gide: "il sultano di Rey Buba è il proprietario di tutti i beni di tutti gli uomini". E non deve mostrarsi a nessun bianco. Ma noi ci riusciamo. Una specie di camerlengo ci guida attraverso stanzette e corridoi di fango secco, ci fa sedere a terra, su tappeti sporchi, ci offre un caffè. Il sultano non può riceverci. "Pas possible". E' la regola. "Ma noi siamo giornalisti. Lui (io) è un fotografo molto noto in Italia". E' perplesso. Ci fa cenno di aspettare ed esce. Torna dopo due ore: ''pas possible". Ci impuntiamo: "vogliamo solo salutarlo. In Italia si parla molto di lui". (Siamo furbi, noi!). Esce ancora. torna dopo un'ora. Ci invita a seguirlo e ricalchiamo i suoi passi silenziosi. Dobba tava a tamponare le necessità primarie di mangiare. Noi come ufficio siamo riusciti a far approvare unaconvenzione dalla Commis ione Regionale con 1u11ele associazioni di categoria, adeccezione degli industriali. per un accesso facilitato all'impiego da parte degli stranieri. Questa convenzione prevede !'acce o immediato adun impiego part-ti mee una formazione pomeridiana, non a carico delle aziende. ma della Formazione Professionale, della Provincia ecc.. In questo modo si va incontro agli stranieri che possono avere una fonte di s'ostentamemo ed una formazione reale, e si va incontro anche alle aziende che non si devono più fare carico della loro formazione. Questapuò e ere una ipotesi. ma in ogni ca o bisogna abituarsi a proge11arein modo nuovo. molte co e vanno reinventate. Ade so poi c'è un cambiamento a livello di collocamento al lavoro, perchéèentrata in vigore unanuova norma che estende a 1ut1i la richiesta nominativa. Le aziende possono assumere chi vogliono; sono olo legate a riservare dopo la decima assunzione una percentuale per lavoratori iscrilli in liste particolari: disoccupati da oltre 24 mesi, cassaintegrati azero ore senza rotazione da oltre 24 mesi ecc.. Le aziende assumendo da questecategorie hanno benefici sollo forma di sgravi contributivi molto consi tenti. A questo punto per lo straniero saràancora •·meno facile" trovare lavoro. Rimane quindi molto importante la professionalizzazione, perché altrimenti copriranno sempree solo i lavori chegli italiani non vogliono fare. Secondo te ormai siamo di fronte ad una tendenza alla stabilizzazione o dobbiamo aspettarci nuove ondate migratorie? Per me siamo solo all'inizio. I problemi nei loro pae i non sono certo risolti. e qui entra in gioco sicuramente il ruolo dei paesi ricchi nei loro confronti. In Africa non investe più nessuno adesso. biamo trattenerci poco, ci spiega con soave mestizia, perché questa è l'ora della preghiera: "seu/ement pour un salut amicai". Ecco. In una vasta sala di questo castello d'argilla, piena di cuscini e tappeti, un be/l'uomo corpulento, di barba grigia e d'occhio sorridente, fasciato da una candida tunica ricamata, accetta benevolmente il nostro inchino. In chiaro francese ci parla di Parigi, di Roma, di Milano (dove è stato). Ci parla della sua gente. E intanto ci servono il thè e focaccine di riso. Passiamo tre ore di conversazione piacevole e spiritosa. Quando usciamo è notte. Come troveremo la pista ... ? Alto Volta 1981 Questo è un Mossi giovanissimo, è il figlio del "re" locale ma veste all'europea ed ha accanto a sé una bella motocicletta rossa. Qui però siamo in pieno "sahel", al confine col Mali, terra più di cammelli che di motori. Ci presenta ·unvenerando vecchio bianco e nero, immerso in un caffettano turchesco. E' suo zio. A costui chiedo quanti anni ha: "quel age ...?". Non lo sa. Non gli importa saperlo. Mi chiede quanti figli ho. Questo importa. Rispondo che non sono sposato. Mi guarda con tenerezza e compatimento, come si guarda un invalido. Si contano , figli, non gli anni. Non conta il tempo, contano i figli. Foto di Libero Casamurata Vannotulli nei paesidell'est, dove c'è un tornaconto immediato spaventosamentepiù alto. Quindi non è un episodio. Molti stranieri rappresentano la speranzadi intere famiglie e tornare indietro senza un lavoro può rappresentare il fallimento di tu1tauna vita. Essere andatiacercare"l'America", come succedeva per noi italiani, senza essereriusciti a trovarla. E allora cosa si può fare? Li mandiamo Luni via come dicono le leghe, o cominciamo a ragionarci opra seriamente? Secondo me la convivenza non è così difficile e vanno falli passi importanti in questo senso. Attualmente è ancora prevalente il tipo di problema legato all'emergenza: loro hanno la necessitàcomunque di arrivare ad un minimo di sostentamento e si adauano a condizioni inumane, come vivere in quallro in unamacchina. Forzatamente poi nederivano tanti problemi: le condizioni igieniche, gli spostamenti per arrivare ai posti di lavoro, lo stessoripo o. Noi ad e empio abbiamo cercato di affrontare anche il problema della casa. lo personalmente sono andato dal Vescovo perché è la Chiesa ad avere le case. Gli ho esposto il problema come privato cilladino. Molti stranieri sono mussulmani ed una pre a di posizione del Vescovo sarebbe un moltiplicatore di accoglienza enorme. li giorno stessodi questo mio colloquio il re ponsabile della Caritas ha dello alle parrocchie di collocare gli stranieri ed in effelli per la maggioranzasonoospiti del volontariato. della Caritas e delle parrocchie. L' aueggiamentodi tulli dovrebbe esseremeno accademico, la progellualità dovrebbe andare finalmente al di là dell'emergenza. Dobbiamo abituarci ad una società diversa da quella di cinque anni fa. Cinque anni fa dov'erano gli stranieri, a parte i giocatori di basket? a cura di RosannaAmbroge11i e Patrizia Be11i. UNA ClffA' 5

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